Stati Uniti: le grandi città della costa Est
01/08/2010: Philadelphia Oggi giornata intensa, dopo il riposo di ieri. Ci attende infatti il famoso “miglio quadrato più storico d’America”, ovvero la zona di Philadelphia dove si concentrano la maggior parte degli edifici di rilevanza storica per la guerra d’indipendenza americana. Partiamo di buon’ora e per prima cosa ci informiamo al centro visitatori. Vi consiglio di passare sempre dai centri visitatori prima di partire per le vostrre visite, di solito hanno delle ottime mappe e brochures. Oltretutto, i biglietti (gratuiti) per la Independence Hall devono essere ritirati qui. Consiglio assolutamente di visitare l’Independence Hall per prima alle nove del mattino, in modo da evitare i grupponi dei viaggi organizzati e delle gite scolastiche. La visita è interessante, la guida è molto competente e simpatica e ci racconta i fatti storici avvenuti qui dentro, in particolare la firma della dichiarazione d’indipendenza. Dopo l’Independence Hall vistiamo il Liberty Bell Center, dove è esposta la famosa campana crepata chiamata Liberty Bell. L’esposizione è interessante, e racconta tutti i significati simbolici legati alla campana, dalla liberazione dalla schiavitù al voto alle donne. Poi passeggiamo liberamente per l’Historic District, vediamo i vari edifici storici come la Carpenter’s Hall, la Philisophical Hall, la Congress Hall, la prima banca degli Stati Uniti e il Liberty Museum. Poi decidiamo di andare fino al molo, così vediamo anche la City Tavern, dove i fautori dell’indipendenza americana si riunivano, la vecchia borsa (non più usata) e Penn’s Landing, l’arco (abbastanza brutto) che ricorda il punto in cui William Penn approdò per fondare la città. Molto più carino il Franklin’s Bridge, che collega la città a Camden, NJ. Per pranzo vogliamo assaggiare il famoso Philly Cheesesteak, il panino con striscette di carne sottile, formaggio Whiz e cipolle. Le istituzioni del Philly Cheesesteak sono tre: Pat’s King of Steaks, Geno (che si trovano nella zona sud di Philadelphia, uno di fronte all’altro) e Jim’s Stekas. Ora, Pat e Geno sono di fatto gli inventori del panino, ma a sentire la gente non sono due gran simpaticoni, quindi scegliamo Jim’s, raggiungibile con una breve corsa in autobus. La fila è lunghissima, ma ne vale la pena, questo panino è proprio buono! Nel pomeriggio continuiamo la nostra visita alla Philadelphia storica, e cominciamo dal National Constitution Center, un museo abbastanza provocatorio sulla costituzione americana. Poi visitiamo la Christ Church, con il suo cimitero dove è sepolto Benjamin Franklin. Noi siamo entrati nel cimitero, ma non ve lo consiglio. A meno che non siate veri conoscitori di storia americana, l’unica vera attrazione è la tomba di Benjamin Franklin, visibile anche da fuori. Poi passiamo alla casa di Betsy Ross, la donna che ha cucito la prima bandiera americana. Vi consiglio di vedere la casa solo da fuori. Poi noi volevamo vedere la “casa” di Benjmin Franklin, ma abbiamo fatto un errore: non confondete Benjamin Square (molto più a nord) con Benjamin Court, dove effettivamnente si trova la casa. Questo errore mi è costato la visita all’Edgar Alla Poe Historic Site … La casa di Benjamin Franklin non esiste più, ma una struttura metallica è stata eretta dove una volta doveva trovarsi la casa. C’è anche un museo, sotterraneo, che racconta le invenzioni e la vita di Benjamin Franklin. L’ultima tappa di oggi è Elfreth’s Alley, la strada più antica di Philadelphia. Nata come quartiere irlandese, è ancora abitata e molto carina. Lì vicino toverete anche una vecchia caserma dei pompieri. Che dire, la giornata è stata lunga, ci meritiamo proprio una bella cena dal nostro amico Pietro e poi nanna! 02/08/2010: Philadelphia Per prima cosa andiamo al municipio. Si potrebbe fare il tour guidato, ma a noi basta salire in cima alla torre! Il biglietto (5$) si compra al centro visitatori, che si trova nel cortile interno del municipio. Ci siamo solo noi (letteralmente), e il signore ci lascia un bel po’ di tempo per ammirare il panorama. Siamo proprio sotto la statua di William Penn, il fondatore di Philadelphia. Da qui si vede bene il fiume, e il Museum of Art. Il panorama è carino, vale la pena salire, considerando che costa solo 5$. Fuori dal municipio, in piazza JFK; si trova la famosa statua LOVE, molto più piccola di come mi immaginavo. Adesso è finalmente arrivato il “momento Rocky”: ci dirigiamo al Museum of Art, e ci divertiamo a percorrere di corsa la famosa scalinata immortalata dal film Rocky. Ai piedi del museo c’è la statua del leggendario pugile interpretato da Sylvester Stallone. Visto che siamo relativamente in zona, decidiamo di visitare il penitenziario di Philadelphia, il primo penitenziario ad aver sperimentato la carcerazione e l’isolamento come metodo punitivo, al posto delle punizioni corporali o altre pene. Qui, tra l’altro, fu incarcerato per un periodo Al Capone, la sua cella è ancora visibile. La visita al carcere è interessantissima, la guida audio spiega in modo dettagliato la vita nel carcere e il cosiddetto “metodo Philadelphia”. Torniamo in centro per il pranzo, e ci prepariamo alla camminata del pomeriggio: il percorso dei murales. Philadelphia è la città dei murales, ce ne sono tantissimi, molto belli, vere e proprie opere d’arte. Al centro visitatori vi potrete unire a un tour guidato, oppure, come abbiamo fatto noi, scaricarvi la mappa e … camminare! Avrete anche modo di scoprire angoli meno battuti della città. (http://muralarts.org/) Sfiniti dal tour dei murales, prendiamo un gelato alla gelateria Capogiro (buon, ma troppo caro), e poi uno spuntino al Reading Terminal Market, il mercato coperto più famoso di Philadelphia. L’unico rimpianto di Philadelphia è non essere entrati al Franklin Institute. Ma, del resto, i musei negli Stati Uniti chiudono sorprendentemente presto (5/5.30), considerando che siamo in piena stagione turistica! Passiamo le ultime ore a Philadelphia passeggiando e ammirando i bei grattacieli della città, molto eleganti, che con i cielo sereno sembrano trasparenti. Torniamo in albergo presto e facciamo i bagagli, domani ci aspetta un altro viaggio in treno, alla volta della grande mela! 03/08/2010: New York Il nostro treno parte in orario alle 9.20, il viaggio è abbastanza breve, solo un’ora e mezzo, e ci porta direttamente nel cuore pulsante di Manhattan, alla Penn Station. La voglia di iniziare a girare per questa città unica al mondo è tanta, ma dobbiamo prima portare i bagagli in albergo. La prima cosa che facciamo a NY, e vi consiglio caldamente di fare altrettanto, è acquistare il settimanale dei mezzi pubblici per 27$. Noi stiamo solo 4 giorni, ma visto che una corsa singola costa 2$ ne vale la pena, anche perché la città è grande, e girare a piedi è soddisfacente ma anche stancante! Il nostro albergo, il Best Western Bowery, si trova a Chinatown, nel sud di Manhattan, e circa 100 metri dalla stazione della metro Grand Street. Chinatown è caotica, piena di bancarelle di alimentari (molte delle quali dall’odore poco gradevole) e di gente che compra, vende trasporta, corre … L’hotel è davvero pulito, la stanza un po’ piccola, ma a NY è così! Ci cambiamo e si parte, destinazione… il centro del centro, Times Square, ovviamente! Scendiamo dalla metro e siamo investiti da una giungla di insegne, colori, suoni, negozi enormi, con le porte che quando si aprono fanno uscire folate di aria condizionata. Lavori in corso, tombini che fumano, taxi ovunque, i semafori che non bastano a gestire il traffico e allora serve un vigile in mezzo alla strada … New York è veramente unica! La nostra destinazione è Planet Hollywood, a Times Square. Qui infatti dobbiamo ritirare il nostro New York Pass, costato 150$, che per tutto il nostro soggiorno ci consentirà l’ingresso alla stragrande maggioranza delle attrazioni di New York. Per pranzo optiamo per il vicino McDonald’s, poiché abbiamo già in programma la crociera intorno a Manhattan nel primo pomeriggio e abbiamo abbastanza fretta. Prima della crociera, però, abbiamo una cosa importante da fare: comprare i biglietti per Mary Poppins, il musical di Broadway. Non potete non vedere un musical a Broadway, sono straordinari! Noi abbiamo scelto Mary Poppins per una questione linguistica, mio marito non parla molto inglese e allora abbiamo cercato uno spettacolo di cui conoscesse già la trama. Andiamo a piedi fino al molo 83 e utilizziamo subito la nostra card prenotando una crociera di due ore della parte sud di Manhattan. Purtroppo il tempo si annuvola rovinando un po’ l’atmosfera e le foto, ma almeno non piove. Vedere New York dal mare è molto suggestivo, vediamo Ellis Island e Liberty Island, passiamo sotto il ponte di Brooklyn e vediamo il palazzo di vetro delle Nazioni Unite, oltre ovviamente all’Empire State Building. La guida ci racconta gli edifici di Manhattan, soffermandosi ovviamente sull’assenza degli edifici che una volta erano i più alti della città: le torri gemelle. La gita in barca finisce prima del previsto (volevamo fare la crociera di tre ore ma bisognava aspettare troppo tempo), così prima di cena ci avanza un po’ di tempo che decidiamo di passare al Madame Tussaud’s, il museo delle cere. Non è bello né grande come quello di Londra, ma ci divertiamo lo stesso a fare le foto con Elvis, Leonardo Di Caprio e così via. Era incluso nel pass, se lo dovete pagare non ve lo consiglio. Dopo il museo decido che non posso essere a New York e non andare a fare shopping, così ci buttiamo da Macy’s … ma ahimè sarà che è troppo grande, sarà la stanchezza, ma provati due vestitini e scoperto che erano troppo grandi decido di andarmene. Mio marito esce con due magliette, almeno lui ha trovato qualcosa. Per cena scegliamo di restare tra le star e andiamo al Planet Hollywood, dove abbiamo uno sconto del 10%. Praticamente recuperiamo la mancia. Non si mangia molto bene al Planet Hollywood, le mie fajitas sono arrivate mezze congelate e a causa dell’aria condizionata sono diventate interamente congelate in men che non si dica. La collezione di cimeli cinematografici però non è male, magari potete entrare a bere un cocktail. Dopo cena ci buttiamo tra la folla di Times Square e ovviamente entriamo nel negozio degli M&Ms… tre piani di gadget dedicati agli M&Ms… pazzesco! Usciamo senza comprare niente e passiamo il resto della serata tra i negozi e le insegne della piazza più famosa del mondo. Sarà l’illuminazione a giorno (letteralmente), ma mezzanotte arriva senza che ce ne accorgiamo, e allora torniamo al nostro hotel, domani sarà una giornata piena! 04/08/2010 : New York Sveglia di buon’ora, dobbiamo andare a prendere il traghetto per Liberty Island e Ellis Island! Il traghetto si prende all’estremità sud di Manhattan, presso il Castle Clinton. Occhio, se avete il pass dovete entrare nel negozio di souvenir a ritirare il vostro biglietto. Noi abbiamo fatto la coda per niente. Dopo dei lunghissimi controlli di sicurezza ci imbarchiamo e partiamo alla volta di Liberty Island. Abbiamo già incontrato ieri la Statua della Libertà, ma vista alla luce del sole, e da così vicino è veramente stupenda. Non riesco a non pensare a come si sentivano gli emigranti che venivano accolti da lei al loro ingresso negli Stati Uniti. Per salire alla corona bisogna fare un biglietto ( e una coda) a parte, noi ci limitiamo a fare un giro dell’isola e qualche foto. Ho letto che però il museo all’interno della Statua è interessante. Noi in realtà siamo più interessati a Ellis Island, il vecchio centro di accoglienza e smistamento degli immigrati. Tutti coloro che entravano negli Stati Uniti via mare arrivavano qui. Il museo è bellissimo, racconta nel dettaglio quello che succedeva gli immigrati quando arrivavano, dall’identificazione del bagaglio alle visite mediche e mentali, a cosa succedeva a coloro che venivano rimandati indietro, o a coloro che venivano imprigionati. C’è una collezione di cimeli impressionante, anche qualche passaporto italiano, e dei grafici tridimensionali che mostrano i numeri dei flussi migratori negli Stati Uniti. Potete anche cercare se qualcuno con il vostro cognome è transitato da qui. Soddisfatti della visita riprendiamo il battello per Manhattan. Oggi resteremo nella zona sud, il quartiere finanziario. Sempre per la serie “è compreso nel pass” visitiamo il museo della polizia, che si trova nei pressi di Wall Street. Qui l’ultimo piano è dedicato ai poliziotti che hanno perso la vita l’11 settembre, vedere i loro distintivi e le loro foto è stato molto toccante, tant’è che me ne sono voluta andare quasi subito. Pranziamo velocemente da Starbucks, e poi andiamo a Wall Street. L’edificio della borsa è praticamente blindato, ma la sensazione di potere che si respira qui intorno è notevole. Proprio davanti alla borsa mi viene in mente una cosa … il toro! Come ho fatto a dimenticarmene!!!! Torniamo immediatamente indietro verso Castle Clinton, ed eccolo lì, il simbolo del potere economico. Facciamo le foto di rito e poi torniamo su Wall Street e … brutta sopresa … le pile ricaricabili della macchina fotografica non si sono ricaricate… Avviso: rinunciateci in partenza, in USA hanno il voltaggio a 120 e le vostre pile non si ricaricheranno mai. Compro subito una megascorta di 12 duracell e riparto all’attacco della città. Trinity Church, una delle chiese più vecchie di New York, si trova praticamente di fronte alla borsa. Più avanti, attraversate una piazzetta verso sinistra per arrivare in un luogo simbolo: Ground Zero. Non aspettatevi memoriali o cose simili, vedrete “solo” un cantiere in pieno fermento. Ma se alzate gli occhi e vi guardate incontro, vi renderete conto di come doveva apparire l’area quando le torri erano in piedi, e di quanto miracolosamente gli altri edifici siano rimasti in piedi. In particolare la St.Paul Chapel, prima solo una delle chiese di New York, ora simbolo della sopravvivenza all’11 settembre e della rinascita. Questa chiesa è scampata alla strage, e al suo interno sono stati ospitati i feriti nei giorni seguenti agli attacchi. Lungo le pareti della chiesa diversi altari commemorano le vittime dell’11 settembre, e all’esterno è esposta una campana che reca la scritta “forged in adversity”, donata alla chiesa e alla città ad un anno dagli attacchi. Non restare colpiti da tutta questa zona di New York è impossibile, anche perché gli eventi sono recenti nella storia e ancora ben impressi nella nostra memoria. Dopo ground zero cambiamo decisamente tema … visitiamo, solo da fuori, l’immenso municipio di New York, poi ci spingiamo più a nord, nelle zone di Soho e Greenwich Village. Il panorama cambia, e radicalmente. Niente più grattacieli, niente più vetro, ma palazzi in mattoni rossi con le tipiche scale antincendio, negozi e bar alla moda, cartelloni pubblicitari. Sembra di essere in un’altra città. Vorrei curiosare in tutti i negozi, ma mio marito (giustamente) dopo un po’ si stufa quindi torniamo sulla retta via. A Greenwich c’è il campus della NYU, l’ambiente è giovane e informale, e dietro il campus sorge la bella Washington Square, con il suo arco di trionfo e le band che suonano all’aperto. La zona è molto bella e caratteristica, non a caso qui hanno abitato molti scrittori e artisti. Sempre a piedi, passiamo nell’aera a ovest, chiamata Nolita (North of Little Italy), e poi entriamo nella famosissima Little Italy, e … che delusione! Mi aspettavo un quartiere autenticamente italiano, invece cammino lungo una strada dove i tombini e gli idranti sono sì dipinti con il tricolore, e ci sono le luminarie bianche, rosse e verdi, ma tutto mi sembra molto finto, montato ad arte, anche un po’ pacchiano. Lungo la via tutti ristoranti italiani, e qualche negozio di souvenir scadenti. Nonostante tutto decidiamo che non si può non cenare una volta a Little Italy (grosso errore), quindi torniamo in hotel per poi riuscire. Chinatown e Little Italy sono adiacenti, quindi la strada non è molta. Prima però, per puro sfizio, andiamo avanti fino a Columbus Park. Questa piazza, e credo anche la via Mulberry Street, erano la zona di five point, raccontata nel film Gangs of New York, ma ovviamente ora non è rimasto più nulla, solo un parco tra l’altro ben tenuto. Persino alcune vie hanno cambiato nome. Rientriamo in hotel per darci una rinfrescata, poi torniamo a Little Italy per cena e scegliamo SPQR. Delusione totale. Abbiamo aspettato più di un’ora per un piatto di pasta in teoria con i gamberi e i pomodorini ma praticamente i bianco e una pizza surgelata, tra l’altro neanche a buon prezzo … forse l’unico ristorante che vale la pena provare a Little Italy è “Da Gennaro”, siamo passati via dopo cena e sembravano avere dei bei piattoni. 05/08/2010: New York Non c’è tempo per pensare agli errori, oggi è la giornata dei grattacieli! Abbiamo intenzione di andare sia “Top of the Rock” sia “Top of the Empire”, ma per farlo dovremo aspettare sera! Le nostre prime mete sono Union Square e, poco più avanti, il Flatiron Building, il famosissimo edifico triangolare che sul tetto assume la forma piatta di un ferro da stiro. L’edificio è molto elegante e sembra navigare nella bella piazzetta pedonale lì davanti. Camminiamo lungo la celeberrima quinta strada, fitta di negozi in cui potrei passare l’intera vacanza, e arriviamo sotto il Crysler Building, il grattacielo più bello di Manhattan con la sua guglia a specchio. Praticamente sotto di lui si trova l’imponente Grand Central Station, la stazione principale e più grande di New York. Facciamo un giro nella stazione, e poi ci incamminiamo verso la vicina Public Library, la biblioteca resa famosa dal film “L’alba del giorno dopo”. Purtroppo la facciata è in ristrutturazione, ma almeno riusciamo a vedere i due leoni che fanno la guardia all’ingresso. In compenso il parco dietro la biblioteca è delizioso, ideale per una pausa dagli acquisti o dalle visite. Ma noi non ci possiamo riposare molto, infatti entro le 11 dobbiamo essere al Madison Square Garden per la visita guidata. Il tour dell’arena più famosa del mondo dura un’oretta, a nostra guida è divertente e mio marito ha la fortuna di fare una foto con una delle cheerleader del forum. Peccato non vedere il campo da basket, ma stasera c’è un concerto quindi ci tocca il palcoscenico. Ci viene spiegato come fanno il ghiaccio per l’hockey e come montano il campo da basket, spesso nel giro di poche ore. Impressionante il lavoro di chi sta dietro le quinte!!!! Entriamo anche negli spogliatoi della squadra di hockey e di basket. Il pomeriggio sarà dedicato al museo Moma. Ci dirigiamo quindi verso il museo, cerchiamo e troviamo uno starbucks per un panino al volo e poi ci lanciamo alla scoperta dei capolavori del museo. Ci sono proprio tutti i grandi artisti dell’800 e ‘900, Van Gogh, Matisse, Renoir, Picasso, Boccioni, Monet, Andy Wharol, e chi più ne ha più ne metta. Con il NY pass abbiamo anche l’ingresso alla mostra temporanea su Matisse. Il museo stesso è molto bello dal punto di vista architettonico. Usciti dal museo passiamo dal sacro al profano, cioè dall’arte allo shopping, o meglio, al finto shopping, perché in questa parte della 5° strada i soldi rischiano di uscire dal portafogli solo a guardare le vetrine: Armani, Versace, Rolex, e naturalmente Tiffany, la fanno da padroni. Bello l’Apple Store con l’ingresso in vetro. L’edificio più rappresentativo della zona è sicuramente la Trump Tower, simbolo della ricchezza e del lusso sfrenato. L’ingresso è piantonato da un’usciere in giacca, cravatta e guanti bianchi, e all’interno regna indiscusso il marmo rosa, con un’enorme cascata e piante ovunque. Decisamente troppo. Torniamo sulla quinta strada e andiamo verso sud, passiamo davanti alla chiesa cattolica di St.Patrick e lì di fronte entriamo al Rockefeller Center. Obiettivo: top of the rock. Ritiriamo i nostri biglietti per il 66° piano e iniziamo la scalata. Lungo il percorso che porta agli ascensori si può leggere la storia di Rockefeller e del suo coraggioso progetto di costruire un grattacielo nel pieno della crisi del 1929. La salita al 66° piano dura pochissimo, l’ascensore ha iol soffitto trasparente e si vedono i piani che scorrono veloci. Il panorama è mozzafiato. A nord una delle vedute più classiche di Manhattan, cioè l’enorme distesa verde di Centra Park. A sud, la giungla urbana di Manhattan, l’Empire State Building e il financial center all’estremo sud. Riusciamo a vedere anche Brooklyn e gli alti boroughs di New York. Saliamo fino alla cima del grattacielo e facciamo un milione di foto, la vista non stanca mai. Vediamo il Crysler Building, intravediamo Times Square, e giochiamo a riconoscere le sagome degli edifici che abbiamo visto nei giorni scorsi. Un po’ a malincuore torniamo con i piedi per terra, giriamo dietro al grattacielo per trovare Rockefeller Plaza, dove in inverno viene allestita la pista di pattinaggio sul ghiaccio e il maestoso albero di Natale con la sue stella di cristallo Swarovski. Stasera ci attende l’Empire State Building, ma prima rientriamo in hotel a rinfrescarci e riposarci. Per cena, e per non fare troppo tardi, scegliamo una steakhouse/birrificio che si trova praticamente sotto il grattacielo, si chiama Hearthland Brewery. Ottima scelta, io mangio un hamburger con patate (vere patate) fritte e mio marito una bisteccona al sangue. Chiudiamo la cena con una fettona di torta al cioccolato. In effetti abbiamo esagerato un filino … Entriamo all’Empire State Building (mi raccomando un golfino, l’aria condizionata è a livelli polari qui) e saliamo al secondo piano, dove si fanno i controlli di sicurezza e si ritirano i biglietti. Noi vediamo anche lo Skyride, una specie di cinema dinamico dove viene vista NY dall’alto, come se si fosse in elicottero. Se non avete il pass e dovete pagare, evitate questa attrazione che non vale assolutamente il prezzo di 29$. Iniziamo fiduciosi la fila per salire all’86° piano, e non ci sembra neanche tanto lunga! Peccato che il primo ascensore porti solo fino all’80° piano, e da lì bisogna prenderne un altro ascensore, ed è qui che la faccenda si fa “interessante”… un’ora e mezza di coda dopo siamo davanti al tanto agognato ascensore e raggiungiamo la cima del grattacielo più famoso del mondo. Che devo dire, sarà la ressa, sarà la coda, sarà la cena troppo abbondante, ma sono rimasta un po’ delusa dal panorama che si vede da qui. Certo, NY di notte ha un fascino ineguagliabile, ma il panorama era molto più bello dal Rockefeller Center. Restiamo una mezzoretta sull’Empire, poi decidiamo che la nostra giornata può dirsi conclusa, e torniamo (dopo un’altra lunga coda) a terra e poi al nostro albergo. 06/08/2010: New York Oggi è il nostro ultimo giorno nella Grande Mela, e la giornata è intensa anche perché molto corta: alle 20 dobbiamo essere al New Amsterdam Theatre per Mary Poppins. Cominciamo da Central Park, dove ci torna subito utile il nostro NY pass. Infatti ci noleggiamo le biciclette ed esploriamo il parco su due ruote. Più che il classico parco urbano, Central Park è una foresta. E’ immenso, e non sembra neanche di essere nel cuore della megalopoli per eccellenza. Ce la prendiamo comoda, facciamo parecchie pause foto, dovendo scendere spesso di sella perché la pista ciclabile è solamente quella che corre intorno al parco, e dopo circa due ore siamo di ritorno. Vi consiglio il noleggio bici, il parco è così grande che a piedi non si riesce a girare tutto, a meno che non abbiate a disposizione un’intera giornata! Prendiamo la metro fino ad arrivare alla Columbia University, dove si trova la St.Paul’s Cathedral, la chiesa più grande del mondo. La costruzione è davvero imponente. Ritorniamo a Central Park e ci fermiamo di fronte al Dakota Building, casa di John Lennon, nonché il luogo dove è stato ucciso. Dentro Central Park, di fronte all’edificio, si trova la porzione di parco chiamata “Strawberry Fields” e dedicata alla memoria dell’artista. La nostra prossima meta è il Museo di Storia Naturale, quello dove è stato girato il film “Una Notte al Museo”. Mangiamo (male) al self service del museo e poi partiamo con la visita. Da fuori non sembrava, eppure l’esposizione è immensa. Gli animali sono riprodotti nel loro habitat naturale, e divisi per zona geografica. Ci sono esposizioni sui minerali e i meteoriti, sulla storia dell’uomo, sulle popolazioni del mondo, sui climi americani e così via, raccontati attraverso statue e didascalie, tutto molto accurato e dettagliato. Per i bambini è un vero paradiso, soprattutto l’ala dedicata agli scheletri dei dinosauri e di altri animali preistorici. Ci vorrebbe una giornata intera per girarlo tutto. Usciamo dal museo, compriamo una pepsi per rinfrescarci e attraversiamo Central Park fino ad arrivare al laghetto con le piccole barche a vela. Qui vicino c’è la statua di Alice nel paese delle meraviglie, e mi diverto ad arrampicarmici sopra per fare le foto, come fanno i bambini. Ora siamo sul lato est di Central Park, nel famoso Upper East Side, dove vivono i ricchi di Manhattan. Qui infatti è tutto molto elegante. Lungo la 5° strada si trova i MET, il Metropolitan Museum of Art, un museo dalla collezione sterminata che varia da oggetti dell’antico Egitto a manufatti cinesi, a quadri europei del 20° secolo. Qui un giorno non basterebbe nemmeno, ce ne vorrebbero due! Noi ci limitiamo a scalfire la superficie del museo, e vediamo solamente la pittura moderna, europea ed americana. Proseguiamo poi a nord fino alla bellissima opera d’arte che è il Guggenheim Museum. Criticato da molti per essere più famoso delle opere che espone, l’edificio bianco ha una struttura a spirale, lungo la quale sono esposte le opere di artisti moderni e contemporanei, anche molte fotografie. Il Guggenheim è più raccolto del Moma e del MET, e forse anche più di nicchia, a parte Kandinsky non conoscevo nessuno. Per noi ora è il momento di rientrare in albergo, stasera dobbiamo cenare presto per essere per tempo al New Amsterdam Theatre. Decidiamo di cenare in un ristorante tex-mex che si trova praticamente di fronte al teatro, Dallas BBQ. Le portate sono proprio americane, enormi e gustose. I prendo una caesar salad con manzo, e mio marito si lascia tentare dalle alette di pollo. Stavolta, saggiamente, evitiamo il dessert. Per le 8 siamo dentro il teatro, che di per sé vale già il biglietto. Lo spettacolo è straordinario, Broadway non è famosa a caso per i musical! Gli artisti sono bravissimi, sia come cantanti sia come ballerini, le scenografie sono eccezionali e le coreografie coinvolgenti. Usciamo da teatro soddisfatti e passiamo gli ultimi scampoli di vacanza newyorkese nel cuore della città, a times square. 07/08/2010 Yale e Mystic Oggi sono un po’ abbacchiata. Andiamo via da New York e mi dispiace molto, ci avrei passato volentieri qualche giorno in più. Perché nonostante il rumore, il traffico, gli eccessi, New York mi ha catturato l’anima, e non ne vuole sapere di lasciarla andare. Un po’ affannati, tra le valigie e la metro, arriviamo al noleggio auto dove ci viene data una Chevrolet Malibu (? Mai sentita) con cui affronteremo la prossima settimana di vacanza. Le pratiche sono abbastanza veloci, del resto abbiamo già pagato in Italia. Facciamo la copertura completa (non si sa mai) e siamo pronti a partire. Fortunatamente la commessa dell’autonoleggio mi ha spiegato come uscire da New York, perché il navigatore ci mette un po’ ad ingranare. Ancora più fortunatamente, oggi è sabato, quindi il traffico è decisamente accettabile e riusciamo ad uscire dalla città senza intoppi. Attraversiamo il Queens e il Bronx, e riusciamo ad intravedere lo stadio degli Yankees, mentre lo skyline di Manhattan diventa sempre più piccolo e alla fine scompare. Il nostro viaggio ci porterà a New Haven, sede del campus di Yale. Dopo un’oretta e mezzo circa arriviamo in questa bella cittadina nel Connecticut. Assomiglia molto a una piccola città dell’Inghilterra, e comincio a capire come mai questa zona si chiami “New England”. Non solo perché fondata dagli inglesi, ma anche per la somiglianza geografica alla loro madre patria. New Haven si snoda intorno alla piazza centrale, su sui si affaccia l’ingresso al campus di Yale, università della Ivy League famosa in tutto il mondo. Oggi è sabato e i ragazzi sono molto rilassati. Gli edifici sono in mattoni rossi, molto eleganti e formali. Questo è il blocco centrale e storico dell’università, che però occupa buona parte della città. Uscendo all’altra estremità, infatti, vediamo che anche dall’altro lato della strada gli edifici, questa volta in pietra grigia, sono adibiti a aule e dormitori. Facciamo un giro per l’enorme campus e torniamo alla piazza principale. Qui, in un parco perfettamente curato in tipico stile inglese, si trovano due belle chiese protestanti quasi identiche e una fontana. Pranziamo da Subway e riprendiamo l’auto per avviarci alla nostra prossima meta: Mystic. Mystic prende il nome dal fiume che la attraversa, il Mystic River, ed è famosa per il suo piccolo porto. La città si divide in due: Mystic a nord e Mystic Port a sud. Il nostro hotel, un Days Inn, si trova a nord. Qui cominciamo a vedere le case tipiche del New England, fatte di assi di legno e dipinte in colori pastello, con i loro bei portici e piccoli giardini. Mi piacciono tantissimo queste case, come vorrei averne una!!!! Dopo aver scaricato i bagagli e ritirato delle cartine in hotel, iniziamo la nostra visita da Old Mistick Village, il vecchio centro di Mystic. Le case sono ben tenute, ma ormai sono tutti negozi di cianfrusaglie varie, e l’atmosfera è molto artefatta. Facciamo un giro, curiosiamo in qualche negozio ma non compriamo nulla. Lì fuori c’è l’acquario, ma costa 26$ a testa e considerando che io sono terrorizzata dai pesci non ci sembra una buona idea. Andiamo allora alla città vera e propria, sul porto, dove posteggiamo a un prezzo non proprio economico (ma da queste parti nulla lo è). C’è un traffico pazzesco e stiamo una buona mezzora in coda, poi capiamo che in realtà non è traffico, ma semplicemente il ponte si è alzato per far passare una nave, quindi ci tocca aspettare. Iniziamo ad esplorare la città a piedi. Al di là del ponte troviamo soprattutto negozi, che vendono la merce più varia, dai classici vestiti alle divise militari (!). Ci fermiamo a prendere un frappé e attraversiamo il ponte. Questo marchingegno sembra molto vecchio, infatti il sistema di sollevamento si serve di due enormi contrappesi di cemento. Il panorama dal fiume è magnifico, anche perché la giornata è serena e il cielo è particolarmente blu. Sul fiume si affacciano numerose casette in stile coloniale, con il piccolo porto proprio vicino a noi. All’interno del paese si trova l’antico Whaler’s Inn, un vecchio hotel, e si susseguono chiese cattoliche e protestanti e le solite belle case coloniali. Ci spostiamo un po’ a nord, dove ha sede il Mystic Seaport Museum. Noi preferiamo non entrare, perché la guida lo indica come posto più che altro per bambini, ma ci godiamo il panorama e curiosiamo nel negozio di souvenir, dove hanno anche diverse specialità culinarie come marmellate e sciroppo d’acero. Per cena ci vogliamo affidare alla saggezza degli internauti. Torniamo in albergo a cambiarci e poi in auto fino alla vicina Noank, dove si trova Abbott’s Lobsters in the Rough, consigliato da altri viaggiatori su internet. Con tutti i ristoranti che ci sono in zona, difficilmente si sceglierebbe questo, che non è nemmeno un ristorante, ma una cucina con dei tavoli da picnic all’aperto. Bisogna fare una lunga coda per ordinare e poi ti danno un numero, e aspetti di essere chiamato. Il cibo è servito su vassoi di plastica tipo mensa. Non fatevi ingannare dall’aspetto, la “spartanità” del servizio è ampiamente compensata dalla bontà dei frutti di mare e crostacei, da leccarsi i baffi. Dovete provare il loro lobster roll (sandwich di aragosta), è eccezionale. 08/08/2010 Newport Oggi andremo a Cape Cod, la penisola che sbuca dalla costa atlantica come un uncino famosa per il merluzzo e gli avvistamenti di balene. Prima, però, visiteremo Newport, la città dei ricconi newyorkesi che nei primi anni del secolo scorso hanno costruito qui dimore da urlo. Si parla soprattutto dei Vanderbilt, celebre dinasia di ferrovieri americani, che qui hanno fatto erigere diverse case. E’ il momento di giocarci la GoBoston Card (costo 180$ per una settimana), che vale anche per numerose destinazioni del new England. Arrivati a Newport attiviamo la tessera per fare il tour di tre delle dimore storiche della città. Le case visitabili sono una decina, noi possiamo visitarne tre a nostra scelta. Patiamo dalla più famosa, the Breakers, residenza estiva di Cornelius Vanderbilt. Questa è la casa più grande e più sontuosa, con enormi saloni, un’infinità di stanze da letto e una spettacolare vista sull’oceano. L’audio guida è esauriente, quasi eccessiva, infatti la tagliamo in diversi punti. Come seconda casa scegliamo Marble House, che, come dice il nome, è interamente di marmo, interni compresi. Questa casa è più piccola ma non meno sfarzosa di The Breakers, c’è marmo ovunque, il lusso è decisamente eccessivo. Nel giardino c’è persino una piccola costruzione in stile giapponese dove servono tuttora gli aperitivi. La nostra ultima visita è The Elms, ma siamo un po’ stufi di tutta questa ostentazione di ricchezza, quindi facciamo un rapido giro all’interno e nel bellissimo giardino e ce ne andiamo. Prima di pranzo vogliamo vedere anche la Tennis Hall of Fame. A Newport si gioca anche un importante torneo di tennis (oltre la Coppa America). Oltre alla Hall of fame c’è anche il museo, che è interessante, ma solo se siete appassionati dello sport. Ha una discreta collezione di cimeli come vecchie racchette e palline, racconta la storia del tennis ed esibisce le divise e le racchette di alcuni tennisti famosi, come Nadal o Lendl. Usciti dal museo andiamo a mangiare in un Subway in centro, posteggiando alla modica cifra di 5$ l’ora. Newport è tutt’oggi una città piuttosto ricca, come dimostrato dai molti yacht che popolano il porto. Il porto è caratteristico, con diversi negozietti e ristoranti di pesce e frutti di mare. Il nostro tesserino ci dà il diritto a una crociera di un’ora, e ne approfittiamo. La guida è, come sempre, preparata e simpatica, e durante la gita vediamo anche una residenza dei Kennedy, dove John e Jacqueline hanno organizzato il loro ricevimento di nozze con circa 2000 invitati. Finita la crociera è decisamente il momento di lasciare la città per dirigerci verso il nostro albergo a Hyannis. Il viaggio in auto è scorrevole, il panorama molto bello, e in un’ora circa siamo a Hyannis. Il nostro albergo è un piccolo bed and breakfast vicino alla spiaggia, una casetta che sembra uscita da un libro di fiabe con sole sei stanza. Noi abbiamo la numero due, al piano terra, con accesso alla terrazza. La ragazza ci spiega tutto e poi ci accompagna in stanza. Prima di uscire a cena facciamo la conoscenza del padrone del b&b, Martin, una persona squisita che si farà in quattro pur di accontentarci. Si è persino offerto di accompagnarci in centro con la sua auto. Hyannis è piccola in quanto a numero di abitanti ma abbastanza estesa in superficie, infatti per andare sulla Main Street dobbiamo prendere la macchina. Main Street pullula di locali, noi scegliamo il messicano Gringo’s perché mio marito vuole mangiarsi i nachos. Io scelgo invece le crabcake, delle grosse polpette di granchio, molto gustose. Concludiamo la serata passeggiando per la Main Street, tipica strada principale di un paese di mare, con negozi, ristoranti e sale giochi. 09/08/2010 Hyannis e Chatham Oggi giornata tranquilla. Iniziamo dalla città in cui ci troviamo, Hyannis, dove visitiamo il JFK Museum. JFK amava molto questa zona e ci veniva spesso in villeggiatura. Il museo ha una vasta collezione di fotografie di JFK e della sua famiglia, è piccolino ma racconta in dettaglio la vita del presidente più amato dagli americani. Ci sono anche le foto più famose, quella con John John che gioca nello studio ovale e quella con Jacqueline e i bambini al mare. Lì sotto c’è il museo del baseball, abbastanza inutile, visto che racconta solo delle squadre di Cape Cod … Andando verso le spiagge, ci fermiamo al JFK Memorial, che si affaccia sul mare. Dal porto partono diverse navi che portano a Martha’s Vineyard e Nantucket. Noi non siamo andati su queste due isole, ma due ragazzi napoletani che abbiamo conosciuto in albergo ci hanno detto che sono stupende. Poi seguiamo i preziosi consigli di Martin e partiamo in auto alla volta di Chatham, piccola città all’estremità sud-est di Cape Cod. La strada è molto panoramica, vediamo diversi scorci di mare e poi tantissime villette in stile coloniale, con dei bellissimi portici. L’atmosfera è particolarmente rilassata, nonostante sia lunedì. A Chatham vediamo un bel faro e facciamo la nostra prima passeggiata in spiaggia, solo 15 minuti, che è il tempo di posteggio gratuito. Le spiagge di Cape Cod sono molto estese e selvagge, ma in diversi punti si può fare il bagno e prendere il sole. L’acqua dell’oceano è ghiacciata, anche perché è mattina, e infatti immergiamo solo i piedi. Ci sono molte persone, sia in spiaggia sia (pazzi!) in acqua, il panorama è stupendo, con la scogliera alta alle nostre spalle e le villette che si affacciano sul mare. Pranziamo a Chatham, di nuovo da Subway, che ci consente di crearci il panino su misura, e poi torniamo al nostro hotel a Hyannis per passare un pomeriggio di relax in spiaggia. Martin, come sempre gentilissimo, ci offre delle sdraio e dei teli mare. La passeggiata dall’albergo alla spiaggia è molto breve. Il clima è ottimo, non c’è una nuvola e fa caldo. Qui l’acqua non è nemmeno fredda. Troviamo un posto per il nostro equipaggiamento (ovviamente mi sono portata la macchina fotografica) e poi mio marito si rilassa in spiaggia, mentre io faccio una passeggiata esplorativa. Molte foto più tardi torno agli asciugamani, e decidiamo che è l’ora del bagno. Restiamo immersi almeno un’ora, incredibile che questo sia l’oceano atlantico, sembra il nostra mare Adriatico, e poi prendiamo un po’ di sole. Per cena stiamo sempre sulla Main St, stavolta scegliamo il locale accanto al messicano di ieri sera, Kyan & Rylees, dove mangiamo benissimo. Mio marito sceglie un hamburger di pollo, io invece assaggio i ravioli all’aragosta … una favola! Mi avranno portato almeno 7-8 ravioloni pieni zeppi di aragosta, con un delizioso sughetto si pomodori e calamari … se siete da queste parti dovete assolutamente provarli, sono eccezionali e costano solo 20$. 10/08/2010 Le spiagge di Cape Cod Oggi esploriamo la penisola. Partiamo con calma e ci dirigiamo a nord, verso la zona del Cape Cod National Seashore, zona protetta e parco nazionale. Sempre su consiglio di Martin, risaliamo la penisola lungo la strada storica 6° strada, la vecchia strada principale ora sostituita dall’autostrada. Il nostro tragitto diventa così una destinazione in sé, attraversiamo, paesino dopo paesino, un tratto di Stati Uniti autentico, poco turistico, dove la gente vive, lavora, va a fare la spesa e a rilassarli al minigolf. Vediamo così da vicino la vita degli abitanti di Cape Cod, ammiriamo le loro case e il paesaggio. Peccato che la strada non costeggi il mare. Arriviamo a Eastham (a Cape Cod ci sono pochissime città, molto estese in superficie) e ci fermiamo al Salt Pond Visitor center a prendere una cartina. Come abbiamo già avuto modo di vedere l’anno scorso, il National Park Service è efficientissimo. I ranger sono cordiali e disponibili, le cartine chiare e dettagliate. Qui capiamo subito che abbiamo fatto un grosso errore: le spiagge gestite dall’NPS sono a pagamento, 15 $ a veicolo per tutto il giorno. Noi avremmo anche la tessera dell’anno scorso, ancora valida, peccato che l’abbiamo lasciata a casa … in Italia! Pazienza, decidiamo che cercheremo posteggi più lontani ma gratuiti e poi ci sceglieremo una spiaggia dove passare il pomeriggio. Partiamo alla volta di Nauset Light Beach. La spiaggia è carina, ma la particolarità è il bellissimo faro che una volta si trovava proprio sul mare e ora è stato spostato di qualche decina di metri all’interno. A poche centinaia di metri di distanza si trovano i fari detti le “Tre Sorelle”, che si trovano all’interno di un bosco (!). Anche questi una volta erano sul mare, poi sono diventati obsoleti ed erano destinati alla demolizione. Alla fine si è invece scelto di spostarli nell’entroterra per preservarli. La posizione di questi tre piccoli fari rende l’atmosfera surreale, fiabesca. Torniamo all’auto e ripartiamo per South Wellfleet, dove si trova il Marconi Site, ovvero il punto da cui Guglielmo Marconi lanciò il primo segnale radio. La stazione radio non esiste più, al suo posto c’è un piccolo padiglione e una targa commemorativa, con dei pannelli che spiegano come Marconi abbia ideato la trasmissione radio. Il panorama che si gode da qui è indescrivibile. Qualche decina di metri a strapiombo sotto di noi si trova un’enorme, lunghissima spiaggia di sabbia chiara, completamente deserta. L’oceano è calmo, e le piccole onde lasciano sulla spiaggia la loro scia bianca. Sopra di noi, decine di libellule. Andiamo via a fatica da questo splendido posto e riprendiamo la nostra marcia verso la città all’estremità settentrionale di Cape Cod, Provincetown, città di artisti e dalla nutrita comunità omosessuale. Qui a Cape Cod partono anche diverse crociere di avvistamento balene, ma noi abbiamo la crociera inclusa a Boston, quindi aspetteremo si essere là. Provincetown si distingue subito come città giovane e dinamica, ci sono negozi che vendono gli oggetti più assurdi, la strada principale è decorata con bandiere della pace, e ci sono tantissimi bar e ristoranti. Noi prendiamo un ottimo panino al Purple Feather, poi facciamo un giretto in città. Curiosiamo nei negozi, ammiriamo il lungomare dal porto e vediamo il Pilgrim’s Monument, una struttura in pietra che ricorda i padri pellegrini sbarcati proprio qui dal Mayflower. Per il pomeriggio di relax scegliamo la spiaggia di Race Point Light, dove paghiamo i nostri 15$ e poi ci rilassiamo qualche ora. Anche questa spiaggia è gigantesca, il clima ideale, ma l’acqua è troppo fredda per fare il bagno (anche se diverse persone e alcuni cani lo fanno). In fondo a destra si vede anche un piccolo faro. Ce ne andiamo dalla spiaggia quando è ormai sera, ma in meno di un’ora siamo di nuovo al nostro albergo. Scegliamo di cenare allo stesso posto di ieri, solo che stasera scelgo il tipico piatto di vongole fritte, il Fried Clams, di cui non sono entusiasta quanto dei ravioli. 11/08/2010 Plymouth e Salem Oggi salutiamo Martin e Cape Cod, e già sento la nostalgia per la vacanza ormai agli sgoccioli. Ma Boston ci attende, e abbiamo ancora quattro giorni, quindi su col morale! Partiamo verso nord attraverso un paesaggio che ormai conosciamo bene, e arriviamo alla città di Plymouth, uno dei primi insediamenti inglesi in assoluto. La leggenda narra che i 102 pellegrini del Mayflower siano sbarcati qui, infatti al porto si può vedere, protetto da una struttura a forma di tempio greco, il masso su cui sarebbe attraccata la nave. In realtà il Mayflower attraccò a Cape Cod, nei pressi di Provincetown. A Plymouth si trova Plimoth Plantation, la ricostruzione del villaggio inglese del 1620, e dell’adiacente accampamento indiano. L’insieme è un po’ pacchiano, ma è molto divertente per i bambini, che possono sbizzarrirsi a fare domande ai figuranti che popolano questo villaggio. La ricostruzione è comunque dettagliata e realistica, anche dal punto di vista storico. I figuranti sono molto preparati sulla storia dei pellegrini e del rapporto con la popolazione nativa, e risponderanno alle vostre domande come se fossero nel 1620! Immancabile il negozio di souvenir e la bottega dell’artigiano, che vi mostrerà come venivano fabbricati all’epoca gli oggetti di uso comune. Usciti dal parco andiamo in città, al porto, dove si trova il Mayflower II, ricostruzione della nave con cui i padri pellegrini fecero il loro viaggio verso ovest. Anche qui ci sono delle guide in costume che risponderanno a tutte le vostre domande. La nave sembra molto piccola, incredibile che con questa 102 persone più equipaggio siano riuscite ad affrontare un viaggio transoceanico! Facciamo anche una passeggiata sul lungomare di Plymouth, la città sembra abbastanza piacevole. La nostra prossima meta è Salem, la città delle streghe. Il mito delle streghe di Salem è però molto più triste di quello che si pensi. Nel 1692, un’ondata di follia collettiva scatenata dai racconti di tre ragazzine annoiate portò all’uccisione di 19 donne e un uomo accusati di stregoneria. Molte altre persone furono imprigionate e poi fortunatamente scagionate. Il viaggio verso Salem è breve in termini di km, ma lunghissimo in termini di tempo. Arrivando da sud, bisogna infatti passare Boston e percorrere una ventina di km su una strada dove ogni 200 metri c’è un semaforo. Arriviamo abbastanza provati, ci fermiamo in un supermercato a prendere dei panini e dopo pranzo andiamo al centro visitatori, dove recuperiamo mappe e opuscoli informativi. La nostra meta è il Salem Witch Museum, che più che un museo è uno spettacolo che racconta i processi del 1692. La seconda parte è una mostra provocatoria sul concetto di strega e caccia alle streghe. Usciti dal museo passeggiamo per la città, incontrando diverse case storiche spacciate per case delle streghe ma in realtà successive al periodo. C’è anche un antico cimitero dove sono sepolte alcune persone che hanno avuto a che fare con i processi. Non le streghe, però, loro ovviamente non potevano essere sepolte su terreno consacrato! Anche questa città è molto carina nel complesso, l’architettura è tipicamente inglese, sembra di trovarsi in Europa. In centro c’è persino una statua di Samantha di “Vita da Strega”. E’ abbastanza irritante che un evento storico di crudeltà inaudita sia utilizzato in modo così pacchiano … Si è fatto tardi, noi dobbiamo riconsegnare l’auto entro le 18 e dobbiamo ancora trovare l’albergo, quindi riprendiamo il viaggio verso Boston. In nostro hotel si trova relativamente in centro, nella bella zona di Back Bay, molto elegante e penso anche abbastanza ricca. Dopo almeno mezz’ora di ricerca parcheggio decidiamo che io andrò a fare il check in e salirò con le valigie in stanza, mentre mio marito mi starà ad aspettare in macchina. Mai sudato così tanto in vita mia. Lasciamo l’auto al parcheggio in centro, e rientriamo in albergo con la metro. Anche qui, avendo a disposizione 3 giorni pieni, decidiamo di fare l’abbonamento ai mezzi pubblici, molto conveniente anche qui. Trovare la stazione della metro sulla piantina è una versa impresa, ma alla fine riusciamo a ritrovare il nostro hotel. Stasera ceneremo, come tutte le prossime sere, al mio amato Cheesecake Factory. 12/08/2010 Boston Caccia alle balene! Ci svegliamo i buon’ora e siamo in coda per ritirare i biglietti della crociera di Whale Watching mezz’ora prima che il botteghino apra. Non importa, non dobbiamo farci scappare l’opportunità di vedere questi meravigliosi mammiferi, e molti biglietti vengono prenotati in anticipo. Saliamo sulla nave e ci prendiamo i posti davanti all’esterno, mamma mia che freddo! Menomale che ci siamo portati le felpe. Il viaggio dura un’ora e mezzo circa, e arriviamo a circa 50 miglia al largo, quindi in pieno oceano. Appena arrivati al punto prefissato le balene iniziano a spuntare come funghi, non me ne aspettavo così tante! Stanno comunque lontane dalla nostra nave, forse infastidite dal rumore dei motori. Fotografarle è molto difficile, perché sono sorprendentemente veloci. Peccato che nessuna di loro ci abbia deliziati con un bel salto! Sono veramente enormi, bisogna vederle per capire. Le balene che vediamo noi sono soprattutto megattere, non so se per la zona o per la stagione. Per il viaggio di ritorno a Boston scegliamo di stare all’interno, siamo molto infreddoliti ma felici. Quando attracchiamo è ormai pomeriggio, e il nostro prossimo obiettivo è l’acquario. Pranziamo al self service interno e poi iniziamo la visita. Io ho il terrore dei pesci, quindi questo non è proprio il mio pomeriggio preferito. La struttura portante dell’acquario è un grosso cilindro esattamente al centro dell’edificio, dove è stato riprodotto l’ambiente tropicale e dove i pesci vivono gli uni accanto agli altri, anche con gli squali, che sono inoffensivi poiché vengono nutriti dai sub diverse volte al giorno. In basso, ai piedi del vascone centrale si trovano i pinguini di tre diverse specie. Tutto intorno al cilindro ci sono delle vasche a muro, più o meno grandi, con pesci di ogni genere, dai piranha ai salmoni ai polpi, che quest’estate sono saliti agli onori della cronaca grazie al veggente Paul. Io non sono molto entusiasta e gradisco molto di più le foche, situate in una vasca all’esterno dell’acquario. Oggi vogliamo vedere anche la USS Constitution, la più vecchia nave da guerra ancora esistente, che si trova nell’adiacente Charlestown e raggiungibile con i pullmini tipici di Boston che consentono di salire e scendere a diversi siti storici della città. Ritiriamo il nostro biglietto valido per due giorni al Quincy Market e incluso nella card e partiamo. Scendiamo alla fermata e vediamo lì vicino vediamo anche l’obelisco che commemora la battaglia di Bunker Hill. La USS Constitution è ovviamente restaurata ma autentica. Questa nave ha circa 200 anni e ha combattuto 39 battaglie senza mai perderne una. Poiché le sue fiancate sono in legno di quercia molto spesso, resistevano persino alle cannonate, la nave si è guadagnata il titolo di “Lady di Ferro”. Rientriamo in città, sempre con il pullmino, visto che qui non ci sono fermate della metro, e visitiamo la Old State House, luogo di incontro degli indipendentisti americani davanti al quale avvenne il massacro di Boston. Qui una guida in costume ci racconta in modo realistico come realmente accadde questo fatto. Dopo la visita torniamo in Quincy Market per un’incombenza che finora abbiamo trascurato: i souvenir. Compriamo stupidaggini di vario genere e rientriamo in albergo con il nostro carico. Per oggi non abbiamo visto molto di Boston, ma domani ci rifaremo! 13/08/2010 Boston Oggi percorreremo a piedi il Freedom Trail, partendo dal centro visitatori dove recuperiamo una mappa. A Boston esiste un percorso, segnalato a terra da una linea rossa, che guida il visitatore per la città attraverso i luoghi di rilevanza storia per l’indipendenza americana. Io la trovo un’idea geniale. Abbiamo visto tutti i siti storici di Boston senza bisogno di cartine, senza perderci niente e godendoci pure la città. Volendo, si può pagare per il tour guidato. Partiamo e mi sento un po’ Dorothy, solo che lei seguiva i mattoni gialli, io quelli rossi J. Il percorso inizia dal centro visitatori del parco comunale Boston Common e si snoda nella Boston storica attraverso diversi punti di interesse. Vediamo la Massachusetts State House, il parlamento dello stato immortalato nel film “The Departed”, la chiesa Park Street Church, con l’annesso cimitero dove si trova la tomba di Paul Revere. Poi entriamo in pieno centro, dove si trovano la King’s Chapel, il vecchio municipio, l’hotel di lusso Omni Parker House, dove è stato inventato il dessert Boston Cream Pie, per sbucare nella bellissima piazzetta dove sorge la Old South Meeting House, chiesa e luogo di incontro dei rivoluzionari. Mentre aspettiamo che la Old South Meeting House apra (abbiamo giocato d’anticipo e siamo partiti prestissimo) chiacchiero con una ragazza molto simpatica che mi racconta di essere a Boston per il matrimonio della sua migliore amica, della quale sarà damigella d’onore! Ripassiamo anche davanti alla Old State House, già visitata ieri, alla Faneuil Hall e Quincy Market. Essendo già stati qui, tiriamo dritto fino all’Holocaust Memorial, commovente monumento ai 6 milioni di vittime della follia nazista. Da qui riagganciamo il percorso segnato dalla linea rossa e, attraverso una bella piazza con delle fontane che sorge dove una volta scorreva in superficie l’autostrada, ora sotterranea, entriamo a North End, la Little Italy di Boston. Questo è un quartiere di immigrati, soprattutto italiani, ma dalle insegne dei negozi anche irlandesi, e l’architettura ricorda molto la Dublino storica. Il percorso ci porta alla casa di Paul Revere, il rivoluzionario famoso per aver intrapreso la cavalcata fino a Lexington per avvertire i compagni dell’arrivo degli inglesi. La casa è piccolina e interamente ricostruita, ma racconta dettagliatamente la vita di Paul Revere. Sempre camminando per Little Italy, decisamente molto meno pacchiana della sua controparte newyorchese, arriviamo alla Old North Church, luogo storico famosissimo negli Stati Uniti. Al campanile di questa chiesa, la stessa notte della cavalcata di Paul Revere, furono appese due lanterne, per avvisare gli abitanti della cittadina di fronte, Charlestown, dell’arrivo degli inglesi via mare. Questo fu praticamente l’inizio della guerra d’indipendenza, o comunque uno dei suoi momenti fondamentali. Dentro la chiesa ritrovo la mia amica damigella. Il Freedom Trail a questo punto continuerebbe fino alla USS Constitution, che però noi abbiamo già visitato ieri. Quindi ci avviamo alla prima fermata disponibile del pullmino rosso. Troviamo una guida simpaticissima, e decidiamo di stare sul pullman fino a Fenway Park, lo stadio della squadra di baseball di Boston, i Red Socks. Scendiamo allo stadio, facciamo i biglietti per il tour guidato, e nell’attesa ci mangiamo un hot dog e sbirciamo nel negozio di souvenir. Il tour dello stadio è divertente, anche perché la nostra guida ci fa morire dal ridere. In generale devo dire che tutte le guide che abbiamo trovato negli Stati Uniti si sono dimostrate persone spiritose, socievoli e molto molto preparate. Vediamo tutto lo stadio, dalla tribuna vip alla sala stampa, agli spogliatoi. E’ divertente vedere uno stadio che non sia del solito calcio. Il campo è molto più piccolo di quello che pensavo, tra l’altro. Il pomeriggio sarà dedicato a Cambridge, città praticamente annessa a Boston dove ha sede la prestigiosa Harvard University. Risaliamo sul pullmino rosso, facciamo qualche centinaio di metri e … bam! Urtiamo una macchina. L’autista (della macchina) distratto dal cellulare (!) ha invaso la nostra corsia. Il nostro povero autista, mortificato al massimo, ci fa scendere e tra mille scuse ci invita a prendere il prossimo pullman. Mi è dispiaciuto un sacco per lui, spero non abbia avuto problemi al lavoro … Prendiamo il secondo mezzo e, stavolta senza intoppi, arriviamo alla fermata dell’MIT, Massachusetts Institute of Technology. Da qui con una fermata della metro arriviamo a Harvard Square. L’atmosfera è molto giovane e frizzante, la cittadina è popolata principalmente dai ragazzi dell’università, infatti ci sono tantissimi bar e caffè all’aperto. La stanchezza si fa sentire e allora ci premiamo con un bel frappuccino, poi entriamo nel mitico campus di Harvard. L’università più famosa del mondo si presenta con edifici in stile vittoriano, imponenti, un parco interno con sedie colorate dove i ragazzi si rilassano e una biblioteca enorme. Ci guardiamo un po’ intorno e ci sediamo un po’ fingendo di avere quella decina di anni in meno. Dopo un’oretta decidiamo di tornare all’MIT per vedere lo Stata Building, un edificio costruito tutto storto, fatto in modo che se ci cammini sotto hai la sensazione che la struttura ti cada addosso. A questo punto, ormai distrutti, rientriamo in hotel e usciamo per cena, dove ci concediamo una supercalorica cheesecake. 14/08/2010 Boston Alla fine siamo arrivati al termine di questa meravigliosa vacanza, abbiamo visto talmente tante cose che mi sembra di essere qui da una vita. Siamo riusciti ad ottenere il checkout a mezzogiorno anziché alle 11, quindi usciamo a piedi per una visita più approfondita della zona di Back Bay. Dal Public Garden seguiamo a occhio il grattacielo più alto di Boston, la John Hancock Tower, e arriviamo nella piazza dove si trova la bella Trinity Church, che si specchia magnificamente nel grattacielo fatto interamente a specchio. Di fronte, vediamo la biblioteca di Boston. Da qui andiamo a destra verso il centro commerciale Prudential, che riserviamo per il pomeriggio, e arriviamo sempre a piedi fino alla piazza dove si trova una stupenda chiesa bianca, la Church of Christ Scientist, che si specchia in un’enorme piscina, creando un panorama mozzafiato. Se si cammina lungo un lato della piscina, si ha la sensazione che chi si trova dall’altra parte stia camminando sull’acqua. Faccio innumerevoli foto più o meno artistiche in questo posto, ma il nostro obiettivo è il Mary Baker Eddy Library and Mapparium. L’attrazione di questo posto è un gigantesco mappamondo “al contrario”, cioè con i continenti disegnati all’interno della struttura, fatto interamente in vetro. Entrando nel mappamondo, una presentazione spiega la creazione del globo e fa alcune considerazioni generali sull’integrazione. La particolarità di questo posto è che non ha assorbimento acustico, per cui si sentono anche i bisbigli delle altre persone come se ci stessero parlando nelle orecchie. Un po’ inquietante, ma particolare. Prima di rientrare, torniamo al Public Garden, dove ci godiamo 15 minuti di giro sulle barche a forma di cigno in un bellissimo parco da fiaba. Questo giro in barca è assolutamente da fare, costa solo 2$ e il paesaggio è incantevole. Si è fatto quasi mezzogiorno, quindi torniamo in hotel per il checkout. Fortunatamente ci permettono di lasciare lì le valigie, così possiamo goderci anche il pomeriggio, visto che il volo è alle 11 di stasera. Ci muoviamo un po’ a caso, torniamo al Boston Common e gironzoliamo per Winter Street, dove è esposta una camionetta dei pompieri. Visto che la GoBoston Card è ancora valida, scegliamo di occupare il pomeriggio con il Boston Movie Tour, un tour guidato a piedi attraverso i siti di Boston dove sono stati girati alcuni film, famosi come The Departed o praticamente sconosciuti, almeno in Europa. La nostra guida, David, ci coinvolge con un tour a quiz, lui ci fa delle domande sui film e chi risponde per primo guadagna dei punti. I nostri compagni di tour sono quattro americani del Nord Carolina che probabilmente vivono in una multisala, visto che le sanno tutte. Il tour in sé non è granché, ve lo sconsiglio a meno che proprio non sappiate come passare il tempo. Almeno vediamo la zona di Mount Vernon Street, la più storica e ricca di Boston, dove vive anche John Kerry. Questa zona è patrimonio storico e nulla dell’esterno degli edifici o del marciapiede può essere cambiato, nemmeno dai residenti. La visita si conclude con il set di Cheers, sitcom dal successo strepitoso negli USA e proposta in Italia nei primi anni ’90 con il nome di Cin Cin ma praticamente sconosciuta. Passiamo il resto del pomeriggio curiosando per il Prudential Center, centro commerciale di dimensioni spropositate, e ceniamo presto in modo da tornare in hotel a ritirare i bagagli entro le 8. Stavolta pare che sia finita davvero. Con un peso sul cuore ci avviamo in metro fino all’aeroporto, dove dopo le infinite trafile di sicurezza saliamo sul nostro Boeing 747 che ci porterà a Parigi. Mi metto da gara, con mascherina e melatonina, vedo metà di Shrek 4 e crollo addormentata fino a destinazione. Da qui, un volo breve ma meno confortevole ci riporta nella nostra Milano. Anche quest’anno abbiamo lasciato un pezzetto di cuore in America, speriamo di poterci tornare presto! Qui vi elenco gli alberghi prenotati e i principali locali dove abbiamo mangiato. HOTEL: Washington DC: Courtyard by Marriott (Arlington) – consigliato Philadelphia: Radisson Warwik Plaza (Rittenhouse Square) – consigliato solo con offerte speciali New York: Best Western Bowery (Chinatown) – consigliato Mystic: Days Inn – non consigliato Hyannis (Cape Cod): A Cape Cod Ocean Manor – consgliato Boston: Chandler Inn (Back Bay) – consigliato, ma vagliate anche altre opzioni RISTORANTI: Cheesecake Factory (varie città) – consigliato Pietro’s Coal Oven Pizza (Philadelphia) – consigliato Jim’s Steaks (Philadelphia, South Street) – consigliato Planet Hollywood (New York, Times Square) – non consigliato Dallas BBQ (New York, zona Broadway) – consigliato Hearthland Brewery (New York, Empire State Building) – consigliato SPQR (New York, Little Italy) – non consigliato Abbott’s Lobsters (Noank) – consigliato Kyan & Rylees (Hyannis) – consigliato Gringo’s Mexican Restaurant (Hyannis) – consigliato