Isole Svalbard, il nuovo “Capo Nord”

“Cosa diavolo ci andate a fare lassù?”. Questa domanda (con la quale si apre il libro “Damien” del navigatore Gerard Janichon) vi accompagnerà prima, durante e anche dopo un vostro viaggio in queste isole sperdute nell’Artico. Anzi, sarete voi stessi a chiedervelo. In verità di motivi ce ne sono diversi; cercheremo...
Scritto da: Paolo Calvi
isole svalbard, il nuovo “capo nord”
Viaggiatori: in coppia
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“Cosa diavolo ci andate a fare lassù?”. Questa domanda (con la quale si apre il libro “Damien” del navigatore Gerard Janichon) vi accompagnerà prima, durante e anche dopo un vostro viaggio in queste isole sperdute nell’Artico. Anzi, sarete voi stessi a chiedervelo. In verità di motivi ce ne sono diversi; cercheremo di vederne qualcuno insieme, con una considerazione finale. L’ arcipelago, a metà strada fra la Norvegia e il Polo Nord, fu scoperto intorno al 1100 dai vichinghi, che lo chiamarono Svalbard (costa fredda), e riscoperto dall’ olandese Barents nel 1596, che lo battezzò Spitsbergen (montagne aguzze). Nomi entrambi appropriati, tanto che continuano ad essere usati indifferentemente; per amor di precisione il nome ufficiale per l’ intero arcipelago è Svalbard, mentre Spitsberg è il nome riservato all’ isola principale. Le isole rimasero terra di nessuno per secoli. Furono frequentate da balenieri (olandesi e britannici) fra il ‘600 e il ‘700, poi da cacciatori (russi e norvegesi) fino a metà dell’ ‘800; nel ‘900 iniziò l’estrazione del carbone. Il Trattato di Sevrès del 1920 ne attribusce la sovranità alla Norvegia e prevede la possibilità di sfruttamento delle risorse minerarie per tutti i paesi firmatari, con la possibilità di stabilire insediamenti autonomi, soggetti alle leggi norvegesi. Con il declino dell’ industria mineraria, oggi solo Norvegia e Russia mantengono proprie comunità sulle isole. La presenza internazionale è comunque garantita da numerose missioni scientifiche e migliaia di turisti ogni anno. D’inverno dovrete arrivarci in aereo. Magari meglio in primavera, quando è finita la lunga notte artica e la temperatura si aggira sui –20°C. In quella stagione le attività turistiche sono legate alla neve: motoslitta o “sledog” (slitte trainate dai cani), sci da fondo e sci-alpinismo. E’ l’ esperienza raccontata da Roversi nelle sue puntate di “Turisti per caso” andate in onda quest’ anno. Solo nei mesi estivi, quando la banchisa polare (che circonda interamente le Svalbard) si ritira più a nord, diventa possibile arrivare via mare. E’ forse il modo più adeguato per raggiungere una meta così remota: un paio di giorni di navigazione vi permetteranno di entrare più gradualmente nel clima artico, e vi daranno il tempo per iniziare a porvi la famosa domanda (ma cosa diavolo …?). E così eccovi in rotta nel Mare di Barents, partiti da Tromsoe sulla “Nordstjernen”: una nave certamente non da crociera, ma comunque ben attrezzata con spazi comuni al coperto e all’ aperto, cabine piccole ma confortevoli e ottima cucina norvegese. Avviso ai naviganti: il mare può anche essere piuttosto rude, portate pazienza e qualche antidoto per il mal di mare; fa parte delle regole del gioco. Il primo impatto visivo è desolante: un paesaggio aspro, privo di vegetazione arborea e coperto di neve per l’ 80% anche in estate. Non mancano tuttavia spettacoli unici: primo fra tutti il sole di mezzanotte, che in Norvegia ad agosto è già finito, e che qui invece vi terrà svegli senza scampo. Poi non capita spesso di vedere ghiacciai che si gettano nel mare (qui ne vedrete sino a sette insieme) e i piccoli iceberg che se ne distaccano; se la stagione non è troppo avanzata avvisterete al largo anche i grandi iceberg tabulari che si staccano dalla banchisa polare. La costa è solcata da fiordi (così diversi da quelli della Norvegia continentale), fra i quali particolarmente affascinante il Magdalen Fjord, meta di una discesa a terra. La fioritura della breve ma intensa primavera artica attira i botanici. Lungo la costa potrete incontrare balene, foche e trichechi; vi accompagnerà il volo di gabbiani, fulmar, sterne, puffin, oche e diverse altre specie di uccelli (anche nidificanti); a terra, con un po’ di fortuna, troverete renne nane, volpi artiche ma soprattutto… l’ ORSO! Effigiato in tutti libri e depliant sulle Svalbard, e oggetto di una vasta produzione di gadgets, è il sogno segreto di tutti i turisti svalbardiani. A noi è capitato un solo avvistamento, dalla nave, di una madre col piccolo che camminavano lungo la costa . Non è stato proprio un incontro ravvicinato (forse tutto sommato è meglio così…) ma rimane un evento emozionante e difficile da realizzare altrove. La visita toccherà anche gli insediamenti umani, ciascuno con le sue piccole attrattive: a Longyearbyen le casette colorate per spezzare il grigiore imperante, il museo e le miniere dismesse, il fornitissimo negozio che affianca ai souvenir ogni bendidio per i residenti; a Barentsburg, per contrasto, un pezzetto di Russia con tutti i problemi sociali della madrepatria, acuiti dalla lontananza (pensare che un tempo per russi ed ucraini questa era una situazione privilegiata, con paghe alte, alloggi per le famiglie, scuola e teatro, palestre e sauna ecc.; oggi sono senza stipendio da mesi come tutti i minatori russi e campano allestendo piccoli spettacoli amatoriali per i turisti di passaggio); a Ny Alesund, il trenino della vecchia miniera e, per gli appassionati di spedizioni polari, immancabile il pellegrinaggio al pilone di ormeggio per dirigibili, da cui partirono nel 1926 il Norge e nel 1928 l’ Italia. Tutto questo riempirà le vostre giornate ma non sarà sufficiente a rispondere alla solita domanda. Come per chi ha visto il deserto, e ne è rimasto affascinato, resta difficile descrivere la chiave di lettura di questa fascinazione. Di fronte all’ ufficio postale “più a nord del mondo” (definizione applicata anche all’ albergo, negozio, cafeteria, trenino, chiesa, cimitero, ecc.) vi ricorderete forse di aver già visto questa indicazione se avete visitato quello che tutti conoscono come Capo Nord. La meta tradizionale di tanti viaggi in Scandinavia a cosa deve la sua popolarità se non appunto alla caratteristica di punto estremo e al relativo corredo di uffici postali ecc.? Ormai comodamente raggiungibile da decine di migliaia di automobilisti, quel Capo Nord ha perso per molti viaggiatori il fascino della meta estrema. Ecco allora che le Svalbard si propongono di rilanciare la sfida del “più a nord”, offrendo persino di varcare i fatidici 80° di latitudine. Non vale poi l’ obiezione che le Svalbard essendo isole non possono ambire a rappresentare la punta dell’ Europa: anche il classico Capo Nord si trova in verità sull’ isoletta di Mageroya, per cui non sul continente… In fin dei conti, finisce per nascondersi proprio qui il fascino segreto di queste lande desolate: essere definitivamente l’ ultimo possibile avamposto dell’ ecumene, oltre il quale si stende solo “l’ orrore dei ghiacci del nord” (vedi bibliografia); le Svalbard saranno per voi l’ ultima tappa verso il Polo, proprio come lo furono per i grandi esploratori, da Andreè ad Amundsen e Nobile. E per coloro che fossero rimasti affezionati al “vecchio” Capo Nord, di ritorno in nave potrete comunque osservarlo da un nuovo punto di vista, arrivandoci… da nord!


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