Normandia e Bretagna lungo la costa

Quest’estate abbiamo realizzato un progetto che covavamo da tempo: un viaggio in Bretagna e Normandia. Dopo attenta lettura di varie guide turistiche e soprattutto dei resoconti di viaggio in internet, abbiamo optato per un viaggio di tre settimane, per avere modo di vedere la zona in modo approfondito. Anche così, comunque, abbiamo fatto la...
Scritto da: sere71
normandia e bretagna lungo la costa
Partenza il: 08/08/2008
Ritorno il: 31/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Quest’estate abbiamo realizzato un progetto che covavamo da tempo: un viaggio in Bretagna e Normandia. Dopo attenta lettura di varie guide turistiche e soprattutto dei resoconti di viaggio in internet, abbiamo optato per un viaggio di tre settimane, per avere modo di vedere la zona in modo approfondito. Anche così, comunque, abbiamo fatto la scelta di soffermarci soprattutto sulla costa trascurando l’interno: tutto non si può vedere e di posti belli che meritano in queste due regioni ce ne sono davvero troppi! Abbiamo inoltre deciso, viaggiando in agosto, di prenotare i pernottamenti in anticipo. Forse non ce ne sarebbe stato bisogno (non abbiamo trovato un’affluenza turistica massiccia, nemmeno nelle località più famose) ma il fatto di sapere già dove avremmo dormito la sera ci ha permesso di risparmiare tempo utile da dedicare alle visite e non ha penalizzato la libertà del nostro itinerario. Per le notti abbiamo optato per le chambres d’hotes, l’analogo dei b&b. Ci sembrava un modo carino per entrare a contatto con le famiglie del posto e conoscere meglio le usanze locali. Inoltre è meno asettico che pernottare in alberghi che, a parità di budget, non sarebbero stati altrettanto accoglienti. Devo dire che, tranne in un paio di casi, ci siamo sempre trovati benissimo: la gente è squisita, le camere accoglienti e le colazioni davvero ottime. Per avere dei riferimenti abbiamo scritto una e-mail agli uffici turistici delle due regioni, che ci hanno spedito a casa tutta la documentazione necessaria. www.Tourismebretagne.Com www.Brittanytourism.Com www.Bretagne-online.Com www.Finisteretourisme.Com www.Morbihan-com www.Cotesdarmor.Com www.Normandiaweb.Org www.La-normandie.Com www.Normandy-tourism.Org Le chambres sono visitabili sul sito internet www.Gitesdefrance.Fr oppure sui siti personali dei proprietari (indicati spesso anche su gites de france). Quasi sempre è possibile visionare in anticipo la sistemazione e rintracciare l’indirizzo e-mail dei proprietari per fare la prenotazione diretta. In appendice abbiamo riportato i nostri giudizi sulle chambres in cui abbiamo alloggiato. Quasi nessuno ci ha chiesto un acconto, in genere abbiamo regolato tutto alla fine. In pochi casi ci è stato richiesto un anticipo tramite bonifico bancario.

Ci siamo dotati di navigatore, soprattutto perché avevamo prenotato alcune notti in posti sperduti in campagna e non volevamo rischiare di girare per ore. E’ stato utile, ma fondamentali sono anche le cartine geografiche – noi avevamo le Michelin scala 1: 200.000- soprattutto nel caso in cui si incontrino strade bloccate e/o deviazioni, il che è capitato più spesso di quanto pensassimo. La circolazione sulle strade francesi non è un problema. A parte l’assenza assoluta di traffico, gli automobilisti francesi sono molto disciplinati quanto a rispetto delle norme del codice della strada e la guida è molto più rilassante di quanto non sia in Italia. Inoltre abbiamo apprezzato la perfetta condizione del manto stradale. Le autostrade in Bretagna e Normandia sono gratuite, le statali sono un’ottima alternativa e non rallentano più di tanto il tragitto. Insomma, qualsiasi strada scegliate non si sbaglia.

La benzina costa più o meno come in Italia (1,450 circa) se vi servite dalle multinazionali più note (Esso, Agip, Shell, Total) ma se cercate distributori meno conosciuti si risparmia parecchio. Noi sceglievamo Elf, Champion, Intermarché, Leclerck e abbiamo speso – per il gasolio – tra gli 1,258 e gli 1,290 al litro (dettaglio spese in appendice). Il clima è stato come ce lo aspettavamo: estremamente variabile. La temperatura ha oscillato tra i 24° delle giornate più calde e i 10° delle sere più fresche. Complessivamente un clima più autunnale che estivo, anche se qualche bella giornata c’è stata. Difficilmente però il sole dura tutto il giorno. La cosa più consigliabile è vestirsi “a cipolla”, dal momento che non si fa altro che togliersi la giacca/ mettersi la giacca di continuo. E’ snervante ma la Bretagna è così: prendere o lasciare. Sarebbe preferibile viaggiare in luglio, forse: pare che in media le giornate siano più belle, ma noi non avevamo questa possibilità e poi il tempo è sempre una scommessa. Abbiamo deciso di dedicare una settimana alla Normandia e due alla Bretagna e probabilmente è una giusta proporzione, anche se la Normandia ci è piaciuta moltissimo. In appendice abbiamo indicato le località che secondo noi si possono tralasciare. Buona lettura.

Venerdì 8 agosto (Parma-Chambery) Partiamo da Parma intorno alle 16.00. Il primo tratto è piatto e infuocato; si comincia a viaggiare meglio verso il confine, quando incontriamo verdi montagne; ci sarebbero anche un paio di punti panoramici per una bella foto ma stiamo sfrecciando in autostrada e non si può. Il tunnel del Frejus costa € 33,20, ma è la via più breve e ci tocca. E’ lungo 12,5 km e la velocità consentita è 70 km/h ma passa velocemente, non è così interminabile come si dice. Aiuta anche il fatto che oggi non ci sia traffico. Arriviamo a Chambery alle 20.30. Hotel Première Classe, sul ciglio dell’autostrada, decisamente squallido, con stanza spartana e bagno minuscolo (costo 38 euro). C’è anche il Formule 1 ancora più economico (32 euro) ma i bagni sono in comune. Avremmo potuto trovare qualcosa di più carino in centro città (che dicono meriti), ma per noi questa è solo una tappa di passaggio per arrivare a destinazione “le plus tot possible”.

Sabato 9 agosto(Chambery-Giverny-Canteleu-Duclair) La colazione al motel non è compresa. Costa 4,80 con formula “all you can eat”, ma il buffet non ci entusiasma. Si parte in direzione Giverny, la nostra prima tappa. I km sono tanti ma il tragitto è gradevole e il traffico ridottissimo. Ogni 10 km si incontrano delle aree di sosta attrezzate e immerse in contesti naturali piacevoli, circondate di verde. Durante il tragitto passiamo davanti a un posto carinissimo, Chateauneuf, con un castello davvero ammirevole, attraversiamo i vigneti della Borgogna e poi su, nell’Ile de France, dove per disattenzione sbagliamo strada e ci ritroviamo dentro Parigi (che emozione!) e riusciamo a scorgere la Defence e la sagoma della Tour Eiffel. Finalmente verso le 16.00 arriviamo a Giverny, bucolico paesino dove la vita scorre a ritmi tranquilli. C’è il sole e l’aria è frizzante. Davanti alla casa di Monet c’è una lunga fila. La visita (€ 5,50) ci delude un po’, sia per la quantità di gente, che perché dai documentari il posto sembrava più grande. Inoltre l’atelier in cui il pittore dipingeva trasformato in negozio di souvenirs mette parecchia tristezza. Comunque, chiunque abbia amato la pittura impressionista non dovrebbe perdere questa visita, perché il giardino fiorito e lo stagno delle ninfee riportano a galla i ricordi dei fantastici quadri realizzati da questo artista straordinario. Ripartiamo attraversando Vernon, che sembra molto curata e carina: bei parchi, bel castello e l’onnipresente Senna ad allietare il paesaggio. Varrebbe forse la pena di sostare qui, ma abbiamo riservato una chambre d’hotes alle porte di Rouen (Eslettes) più la table d’hotes per questa sera (siamo stanchi dal viaggio e non ci va di andare in cerca di un posto in cui cenare) ma…Sorpresa!…Quando arriviamo scopriamo che i proprietari si sono sbagliati e ci hanno prenotato solo la notte di domani (e ovviamente sono al completo). Si scusano (è la prima volta che gli succede, eccetera) e cercano di trovarci una sistemazione alternativa in un b&b vicino. Dopo una serie di telefonate troviamo posto a Canteleu. La sistemazione comporterà una differenza di 9 euro a notte, ma non abbiamo molta scelta: sono già le otto di sera e siamo troppo distrutti per andare in giro alla cieca. I coniugi Marné non si offrono di compensare il disturbo arrecatoci e questo un po’ ci dispiace. Si limitano ad offrirci un bicchiere di sidro e a dire desolé, desolé… rimanendo sul vago riguardo alla notte successiva (della serie: se volete venire da noi ok, ma se preferite rimanere nell’altro posto fate pure). Quantomeno si offrono di scortarci in macchina fino alla nostra destinazione e ci consegnano nelle mani di M.Me Annick, che ci mette a disposizione una stanza per 5 persone spaziosissima e confortevole, con bagno interno. Il marito è produttore di birra e ci accoglie con 2 boccaloni ghiacciati che berrà quasi interamente Miki, visto che io non amo particolarmente la birra. Decidiamo di rimanere qui anche domani sera per non dover di nuovo spostare i bagagli e soprattutto perché siamo vicinissimi a Rouen (10 minuti di auto) e la posizione è strategica per i giri che abbiamo in programma di fare. Per cena andiamo a Duclair, una località a 12 km sulle rive della Senna, minuscola ma molto graziosa. Ci troviamo subito in difficoltà con il menu esclusivamente in francese e finiamo per ordinare, un po’ a caso, un filetto di pesce alla griglia con salsa di peperoni (buono) e un piatto di frutti di mare che mi manda in crisi in quanto composto quasi esclusivamente di lumache e di gamberetti grigi e pelosi. Mangiamo il mangiabile e facciamo ritorno a Canteleu. Ronf! Domenica 10 agosto(Canteleu-Les Andelys-Jumieges-Rouen) Stamattina piove, ma M.Me Annick ci dice che ha ascoltato il meteo e il tempo volgerà al bello. L’aria è freschina, ci bardiamo bene e ci mettiamo in marcia: prima tappa Les Andelys, che non siamo riusciti a visitare ieri pomeriggio. E’ un tipico paese a bordo Senna, silenzioso e tranquillo, dominato dalle suggestive rovine di Chateau Gaillard, il castello costruito in un solo anno da Riccardo Cuor di Leone. C’è una strada che porta fin lassù in cima dove tutto è arioso, bucolico e selvaggio. Ci sono prati spazzati dal vento e scorci incantevoli della Senna, che si snoda attorcigliandosi intorno al paese, e soprattutto c’è il castello bianco, o quel che ne resta. Gironzoliamo un po’ per la zona, scattando varie foto, poi riprendiamo la macchina per dirigerci verso l’abbazia di Jumieges. Stavolta evitiamo di proposito l’autostrada e passiamo per la campagna incontrando qualche casetta isolata e tante mucche bianche. Percorriamo anche un tratto di bosco fitto, aspettandoci di veder spuntare da un momento all’altro giù dalla collina i briganti che assaltavano le carovane o apparire dietro la curva la casetta di Hansel e Gretel. Prima di entrare a Jumieges ci fermiamo per una tappa baguette a Duclair e osserviamo i barconi che traghettano le auto sull’altra riva della Senna. L’abbazia (ingresso € 5) è un’oasi di pace, verdissima coi bei prati curati. Durante la stagione estiva il sito è aperto anche di sera per spettacoli di “suoni e luci”, ma di giorno si gode di più il panorama dell’immenso parco. Passeggiamo per un’oretta tra le solenni rovine, poi ci avviamo verso l’ultima tappa della giornata: Rouen. Oggi è domenica, per cui le strisce blu non sono attive: troviamo parcheggio a 5 minuti di cammino dalla zona pedonale. Visitiamo Place du Vieux Marché, con la chiesa moderna in onore di Giovanna d’Arco, che sorge sui resti della precedente (di cui si vedono le fondamenta) e sul luogo esatto in cui la santa fu bruciata sul rogo. La chiesa è un pugno in un occhio nel contesto della piazza (la soffoca completamente) ma in sé è davvero particolare. Anche all’interno la commistione di antico (le coloratissime vetrate) e moderno non ci dispiace affatto. Ci dirigiamo poi, per rue du Gros Horloge, verso la cattedrale, che non ci fa un’impressione particolare, forse perché non regge al confronto con Notre Dame de Paris. Visitiamo anche l’Eglise St Maclou e le vie limitrofe. I negozi sono chiusi e complessivamente la città appare trascurata e poco invitante. Torniamo alla nostra chambre con il proposito di rilassarci un paio d’ore e poi tornare a Rouen per assistere allo spettacolo “La cathedral aux pixels”, che ha luogo tutte le sere d’estate alle 22.30 e consiste nella proiezione di giochi di luce sulla facciata della chiesa. Ne abbiamo sentito parlare bene e siamo incuriositi. Anche di sera Rouen non è particolarmente animata. Troviamo parcheggio proprio sulla piazza del mercato e ci incamminiamo alla ricerca di qualcosa di commestibile. Abbiamo un opuscolo con gli indirizzi “gourmand” della città, ma troviamo tutto chiuso. L’impressione è di desolazione e abbandono: pare che oltre ai 3-4 locali super turistici intorno alla cattedrale ci sia ben poco di aperto. Dopo aver perso tempo a girovagare inutilmente ci rassegniamo a scegliere uno di questi. Ci servono un’omelette ripiena di formaggio dolce e stucchevole e un trito di carne cruda e speziata che viene a noia al secondo boccone. Oltretutto fatichiamo assai per farci portare il conto e soprattutto il resto (Cafè Poule, evitare accuratamente). Lo spettacolo di luci è piuttosto strano e un po’ inquietante per via delle musiche lugubri che accompagnano le proiezioni, però è a suo modo affascinante. Dura in tutto un quarto d’ora e ne vengono ripetuti più cicli per sera. Torniamo alla chambre con la convinzione che Rouen non valga la pena di un’apposita deviazione.

Lunedì 11 agosto(Canteleu-Dieppe-Fecamp-Etretat-Honfleur-Ablon) Anche oggi è nuvoloso, ma si aprirà un po’ nel corso della giornata. Salutiamo Annick (non prima di aver acquistato 2 marmellate caserecce) e ci dirigiamo verso Dieppe. Nel centro i parcheggi sono tutti a pagamento, per cui lasciamo l’auto a un isolato di distanza. Il cielo è plumbeo e non aiuta ad apprezzare la cittadina. C’è un castello arroccato su un’altura ma non ci lasciano avvicinare, chiedendo il pagamento del biglietto anche solo per osservare il castello da lontano. Facciamo un giro sul lungomare, le scogliere non sono poi così suggestive come credevamo. Insomma, Dieppe è una delusione. Scappiamo a Fecamp, ma prima ci fermiamo un istante a Varengeville s/mer per ammirare la chiesetta sulla scogliera con le vetrate istoriate da Braque (sepolto nell’annesso cimitero). Luogo incantevole, da cui si domina un ampio tratto di costa. Ci è piaciuta più questa cappella che la cattedrale di Rouen… A Varengeville ci sarebbe da vedere anche il Parc Moutieurs, ma non ne abbiamo il tempo.

Fecamp è decisamente più carina di Dieppe. C’è un bel porticciolo con tanti ristorantini invitanti con i tavolini all’aperto; ci fermiamo da Galette Alex e assaggiamo le famose galette di grano saraceno. Ci concediamo anche un dolce in una boulangerie: un enorme cookie con gocce di cioccolato, poi ci incamminiamo alla ricerca dell’eglise della Trinité. Chi non ha voglia di scarpinare a vuoto, sappia che si trova all’estremità opposta del paese rispetto al mare e non è segnalata da alcuna indicazione. Vediamo anche, da fuori, il Palais Benedectine dove producono il liquore locale, poi la nostra attenzione viene catturata da una chiesetta in cima alla collina. Un’anziana signora ci spiega che si tratta della cappella di Notre Dame de la Salut e ci dice di andarci assolutamente perché la vista da lassù è “superbe”. Per fortuna ci si può arrivare in macchina, altrimenti sarebbe una bella scarpinata. Ci sono le mucche che pascolano tranquillamente sotto le pale elettriche. Miki intitola la sua foto “la mucca se ne frega” (dei problemi ambientali). Prossima tappa Etretat. Seguiamo le indicazioni per il parcheggio gratuito e ci troviamo proprio in cima alla falesia d’Amont, sui prati battuti dal vento, davanti alla chiesetta normanna. E’ bellissimo. C’è anche un timido sole e, per essere un luogo turistico, complessivamente poca gente. Ci sediamo ad ammirare il panorama: certo, col sole splendente i colori del mare e il bianco delle falesie sarebbero stati ancora più sensazionali. Ci incamminiamo per una passeggiata lungo la falesia, seguendo i sentierini battuti. Sarebbe bello salire anche dall’altra parte (falesia d’Aval, quella con la proboscide per intendersi) – è un piccolo rimpianto che ci porteremo appresso – ma ci si arriva solo a piedi e richiederebbe troppo tempo. Inoltre cominciamo ad essere cotti dalla giornata e mancano ancora parecchi km per arrivare alla chambre, che si trova ad Ablon, vicino Honfleur. Quasi sempre, infatti, abbiamo prenotato le chambres in località limitrofe a quelle più conosciute, per risparmiare un pochino e anche per godere di una maggiore tranquillità. Quella di stasera è bellissima: una villetta immersa nel verde in una zona nuova di Ablon. La padrona di casa è una donna attenta ai particolari: la stanza che ci ha riservato è carinissima, tutta bianca e rossa con decorazioni di papaveri. Anche il bagno (esterno alla camera ma personale) è spazioso e confortevole. Ci cambiamo e andiamo a conoscere Honfleur. Per prima cosa ci dirigiamo verso la Cote de Grace, alla cappella nel bosco dipinta dagli impressionisti: da lassù si gode un panorama vastissimo sull’estuario della Senna. La chiesetta purtroppo chiude alle 17,30 e quindi riusciamo a vederla solo da fuori. Poi riscendiamo in città e ci inoltriamo nelle vie pedonali intorno al Vieux Bassin. Honfleur è davvero una bella cittadina, che decisamente merita una visita. Ci fermiamo in una cidrerie dove compriamo il pommeau, un liquore a base di mele non eccessivamente alcolico, che la negoziante gentilmente ci fa assaggiare. Riusciamo anche a visitare, un pelo prima della chiusura, la chiesa di St. Catherine, tutta di legno, particolarissima. Poi vaghiamo alla ricerca di un posto in cui cenare e lo troviamo: “La commanderie” un localino minuscolo e un po’ etnico dove ci saziamo con due mega insalatone.

Martedì 12 agosto(Ablon-Trouville-Deauville-Caen-Bayeux-Ryes) Dopo una colazione buonissima e l’acquisto di due ulteriori marmellate alla mela e sidro (ora basta, però!) , ringraziamo M.Me Francoise – che consigliamo caldamente a tutti – e partiamo alla volta di Caen. Prima però la curiosità ci spinge sulla Cote Fleurie e facciamo una capatina a Trouville e Deauville, le spiagge della belle epoque. La giornata ventosa e cupa non invita certo alla balneazione, difatti il litorale è deserto e gli ombrelloni sono chiusi. Il centro città invece è preso d’assalto, anche per via del mercatino. Passiamo da Villeurs (imbattendoci nella siepe a forma di brontosauro) e poi svicoliamo per le strade di campagna per toglierci dai piedi il traffico costiero, fino a Caen. Qui trovare un parcheggio gratuito si rivela un’impresa impossibile. Ci fermiamo nelle vicinanze del castello – di cui in realtà non restano che le mura esterne – e ammiriamo le aiuole e i bei prati verdi che lo circondano. Tutto in Normandia è curato e perfetto: ogni casetta ha il suo bel giardino, i paesi hanno ovunque spazi fioriti e la cosa contribuisce a regalare una sensazione di ordine e armonia. Nel castello (ingresso libero alle raccolte permanenti: si paga solo per le rassegne temporanee) c’è un parco che ospita sculture moderne, un museo sulla storia della Normandia (che visitiamo) e uno di belle arti (che tralasciamo per motivi di tempo), ma la cosa più bella è il giro dei bastioni che offre uno sguardo d’insieme sulla città. Usciti di lì facciamo un giro per il centro: il porto, la cattedrale St. Pierre, le vie pedonali. Ci fermiamo a mangiare un’omelette a “Le Crepuscole”, localino economico e simpaticamente gestito, poi saccheggiamo una boulangerie nelle vicinanze e ci spaparanziamo sui prati del castello a gustarci le nostre paste al cioccolato. Onore e gloria alle pasticcerie francesi nei secoli dei secoli! Restano ancora da visitare l’Abbaye aux hommes e l’Abbaye aux Dames, fatte erigere rispettivamente da Guglielmo il Conquistatore e dalla regina Matilde. Vicino alla prima, sulla sinistra guardando verso la facciata, c’è un parcheggio molto furbo in cui è possibile lasciare l’auto gratuitamente per la prima ora e mezza. Ne approfittiamo e visitiamo la chiesa, in cui è sepolto Guglielmo il Conquistatore. Ci spostiamo poi all’Abbaye aux Dames mentre il tempo normanno si scatena in tutta la sua violenza con un acquazzone improvviso. Mentre torniamo alla macchina ricevo un messaggio della mia amica Lucy che avrebbe dovuto essere ai castelli della Loira in camper con tutta la famiglia. Invece è a due passi da qui e ci diamo appuntamento stasera a Bayeux. Andiamo a Ryes a prendere possesso della nostra chambre, che anche stavolta è una villetta abitata da due anziani coniugi molto affabili. La camera è carina ma il bagno ha la particolarità di essere senza wc (cosa che poi scopriremo essere piuttosto frequente in queste zone). Il wc è in uno sgabuzzino a parte, senza lavandino né bidet, né tantomeno…Finestra! Restiamo alquanto perplessi sulle abitudini igieniche dei francesi. I proprietari non ci consegnano le chiavi di casa perché lasciano sempre la porta aperta, anche durante la notte. Non saranno i soli: durante la nostra vacanza ripeteremo l’esperienza più volte. E’ proprio un mondo a parte… Ryes si trova a 9 km da Bayeux. Nell’attesa che arrivino Lucia, Mario e le bambine, visitiamo il cimitero di guerra britannico e la cattedrale (con grande gioia di Miki ci salta per ragioni di orario la Tapicerie con il celebre arazzo lungo 70 metri). Nel frattempo pioggia e sole si avvicendano a fasi alterne con una schiacciante vittoria della prima. Arriva la truppa: baci abbracci e saluti. Loro abitano a Roma ma ci vediamo spesso, Lucy è stata mia compagna di liceo. Sono qui in camper e, dopo un giretto bagnato per il centro città, finiamo con l’entrare in un supermercato per organizzare una cenetta casereccia. Compriamo anche, in una boulangerie, 6 splendidi dolci che poi ci litigheremo… La serata passa allegramente insieme ad un’ottima pastasciutta (bravo Mario!) e un’eccellente bottiglia di Barbera. Forse ci rivedremo più avanti durante il tragitto. Loro sono in partenza per Le Mont-St-Michel, noi invece per le spiagge del D-Day.

Mercoledì 13 agosto (Cerisy- Bayeux-Longues sur mer-Arromanches-FontaneHenry-Courseilles) Il letto era comodissimo (come tutti quelli che abbiamo sperimentato in questa vacanza) ma i padroni di casa si svegliano presto (h 6.30) e fanno rumore. Forse chi ha il vantaggio di alloggiare nella stanza al piano superiore si salva. Partiamo alla volta dell’abbazia di Cerisy la Foret, che dista una trentina di km, ma, nonostante sulla guida sia scritto che apre alle 9.00, quando arriviamo scopriamo che in realtà apre alle 11.00 e dunque non ci resta che fare una breve ricognizione del suo perimetro esterno. Peccato! Incontriamo altri turisti come noi incappati nello stesso inconveniente. Non abbiamo intenzione di attendere qui 2 ore, per cui torniamo a Bayeux per visitare il Museo della battaglia di Normandia (€ 6,50) che si rivela interessante e corredato di un filmato in inglese e francese che racconta la storia della conquista della Normandia in due mesi (giugno-agosto 1944). Le didascalie dei pannelli sono molto dettagliate, in totale ci vuole un’oretta e mezza a completare la visita. Il Museo contiene armamenti, carri armati, uniformi e qualche altro reperto ma per noi la cosa più interessante sono proprio le spiegazioni storiche, a patto che si abbia voglia di leggere i numerosi pannelli. Ci spostiamo a Longues s/mer per vedere le casematte tedesche. Sito molto suggestivo (nonché gratuito), circondato dal mare e dai campi di grano. Il tempo è pazzo: alterna sole a scroscioni di pioggia, il tutto condito da un vento furibondo. Siamo davanti alla spiaggia denominata Gold, ma non si può scendere a causa dei sentieri sdrucciolevoli. Da Longues ci dirigiamo verso Arromanches les Bains, la più famosa tra le spiagge dello sbarco perché ospitò il porto artificiale che consentì alle truppe alleate di riformirsi di armi e vettovaglie per tutta la durata dell’operazione. La spiaggia è spettacolare, lunga, infinita, ancora ingombra dei resti di quell’incredibile opera di ingegneria che fu il Mulberry. Facciamo un giretto nel centro pedonale, ci prendiamo una super baguette lunga 60 cm con insalata, prosciutto, uovo e pomodoro, poi ci infiliamo nel museo (€ 6,50). Preciso che prima di visitare questi luoghi non avrei mai creduto di poter provare un simile interesse. Li avevamo inseriti nell’itinerario soprattutto per desiderio di Michele. Mi sono ricreduta subito, sono stati tra le cose più emozionanti di questa vacanza. Visitando i vari musei (ce ne sono uno ogni angolo, noi in tutto ne abbiamo visti 3) si apprendono tantissimi particolari dell’operazione alleata non contemplati dai manuali di storia: i retroscena, le motivazioni che hanno orientato le decisioni da prendere, le storie di alcuni protagonisti: i generali delle varie divisioni, i semplici soldati o gli strateghi che guidavano le fila dell’operazione. Prima di partire avevamo anche letto Il giorno più lungo di Cornelius Ryan e guardato l’omonimo film, ma venire qui e vedere di persona è davvero toccante! Il museo di Arromanches è tutto incentrato sul porto artificiale per cui i filmati (anche in italiano) vertono soprattutto sulla storia della sua realizzazione. Sono molto interessanti, rendono veramente l’idea della genialità che sta dietro un progetto così ambizioso: creare un porto fabbricandolo in Inghilterra e trasportandolo via mare a pezzi per ricostruirlo poi sul posto in 10 giorni, mentre la battaglia infuriava. I porti artificiali in realtà furono due ma quello prospiciente la scogliera di Pointe du Hoc resistette solo pochi giorni a causa della furia del mare. Nel pomeriggio, per interrompere il ciclo, ci concediamo una breve divagazione al castello di Fontane Henry. Ce ne sono diversi in zona, noi abbiamo scelto questo per la vicinanza e perché dalle presentazioni in internet era quello che ci aveva ispirato di più (pare che sia molto bello anche quello di Falaise, e poi ci sono Creully, Brecy e altri: in Francia ogni frazione ha il suo chateau). Fontane Henry è circondato da un giardino che ospita un’esposizione di sculture, una cappella e l’edificio principale che è visitabile solo con visite guidate (€ 7). Scegliamo la visita in inglese e guarda caso a farci da cicerone è proprio l’erede attuale degli storici proprietari del maniero, il conte d’Oilliamson, che ci illustra la storia del palazzo e della sua famiglia (che ha combattuto contro la Rivoluzione Francese e si è imbattuta nei soldati canadesi all’epoca dello sbarco) condendola di aneddoti e curiosità. Le sale del castello sono ammobiliate e ricche di cimeli. La visita dura 40 minuti e, pur non essendo imperdibile, è interessante.

L’ultima tappa della giornata è a Courseilles, in corrispondenza di Juno beach, dove però non è rimasta alcuna traccia delle operazioni militari. Visitiamo il cimitero canadese, poi torniamo a Bayeux per cena. Scoviamo una creperie seminascosta in una viuzza laterale e dopo esserci rifocillati filiamo a nanna.

Giovedì 14 agosto(Colleville-Pointe du Hoc-St.Mere Eglise-Flamanville-Nez de Jobourg) Abbandoniamo questa zona: oggi ci spingeremo a nord nella penisola del Coutentin. Per prima cosa andiamo a Colleville sur mer, a visitare il cimitero americano e l’annesso museo gratuito. Dai resoconti trovati su internet sapevamo che era bello, ma non ci aspettavamo un luogo così arioso e vasto, in un contesto naturale così scenografico, tra pineta e mare. Qui siamo in territorio statunitense e in tutto il sito le spiegazioni sono scritte prima in inglese e poi in francese. Il museo, molto interessante, oltre ad alcuni reperti e pannelli illustrativi ha due filmati, uno dedicato agli uomini che combatterono su questa spiaggia (Omaha) e l’altro sulle ragioni che orientarono la decisione di Eisenhower riguardo al D-Day (quando e dove effettuare lo sbarco). Appena fuori c’è una terrazza panoramica che domina la spiaggia e un sentiero che porta fin sulla riva. La spiaggia è bellissima, incontaminata, di una colorazione che volge al rosa. Ci sono piccole dune ricoperte di vegetazione e qualche sportivo che fa jogging. Il cimitero di Colleville è molto visitato; quando risaliamo cominciano ad arrivare frotte di turisti e in più si avvicina un temporale. Completiamo il giro e facciamo appena in tempo a tornare in macchina prima che si scateni l’acquazzone. A Pointe du Hoc la pioggia non è cessata, ma ci avventuriamo ugualmente. Questo è il luogo in cui avvenne il più grosso sacrificio di soldati statunitensi, nel tentativo di scalare la scogliera su cui si credeva fossero posizionati i cannoni tedeschi (in realtà arrivati su si resero conto che non c’erano). Una passeggiata di 10 minuti tra i crateri provocati dai bombardamenti e siamo zuppi da strizzare. Ci cambiamo scarpe e pantaloni (il bello dei viaggi itineranti è che si ha sempre il bagaglio a portata di mano) ed è ora di cominciare a risalire la penisola del Coutentin. L’ultima tappa dei luoghi della II guerra mondiale sarà il paesino di St. Mère Eglise, famoso per la sfortunata avventura di alcuni paracadutisti americani che atterrarono proprio nella piazza centrale, in mezzo alle truppe tedesche (uno di loro finì sul tetto della chiesa e un manichino è ancora lì a ricordare l’episodio). Arriviamo nel bel mezzo del mercato ma i prezzi non sono competitivi (albicocche e pesche a più di 4,5 euro al kg). C’è però un chiosco che vende crepes e galettes molto economiche e un altro che arrostisce salsicce e braciole di maiale. Ci rifocilliamo sotto la chiesa del paracadutista che successivamente andremo a visitare (le vetrate che ritraggono la Madonna insieme ai paracadutisti sono davvero curiose). Si riparte verso Flamanville, la località in cui dormiremo stasera. L’abbiamo scelta perché è a breve distanza da La Hague e Nez de Jobourg, ma già di strada per ripartire domattina verso Mont-St-Michel. Di per sé la cittadina non è niente di speciale ma ha un castello delizioso, con un lago e un parco curatissimo, e la zona dedicata alla coltivazione delle dalie è una lunga distesa di colore. E’ il posto ideale dove venire a rilassarsi o fare un pic-nic. La chambre d’hotes è dentro a una fattoria con un laghetto attorno al quale scorrazzano oche e pavoni, i miei animali preferiti. La nostra stanza ha doccia e lavabo interni, ma il wc è in uno stanzino al piano di sotto (scomodissimo). Michele si irrita un po’, io cerco di calmarlo. Ci concediamo una pausa riposo, poi via verso Nez de Jobourg. Ci avevano detto che era bello, ma è meraviglioso! Un promontorio erboso affacciato sul mare, lato tramonto, e in più sole e aria mite. In cima alla scogliera c’è l’Auberge des grottes, un ristorantino-bar coi tavolini all’aperto fronte mare. Sorseggiamo due bibite, si sta così bene che decidiamo di cenare (si mangia bene, oltretutto). Altri turisti seguono il nostro esempio, rapiti dalla bellezza del luogo e dalla temperatura ideale. Torniamo alla chambre verso le 10, non è ancora buio del tutto.

Venerdì 15 agosto (Baubigny-Carteret-Pirou-Mont-St-Michel-Huisnes sur Mer) M.Me Travers è la più sbrigativa delle hotesses incontrate finora. Scambiamo 2 chiacchiere essenziali durante la colazione, che è anche essa un po’ più spartana del solito. Anche il prezzo, però, è inferiore ai precedenti. Oggi ci tocca la lunga discesa verso Mont-St-Michel, ma ce la prendiamo comoda e, approfittando del sole, andiamo a vedere alcuni posti di mare qui intorno: Baubigny e Carteret. Questa è zona di dune sabbiose molto particolari: sono quasi delle piccole montagnette ricoperte di vegetazione. E’ bellissimo… Le spiagge sono lunghissime e deserte, il silenzio assoluto. A Carteret saliamo verso il faro e lì troviamo dei sentieri che portano alla spiaggia, sconfinata e soffice. Mandiamo al diavolo i nostri piani e ci spaparanziamo al sole per un paio d’ore di libidine massima. Nel primo pomeriggio, dopo una tappa mangereccia in una brasserie di Pirou (il cui castello ci delude), ripartiamo alla volta del monte. Il b&b che abbiamo selezionato è a Le Rivage, frazione di Huisnes sur Mer, a 5 km scarsi dal Monte, che si vede dalle finestre della nostra camera. Oltretutto è anche il posto più economico in cui alloggeremo durante questo viaggio (34 €). Mentre andiamo verso il borgo fortificato vediamo arrivare frotte di auto per fortuna in direzione opposta alla nostra. Non riusciamo ad eludere il parcheggio a pagamento (4 €) ma di posto ce n’è in abbondanza, per essere ferragosto pensavamo peggio. Ci avventuriamo a “circumnavigare” la rocca dal basso, sulla sabbia. Scopriremo poi di aver fatto appena in tempo: la marea comincia a salire alle 18, oggi. Ci sono già parecchie persone schierate sui muretti e affacciate sulle terrazze che aspettano l’ora X (gli orari delle maree vengono affissi ogni giorno all’entrata del borgo, nei pressi dell’ufficio turistico). Che dire del Monte? E’ ovvio che si tratta di un posto ad alta affluenza turistica, è ovvio che non è il luogo più indicato a chi ricerca solitudine e contatto con la natura, eppure anche in mezzo a tanta gente il luogo risulta altamente suggestivo. Noi ci siamo trovati bene a visitarlo nel tardo pomeriggio, perché gran parte della folla era ormai scemata e perché la visita notturna dell’abbazia presenta degli innegabili punti a favore: uno, non c’è fila alle casse e si possono visitare gli ambienti in santa pace, due si può assistere alle esibizioni musicali che hanno luogo solo di sera, ed è molto suggestivo percorrere le sale dell’abbazia guidati dalla musica (oltretutto gli artisti sono davvero bravi, a noi è piaciuta soprattutto l’arpista che suonava nella chiesa abbaziale). Lo svantaggio è che dopo le 19.00 non vengono più noleggiate le audioguide né si tengono visite guidate: vengono distribuiti solo dei depliants piuttosto minimali che non soddisfano tutte le curiosità. Visitiamo il borgo, i vicoli, i bastioni, alla ricerca di scorci da fotografare e cercando di evitare i negozi di souvenirs. Appena comincia a calare il sole entriamo nell’abbazia ( € 8,50) e restiamo subito incantati dalla grande terrazza ovest, dove lo sguardo spazia ovunque e si è sospesi tra cielo e mare. E’ tutto azzurro, luminoso, aereo… Visitiamo poi la chiesa, il chiostro, il refettorio, le cripte, la sala dei cavalieri. Alla fine del percorso ci riprende nostalgia per la terrazza che abbiamo visto all’inizio, per cui torniamo all’ingresso e chiediamo di poter accedere nuovamente. Ci godiamo il tramonto fino all’ultimo raggio. Nel frattempo la marea si è di nuovo abbassata un pochino rispetto al massimo raggiunto nel pomeriggio. Quando riscendiamo nel borgo sono già le 22 passate e trovare un posto in cui mangiare si rivela un’impresa improba. Tutti i ristoranti del monte hanno già chiuso le cucine. Non ci resta che tornare verso Huisnes, dopo aver scattato qualche altra foto in notturna, dove troviamo un’ultima creperie aperta di cui approfittiamo.

Sabato16 agosto (Vitré-Rochers Sevigné-Combourg-Dinan-Pleudihen sur Rance) Ieri è stata una giornata soleggiata e calda, speravamo in un trend duraturo, invece oggi piove e fa freddo. Dopo una lauta colazione salutiamo M.Me Lume che ci chiede un euro in più rispetto alla cifra pattuita perché “vi ho dato una camera da 4, che avrei potuto affittare ad una famiglia”. Mah! Della serie “chi te l’ha chiesto”, ma ovviamente non contestiamo, anche perché siamo stati bene e la posizione era ottima. Voto alla sistemazione 8, voto simpatia M.Me Lume 5! Prima di abbandonare definitivamente la zona (con un pizzico di dispiacere), ci dirigiamo verso Baeuvoir dove c’è un mulino a vento che abbiamo intravisto ieri notte (tutto illuminato spiccava su una piccola collina – invece il Monte dopo il tramonto era al buio). Cercavamo anche le pecore, per fare la classica foto al Monte “da cartolina”, ma stamattina pare che in giro non ce ne siano… Via, verso Vitrè. Oggi è la giornata dei castelli. Originariamente ne erano previsti 4, poi abbiamo eliminato Fougeres, il più lontano. Vitrè è una cittadina carina e molto ben conservata dove facciamo spesa a prezzi modici per il pranzo. Il castello però ci delude. Le sale adibite a museo sono anche belle e calde, con gli arredi in legno, ma il complesso nel suo insieme è severo, ancora di più in una giornata grigia come questa, e in totale la visita si esaurisce nel giro di mezzora. Tramite lo stesso biglietto (4 €) si può accedere ad altri 3 musei, tra cui il castello di Rochers Sevigné. Purtroppo quando arriviamo (ci vuole un quarto d’ora da Vitré) stanno chiudendo per la pausa pranzo e abbiamo giusto il tempo di dare un’occhiata ai giardini. Peccato! Facciamo una tappa al parco pubblico di Vitré per spezzare la giornata e mangiare la nostra baguette quotidiana e due tortine ai lamponi e alle albicocche. Il parco è bellissimo, fiorito e dotato di laghetto. Troviamo anche delle piante molto particolari con enormi radici e tronchi aggrovigliati, che ci divertiamo a fotografare. Partiamo per Combourg, dove visiteremo solo il grande parco (€ 2,50) senza effettuare la visita interna al castello in cui visse da adolescente Chateaubriand. La nostra guida parlava anche di un incantevole e meraviglioso laghetto al quale però non riusciamo ad avvicinarci. Ci sarebbe da attraversare un canneto ma con la pioggia battente e l’erba tutta bagnata non si sembra il caso. Forse girandoci un po’ attorno si può trovare qualche punto di osservazione, ma siamo infreddoliti e ci rinunciamo. In ogni caso non sembra così imperdibile: complessivamente per noi Combourg è una tappa che si può evitare. Tutta la giornata di oggi è stata un po’ moscia, ma all’80% dipende dal tempo che non invoglia. La nostra chambre (in cui rimarremo 3 notti) si trova a Pleudihen sur Rance, a 10 km da Dinan. Altra villettina di campagna, molto carina e silenziosa. Stanza piacevole, bagno confortevole: i padroni sono una coppia di mezza età gentile e sorridente. Questa sarà la nostra base di partenza per visitare i dintorni: Cancale, St Malo, Dol de Bretagne, Cap Frehel, Dinard eccetera. Pausa riposo e sistemazione bagagli. Stasera incontreremo di nuovo Mario, Lucia e le bambine, che hanno già visitato questa zona e sono diretti a Pointe du Raz. Anche stasera fa freddo e piove (una pioggerellina fitta e stupida) mentre passeggiamo per Dinan ammirando le belle case a graticcio. Come l’altra volta va a finire che ceniamo sul camper a base di formaggi francesi, insalata e carne. Assaggiamo anche il kouign amman, un dolce al burro che troviamo buonissimo. Ci raccontiamo i rispettivi tragitti mentre le bimbe fanno le pesti e ci salutiamo verso le 23 col programma di ritrovarci a Roma a settembre.

Domenica 17 agosto (Dol de Bretagne-Cancale-Rotheneuf-Dinan) La notte ha portato via la pioggia, stamattina il tempo è coperto ma asciutto. Facciamo un’abbondante colazione e via verso Dol. Prima giriamo per il centro, ammirando la bella cattedrale, poi andiamo a vedere il simpatico menhir di Champs-Dolent. Tralasciamo il Monte Dol perché Cancale ci aspetta e sta anche uscendo il sole. A differenza dei posti visitati finora (tranne Mont-St-Michel) dove spesso le strade erano semi-deserte, Cancale è molto animata, anche per via del mercato che si tiene la domenica nelle stradine dietro la cattedrale. Ovviamente la contropartita è la difficoltà di parcheggio. Giriamo parecchio e alla fine troviamo posto nella parte alta verso la fine del paese (10 minuti dal porto a piedi). Ci infiliamo in mezzo al mercato: le solite bancarelle pseudo-etniche; la parte più interessante è quella alimentare dove troneggiano frutti di mare, formaggi, frutta, kouign amman, far breton, tranci di maiale arrostiti e fumanti… Che acquolina! Visitiamo poi la cattedrale, ci fermiamo alla fontana delle lavandaie e scendiamo verso il mare, nella zona della coltivazione delle ostriche e dei ristoranti. C’è bassa marea e per la prima volta vediamo tante barche in secca, che spettacolo strano… C’è movimento e i ristoranti sono affollati. Dopo un giro di perlustrazione scegliamo La Maison Blanche dove per un menù a prezzo fisso di 16 € mangiamo zuppa di pesce, filetto di nasello e mousse al cioccolato (buono). Ci spostiamo poi alla Pointe de Grouin, dove il panorama è mozzafiato, soprattutto per i colori del mare. C’è un alberghetto che domina il promontorio dove non sarebbe niente male trascorrere una notte. Risaliamo poi la costa fino a Rotheneuf, passando per la splendida Anse du Guesclin. A Rotheneuf prendiamo la fregatura come tutti quelli che ci hanno preceduto: le Roches Sculptées non meritano, l’avevamo anche letto ma volevamo sperimentare di persona (ingresso € 2,50). Descritte, queste scogliere istoriate sembrano qualcosa di impedibile, ma in realtà solo un piccolo tratto di roccia è stato scolpito e le figure sono corrose e spesso appena intuibili. Ripieghiamo su Dinan, che ieri sera abbiamo visto troppo in fretta. Dai giardini inglesi e da rue de Jerzual ci addentriamo in città, visitiamo i paraggi del Castello, la cattedrale e ci imbattiamo in un’esposizione di pittura e scultura ad opera di artisti locali. Il centro è piccolo e si gira in un’ora. Stanchi ma soddisfatti della giornata, torniamo alla chambre e sulla via del ritorno Miki si imbatte in una competizione sportiva che attira la sua attenzione, una specie di autocross fatto con i trattori (moiss bat cross, o qualcosa del genere) e si lancia in un reportage fotografico di tutti i veicoli in gara.

Lunedì 18 agosto (St Malo-Dinard) Sveglia, colazione e partenza per St. Malo che ci è sembrata bella, unica e imperdibile. Parcheggiamo gratuitamente appena fuori dai bastioni, in rue Martin, ed entriamo nella città fortificata da Porte St. Vincent. C’è alta marea e le isolette (Grand Bé eccetera) sono irraggiungibili. Percorriamo i bastioni (c’è un vento che ci si porta) poi cerchiamo rifugio nei vicoli interni, più riparati. C’è molto movimento, gran andirivieni di gente, negozietti di ogni tipo, bar che registrano già il pienone alle 11 del mattino e artisti di strada che riscaldano l’atmosfera con la loro musica. Ci piace un gruppo di 5 sciamannati che fanno musica piuttosto ritmata e divertente: compriamo il loro cd. Andiamo poi a scoprire la suggestiva cattedrale e assistiamo alla parte finale di un concerto che ci sembra davvero bello (peccato essere arrivati tardi). St Malo ci è parsa proprio un bel posto in cui trascorrere piacevolmente una mezza giornata (anche di più se è bel tempo e si può andare in spiaggia). Prima di abbandonare la città ci spostiamo a St Servant, sotto la Torre Solidor, e arriva la pioggia a guastare la festa. Pranziamo con una baguette e poi decidiamo di vedere Dinard, dall’altra parte dell’estuario della Rance, a 15 minuti di macchina (ci sono anche i traghetti che fanno la spola ogni mezzora, se preferite). Dinard è celebre per le spiagge e i sentieri panoramici. Andiamo subito a vedere la famosa Plage dell’Ecluse, con gli ombrelloni-tenda a strisce bianche e blu. Da lì parte la Promenade du claire de lune, che a dispetto del nome, va percorsa di giorno e non è bucolica quanto il nome può suggerire perché è tutta su asfalto. Gli scorci di mare su cui si affaccia, però, sono meravigliosi, e in diversi punti si può accedere tramite una breve discesa alle spiagge. Troviamo anche un prato in pendenza da cui si domina il panorama e lì, complice il sole finalmente apparso, termina la nostra escursione. Nel tornare alla macchina, dato che non abbiamo incontrato il monumento ad Alfred Hitchcock di cui parla la nostra guida (in onore di un festival di cinematografia britannica che dovrebbe svolgersi qui in settembre), ci fermiamo all’ufficio turistico a chiedere dettagli e ci viene risposto che, semplicemente, il n’existe plus, è stata rimossa 4 o 5 anni fa (!). Per cena, siccome siamo cotti, decidiamo di restare nei dintorni della chambre, ma a Pleudihen il lunedì sera è tutto chiuso. Arriviamo a Chateauneuf, la località più vicina, ma anche lì stessa storia. Alla fine troviamo una bettolina sulla D137, dalle parti di Les Costardais (Le moulin de la galette, si chiama) dove per 10,50 € ci servono un buffet di antipasti (salumi e verdure), braciola di maiale con patate fritte, un tagliere di formaggi e mousse al cioccolato, più acqua e vino rosso locale. Il proprietario è gentile e ai tavoli serve la giovanissima figlia. Sbafiamo il tutto e torniamo a casa ciucchi.

Martedì 19 agosto( Cap Frehel-Forte Lalatte-Cap Erquy-Plouha-Kermaria-Roche Jagu-Beauport-Paimpol) E’ ora di abbandonare questa carinissima chambre in cui siamo stati benissimo e andare verso la Cote d’Armor, iniziando da Cap Frehel. Consigliamo di non servirsi del parcheggio a pagamento ma di lasciare l’auto sulla strada 300 mt più avanti, dove partono diversi sentierini che portano sulla punta estrema (passeggiata di 20 minuti). Si passa attraverso la brughiera di erica e ginestra: è bellissimo. Noi siamo andati prima a Cap de Jas e poi a Cap Frehel. E’ presto e c’è pochissima gente. E’ tutto selvaggio e incontaminato e il padrone assoluto della zona è il vento. Da Cap Frehel parte un sentiero che in circa un’ora conduce a Forte La latte, noi però preferiamo andare in auto per accorciare i tempi. Il Forte non si vede dall’esterno, e per accedere bisogna pagare € 4,70. Arrivandoci dal sentiero pedonale, invece, ci si sbuca proprio sotto ed è possibile ammirarlo e scattare foto, ma per entrare a visitarlo bisogna tornare all’ingresso e acquistare il biglietto. Il Forte è stato interamente ricostruito e ora si presenta integro (è usato spesso per set cinematografici). Si visita in una mezzoretta e la cosa più bella è il panorama. Se dovete scegliere per ragioni di tempo tra questo e Cap Frehel nessun dubbio: puntate sul capo. E’ più spettacolare. Continuiamo la risalita della costa, toccando Cap Erquy, Sable d’Or les Pin, la bellissima spiaggia di Pleherel. Sono tutte località piacevoli dove varrebbe la pena restare qualche giorno (col sole, s’intende!) a fare vita di mare. Vediamo poi Pointe de Plouha, dove il vento fortissimo ci costringe a mangiare in macchina. Arriviamo a Kermaria, dove visitiamo la cappella con l’affresco della danza macabra, che seppur sbiadito conserva intatto il suo fascino. Tappe successive e veloci al castello della Roche Jagu, che vediamo solo esternamente, facendo un giro del giardino, e alle rovine dell’abbazia di Beauport, coi cespugli rigogliosi di ortensia rosa che crescono nella navata a cielo aperto. Sono ormai le 18.00, cerchiamo la nostra chambre a Paimpol. Ci accoglie una signora gentilissima, Andrée, che parla anche un po’ di italiano. Ci ha preparato delle piantine della città e della regione, con le indicazioni delle cose da vedere. La camera è piccola ma carina, il bagno esterno ma personale. Siamo a distanza pedonale dal porto, sul quale, veniamo a sapere, stasera ci sarà una festa. Dopo un’oretta di riposo andiamo a vedere. Niente di che: qualche bancarella e un’orchestrina che suona. Il porticciolo è carino e curato, somiglia a tanti altri già visti ma è comunque piacevole. Paimpol d’altro canto è carissima, per lo meno rispetto ai prezzi che abbiamo trovato finora. Scartiamo i ristoranti e cerchiamo una creperie per limitare i danni.

Mercoledì 20 agosto (Ile de Brehat-Sillon de Talbert) La colazione oggi è spettacolare: yogurt fatto in casa, succo di frutta, cioccolata calda, caffellatte, budino, crepes, croissants, crumble (un dolce buonissimo con mele e uvetta), baguette e marmellata di fragole, tutto rigorosamente “maison”, preparato con mani abili da Andrée, che ha anche addobbato la tavola a meraviglia. Conversiamo con un’altra ospite, direttrice di un coro, che viene da Grenoble e parla un italiano più che discreto. Lei oggi visiterà Tregastel e dintorni, noi l’isola di Brehat. Il tempo sembra clemente. Ci imbarchiamo dalla Pointe de l’Arcouest (park 4 €, traghetto A/R € 8,50): la traversata dura 10 minuti. Consiglio: andateci presto perché dall’ora di pranzo l’isola si riempie di gente e non è così piacevole passeggiare. Brehat è molto bella e fiorita. A noi è piaciuta più la parte sud, che abbiamo girato a piedi durante la mattina, ma un altro punto molto bello è il faro di Paon, all’estremità nord-est. Siamo sulla costa di granito rosa e il faro è di questo stesso materiale, spicca per il suo colore acceso contro il verde dei prati e l’azzurro del mare. Inoltre è stato eletto a dimora da una colonia di gabbiani per cui mentre siete lì avete questi uccelli che vi sfrecciano sulla testa in continuazione. Ci siamo seduti a mangiare sull’erba, come tanti altri. Si stava benissimo. Preparatevi a scarpinare perché l’isola è grande e c’è molto da vedere. Si possono anche noleggiare al porto le biciclette per 13 € al giorno, ma l’isola è tutto un saliscendi, per cui girare in bici non deve essere troppo comodo. Altra particolarità è la marea, cui anche Brehat è soggetta, esattamente come Cancale e St. Malo. Quando siamo andati noi il mare “scompariva” intorno a mezzogiorno. Inutile dire che, a parte la sorpresa che suscita il paesaggio lunare dell’isola in secca (che comunque avevamo già visto altrove), è tutto molto più bello con l’azzurro del mare, per cui quando decidete di andare informatevi sugli orari della marea. Altro consiglio è di pernottare sull’isola: è l’unico modo di visitarla bene senza stancarsi eccessivamente. Noi verso le 16.30 eravamo cotti al punto di decidere di tornare alla base. Sul molo ci sono 2 punti di attracco: uno vicino ai negozietti e ristoranti di Port Clos, utilizzato la mattina quando il livello dell’acqua è alto e l’altro sensibilmente più arretrato, utilizzato il pomeriggio quando il mare si ritrae. In serata andiamo a vedere il Sillon de Talbert, una lunga striscia di terra che penetra per circa 3 km nel mare. E’ un posto strano e selvaggio. La striscia di sabbia è stupefacente. Noi la vediamo con la bassa marea, con l’acqua alta sarà ancora più suggestivo. Girovaghiamo per i paesi vicini: Longuivy sur Mer, Ploubezlanec… ma non c’è nulla che meriti attenzione particolare. Torniamo a Paimpol per cena e scegliamo la creperie Alizes dove mangiamo bene e c’è pure un’esposizione di quadri. Uno in particolare riscuote la mia attenzione, un tableau di legno che ritrae un porticciolo stilizzato. Starebbe benissimo nella nostra camera da letto, è dell’esatta tonalità di blu, ma il prezzo è troppo alto per le nostre tasche. Che peccato… Giovedì 21 agosto ( La Gouffre-Perros Guirec-Ploumanach-Tregastel-Ploulec’h) Altra colazione strepitosa! Oggi anche macedonia e riso al latte, oltre a tutto il ben di Dio di ieri. Questa donna eccezionale fa sentire gli ospiti super coccolati. La salutiamo calorosamente e lei ci consegna il bollettino meteo della settimana. Si va. Prima tappa La Gouffre, o Pointe du Chateau, per vedere la famosa casa tra le due rocce, due enormi massi di granito rosa. Purtroppo proprio davanti alla porta d’ingresso c’è una macchina che rovina la foto. Pazienza, la ritoccheremo… Ci muoviamo verso Perros Guirec, saltando una tappa che poteva essere interessante, Port Blanc, dove dovrebbe esserci una cappella mezzo sepolta dalla sabbia. A Perros Guirec parcheggiamo davanti alla spiaggia di Trestau – resa ancora più ampia dalla bassa marea, bella se non fosse che ha il centro cittadino proprio dietro, come era anche Dinard, quindi è poco coincidente con le nostre idee in fatto di spiaggia ideale (isolata, selvaggia e possibilmente deserta) – e ci incamminiamo, come suggerito dalla guida, per il sentiero dei doganieri in direzione Ploumanach. Per percorrere il tratto fino al faro di granito rosa ci vuole circa un’ora e un quarto, però il primo pezzo di strada non è particolarmente panoramico e la costa di granito inizia più avanti, per cui se siete pigri o non avete tempo prendete il sentiero che parte dalla strada costiera all’altezza del Semaphore (troverete l’indicazione Chemin de Squewel, in corrispondenza di un parcheggio) e ve la caverete in circa mezzora. Il sentiero è molto bello, il panorama maestoso, con queste enormi rocce rosate, calette idilliache, il mare azzurro… non si può perdere! Al ritorno ci fermiamo in una brasserie sul lungomare (Le Sextant) e mangiamo salmone e calamari (buoni) in un tavolino all’aperto. Poi giriamo qualche negozietto alla ricerca di una rete blu da appendere in camera, come da usanze locali. A Ploumanach ci imbattiamo in un parco di sculture moderne che diversi artisti del luogo hanno realizzato col granito rosa. E’ bellissimo, ci divertiamo molto a fotografarle. Proseguiamo per Tregastel e le sue celebri spiagge. La sabbia è a grana grossa, fatta di minuscoli corpuscoli di granito e sulla riva questi massi immensi affiorano dall’acqua… Una spiaggia molto bella si raggiunge seguendo l’indicazione “Presqu’ile Renote”. Ci sdraiamo un po’ a leggere, il paesaggio è davvero particolare. Poi sopraggiunge il freddo, appena le nuvole hanno il sopravvento, e a malincuore decidiamo di avviarci. Nei pressi della chambre, a Ploumilliau, c’è una chiesetta che ci incuriosisce perché ha una statua in legno bianco dell’Ankou (la Morte), ma a causa di un rallentamento nei pressi di Lannion arriviamo sette minuti dopo la chiusura. Allora ci spostiamo a Kerjean (frazione di Ploulec’h) dove dormiremo stanotte. Ci attendono i coniugi Saliou, nella loro spaziosa abitazione. Ci sistemiamo e usciamo per cena. Ci hanno indicato la creperie St Erwan nei dintorni (Tredrez). Anche qui siamo ai confini del mondo: campagna e paesini minuscoli dove quasi non si scorge anima viva. Ceniamo senza infamia e senza lode e poi a letto.

Venerdì 22 agosto (Polumilliau-Guimiliau-Lampaul Guimiliau-La Roche Maurice-Brignogan-Meneham-Lilia-Lanildut) Cielo scurissimo, ha piovuto tutta la notte. Dopo una ricca colazione facciamo una veloce scappata a Tregastel per vedere le spiagge di ieri con l’alta marea. In effetti sono completamente diverse, quasi irriconoscibili. Probabilmente questi luoghi meritano una permanenza più lunga della nostra, e non escludiamo di tornare in Bretagna un giorno in modo più mirato solo nei posti che ci hanno conquistato davvero. E’ ora di mettersi in moto verso gli enclos paroissiaux, i recinti parrocchiali della zona di Morlaix. Ripassiamo davanti alla chiesa di Ploumilliau e la troviamo aperta; la statua dell’Ankou però è una delusione, sembra uno scheletrino giocattolo. Già che siamo in tema macabro ci facciamo di infilata uno dopo l’altro 3 recinti: Guimiliau, Lampaul-Guimiliau e La Roche Maurice. Che dire? Sono molto simili, specialmente i primi due sembrano la riproduzione esatta l’uno dell’altro. Consigliamo Guimiliau per l’enorme calvario, gruppo scultureo ricchissimo, circa 200 personaggi, e poi se vi resta la curiosità visitate anche La Roche Maurice per i decori piuttosto belli della chiesa. Ovviamente ci sono molti altri recinti (St Thegonnec, ad esempio) ma noi ci siamo limitati a questi 3. In ognuno abbiamo trovato delle guide che si mettevano a disposizione gratuitamente per illustrare la storia della chiesa e i particolari architettonici. La cosa che più ci ha stupito in queste chiese è stata il contrasto tra l’austerità dell’esterno e l’abbondanza dell’interno, le cui decorazioni sono fin troppo cariche e sgargianti. Basta con le cose lugubri: ci dirigiamo verso la costa e lì accade il miracolo. Di colpo la giornata si apre e appare un meraviglioso sole, il cielo si sgombra dai nuvolosi scuri e ritrova i suoi colori accesi. Che bello! Arriviamo a Brignogan, le spiagge risentono della bassa marea, il mare è ferocemente azzurro. Diverse persone perlustrano il terreno alla ricerca di mitili o conchiglie. Noi troviamo uno sperone erboso a picco sul mare e ci sistemiamo lì con i nostri libri e le nostre baguettes. Che paradiso! Dall’altro lato del golfo si intravedono immensi spiaggioni bianchi che dovrebbero corrispondere alla zona di Keremma. Saranno certamente splendidi, ma noi stiamo cercando la spiaggia di Meneham nei pressi di Thèven e quando nel primissimo pomeriggio ci arriviamo…Restiamo senza fiato. E’ incantevole. Sabbia bianchissima, mare turchese ed enormi massi granitici sulla riva. E in tutto ci saranno sì e no 10 persone. Dietro non c’è nulla oltre a prati, dune e qualche casetta isolata più all’interno. Fantastichiamo sulla possibilità di affittare qui una casa per le prossime vacanze. Un posto bellissimo, selvaggio e sperduto come piace a noi. E’ ora di assaggiare la temperatura dell’acqua e ovviamente tocca a me (Miki è refrattario al freddo). Responso: freddina, ma non in modo insopportabile. Però a fare il bagno sono in pochini, bisogna ammetterlo. Altra lunga sosta di beatitudine. A un certo punto ci passano davanti due persone su cavalli al trotto. Questo è proprio il posto ideale in cui venire a rilassarsi a contatto con la natura. A metà pomeriggio decidiamo di schiodarci, anche se si sta magnificamente, e di incamminarci verso la nostra destinazione di stasera. Visiteremo la zona degli aber, gli estuari dei numerosi fiumi che bagnano questa terra, e dormiremo a Lanildut. Ci spostiamo prima di tutto a Lilia, davanti all’Ile Vierge, su cui sorge il faro (pare) più alto d’Europa (82 mt) e poi dall’altro lato dell’Aber Wracht, sulla penisola di St. Margherite, che è famosa per le dune e le lunghe spiagge ma in realtà ci delude un po’. La chambre di stasera è in mezzo alla vegetazione a 500 mt in linea d’aria dal mare (che si vede dalle finestre): un’oasi di tranquillità. Scendiamo al porto e facciamo una passeggiata divertente sulla scogliera al tramonto (c’è una luce calda e orizzontale che ci avvolge completamente), poi visitiamo il minuscolo paese e ci infiliamo nell’unica creperie esistente, dove una gentilissima signora ci serve a lume di candela due abbondanti insalatone in un ambiente un po’ romantico. Sabato 23 agosto (Le Conquet-Pointe St. Mathieu-Pointe de Dinan-Camaret- Pointe de Pen Hir-St Hernot-Locronan) A colazione scopriamo che il nostro hote è stato fornaio e tuttora continua a fare il pane e le brioches in casa per gli ospiti. Il soggiorno in cui ci serve la colazione è luminosissimo, con un’intera parete a vetrata con vista giardino e mare. Alle pareti hanno appeso i quadri di un’artista locale (Josée Le Roux) che dipinge su legno paesaggi del posto in un modo molto originale. Partiamo subito perché anche oggi ci aspettano diversi km. Ci fermiamo a Le Conquet (niente di che) e alla spiaggia di Blanc Sablons, bella, che si raggiunge andando in direzione Illien. Nella vegetazione retrostante vediamo passare un leprotto. Poco più a sud c’è la Pointe St. Mathieu, un posto particolarissimo, con il faro moderno visitabile che si erge a ridosso delle rovine di un’antica abbazia in punta ad una scogliera. Col cielo plumbeo e i nuvolosi carichi di pioggia il posto é davvero impressionante! Ci spostiamo poi, con un’ora di macchina, nella penisola di Crozon che è la nostra meta esplorativa di oggi. E partiamo dalla Pointe de Dinan, bella, con una brughiera piena di fiori rossi e viola. E’ un luogo in cui quasi non si percepisce la presenza dell’uomo, il suo intervento sulla natura. Poi Camaret, di cui avevamo letto molto bene. E’ un paesino che si sviluppa tutto a ridosso del porto ed il quay è costellato di ristoranti di pesce. Ne scegliamo uno (Coté Mer) per assaggiare il famoso granchio locale. Un’impresa: ¾ d’ora di armeggiamento ma ne valeva la pena! Troviamo anche, in questa cittadina, numerosi ateliers di artisti che dipingono e lavorano il vetro e l’immancabile boulangerie, dove compriamo dei dolci chiamati marocain che sono delle sfoglie contenenti pera o albicocca, fragranti e buonissimi! Nel frattempo è spuntato il sole e riprendiamo il nostro giro. Pointe de Pen Hir, maestosa scogliera con i faraglioni e una spettacolare vista mare su tre lati. Dall’alto si vede lo spiaggione di Anse de Camaret, analogo come profondità e dimensioni alla spiaggia di Morgat, di Trez Bellec e di Pentrez, più a sud, ma più di tutte a noi è piaciuta la spiaggia di St. Hernot, cui si accede con una camminata di mezzora attraverso sentieri erbosi poco battuti, che in alcuni punti si inoltrano nella boscaglia. Arrivi giù e la spiaggia è a perdita d’occhio, protetta dalle dune e profondissima. Poco affollata, manco a dirlo. Fine del giro. Tralasciamo Pointe des Espagnoles perché non si può vedere tutto e il Menez Hom perché comporterebbe un’apposita deviazione e ci dirigiamo a Kerlaz, alla nostra chambre. Che è dentro una fattoria, in una dependance separata dall’abitazione principale, curata e accogliente. Il tempo di una doccia e una breve pausa e poi andiamo a Locronan, tanto celebrata. In effetti il paese merita, è davvero un gioiellino. E’ piccolo, si gira in mezzora. Decidiamo di tornarci domattina per vederlo bene con la luce e troviamo la nostra consueta creperie in cui concludere la serata.

Domenica 24 agosto (Locronan-P.Te du Van-P.Te du Raz-Audierne-Penhors-Penmark-Pont l’Abbè-St.Marine-Loctudy) Torniamo di buon’ora a Locronan e scopriamo che i parcheggi (la sera gratuiti) costano 3 € a prescindere dalla durata della sosta. Per principio la cosa non ci piace, e inoltre abbiamo intenzione di fare una visita veloce, per cui lasciamo la macchina sulla statale, in un’area di sosta che dista 10 minuti a piedi dal paese. E’ domenica, e troviamo tutti i negozi e gli ateliers chiusi, ad eccezione di alcune meravigliose biscotterie dove facciamo scorta di dolci di ogni tipo. Riusciamo però a visitare la cattedrale nonostante sia in corso la funzione. Questo è probabilmente il paesino più ordinato e ben conservato che abbiamo visto, e nonostante la giornata sia brumosa (si aprirà più tardi) ci appare davvero incantevole. Ci dirigiamo poi verso la Pointe du Van, che dista una trentina di km, percorribili in mezzora. C’è foschia e il panorama non risulta così bello come potrebbe. Inoltre ormai ne abbiamo viste tante di scogliere e la cosa inizia a diventare un tantino ripetitiva. Costeggiando la “Baia dei Trapassati” (che la dice lunge sulle insidie di questo mare) arriviamo a Pointe du Raz, la celeberrima. Qui c’è un parcheggio a pagamento di € 6 a vettura e poi chi vuole può usufruire delle navette elettriche che portano fino alla punta. Considerate comunque che si tratta di una passeggiata a piedi di 15 minuti e che il bello è proprio camminare in mezzo alla brughiera fino ad arrivare alla statua della madonna dei naufraghi o, volendo, anche oltre, a proprio rischio e pericolo, come avvertono i cartelli. La scogliera è imponente e piuttosto ostica. Noi l’abbiamo vista con condizioni climatiche miti, il mare piuttosto tranquillo e non in tempesta, il vento moderato e non sferzante, quindi non ci è sembrata un posto da fine del mondo, come tanti dicono. Restiamo dell’avviso che Pointe du Raz sia molto sopravvalutata, non è certo il panorama più bello della Bretagna e nemmeno il capo più suggestivo, se paragonato a molti altri (Cap Frehel, Pointe de Dinan, Pen Hir). Visitiamo brevemente i negozietti del mini centro commerciale che è stato creato nei pressi del parcheggio e Miki approfitta dell’offerta bibita + crepe a 1 €. Intorno alle 12.30 ci muoviamo per iniziare a discendere la baia di Audierne, in cerca di una spiaggia su cui fermarci a mangiare. Oltrepassiamo il paese di Audierne perché la spiaggia di St. Evette non ci emoziona e sostiamo invece a Penhors, dove c’è un sentiero campestre che costeggia la lunghissima distesa di sabbia e dal quale si domina tutto il panorama sottostante. Ci piazziamo su una panchina a mangiare le nostre baguettes e a leggiucchiare un po’, ma a poco a poco la spiaggia si popola e ci distrae con le sue cento attività. C’è chi fa footing, chi va in bicicletta, chi semplicemente passeggia, chi è disteso ad abbronzarsi, chi porta a spasso il cane, chi fa surf, o anche kite surf, chi tenta di far volare un aquilone, chi va a cavallo… vediamo anche due tizi in scarponi e tenuta da montagna (bastone compreso) e per finire un automobilista che ha scambiato la battigia per un’autostrada (complimenti). Ad osservare tutta questa gente ci divertiamo molto e scattiamo parecchie foto: alla fine viene anche a noi la voglia di andare a fare una passeggiata sulla riva ed è bellissimo, la spiaggia è sterminata, la sabbia compatta, durissima e di un bianco abbagliante, il riflesso del sole nell’acqua crea farfalle scintillanti. Ne siamo conquistati. Purtroppo è ora di rimettersi in marcia perché abbiamo ancora alcune tappe: il faro di Eckmul a Penmark, dove non saliamo perché c’è troppa fila, Pont l’Abbè, che visitiamo nella vana speranza di incontrare qualche abitante che indossi la tradizionale cuffia bianca (siamo nel Pays Bigoudin, dove ancora vigono queste tradizioni) e per finire St. Marine, dove sfruttiamo fino in fondo il sole rilassandoci sulla soffice spiaggia. Poi andiamo alla chambre che è a Loctudy e lì… sorpresa. La signora ci dice che per errore ha riservato la camera due volte (le dispiace tanto, è la prima volta che capita… chissà perchè abbiamo un deja vu) comunque nessun problema perché ci ha già trovato una sistemazione alternativa presso una sua conoscente. Ci porta da M.Me Brunier che ci mette a disposizione per la notte un intero cottage di legno con enormi vetrate. Vabbè, non ci è andata male dopotutto, costa anche un po’ meno della chambre che avevamo prenotato. Loctudy non ha nulla di particolare oltre alle spiagge ma è un’ottima base di partenza per escursioni in barca sull’Odet o alle isole Glenan (pare che l’isola St. Nicolas sia magnifica). A noi purtroppo manca il tempo, ma ne varrebbe la pena. Dopo una galette (stasera la complete: prosciutto formaggio e uova al tegamino…Ottima!) alla Creperie du Port, innaffiata da birra bretone torniamo alla chambre.

Lunedì 25 agosto (Quimper-Pont Aven-Le Pouldou-Guidel Plage-St Cado-Locoal Mendon-Auray) Colazione ottima, condita dalla simpatia dei coniugi Brunier che si siedono a conversare con noi, e partiamo alla volta di Quimper che è una cittadina di una certa dimensione. Il centro però si gira benissimo a piedi ed è facile trovare parcheggio a breve distanza dalla zona pedonale. Tutto si raccoglie intorno alla cattedrale St. Courentin e alle Halles. Ci sono tanti negozi. Mi fermo a comprare delle ceramiche da regalare ai miei e poi passiamo a cose più profane (2 kouign amman per le nostre due famiglie, una meringa maxi per Oscar). Curiosiamo un po’ in giro. Il trenino turistico che fa il giro della città guarda caso è tutto di ceramica. Tappa successiva Pont Aven, famosa per aver ospitato Gauguin (da cui lo sviluppo di una scuola di pittura che prosegue fino ad oggi). Il paese è disseminato di ateliers, non riuscirete a vederli tutti! Pont Aven è carinissima, molto caratteristica, sviluppata attorno al fiume Aven. Ci sono molti turisti e all’ora di pranzo i ristorantini lungofiume sono presi d’assalto. Anche noi ci sediamo a mangiare, prendiamo un menu che prevede tonno alla griglia e Muscadet, che non sarà ‘sto gran vino ma è fresco e piacevole al gusto. Già che siamo nel paese delle galettes (biscotti al burro, non le crepes di grano saraceno!), facciamo qualche acquisto: una scatola di biscotti e una di cioccolatini al mandarino. Ci intrufoliamo poi negli ateliers, trovando anche artisti molto bravi. Purtroppo i prezzi dei quadri non sono alla nostra portata. Ci accontentiamo quindi di comprare soltanto una stampa su legno che ritrae un paesaggio marino locale. Stiamo aspettando che la pioggia cessi, perchè vorremmo intraprendere la passeggiata nel bosco fino alla cappella di Tremalo, dipinta da Gauguin. Poiché non ne vuole sapere decidiamo di avvicinarci in macchina fin dove si può e proseguire per l’ultimo tratto a piedi. Ma…Sorpresa…Il tragitto è tutto su asfalto e in meno di 10 minuti siamo lì (ovviamente la cappella è chiusa). Delusione totale verso le guide turistiche che ingigantiscono tutto, presentando come idilliaci percorsi del tutto ordinari; a dirla tutta pure il bosco non è niente di che. Andiamo anche a vedere Le Pouldou, altro porticciolo dove Gauguin e i suoi seguaci hanno lavorato, ma non c’è nulla di notevole tranne una spiaggia particolare dal colore giallo-rosato. Vediamo anche Guidel Plage, che è lì a 10 km di macchina (ma esattamente di fronte a Le Pouldou attraversando il braccio di mare). Questi posti forse ci avrebbero fatto un’impressione migliore se il tempo fosse stato bello. Così sembrano piuttosto desolanti. Ci avviamo verso la chambre (Locoal Mendon) e, di strada, ci fermiamo a St Cado, vicino Belz, immortalata in una famosissima foto in vendita in ogni negozio di stampe d’Europa. C’è un lembo di terra e una casetta che emerge dalle acque ma, ci spiace ripeterci, non ci sembra nulla di speciale. In serata ci attende una spiacevole sorpresa: la chambre è trasandata, buia, arredata con mobili vecchi e ha un bagno cieco e maleodorante (con wc separato, oltretutto). La proprietaria è una donna anziana e un po’ rozza che ci riceve senza complimenti. C’eravamo abituati bene e la delusione è innegabile. Per consolarci andiamo a cena ad Auray, più precisamente al porto di St. Goustan, che dista solo 12 km da Locoal. E… funziona: il posto è veramente carino, si sta benissimo, ci sediamo a mangiare ai tavolini all’aperto di una creperie e la serata passa allegramente. Quando torniamo alla chambre (soprannominata la fogna) ci sembra perfino meno brutta (ma è solo un’impressione).

Martedì 26 agosto (Carnac-Trinitè sur Mer-Quiberon-Cote Sauvage-St Goustan) La colazione è l’unica cosa non deludente di questo posto. Il pane è ottimo e oltre al solito burro e marmellata fatta in casa abbiamo yogurt, succo di frutta, crepes e torta di mele. La burbera padrona di casa osa persino un mezzo sorriso e uno stralcio di conversazione. Oggi abbiamo Carnac in programma. Andiamo alla Maison du site per conoscere le modalità di visita. Già sapevamo che da aprile ad ottobre non è permesso ai visitatori di accedere agli allineamenti megalitici, per dare modo alla vegetazione di rigenerarsi. Comunque è tutto perfettamente visibile da fuori, seppure meno scenografico per le foto. Visitiamo i principali allineamenti: ci vuole un’ora e mezza per vederli tutti senza fretta. Tra l’uno e l’altro ci spostiamo in macchina perché distano tra loro alcuni km. Se volete, potete aggregarvi ad una visita guidata per 4 €, oppure salire sul trenino che per 6 € vi fa fare il giro dei siti ed entra anche in paese. Noi abbiamo preferito visitare il complesso per conto nostro e con i nostri tempi. I più interessanti ci sono sembrati l’allineamento di Kermario e il gigante di Manio, al quale si arriva attraverso una passeggiata di 10 minuti nel bosco, costeggiando un maneggio. E’ presto e la giornata non si è aperta. Andiamo a La Trinité sur Mer, dove si tiene un mercato che ci sembra banale e anche piuttosto caro. C’è molta gente a spasso che affolla i negozietti del porto. Ci spostiamo a Carnac Ville e la folla aumenta. Anche qui c’è un mercato, non alimentare, prevalentemente di vestiario. Sembra la nostra Milano Marittima: un lungomare lunghissimo e appena dietro la via dei negozi, dei bar, la gente, il passeggio… Compriamo una baguette farcita e andiamo a mangiarla in spiaggia. Dopo pranzo intraprendiamo il giro della penisola di Quiberon: scendiamo dalla Cote Sauvage (che è inquietante, specialmente in un giorno plumbeo come oggi), arriviamo sulla punta e risaliamo dall’altra parte. Quiberon è il classico paesone di mare turistico, pieno di gente e negozi tra i quali curiosiamo sempre alla ricerca della famosa rete decorativa blu (solo che siamo incontentabili su dimensioni e colore e non la troviamo). Ci sediamo ai tavolini di una sala da tè davanti alla lunga spiaggia e ci concediamo un paio di bibite. Tutta la Presqu’ile è congestionata di traffico, trovare parcheggio a Quiberon è stata un’impresa quasi impossibile (alla fine inaspettatamente abbiamo trovato un posto non a pagamento a circa 10 minuti di cammino dal lungomare). Terminiamo il pomeriggio sulla spiaggia di Sables Blancs, che non ci sembra poi così sensazionale, forse per via del tempo e della bassa marea che non la valorizzano. Ci sono diversi campeggi in questa zona, che decisamente è la parte più vacanziera della Bretagna e la più presa d’assalto, quella che abbiamo amato meno. Per cena decidiamo di tornare a St Goustan. Scegliamo il ristorante L’Eglantine, che avevamo già notato ieri, per la posizione e per il menu a 16 € abbastanza invitante. Mangiamo all’aperto e piuttosto bene: salmone affumicato ripieno di mousse di tonno, sgombro alla piastra con ratatuille di verdure, e per dessert bavarese al cioccolato e pistacchi io, un assiette di formaggi Miki. Dentro, il locale è un guazzabuglio di pizzi e nastri che oltrepassa il kitch e ogni tipo di buongusto: immaginatevi un arredo tipo torta nuziale avvolta nel taffettà e avrete un’idea della sala. Comunque la cena era buona e il ristorante nel 2007 ha vinto la “Marmitta d’oro”. Ultima passeggiata digestiva sul molo e poi a nanna.

Mercoledì 27 agosto (Josselin-Keuergehennec-Vannes-St Gildas de Rhyms-Missillac-Guerande) Colazione e via. Oggi invece della torta di mele la signora ha fatto il far breton, che assaggio anche se ero certa che non mi avrebbe fatto impazzire. Partiamo verso Josselin, quasi sicuri che questa ennesima cittadina con castello non colpirà più di tanto la nostra attenzione e invece è proprio carina, ben tenuta e con un centro di casette a graticcio ottimamente conservate. Il castello è suggestivo, soprattutto dalla passeggiata lungofiume. Ci spostiamo poi verso Bignan dove si trova il Demaine di Keuergehennec (ingresso libero), un maniero immerso in un parco secolare che ospita una rassegna d’arte contemporanea. Il parco è davvero vasto ma sono molto più interessanti i percorsi botanici di quelli per così dire artistici (!) Troviamo, nelle sale del palazzo, una personale di un artista italiano che ci disgusta profondamente. Il tempo è piovoso e non è un granché bello passeggiare nell’erba bagnata, per cui andiamo a visitare Vannes, città grande e ben trafficata. Troviamo parcheggio a 6-700 mt dal centro e ci addentriamo nei vicoli adiacenti alla cattedrale. Anche qui belle case a graticcio (specialmente in Place Henry IV), viuzze caratteristiche, chiesa notevole. Mangiamo in una creperie molto buona seminascosta in una viuzza che scende verso il porto e ammiriamo dall’alto la cinta muraria della città e i bei giardini curati. Finalmente esce il sole e fa davvero caldo, per cui deviamo verso le spiagge. Il punto di mare più vicino è St Gildas de Rhyus. La spiaggia non è proprio stupenda (piuttosto stretta, intasata di alghe e affollata) ma ci accontentiamo. Non guardiamo per il sottile, è già un mezzo miracolo stare distesi al sole dopo 5 giorni di tempo schifido. Pausa relax di 2 ore. Verso le 18 decidiamo di muoverci verso la chambre che è a Missillac, nel parco naturale della Briere, perché Miki dice di puzzare come un camarillo e di avere necessità di una super doccia. Fatichiamo non poco a trovare la nostra destinazione, ovviamente sperduta nella campagna, ma alla fine arriviamo. La camera è carina (dopo quella di Locoal avremmo apprezzato qualsiasi cosa), la proprietaria, Valerie, una ragazza giovane un po’ svampita. Avremmo dovuto avere la table d’hotes ma dice di non aver fatto in tempo e ci consiglia di andare a La Roche Bernard per cena. Ma noi abbiamo altri programmi, preferiamo vedere Guerande che è a 30 km. Ci attardiamo appena più del previsto e quando arriviamo è quasi buio. Non riusciamo ad apprezzare a pieno la cinta muraria, ma dentro la città è bella, pulitissima e curata, con strade spaziose e una sapiente illuminazione. Abbiamo l’impressione che questa zona meriterebbe una visita più approfondita, ma purtroppo la vacanza volge al termine. Ci restano 2 giorni all’Ile de Re e poi si torna a casa.

Giovedì 28 agosto (Ile de Re) Prima di partire compriamo da Valerie una bottiglia di sidro, produzione locale. Costa 2,75 € ma ce la mette a 2, speriamo sia buona! Lasciamo definitivamente la Bretagna. L’Ile de Re si trova nella Charente Marittime e dista circa 200 km, ma ci si impiega un bel po’ a raggiungerla perché, soprattutto nel tratto finale, la strada è stretta e trafficata. A La Rochelle prendiamo il ponte a pedaggio (€ 16,50 A/R) che arriva a Rivedoux (veniamo a sapere che La Rochelle è stata l’ultima città francese ad essere liberata dai tedeschi nella II guerra mondiale). Sono già le 12.30: ci procuriamo un panino e andiamo a spalmarci in spiaggia, la prima che troviamo, Sablenceaux, che di certo non sarà la più bella per la vicinanza con il ponte e il porto. La prima cosa che si nota “sbarcando” sull’Ile de Re è la moltitudine di biciclette. Molti francesi addirittura arrivano dalla terraferma attraversando in bici il ponte (che non è affatto corto). L’isola è piena di percorsi ciclabili e i turisti ne approfittano. La giornata è fantastica, calda e piena di sole, e in spiaggia c’è un bel po’ di gente. L’isola è abbastanza grande e molto verde, con estesi tratti di pineta e altri coltivati a vigneto. La parte orientale è aspra, con piccole calette incuneate tra le località di villeggiatura e gli scogli. Il mare bello è ad ovest e a nord. Quando ci decidiamo ad abbandonare la spiaggia di Sablenceaux in cerca di qualcosa di meglio, ci scontriamo con una folla umana impressionante. Dopo venti giorni trascorsi tra paesini bretoni semi-disabitati e le lunghe e deserte spiagge oceaniche è un vero shock! Dalle parti di Le Bois Plage en Re non si può sostare: le spiagge sono letteralmente invase di gente sdraiata gomito a gomito. Ci spostiamo più a nord a la plage de la Conche, che è esposta ai venti e pertanto meno presa d’assalto. La nostra chambre è in città, a La Flotte: stasera niente campagna. Fatichiamo non poco a trovare l’indirizzo esatto e alla fine ci riusciamo solo grazie all’intervento di una signora in bici che, incuriosita dalla nostra targa, ci avvicina e, scoperto che siamo italiani, ci porta a casa sua e con l’aiuto dello stradario rintraccia per noi la via che stiamo cercando. Ci dice che è originaria di Udine e che va spesso in Italia a trovare i suoi parenti, poi ci illustra le bellezze dell’isola e ci dà qualche dritta sulle spiagge più belle. Alla fine ci scorta in bicicletta fino alla nostra destinazione, che è a due passi. Che gentile! La chambre è piccolina (e cara, su quest’isola non ci sono prezzi convenienti ma eravamo curiosi di conoscerla e in un certo senso era di strada) ma comoda perché a due passi dal mare e dal centro. Usciamo per cena e vediamo che anche qui le spiagge risentono delle maree, difatti ci sono decine di barche adagiate in secca. Il porticciolo è carino, i vicoletti bianchi e silenziosi. Attirati dalla dicitura “maison” mangiamo una paella di frutti di mare che si rivela una colossale fregatura (il ristorante si chiama Pinocchio: da evitare). Allora, per rifarci, compriamo in un chioschetto sul molo un sacchetto di chichis caldi (churros imbibiti di zucchero e nutella) che ci sbafiamo avidamente seduti in panchina. Le porcherie accendono sempre i nostri entusiasmi, chissà perché.

Venerdì 29 agosto ( Ile de Re) La colazione è buona, anche qui lode alle deliziose marmellate francesi! Usciamo presto e facciamo un giretto al porto e al mercato di La Flotte che comincia ad animarsi. Poi risaliamo l’isola fino ad Ars en Re (paese minuscolo che consiste in una piazzetta e 3 viuzze laterali) dove ci procuriamo una baguette farcita per il pranzo. Andiamo a vedere la spiaggia di Trousse Chemise, che ci ha consigliato ieri Mirella (la signora in bici). Si tratta di un lungo spiaggione con la pineta alle spalle, che la mattina ha ampi tratti in secca. L’aria è fresca ma al sole si sta benissimo. Ci stendiamo in una zona riparata a ridosso delle dune. Rispetto alla Bretagna qui il clima è diversissimo: il cielo è limpidissimo, non si vede una nuvola e anche la temperatura è decisamente più alta. L’isola è molto frequentata dai parigini, essendo a tre ore dalla capitale, e dagli anglosassoni. Di italiani, invece, neanche l’ombra. E’ piuttosto sconosciuta, noi avevamo saputo della sua esistenza tramite un servizio di Dove di qualche anno fa. Facciamo una passeggiata sulla secca. La sabbia è piena di avvallamenti simili a dune in miniatura e nel punto in cui il mare si richiude la corrente crea una danza di ondine contrapposte. L’acqua non è affatto fredda. A un certo punto ci accorgiamo che la marea sta salendo e ci affrettiamo a rientrare. Sale a ritmi velocissimi: nel punto in cui l’acqua poco fa arrivava alla caviglia ora è già a metà coscia. All’una comincia a fare un caldo insopportabile (sarà che non siamo più abituati?) per cui abbandoniamo la spiaggia e giriamo per i paesini per fare qualche acquisto: vini della regione, marmellate e la famosa rete blu che finalmente troviamo proprio a La Flotte. Appena passa l’onda torrida puntiamo nuovamente sulle spiagge, stavolta a Les Prises. La spiaggia è tranquilla, ma la presenza delle alghe è un po’ ingombrante. L’Ile de Re dal punto di vista del mare ci sta deludendo. Ha tantissime spiagge ma l’acqua non è trasparente, almeno in questa stagione.

Verso sera ci spostiamo a St Martin, il centro urbano più grande. E’ molto carina: vediamo i negozietti, il porto vivace, i bastioni che affacciano sul mare dove ammiriamo il tramonto. Che bello! Di certo non bastano due giorni per immergersi nell’atmosfera di quest’isola e scoprirne ogni angolo. L’unico neo è che tutto ci sembra un po’ caro (alloggi, ristoranti, ecc). Per cenare torniamo a La Flotte, che il venerdì sera è decisamente animata. I ristoranti sono tutti pieni. Scegliamo una creperie sul molo che ha ancora dei tavoli liberi; vicino a noi è seduto un bambino che sembra Brad Pitt da piccolo. In Normandia e Bretagna abbiamo incontrato spesso famiglie numerose che viaggiano coi figli al seguito, anche piccolissimi (e tutti biondi), senza porsi alcun problema. Piuttosto ci è sembrato che mancasse completamente la fascia di popolazione che va dai 20 ai 40 anni. Di giovani veramente da quelle parti ne abbiamo visti pochi.

Sabato 30 agosto (Ile de Re-St Etienne) Eccoci arrivati alla fine. Ultimi acquisti e via verso l’Italia con un caldo spaccapietre. Sostiamo per pranzo, in compagnia di alcune simpatiche paperelle, in un parco di uno sperduto paesino della Charente, Confolence, che si rivela carinissimo, con un bellissimo lungofiume e un centro cittadino molto colorato. Allunghiamo un po’ il tragitto per evitare l’autostrada e arriviamo a St. Etienne intorno alle 19.00. L’albergo prenotato è il Kyriad in rue de la Montat, a circa un km dal centro. E’ più che perfetto per le nostre esigenze, con camere spaziose e pulite. L’abbiamo trovato in promozione su internet a 34 euro (colazione esclusa). Abbiamo ancora le energie per fare un giretto al centro dove troviamo rifugio in un ristorante-creperie, L’Absinthe in rue Leon Nautin, dove facciamo la nostra ultima cenetta francese a base di galette jambon-fromage (Miki) e insalata al salmone (io) condita finalmente con del sano olio d’oliva al posto delle onnipresenti salsine al burro. Terminiamo con l’immancabile crepe alla nutella e un brindisi con un ottimo vino rosé locale per festeggiare lo splendido viaggio in queste terre civilissime e affascinanti.

Domenica 31 agosto (St Etienne-Parma) Partenza ore 7.15. Sosta subito dopo il Frejus per la colazione in un autogrill con succo di frutta, cappuccino e pain au chocolat. E poi ancora chilometri, chilometri, chilometri, per fortuna in assenza di traffico, fino all’arrivo a Parma alle 13.30. Fine della vacanza. Sigh! Appendice: Ricapitolando… Viaggiare in agosto non è stato affatto problematico. Per prudenza però, e soprattutto per non perdere tempo prezioso sul posto, consigliamo di prenotare i pernottamenti in anticipo (noi abbiamo fissato tutto tra aprile e maggio). Per la pianificazione del viaggio abbiamo utilizzato la guida Rough (molto dettagliata) e la guida Touring Club, oltre ai preziosi racconti di viaggio di chi ci aveva preceduto. Dopo aver visionato alcune proposte di autonoleggio abbiamo deciso di partire con la nostra macchina perché per 3 settimane saremmo andati a spendere non meno di 600 euro. La spesa per la benzina e i pedaggi autostradali è ammontata ad € 582. Per i pasti abbiamo speso in tutto € 670 ma calcolate qualcosina in più perché io e Miki mangiamo pochino, siamo un po’ sotto la media (i menu a prezzo fisso partono orientativamente da 11-12 euro a pranzo e da 16-18 euro a cena, bevande escluse); per i pernottamenti la cifra totale per 23 notti è stata € 956. Il costo complessivo della vacanza, comprese le spese futili, i regalini eccetera, è ammontato a 2.300 €. I parcheggi a pagamento si riescono ad evitare quasi ovunque, a patto di non avere paura di fare 500 mt a piedi. Gli unici posti in cui non siamo riusciti a sottrarci al pedaggio sono stati Caen, Pointe de l’Arcouest (traghetti per isola di Brehat), Pointe du Raz e Mont Saint Michel. Come viaggio è ovviamente un po’ stancante, non si può negare. Gli spostamenti continui non sono riposanti, però dopo un po’ si entra nel ritmo giusto e la sensazione di fatica scompare. Abbiamo cercato di pernottare nello stesso posto quanto più a lungo possibile, per evitare di fare e disfare i bagagli in continuazione, ma non è così facile, a meno che non si sia disposti a percorrere un numero spropositato di km ogni giorno. Considerate che già così, escluso il viaggio da e per l’Italia, abbiamo fatto circa 3.500 Km. Di seguito riportiamo i giudizi degli hotel e b&b in cui abbiamo pernottato e i riferimenti per contattarli, oltre ad una lista delle località secondo noi impedibili e di quelle che invece a nostro avviso si possono tralasciare. Per i voti delle chambres ci siamo basati prevalentemente su un rapporto qualità prezzo (colazione inclusa, sempre) e sulla cortesia delle persone che ci ospitavano, oltre che su criteri oggettivi come pulizia e accoglienza delle camere. Per qualsiasi ulteriore informazione contattateci tranquillamente (giannser@interfree.It). Buon viaggio a tutti! Serena e Michele Chambery: Hotel Premiere Classe – 1 notte € 38 www.Premiereclasse.Com – voto 5 Canteleu – Annick Fournier -Brasserie du chien de loup – 2 notti € 49 – voto 7 e ½ brasseriechantduloup@wanadoo.Fr http://www.Labrasserieduchantduloup.Fr.St/ Ablon – M.Me Francoise Marescot – 1 notte € 44 – voto 9 francoise.Marescot@club.Net Ryes – Marie France Bauregard – 2 notti € 46 – voto 7 m.F.Ryes@orange.Fr http://pagesperso-orange.Fr/verger-fleuri-calvados/index.Htm Flamanville – Nicole Travers – 1 notte € 40 – voto 6 Nicole.Travers@laposte.Net http://www.Chambres-hotes-catalogue.Fr/france/chambres-d-hotes-normandie.Jsp Huisnes sur mer – Colette e Paul Lume – 1 notte € 35 – voto 8 Tel :0033-02-33601317 non hanno sito internet nè posta elettronica Pleudihen sur Rance – Simone Mousson – 3 notti € 42 – voto 8e ½ simonemousson@hotmail.Com http://membres.Lycos.Fr/simonemousson/index.Html Paimpol – Andrée Auffret – 2 notti € 40 – voto 10 aapl@hotmail.Fr http://www.Gitesdarmor.Com/hebergements/chambre+hotes Ploulec’h – Annick Saliou – 1 notte € 49 – voto 7 e ½ saliou-francois.Annick@orange.Fr Lanildut – Monique Perrot – 1 notte € 48 – voto 8 guy.Perrot@wanadoo.Fr www.Lepassagedufour.Free.Fr Kerlaz – Marie Louise Jain – 1 notte € 48 – voto 7 jain.Vigouroux@wanadoo.Fr http://pagesperso-orange.Fr/marielouise.Jain/ Loctudy– Edith Brunier – 1 notte € 55 – voto 8 Tel : 0039-02-98665415 http://www.Gites-de-france.Com/gites/smileservice/recherche?langue=438&produit =160&LREG =5&ENV=H&RAYON=10&COMMUNE=Loctudy&CODE_INSEE=29135&ITEA=0 Locoal Mendon – Marie Thèrese Maho – 2 notti € 45 – voto 4 e ½ gabriel.Maho@orange.Fr http://www.Gites-de-france-morbihan.Com/kervihern/ Missillac – Valerie Boundelle – 1 notte € 48 – voto 7 valerie_boundelle@yahoo.Fr http://www.Chambresdhotes.Org/Detailed/2968.Html Ile de Re – Daniel Fayaud – 2 notti € 63 – voto 6 e ½ fayaud.Daniel@orange.Fr http://pagesperso-orange.Fr/daniel.Fayaud/ St. Etienne – Hotel Kyriad 1 notte € 34 – voto 8 – http://www.Kyriad-saint-etienne-centre.Fr/en/index.Aspx Località da non perdere: Normandia: Les Andelys (incantevole paesaggio fluviale, la Senna in tutta la sua magnificenza), Jumieges (l’abbazia diroccata, un’oasi di pace), Etretat (la maestosa e scintillante falesia), Honfleur (il porto più grazioso della regione), Nez de Jobourg (superba scogliera ai confini del mondo, sull’estrema punta nord ovest della Manche), Mont St Michel (la meraviglia!), tra i luoghi dello sbarco: Arromanches, Longues sur Mer e Colleville (emozionanti, culturali, eterni).

Bretagna: St Malo (la bella e vivace corsara), Cap Frehel (solo vento mare e natura), Tregastel (le spiagge più sorprendenti, con i massi di granito affioranti dall’acqua), la costa di granito rosa (il sentiero dei doganieri da Perros Guirec a Ploumanach), l’isola di Brehat (per i colori, la natura e il silenzio), Meneham (la spiaggia più mozzafiato della Bretagna), Locronan (il paesino perfetto), Pont Aven (mulini ad acqua, arte e relax a bordo fiume).

Località tralasciabili: Rouen, Dieppe, Trouville & Deauville, Combourg, Rotheneuf, Audierne, Le Pouldou.

Complessivamente tutto il Morbihan non ci ha fatto impazzire (tranne Carnac e Pont Aven): probabilmente la parte più bella di questa provincia è rappresentata dalle isole, che non abbiamo visitato per mancanza di tempo. Piccoli rimpianti: Non essere riusciti ad imbatterci in un fest noz, le feste estive del Morbihan di tradizione celtica, in cui si balla si beve e si mangia tutti insieme. Abbiamo constatato che si tengono soprattutto al sabato sera ma purtroppo non ci è mai capitato di trovarci in qualche località vicina e poter partecipare. Non aver visto i famosi chars-a voile sulle spiagge oceaniche. Forse era già fine stagione, forse non c’era il clima adatto. Mah! Di kite surf, invece, ce n’erano tantissimi, ma quelli li conoscevamo già. Aver dovuto necessariamente per ragioni di tempo trascurare l’interno e dunque la regione dei formaggi normanni (Livarot, Camembert, Lisieux, eccetera), il Lac de Guerlédan, la foresta di Paimpont (Broceliande) ma soprattutto la zona di Braspart e la Montagne St. Michel, che ci è stata descritta dai bretoni come un posto magico e affascinante. Pazienza! Vorrà dire che prima o poi ci torneremo… Ci tocca!



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