Un Sudafrica facile e bello

Animali fantastici, piante uniche, belle strade, cibo eccellente, tramonti dipinti, tradizione e storia, mare selvaggio, città accattivanti, popoli fieri. Frullate e assaggiate il Sudafrica
Scritto da: blacknero
un sudafrica facile e bello
Partenza il: 16/01/2012
Ritorno il: 08/02/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
(Consigli e altro in fondo al diario)

16 – 17 Gennaio

Partenza con Barbara da Fiumicino alle 18.05 con Turkish Airlines.

Coincidenza ad Istanbul alle 23.45 , imbarco e arrivo a Johannesburg la mattina del 17 Gennaio alle 9.50.

Voli puntuali , buona compagnia , la Turkish , a parte un russo di 130 Kg circa che occupa mezzo del mio sedile oltre al suo.

All’ arrivo check-out veloce , ritiro bagagli ok , cambio euro – rand in aeroporto con solito rapporto di conversione e commissione salatissimi.

Usciamo dall’ aeroporto e andiamo a ritirare una Chevrolet Aveo Sedan alla first car rental , prenotata dall’ Italia attraverso il broker Aroundaboutcars.

Usciamo dal parcheggio sopraelevato , e un po’ insicuro , con cambio automatico e volante a destra , ci avviamo verso la N1 in direzione Polokwane. L’ idea è quella di visitare il Limpopo e venire in contatto con la cultura Venda e Ndebele che popolano questa regione , prima di entrare a nord del Kruger National Park.

Il tempo non è bello e di tanto in tanto piove.

Arriviamo dopo 300 km , nel primo pomeriggio a Polokwane.

Troviamo facilmente il The Lofts , un self catering carino prenotato dall’ Italia per comodità , la camera è pulita e silenziosa.

La città non offre molto , giriamo per un po’ , vediamo lo stadio costruito in occasione dei mondiali di calcio 2010 , e andiamo al Savannah , un centro commerciale dove ci procuriamo un adattatore , alcune cose per il bagno e da mangiare.

La sera usciamo per mangiare , ma i ristoranti sono praticamente tutti Take Away e alle 21.00 chiudono. Una pizza con ananas , olive e altri arricchimenti e a letto , siamo molto stanchi.

Il tempo peggiora e non fa presagire niente di buono per i giorni a venire.

18 Gennaio

La mattina presto Barbara va a correre per il quartiere , poi facciamo una buona colazione e prepariamo la macchina per dirigerci a Elim , passando per Tzaneen. Vogliamo fermarci al Bakone Malapa Museum , poco fuori Polokwane e lungo la strada , ma veniamo colpiti da un acquazzone con violente raffiche di vento che a malapena ci permette di vedere fuori dalla macchina.

Il museo è un villaggio ricostruito tutto all’ aperto ed è , ovviamente , chiuso.

Allora proseguiamo per la N71 verso Tzaneen , sperando che il tempo migliori.

Invece tra pioggia e nebbia proseguiamo il nostro viaggio tra paesaggi magnifici e ci dispiace non poterci fermare e uscire dalla macchina. Attraversiamo Tzaneen , ubicata al centro di una valle totalmente agricola e nel pomeriggio siamo a Elim , piccolo centro caotico dove la popolazione è esclusivamente di etnia Venda o Ndebele.

Andiamo subito allo Shiluvari Lodge , a pochi chilometri da Elim.

Lo abbiamo scelto , perché è un buon punto centrale per spostarsi nella zona.

Il Lodge è gestito da due svizzeri , arredato esclusivamente con opere di artigianato della popolazione locale e si affaccia sull’ Albasini Dam , in un paesaggio davvero suggestivo.

Ci siamo solo noi e un gruppetto di altri quattro ospiti. Ci informiamo sulla possibilità di vedere l’indomani il Lago Fundudzi , la foresta sacra e qualche villaggio defilato di artigiani , ma la pioggia continua incessante , e dobbiamo capire la mattina dopo , se le strade saranno praticabili.

Pare che l’ intensità di quel temporale nefasto sia una cosa straordinaria , a detta di un ragazzo del lodge. Ne avremo la conferma nei giorni successivi.

Allo Shiluvari si mangia molto , molto bene , credo che abbia avuto anche alcuni riconoscimenti di prestigio.

Almeno una cosa oggi (la cena) , è andata per il verso giusto.

19 Gennaio

Ci svegliamo presto , ha piovuto a dirotto tutta la notte , con un fracasso infernale. E sta ancora piovendo.

Già intuiamo che il nostro programma salterà anche oggi.

Infatti a colazione ci dicono che le guide non usciranno , per impraticabilità. Addirittura ho il sospetto che anche i 3 Km di strada a sterro che ci dividono dal Lodge all’ asfalto , potrebbero essere un ostacolo insormontabile per la nostra piccola berlina.

Decidiamo di uscire dall’ empasse e saliamo in macchina in direzione Thoyandou , sulla Ribolla Route.

Ci rendiamo conto che per raggiungere i villaggi è necessario un mezzo adeguato ed una guida , inoltre molte località non sono segnalate o hanno nomi diversi rispetto alla carta. Non è difficile imboccare strade sbagliate. Comunque arriviamo a Thoyandou e giriamo per la città. Non sembra una città sudafricana , c’è molto caos e la popolazione è esclusivamente di colore. Proviamo a cambiare soldi in due banche diverse al Venda Plaza , ma non ci riusciamo (una non cambia , l’altra , dopo mezz’ora di fila non aveva disponibilità , incredibile) , due Atm non funzionano e allora dopo un paio d’ore e un hamburger risaliamo in macchina.

Ci fermiamo poco fuori Thoyandou all’ Arts and Culture Centre , una mostra permanente che espone e vende opere di alcuni artisti . Qui incontriamo Avhashoni Mainganye , che ci intrattiene e ci mostra i suoi lavori. Il centro non è molto grande ed è deserto. E comunque si trova un po’ di tutto , dall’ opera affermata dell’ artista di tendenza , al semplice piccolo oggetto che è presente anche nelle comuni bancarelle.

Salutiamo e ringraziamo “Shoni” per la sua cordialità e torniamo al Lodge.

La sera mangiamo in modo superlativo una minestra di zucca , un filetto con purè e una torta al limone e andiamo a letto sperando che l’indomani non piova.

20 Gennaio

Non piove. Dopo colazione partiamo per il parco Kruger in direzione Punda Maria Gate.

Prima di Thoyandou compriamo frutta ad un crocevia (dove veniamo circondati da decine di venditrici , ciascuna offre ottima frutta di tutti i tipi) e dopo una mezz’ora siamo a Punda Maria , uno degli ingressi più a nord del Kruger , che attraverseremo verso sud nei tre giorni successivi.

La nostra prima tappa , dove dormiremo , è Shingwedzi camp.

A Punda Maria camp ci fermiamo a fare rifornimento , compriamo acqua e alcune cose allo shop. Il campo è deserto e il benzinaio dice che noi siamo la seconda macchina che serve quella mattina. In effetti è strano.

Cominciamo il nostro game drive senza incrociare nessuno per chilometri.

Me la sono fatta sotto quando un enorme elefante con un giovane al seguito , percorrendo la strada asfaltata , si è girato e ha cominciato a caricarci scuotendo la testa. Ho dovuto fare marcia indietro in fretta , e l’ansia per questo pachiderma mi è rimasta per tutto il viaggio , ogniqualvolta ne incontravamo uno.

Tra un po’ di asfalto e molto sterrato , la giornata scorre via molto piacevolmente. Sostiamo e mangiamo qualcosa in un’ area picnic , dove , ovviamente siamo solo noi.

Verso le 16.30 entriamo a Shingwedzi , un piccolo campo molto ordinato. Allo shop compriamo l’occorrente per cena e colazione e andiamo a sistemarci nel nostro bungalow , dotato di cucinotto esterno molto comodo. La sera qualche moscerino cade sul letto dal soffitto impagliato , ma nulla di pericoloso. La situazione relativa alle zanzare è più che accettabile.

21 Gennaio

Ci svegliamo alle 5.00 , facciamo la nostra buona colazione in veranda al sorgere del sole , e dopo aver preparato la macchina usciamo in direzione Olifants , dove dormiremo.

Il tragitto sarà di circa 140 km , strade sterrate escluse , a 30 Km all’ ora.

Il paesaggio , per i primi 80-90 km mi annoia un po’ , in pratica è un’ enorme distesa di alberi di Mopane di media altezza.

Proviamo in più occasioni ad entrare in piste sterrate , ma ci rendiamo conto di quali disastri abbia provocato la pioggia ininterrotta dei giorni precedenti. Dobbiamo tornare indietro diverse volte , dopo molti km di sterrato perché troviamo le strade interrotte , e ci rendiamo conto che stiamo perdendo molto tempo. Troviamo chiusa anche l’area di sosta per mangiare. Ci irritiamo un po’ perché l’ingresso alle piste è aperto , e succede che l’interruzione sia segnalata anche 20 km più all’ interno , rendendo vano il nostro tentativo di proseguire il percorso in direzione Olifants.

Dopo molti Km siamo appena a Mopani Camp. Ci sgranchiamo le gambe e ripartiamo subito per Letaba Camp. Dopo altre ore e altre piste interrotte , arriviamo a Letaba dove finalmente preleviamo qualche soldo all’ Atm e andiamo a mangiare al ristorante del campo , messo in una bella posizione. Verso le tre ripartiamo e continuiamo a trovare piste chiuse , alcune segnalate , altre no. Il paesaggio cambia , cominciamo a vedere alcune alture e una vegetazione diversa. Ci rendiamo sempre più conto dei disastri provocati dalle piene dei fiumi Letaba e Olifants ingrossati dai diluvi dei giorni scorsi. Infatti in prossimità dell’ Olifants Camp , è interrotta perfino la strada asfaltata che porta a Skukuza e Satara ed è necessario prendere l’unica pista rimessa in sesto alla bell’ e meglio e che è l’unica che in quel momento collega il nord al sud.

Il traffico aumenta in questa zona , e troviamo molti automobilisti disorientati che chiedono informazioni sulle condizioni del Kruger che troveranno durante il loro percorso.

A parte tutti i disagi , dopo quasi dodici ore di macchina entriamo all’ Olifants abbastanza stanchi , ma tutto sommato soddisfatti.

Abbiamo visto un Leopardo attraversarci la strada con un cucciolo , lo sprint di tre ghepardi verso un gruppo di impala , andato a monte anche a causa del disturbo di 2 -3 macchine a bordo strada.

Il numero di turisti che troviamo all’ Olifants è nettamente superiore a quello trovato negli altri campi presso i quali abbiamo sostato.

L’ Olifants Camp ha una posizione invidiabile , sorge su un promontorio che domina il fiume Olifants ancora carico di acque , e dal bar si gode una vista stupenda.

Ci sistemiamo in un rondawel fronte fiume , con frigo ma senza cucina. Barbara va a farsi una corsetta per il campo , mentre io scarico la macchina e mi faccio una birra in veranda davanti all’ impeto dirompente del fiume. La sera cena in veranda con piatti arrangiati e la compagnia di insetti di ogni tipo e dimensione.

Mentre faccio la doccia poi , prima di coricarmi , devo combattere con una scolopendra che scende dal telo doccia e che è lunga e tozza come un grissino. Vinco io.

Alle 9.00 a letto con un condizionatore un po’ rumoroso.

22 Gennaio

Oggi è Domenica.

Sveglia alle 5.00 , colazione alla buona e partenza alle 6.00 verso Skukuza passando per Satara.

L’ idea è quella di fare meno asfalto possibile , percorrendo buona parte dei 150 km su piste battute.

In realtà , a parte pochi tratti , quasi tutti gli accessi ai tragitti sterrati sono chiusi .

La furia del fiume Olifants ha lasciato dei duri segni. Un ponte è stato letteralmente divelto , due aree di sosta chiuse e in più di un’ occasione siamo dovuti tornare sui nostri passi perché nemmeno con un fuoristrada avremmo potuto procedere. L’ area di Balelele è stata travolta , e vediamo un ranger che raccoglie le proprie cose stipandole nella sua macchina .

Un po’ rammaricati per non aver potuto seguire la nostra personale strada e dopo 200 km di tentativi falliti , arriviamo a Skukuza , dopo altre 10 ore quasi ininterrotte di guida.

Per quanto riguarda il game drive abbiamo avuto la fortuna di vedere un pitone , una iena , un rinoceronte , decine di avvoltoi intenti dividersi la carcassa di un enorme elefante appena morto , e tanti bei paesaggi purtroppo rovinati dalla furia dell’ acqua.

A Skukuza , nel pomeriggio , facciamo il pieno alla macchina , ci sistemiamo nel nostro rondawel e facciamo la consueta spesa per la cena e la colazione del giorno dopo. Barbara va a correre e io mi faccio un sidro (buono soprattutto se molto freddo) e pianifico la giornata di domani con l’ intenzione di uscire dal Kruger da Phabeni Gate anziché da Paul Kruger Gate , per avere la possibilità di sfruttare un tratto di strada più lungo all’ interno del parco.

La sera cena con pasta e sugo al pomodoro dello shop , affettato di bovino e macedonia in scatola.

Poi alle 21 a nanna, distrutti.

23 Gennaio

Ci svegliamo alle 5.00 e dopo mezz’ora siamo già fuori dal campo per gli ultimi 50 km dentro al Kruger, Andiamo a passo d’uomo nella speranza di vedere qualche felino. A 15 Km da Pahbeni Gate , vediamo sullo sfondo una notevole quantità di macchine , Jeep e furgoni che guardano tutti nella stessa direzione , il segnale più evidente della presenza di felini. E infatti l’attrazione è un ghepardo che sta puntando un branco di impala. Dopo quasi un’ ora di attesa e altre 20 macchine a infoltire l’ingorgo , riusciamo a riprendere il nostro tragitto , consapevoli che quel ghepardo , stamani non mangerà.

Usciamo dunque a malincuore dal Kruger , e dopo qualche km ci fermiamo per strada da un venditore ambulante a comprare un uccello di legno , forse un hornbill , abbastanza brutto. Sostiamo a Hazview per cambiare qualche soldo in banca , operazione tra l’altro del tutto sconveniente , e a prendiamo un caffè.

Decidiamo dunque di proseguire per Graskop e cercare una sistemazione.

Essendo abbastanza presto , decidiamo di fare un pezzo della Panorama Route per visitare God’s Window e The Pinnacle , ma la nebbia è talmente fitta che nemmeno proviamo ad entrare nei siti. Andiamo invece alle Lisbon Falls , carine ma niente di che , e quindi torniamo a Graskop. Qui troviamo alloggio grazie all’ ufficio turistico , al B&B Autumn Breath , dove facciamo la conoscenza di Ina e Johan , una coppia molto estroversa e gentile.

Il posto è accogliente , pulito e la camera è molto spaziosa , perfino con un salotto. Paghiamo in anticipo l’ufficio turistico 400 Rand a notte e poi a pranzo andiamo al Canimambo , un ristorante portoghese/mozambicano che cucina dell’ ottima carne. La birra locale invece , servita alla spina , è piuttosto cattiva.

Paghiamo un conto salato , e ci dirigiamo verso Pilgrim’s Rest , un’ antica cittadina di minatori restaurata e oggi attrazione turistica.

Parcheggiamo lungo un bel viale di Jacaranda , ci sono i soliti venditori di nocciole e macadamia (buona) e i parcheggiatori carwash che , come a tutti , lavano anche la nostra auto.

Visitiamo dentro il centro informazioni , un museo che ospita foto e bacheche con la storia di P. Rest . Poi passeggiamo davanti ad alcuni edifici , oggi trasformati in locande , negozi di artigianato e caffè , molto ben curati.

In direzione Downtown ci fermiamo al vecchio spaccio che stava chiudendo , oggi restaurato dove tutto è fedelmente riprodotto. Si può trovare la pasta per i denti , lamette , cioccolato , lampade, spezie e un’ enorme quantità di altra roba dì epoca , originale.

Passiamo davanti al District Six locale , ovvero una serie di baracche che fungevano da prigione. Infine il vecchio cimitero , con tombe di oltre 200 anni fa (vere) molte delle quali semidistrutte , ed altre invece che conservano ancora i loro epitaffi.

Abbandonato Pilgrim’s Rest , riusciamo finalmente a visitare senza nebbia anche The Pinnacle e God’s Window , entrambi molto belli. In realtà tutta la Panorama Route che rivolteremo come un calzino il giorno dopo , è molto bella , immersa in boschi di eucalipti e abeti , con viste mozzafiato. Torniamo nel pomeriggio al nostro B&B (i siti della Panorama Route chiudono alle 17.00) e Johan ci accoglie con due bicchieri di vino in veranda , intrattenendoci con i suoi spunti. Ceniamo con due insalate di pollo e con l’intenzione di partire presto il giorno dopo per essere alle 9.00 a Mholoholo , un centro di riabilitazione per animali.

24 Gennaio

Alle 7.30 siamo già in viaggio per Mholoholo , che non è vicinissimo , ma abbiamo tempo.

Alle 8.45 siamo davanti al cancello di entrata con altri 15 visitatori ed entriamo.

Il giro comincia con un’ esposizione fotografica commentata da un ranger del sito e prosegue tra gli animali ospitati chiusi in recinti. Facciamo la conoscenza di Bullet , un ghepardo maschio che si lascia accarezzare , in cambio di alcuni pezzetti di carne , ci soffermiamo davanti ad un gruppo di licaoni , salutiamo tassi , leoni , leopardi , serval , falchi , avvoltoi e altri volatili , sempre accompagnati dal ranger che commenta abitudini e caratteristiche delle varie specie. Barbara prova l’esperienza di far librare in volo un avvoltoio che pare più grande di lei.

Alcuni animali si lasciano avvicinare e accarezzare , ma sempre sotto l’occhio dei rangers.

Alla fine della visita ripartiamo con la macchina e riprendiamo la parte della Panorama Route non visitata il giorno prima , fermandoci prima ai Three Rondavels , ovvero tre rocce monolitiche enormi che dominano sul panorama del Blyde River Canyon , e poi sostando ai Bourke’s Luck Potholes , con l’immancabile comitiva di fotografi coreani . Si tratta di cavità cilindriche colorate scavate dall’ acqua nel letto roccioso di un fiume e che assumono forme molto caratteristiche .

Ripartiamo , e non riuscendo a trovare un posto per mangiare qualcosa , verso le 16.00 torniamo a Graskop e a provare i tanto conclamati Harri’s Pankake’s.

In effetti sono molto buoni , e il locale è carino e abbastanza costoso. Andiamo satolli a fare un po’ di Shopping e ci fermiamo a comprare due cuscini molto belli da African Silk , una bottega di una piccola azienda che da da lavorare a molte donne del luogo presso una silk farm (seta) e che ha 4-5 negozi in Sudafrica. E fanno delle cose molto belle.

Torniamo da Ina e Johan , i titolari del nostro B&B che ci preparano per cena un Biton , una specie di polpettone con l’uvetta e un piatto di insalata .

Ina ci offre la compagnia di un portatile che riproduce un DVD di un violinista danese , che esegue una serie di successi con spettacoli filmati in tutto il mondo e del quale lei è innamorata.

Lo guardiamo abbastanza perplessi , per non offenderla e ce ne andiamo a letto.

25 Gennaio

Alle 6.00 Barbara va a correre e io mi metto a studiare un percorso che attraverso lo Swaziland ci consenta di arrivare percorrendo il minor numero di Km a Santa Lucia , nel Kwazulu Natal.

Scendiamo a fare colazione e Ina e Johan ci intrattengono come al solito , poi i saluti , i consigli , la lacrimuccia e si parte.

Sbagliamo subito strada e dobbiamo tornare indietro in direzione Sabie. Scendiamo poi a Nelspruit ed entriamo in Swaziland da Jeppes Reef.

La frontiera tra Sudafrica e Swaziland è qualcosa di comico. Mentre da una parte c’è l’efficienza ordinata del Sudafrica , con personale pratico e veloce , dalla parte dello Swaziland sembra di entrare nell’ Africa raccontata dai viaggiatori di ventura : guardie con cappelli di due misure più grandi , un casottino scalcinato con la barra di ingresso storta e arrugginita , azionata a mano da un personaggio non ben definibile. Gli uffici sono un piccolo caos , la gente entra con sacchi di iuta pieni di chissà cosa , e un po’ bisogna arrangiarsi , ma se anche non si è sicuri di aver compilato il modello giusto, alla fine va bene lo stesso.

Insomma passiamo la frontiera dopo l’ennesima domanda se portiamo con noi un laptop (??) e l’ennesimo diniego.

Lo Swaziland è un paese che presenta gli stessi paesaggi del Sudafrica , gli stessi boschi di eucalipto , le stesse piantagioni di canna da zucchero.

Saliamo di quota e nei pressi di Piggs Peak ci fermiamo al ristorante del Casinò , molto conosciuto nella zona che però non ci convince. E infatti troviamo un posto per mangiare con un panorama magnifico all’ Arts and Craft centre , poco distante e lungo la strada. Compriamo poi qualche oggetto di cotone e raffia da Coral Stephens , un altro negozio di artigianato bellissimo che permette a molte donne della zona di lavorare e guadagnare con l’artigianato.

Ripartiamo da questa sosta gradevole e procediamo verso sud , prendendo la MR2 , una strada segnalata sulla mappa in nostro possesso come asfaltata (e anche dalla Lonely Planet).

In realtà sono 70 Km di strada a sterro , un saliscendi di sassi , buche e polvere. Dopo 10 Km mi prende lo sconforto e la rabbia perché ho come l’ impressione che spaccherò un semiasse ben prima della fine di quel tragitto.

Attraversiamo in solitaria villaggi remoti abbandonati sulle montagne , la gente ci guarda tra l’indifferenza e il divertimento . Proviamo a chiedere un’ informazione ad un uomo che prima cerca di allontanarsi , e poi circospetto ci guarda con fare interrogativo senza ovviamente capire nulla. Allora proseguiamo , e dopo molte buche , villaggi e vacche e una scorpacciata di polvere , dopo oltre due ore ritroviamo l’asfalto.

Scendiamo verso Manzini , sono già le 17.00 e non sappiamo dove fermarci.

Facciamo salire un ragazzo che si sbraccia per strada e gli diamo un passaggio per una 40ina di Km . Al bivio per Manzini lo facciamo scendere , noi dobbiamo girare. Un po’ scocciato scende.

Arrivati nella zona di Big Bend , la cittadina che è alla base di un anello circolare di colline ben visibile dalla pianura , troviamo sistemazione al Lebombo Villa , un B&B che si trova tra villette con cancelli elettrici , cani , filo spinato e guardie all’ ingresso che ti salutano in fare militare. Comunque il posto è carino , la camera spaziosa , pulita , economica e con un bagno enorme.

La sera ci consigliano di andare a mangiare all’ Ubombo Country Club ,un circolo di non so bene cosa , forse golf. Solita sbarra , registrazione dati ed entriamo.

Ci sono alloggi , uffici e un ristorante con del personale cordiale , in un seminterrato che da su un giardino. Il posto è abbastanza anonimo e sembra voler riprendere lo standard del club della bella gente con risultati abbastanza discutibili. Comunque si mangia discretamente (pesce) e a prezzi onesti.

Torniamo nel nostro bunker a dormire , dopo aver compiuto i nostri primi 2500 km.

26 Gennaio

Facciamo colazione , prepariamo la roba e partiamo con destinazione Santa Lucia.

Alle 10,30 siamo già alla frontiera , solita comica nella parte Swaziland , solita efficienza nella parte sudafricana.

La giornata è nuvolosa con qualche attacco di pioggia e c’è una forte umidità. Dopo circa un’ oretta di viaggio arriviamo a S. Lucia , un posto carino , quieto , ordinato e pieno di qualunque cosa. Facciamo una sosta per due caffè e una fetta di torta buonissima da Thymes Square un Tea Garden molto grazioso.

Ogni tanto pioviscola , ma non ci disturba più di tanto. Andiamo a mangiare da Ocean’s Basket ,si spende poco e c’è una grande varietà di piatti di pesce. Otto euro a testa .

Controlliamo alcune cose in un internet point e riprendiamo la macchina per darci un’ idea dei dintorni. Scopriamo per caso l’ingresso all’ Isimgaliso Wetland Park , paghiamo la conservation fee tax , compriamo una mappa del parco al gate , ed entriamo.

La nostra meta è Cape Vidal che dista circa 35 km . La strada si sviluppa in senso rettilineo , con qualche uscita , a sinistra per l’ estuario di Santa Lucia e a destra per l’Oceano Indiano.

Ci sono molti animali , tra cui il poco affabile rinoceronte nero. Non ci sono felini ma il parco è molto bello .

Lungo il tragitto vediamo kudu , rinoceronti , impala e altro , facciamo alcune soste per scattare qualche foto e alla fine raggiungiamo Cape Vidal , un posto bellissimo.

La giornata non è un granchè , la spiaggia è vastissima e il mare è molto agitato ; c’è solo qualche pescatore e un paio di guardie.

Incredibile il senso di libertà che ispira questo posto.

Riprendiamo la strada del ritorno , quando ad un certo punto vediamo tre macchine ferme in mezzo alla strada. La causa è un grosso rinoceronte nero che occupa parte della carreggiata. Un pick up lo affianca per passare e si becca una cornata nella fiancata , alchè accellera con decisione , mentre la seconda macchina senza esitare infila la retromarcia e arretra.

L’animale è nervoso e non intende uscire dalla carreggiata. Nei minuti che seguono le altre due macchine passano in qualche modo , e anche noi con un’ Ave Maria passiamo pensando ad un eventuale danno da ripagare alla compagnia di nolo dell’ auto.

Verso le 18,00 siamo fuori il Wetland e ci mettiamo a cercare una sistemazione a S. Lucia per la notte. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto troviamo una camera a 40 rand in una specie di lodge/agenzia di viaggio chiamata Shonalanga , spartana e senza pretese. Il personale è un po’ indisponente , ma si tratta di una notte.

Usciamo a comprare la colazione in uno shop per la mattina dopo , e poi andiamo a mangiare al Quarterdeck seafood , un piatto di gamberi e un’ insalata che non sono il massimo ma soddisfano l’appetito. Il vino era molto buono.

27 Gennaio

La mattina ci arrangiamo la nostra colazione e partiamo presto per l’Hululuwe Imfolozi Park , in direzione Nyala gate , distante circa 40 km.

Alle 7.00 entriamo ed abbiamo il biglietto n. 7 , in pratica il parco è vuoto. Decidiamo di visitare prima l’ Hululuwe , più collinare rispetto all’ Imfolozi e con panorami davvero stupendi.

Posso dire che dal punto di vista paesaggistico , non ha nulla da invidiare al Kruger se non per le strade , più strette e le piste un po’ più difficili. Comunque l’erba alta è un grosso handicap , non è facile , anche andando molto piano , scorgere animali.

A metà mattinata arriviamo all’ Hilltop Camp , davvero molto bello , accogliente e con un bar ristorante che domina su una vallata fantastica. Prendiamo un caffè e chiediamo quanto costa una notte in doppia : 1100 rand , che non è poco , ma tutto sommato sono 440 rand in più di un camp del Kruger , e circa la metà di un lodge privato. Una notte qui non sarebbe male. Comunque riprendiamo il tragitto verso l’Imfolozi , facendo molto fuoristrada.

Rispetto al Kruger vediamo molti più rinoceronti , ma nel complesso , a parte gli onnipresenti impala e zebre , non si vede molto altro. Verso l’ora di pranzo arriviamo al Mpila camp , il campo dell’ Imfolozi.

Il campo è piccolo e c’è molto poco. Di fatto è un punto di passaggio obbligato , se si vuole raggiungere il complesso delle piste sterrate che stanno a sud.

Nel campo non c’è bar , né ristorante, il distributore ha benzina ma non gasolio e allo shop c’è davvero il minimo indispensabile per organizzare uno spuntino.

Compriamo tre pomodori , un cetriolo , rovistiamo in macchina e troviamo un barattolo di fagiolini provenienti dal Kruger , un avanzo di billtong e i crackers; ce n’è quanto basta per fermarsi nella piccola area di sosta per un picnic . Su un tavolo di pietra in mezzo a un prato cominciamo a mangiare quando avvertiamo un grugnito dietro di noi. L’area picnic è raggiungibile dagli animali , ed essendo gli unici ospiti del campo , dobbiamo stare un po’ all’erta.

Infatti una famiglia di facoceri arriva a due metri da noi. Sono due femmine con due cuccioli che giocano tra loro e si mettono a brucare proprio davanti a noi.

Barbara mette al sicuro un po’ della roba sul tavolo e io cerco con qualche verso di farli allontanare , ma con scarsi risultati. Comunque dopo un po’ vanno via , noi sbaracchiamo in fretta e furia e al momento di salire in macchina li vediamo tornare nella “loro” area picnic.

Il pomeriggio lo passiamo a fare foto e riprese avanti e indietro per l’Imfolozi , ogni tanto ci perdiamo a causa di una segnaletica non sempre impeccabile e in parte rovinata.

Alle 17.30 quindi usciamo dal Cengeni Gate e decidiamo di spostarci sulla costa , più a sud dove dormiremo.

Attraversiamo la zona delle Battlefields , tra le cittadine che hanno vissuto le guerre anglo-boere , e che oggi sono diventate un’ attrazione turistica e ci dirigiamo verso Mtunzini , un posto distante 120 km dall’ Imfolozi , dove non dovremmo avere difficoltà a trovare da dormire.

Arriviamo a Mtunzini col buio , sembra un giardino pieno di villette a schiera , ma senza un’ anima viva in giro. Il navigatore ci segnala alcuni alloggi , proviamo a chiamare ma nessuno risponde. Alla fine arriviamo allo Xaxaza camping , dove ci sono alcuni chalet. Mandano a chiamare la proprietaria , una signora un po’ stramba che ci fa vedere un alloggio con materassi lerci sistemati in terra su piazzole di pietra e senza lenzuola. Il bagno è a 40 metri, ma non si apre.

Decidiamo di andarcene , pronti a dormire in macchina , non sarà un dramma.

Ad un certo punto troviamo una persona a passeggio con un cane al guinzaglio , lo fermiamo e proviamo a chiedere , lui fa una telefonata , sale in macchina con noi e ci porta da un suo amico , John , che ci accoglie in casa e ci sistema in una dependance . Non capiamo bene dove siamo , ma la persona è gentile e nel nostro alloggio non manca nulla. Ci porta anche gli asciugamani. Facciamo cena molto tardi con le nostre ultime scorte (caffè , biscotti e un fondo di marmellata) , ci laviamo e a nanna.

Grazie , signore col cagnolino.

28 Gennaio

Ci svegliamo alle 6.30 e troviamo John già sul posto a prepararci la colazione. Ci basta un toast con del caffè e lui si intrattiene con noi a fare quattro chiacchiere.

Ci rendiamo conto di giorno che la struttura è un Bed and breakfast con un bel giardino , una piccola piscina e una grande veranda. Apre solo nell’ alta stagione e durante le festività , e infatti gli ultimi ospiti erano stati lì a Natale.

Firmiamo il Guestbook , salutiamo John e ci avviamo verso la riserva naturale di Mutzini comprendente anche la spiaggia.

Entriamo , facciamo un paio di chilometri ed arriviamo. La spiaggia è MERAVIGLIOSA .

E’ molto vasta ed è deserta . Il mare è mosso ma si può fare il bagno tranquillamente.

Dopo alcune ore , ritorniamo alla macchina dove troviamo una zebra che si lascia avvicinare , forse in cerca di cibo. Non ci rendiamo conto subito che siamo praticamente arrostiti , e questo condizionerà non poco i giorni seguenti.

Quindi partiamo per Ballito per avvicinarci verso Durban , dove prenderemo il volo per Port Elizabeth l’indomani.

A Ballito ci fermiamo a mangiare dal Pirata , un ristorante di origine italiana molto bello sul mare. Ci sollazziamo e andiamo a cercare un alloggio.

Ballito è una proiezione americana in Sudafrica ; è esposta a picco sul mare e tutto il pendio è un susseguirsi di case in affitto per sudafricani e turisti in genere. Anche fuori stagione non è facile trovare posto , o peggio , trovare posto per una notte.

Molti alloggi sono costosi , quindi alla fine del peregrinare , troviamo una camera all’ Hotel Life , pulita , economica e dietro al centro commerciale di Ballito un posto in periferia dove si trova di tutto e di più.

Se non piace il surf , Ballito si può saltare a piè pari.

29 Gennaio

La mattina in 20 minuti siamo all’ aeroporto King Shaka di Durban , facile da raggiungere e molto ben organizzato. Lasciamo la nostra Chevrolet al ritiro dei parcheggi delle compagnie di rent car (molto veloce) e zingariamo per l’aeroporto.

Alle 13.30 siamo a Port Elizabeth , ritiriamo la nostra Nissan Tiida automatica un po’ malandata , ma a noi serve una cosa semplice e questa va benone.

Ci dirigiamo in direzione Jeffrey’s Bay dove arriviamo dopo un’ ora. Il posto è molto bello , anche qui l’attrazione principale è il surf in tutte le sue forme e varianti , ci sono gli store di Billabong e Quicksilver e tanto mare. Dopo aver girovagato un po’ non troviamo un alloggio che ci soddisfi e allora ci spostiamo qualche km più a sud , a St Francis Bay.

Qui l’atmosfera è completamente diversa , le case sono tutte bianche col tetto scuro e c’ è un senso di rilassatezza assoluto. Troviamo per caso da dormire al Sandal’s , una guest house davvero molto carina , un vero gioiellino.

Il costo è elevato , una doppia costa circa 100 euro con colazione , ma ci si sente a casa propria.

Barbara va a correre , io vado in spiaggia e non c’è nessuno , solo molto vento , albatros e meduse spiaggiate. Ho la schiena in fiamme a causa della mattina passata a Mtuzini e credo che ormai i giorni di mare siano compromessi definitivamente.

La sera andiamo a mangiare al Chokka Block su consiglio , un posto abbastanza carino sul porto e con personale cordiale. Ci sono le ostriche e tutto il pesce del posto , e si spende abbastanza.

30 Gennaio

Facciamo colazione al Sandal’s e partiamo per Cape St Francis , qualche km più a sud ; a parte qualche casa sul mare , c’è un faro molto suggestivo che fa da soggetto interessante soprattutto per pittori e fotografi. Il mare è limpido e selvaggio e sugli scogli ci sono tappeti di conchiglie di tutti i tipi.

Accanto al faro c’ è un centro di riabilitazione per pinguini del Capo , nato dopo il naufragio di due petroliere che hanno seriamente colpito gran parte della popolazione di pinguini della penisola del Capo. Molti sono stati riabilitati e reintrodotti in mare dopo le opportune cure .

Il centro è abbastanza piccolo , si possono veder i pinguini che sguazzano in una vasca e si può donare qualche rand per aiutare il centro a sostenersi.

Partiamo dunque alla volta del Sea View Lion Park , a circa 30 km da Port Elizabeth .

Ci attendono 400 km oggi , ma il desiderio di poter giocare coi cuccioli di leone è forte e decidiamo di andare. Raggiungiamo dunque questo mini parco , facciamo 3 km di game drive all’ interno e arriviamo ad un campo pieno di recinzioni elettrificate .

Sembra un lager.

All’ interno vi sono leoni , anche albini , e una coppia di tigri ; gli alberi non esistono , ci sono solo alcune altane coi leoni sdraiati sopra. Onestamente è una scena desolante.

Andiamo al centro , dove , oltre al ristorante , ci sono una serie di passerelle sospese che passano sopra i recinti dove sono ospitati i cuccioli e altri animali.

Ad aiutare il centro ci sono squadre di volontari molto giovani che si occupano di dare da mangiare agli animali , pulire le gabbie e altre mansioni. Entriamo (pagando) prima nella gabbia dei leoncini e poi (pagando) in quella di due piccole tigri.

E’ molto bello poter giocare con animali di questo tipo , ma alla domanda sul destino finale di questi esseri , rivolto ad una delle volontarie , non ho avuto risposta. Una volta cresciuti non possono essere messi in libertà , ed ospitarli tutti nei recinti diventerebbe un costo enorme. Quindi che fine fanno?

Usciamo dal parco e andiamo a mangiare a Sea View , una piccola località di mare poco distante. Troviamo il Barnacles , un posto fantastico arroccato sul mare , una taverna a cielo aperto , coi muri pieni di firme e citazioni dei viandanti che sono stati ospiti del locale.

Il mare è mosso , tira un forte vento , ma la proprietaria , dinamica , simpatica e cortese, ci fa mangiare in maniera strepitosa. Un gioiellino questo posto.

Partiamo verso Plettenberg , duecento km più a sud sulla N2.

La strada è un rettilineo monotono che fa quasi addormentare.

A Plettenberg troviamo da dormire al A Whale of a View , un B&B eccentrico , dove nelle camere sembra di essere in un posto a metà strada tra un atelier di moda e un negozio di cianfrusaglie antiche. Senz’ altro il posto più strano dove mi sia capitato di dormire.

Barbara va a fare la sua solita corsa e io mi intrattengo con un sudafricano che mi da qualche consiglio sui posti da vedere nei giorni successivi. Usciamo per mangiare quando tutto sta chiudendo e troviamo un posto al L&M Plett , un ristorante mozambicano/portoghese. Poi a letto in una Plettenberg deserta.

31 Gennaio

Ci svegliamo presto , facciamo colazione e andiamo in spiaggia a Plettenberg.

Plett è una cittadina carina , ordinata come tutti i paesi della costa e meta forse di un turismo più di elite. Facciamo un giro per qualche negozio e a mezzogiorno partiamo per Knysna ; Barbara non sta bene.

A Knysna facciamo un giro per la città e poi andiamo al Waterfront , luogo turistico per eccellenza. Compriamo qualcosa , e poi andiamo a mangiare all’ Ocean’s Basket , dove mangio solo io perché Barbara sta peggio.

Nel pomeriggio arriviamo a Wilderness , Barbara è ormai un cadavere; troviamo posto al Serendipity , una Guest house molto curata e pulita , gestito da una famiglia attiva e accogliente. Barbara va a letto con una tachipirina e io scopro che al piano di sotto c’è un ristorante molto esclusivo , la cui chef (tra i migliori del Sudafrica secondo le riviste specializzate) e suo marito sommelier , sono rispettivamente figlia e genero dei proprietari della G.House.

Per l’appunto avevo appena confermato la cena per la sera , visto che non saremo usciti per motivi di salute.

Comunque esco per cercare una farmacia , forse si tratta di un virus intestinale , ma le due farmacie di Wilderness sono già chiuse. Vedremo l’indomani se servirà un consulto medico.

La sera Barbara resta a letto e io scendo al piano di sotto a mangiare da solo , in mezzo a una platea di commensali di mezza età , ingioiellati e vestiti di tutto punto. A tavola , da solo , fotografo le piccole opere d’arte che sono i piatti che mi vengono serviti , per raccontare a Barbara con le immagini , quella che è stata la sua (non) cena di compleanno.

Tutto perfetto , tranne il conto.

Salgo in camera e poco dopo il sommelier mi porta una grappa con dei biscotti e viene a sincerarsi delle condizioni di Barbara.

01 Febbraio

Alle 7.00 siamo svegli , Barbara è ancora provata , cerca di fare colazione mentre ascoltiamo i consigli sulle destinazioni da prendere da parte della famiglia che ci ha ospitato. Salutiamo e andiamo subito in farmacia a prendere ciò che ci serve.

Vorremo prendere in direzione Swellendam , passando per alcuni passi di montagna dove la guida diventa impegnativa , ma le condizioni di salute della mia metà mi fanno optare per la R62 , un rettilineo che passa attraverso il Karoo orientale.

Facciamo una sosta a Oudtshoorn , la capitale degli allevamenti di struzzi , che onestamente dice poco. Proseguendo , ci fermiamo a mangiare a Calitzdrop un piatto di carne di struzzo in questo piccolissimo centro , abitato per lo più da artisti non so per quale motivo.

Dopo molte fattorie di struzzi , pecore e capre , e dopo aver passato le prime wine cellars importanti , arriviamo nel pomeriggio a Swellendam , piove e fa anche freddo. La cittadina è carina , sorge ai piedi di alcuni monti meta di escursionisti e offre una chiesa , un museo e poco altro.

Cominciamo la ricerca di una sistemazione e la troviamo all’ Old Mill per 830 rand , un piccolo appartamento indipendente. A cena mangiamo carne di springbook , kudu e il canonico struzzo.

La carne è un po’ particolare , non eccezionale. Invece è eccezionale il conto per quanto è salato.

La notte viene giù un diluvio spaventoso , talmente forte che il frastuono del rivestimento in lamiera del tetto rende difficile dormire.

02 Febbraio

La mattina non piove più.

Carichiamo i bagagli e ci indirizziamo verso la zona dei vini , per raggiungere nel pomeriggio Cape Town.

Ad Ashton facciamo salire un ragazzo di circa trenta anni , Alfred , che abita in una Township e lo accompagniamo fino a Worcester , 70 km più avanti. Ha moglie e tre figli e si sposta abitualmente con l’autostop. E’ un ragazzo socievole ed educato e ci mostra con orgoglio le foto dei suoi bimbi. Ci informa che gli operai che lavorano nei vigneti delle importanti aziende viticole della zona , guadagnano sui 4-500 rand al mese (45 euro circa).

Lasciamo Alfred e ci dirigiamo a Franschhoek una cittadina molto piccola , al centro di una zona dove si trovane le cantine più importanti del Sudafrica. Ci sono molti bei negozi , caffè , ristoranti e due enoteche molto belle. C’è la possibilità di fare visite guidate e degustazioni presso molte cantine , alcune delle quali hanno all’ interno un proprio ristorante.

Noi mangiamo in un Wine bar e proseguiamo per Stellenbosch , 30 km più avanti in direzione Cape Town.

Stellenbosch è la seconda città più antica del Sudafrica e si vede. E’ una città universitaria , gradevole da visitare , con giardini , un museo importante , piazze , e anche qui tanti bei negozi e bar di tendenza . Ci fermiamo a bere in un wine bar un paio di assaggi , troviamo un altro negozio di Afrika Silk , già conosciuto a Graskop e compriamo qualcos’ altro e poi ripartiamo per Cape Town.

Attraversiamo la Garden Route e quando cominciamo a vedere la vasta area occupata dalle township , capiamo che siamo arrivati.

A Cape Town ci dirigiamo verso il centro. Dobbiamo trovare una sistemazione e quindi ci rivolgiamo all’ ufficio turistico vicino a Market Place , sicuri che ci aiuterà.

L’ idea sarebbe di trovare posto tra Sea Point e il Waterfront a prezzi abbordabili , ma il tizio dell’ ufficio turistico non sembra avere molta voglia di aiutarci e dopo 4 o 5 telefonate , dovendo chiudere , ci spedisce ad un altro ufficio , al Waterfront che dovrebbe chiudere alle 21.00.

Infatti alle 19.00 è già chiuso , allora ci rivolgiamo all’ info point del Victoria Albert Hall , il ragazzo prova ad aiutarci ma non troviamo nulla.

Andiamo quindi a Green point in collina, troviamo una Guest House e proviamo a suonare. La ragazza che lo gestisce , ci trova una stanza per quella notte con la promessa che il giorno dopo ci aiuterà a trovare una sistemazione.

Anche stasera abbiamo svoltato , ma non mi era mai successo di rivolgermi a tre uffici turistici senza trovare una sistemazione. Forse il nostro arrivo concomitante con un week end estivo nelle zone migliori della città non ci ha dato scampo.

Comunque la notte siamo al Blue Gum , la G.House di questa ragazza , e il panorama che si vede dalla collina di Green point è invidiabile ; si vede Sea point , lo stadio illuminato , il Waterfront e il mare. Bellissimo.

Usciamo e facciamo un giro al Waterfront , mangiamo al solito Ocean’s Basket e ce ne andiamo a letto poco dopo.

03 Febbraio

Di primo mattino Aissa , la proprietaria , ci aiuta a cercare qualcosa al telefono , con scarsa fortuna. La lasciamo al suo lavoro , paghiamo e decidiamo di fare un giro per la penisola del capo.

Nel pomeriggio avremo maggior fortuna , magari la sistemazione la troveremo fuori Cape Town durante il nostro giro. Facciamo Victoria Road , ovvero la panoramica con una giornata molto soleggiata anche se tira un vento incredibile.

Dopo Llanduno , paghiamo il pedaggio per percorrere la Chapman’s Peak drive , la prosecuzione della panoramica che porta ad Hout Bay e che rappresenta un tour paesaggistico veramente bello.

Facciamo le classiche foto cartolina e ci fermiamo ad Hout Bay. Il vento ci impedisce quasi di scendere dalla macchina , e il posto , onestamente non è un granchè.

Riproviamo con qualche telefonata a qualche alloggio per dormire , ma non c’è niente da fare , sembra che tutto il pianeta questo week end lo passerà a Cape Town.

Riprendiamo la nostra marcia verso Simon’s Town , una piccola città portuale molto carina dove la gente si reca soprattutto per visitare la colonia di pinguini africani che vi abita. Anche qui si paga l’ingresso e con un supplemento si può nuotare in una minuscola baia a stretto contatto con i pinguini.

La giornata è molto bella , facciamo le nostre foto , ma il forte vento sabbioso ci graffia la faccia e ci costringe ad andarcene.

Continuiamo verso sud ed entriamo nel parco del Capo di Buona Speranza.

Ci fermiamo spesso lungo la scogliera rocciosa di un paesaggio apparentemente ruvido e desolato. Arriviamo a Cape of Good Hope e successivamente a Cape Point , fino al faro , dove il vento quasi mi scaraventa in terra.

Per strada incrociamo alcune colonie di babbuini.

Il posto è davvero suggestivo e guardando il mare vengono alla mente i naufragi drammatici che hanno reso celebri molte storie. L’ uomo è impotente di fronte a questa natura.

Mangiamo un paio di tramezzini al ristoro e riprendiamo la via del ritorno. Ripercorriamo la Chapman’s Peak Drive all’ inverso e arriviamo a Camp’s Bay , un sobborgo di Cape Town pieno di strutture ricettive.

Suoniamo ad una Guest house e una ragazza molto gentile ci informa che non ha posto , ma è in contatto con una GH vicina che ha disponibilità di una camera con due letti ad un prezzo ragionevole.

Arriviamo poco dopo a Villa Surprise , dove ci accoglie un signore bizzarro e molto alla mano. Ci offre un bicchiere di Amarula e ci sistema nella movie room. La G. house ha le camere a tema: cinema , musica , Africa e Italia. La nostra ha quadri di M. Monroe dappertutto , un riflettore , alcuni proiettori ed altre memorabilia sparse qua e la.

Ci riposiamo e la sera andiamo a mangiare in uno dei tanti locali di Camp’s Bay , una località dove la Cape Town bene si ritrova per fare baldoria , o a mangiare in uno dei tanti locali di tendenza e alla moda.

Noi andiamo al Mussel’s bar specializzato esclusivamente in cozze e poi in un locale a chiudere la serata. Il vento si è un po’ calmato ma fa freddo.

La nostra stanza invece è un forno , rinfrescata solo da un ventilatore retrò grosso come una turbina.

04 Febbraio

Facciamo colazione alla guest house , prendiamo la macchina e andiamo in centro nei pressi del Castello di Good Hope . Visitiamo il District Six museum , un piccolo museo che ripercorre con immagini , video ed esposizioni la storia di questo quartiere di Cape Town emblema dell’ inizio e della fine dell’ Apartheid. E’ gestito da ex abitanti del quartiere.

A piedi raggiungiamo poi Company Gardens , dove sono concentrati alcuni dei musei Iziko , la National Gallery e appunto questi bei giardini , dove molte persone vengono a trascorrere il tempo libero.

Mangiamo in un bar all’ aperto tra piccioni e scoiattoli che si lasciano prendere il cibo dalle mani. Ci facciamo una pennichella su un prato e poi facciamo un giro per Greenmarket Square e Long Street. Purtroppo è sabato e molti negozi sono chiusi . Riprendiamo la macchina e verso le 17.00 e facciamo un giro per Bo Kaap , un quartiere islamico variopinto ospitato sulle pendici di Table Mountain e poi più tardi saliamo in macchina verso la teleferica per Table Mountain.

Oggi il vento è quasi assente , la giornata è limpida e c’è pochissima fila alla biglietteria.

Mentre stiamo salendo con la teleferica mi accorgo di aver lasciato il cellulare , che uso soprattutto come navigatore , in macchina , per di più collegato all’ accendisigari. E mi viene il presentimento che oggi sarà l’ultimo giorno di utilizzo.

Su Table Mountain è possibile fare tre piccoli percorsi , di durata diversa , e anche scendere a piedi per chi avesse voglia e buone gambe. Inutile dire che il panorama è bellissimo , emozionante ed è un must per i fotografi.

Ci fermiamo sulla veranda del ristoro per aspettare il tramonto , ma una sirena ci avverte che bisogna avviarsi alla teleferica , il vento si sta facendo forte.

Quindi scendiamo , andiamo al parcheggio e noto con poca sorpresa che il parcheggiatore abusivo si è regalato il mio cellulare. Ovviamente mi irrito , soprattutto con me stesso , anche perché fino ad allora mi era stato di grande aiuto. Dovrò bloccare la scheda , per fortuna che non c’era credito residuo.

La sera torniamo al mussels bar a rasserenarci e a cercare un internet caffè che non esiste.

Andiamo a dormire mentre a Camp’s bay esplode la movida facoltosa di ragazzi capetoniani di buona famiglia.

05 Febbraio

La mattina andiamo al Waterfront e in un internet cafè provo a bloccare la sim , ma in Italia le cose sono come sempre difficili e non mi riesce. Leggo tra le news del gelo che attanaglia l’ Europa e mi faccio un augurio per il ritorno sperando che il volo vada per il meglio.

Compriamo alcune cose nei negozi del Waterfront e mangiamo al Fish Market (non vale i soldi che chiedono) e proseguiamo il nostro giro.

Compriamo i biglietti per l’indomani per Robben Island (al Mandela Gateway) e andiamo al craft shop ove compriamo qualche altro oggetto a prezzi inferiori che nelle varie Mall.

Decidiamo di spostarci in auto e dopo esserci infognati sulla tangenziale , andiamo a Muizenberg e Kalk Bay , al mare.

E’ domenica e nonostante l’ora tarda c’è una gran confusione.

Ci troviamo imbottigliati davanti ad un parcheggio della spiaggia e ci passiamo una buona mezz’ora quasi fermi. Onestamente i posto non mi è piaciuto , forse per la ferrovia che arriva quasi in spiaggia , o forse per il disordine che regna.

Queste spiagge sono frequentate per lo più da gente della periferia, famiglie numerose , rumorose e vivaci. E comunque è un modo per vedere un altro lato della vita spiaggiaiola della città.

I negozi e i ristoranti sono molto alla mano e danno più un senso di autenticità.

Ci ributtiamo in mezzo al traffico e sulla strada del ritorno ci fermiamo su un promontorio ad assistere al tramonto sul mare con un’altra decina di persone , per colmare il vuoto lasciato dalla visita di ieri a Table Mountain.

Quindi torniamo a Camp’s bay a mangiare in un Wine bar con una bottiglia di Chenin e poi in un pub dove suonano dal vivo.

La notte in camera fa un caldo infernale , mi tocca mettere la turbina a tre.

06 Febbraio

Ci svegliamo e andiamo al Waterfront per imbarcarsi per Robben Island. Fa molto caldo oggi.

La visita comprende un mezzo giro dell’ isola su bus , con una guida che racconta la storia dell’ isola fin dai tempi lontani. Vediamo l’ ex lebbrosario , il cimitero , la cava di gesso e arriviamo al penitenziario.

Un ex detenuto politico racconta le vicissitudini degli anni bui del Sudafrica vissuti all’ interno della struttura , raccontando delle differenze di trattamento a seconda di razza e ceto sociale. Il carcere è diviso in sezioni , noi visitiamo la A e la B , dove l’unica cella con qualche suppellettile è quella di Mandela , la n. 4.

Visitiamo poi il cortile che fungeva da luogo di ricreazione ma anche di lavoro , dove i detenuti spaccavano e levigavano le pietre per farne delle lastre da utilizzare per la realizzazione dei muri degli edifici dell’ isola.

All’ ora di pranzo riprendiamo il traghetto e torniamo al Waterfront.

Torniamo a mangiare all’ Ocean’s Basket a basso budget e dopo un po’ di bighellonaggio andiamo al Two Ocean’s , un piccolo acquario all’ interno del Waterfront , abbastanza interessante per passare un’ oretta.

Quindi prendiamo la macchina e facciamo un giro in centro , ma alle 17,00 i negozi chiudono.

Allora ci spostiamo verso Sea Point , e ci facciamo una passeggiata sul bel lungomare , tra gente di tutte le età che fa attività fisica , con animali , bici , pattini .

Restiamo fuori e la sera andiamo a mangiare al Rhapsody’s .

Il posto è di un certo livello ma i prezzi sono quelli di Camp’s Bay e l’atmosfera molto ma molto più rilassata. E si mangia davvero molto bene.

Poi andiamo malinconicamente nella nostra Guest house per l’ultima notte.

07- 08 Febbraio

Raccogliamo le nostre cose e salutiamo il proprietario e ci avviamo all’ aeroporto.

Lasciamo la macchina dopo averla pulita delle nostre scorie e aver riempito il serbatoio.

Girovaghiamo per l’aeroporto , microscopico in confronto a quello di Johannesburg , recuperiamo qualche soldo alla Vat Refund (una specie di rimborso iva sugli acquisti) , e alle 15,40 partiamo con 1Time per Johannesburg .

Volo puntuale , disbrigo dei bagagli velocissimo , check in per il volo intercontinentale J.burg – Istanbul e Istanbul – Roma immediato.

Spendiamo gli ultimi Rand per un po’ di Billtong e due bottiglie di Amarula e ci imbarchiamo.

La tratta fino a Istanbul è molto buona e la Turkish si conferma una compagnia di livello eccellente.

L’ ultimo volo ci porta a Fiumicino e il cielo grigio di Gennaio ci risveglia da un sogno ormai concluso.

Alcuni consigli:

1 – prendete una macchina col cambio automatico. La guida a destra potrebbe essere problematica per qualcuno , e il cambio a sinistra potrebbe complicarvi la vita.

2 – non portate soldi da cambiare in banca. Le commissioni sono salate e i tassi non covengono. Gli Atm si trovano abbastanza facilmente

3 – Il Sudafrica è caro. Se volete sistemazioni economiche dovete andare nelle periferie dove ci vuole un po’ di attenzione.

4 – Calcolate bene le distanze tra i campi del kruger e ricordatevi che la percorrenza la dovete calcolare intorno ai 30 km orari. I cancelli chiudono tra le 16.30 e le 17.30 a seconda delle stagioni.

5 – Se non avete prenotato , aiutatevi con guide specialistiche (Portfolio è ottima) che potete trovare negli uffici turistici. Gli alberghi sono cari e poco presenti , mentre di guest house ce ne sono a iosa , ma vanno contattate per lo più per telefono.

6 – di zanzare ce ne sono pochissime anche nelle zone non mlaria free

7 – conservate le ricevute e fatevi rimborsare l’iva in aeroporto

8 – non lasciate oggetti in macchina e lavatela prima di ricosegnarla.

9 – su lunghe percorrenze portatevi qualcosa da mangiare , potreste non trovare centri abitati per molti km

10 – la costa è molto più facile da visitare rispetto all’ entroterra.

11 – il treno praticamente non c’è e le distanze sono vaste. Programmate gli itinerari considerando spostamenti lunghi. Valutate i voli interni , efficienti e puntuali.



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