La mia Namibia rossa fuoco!

L'inverno australe è il momento giusto per un safari!
Scritto da: saretta_1966
la mia namibia rossa fuoco!
Partenza il: 02/08/2010
Ritorno il: 13/08/2010
Viaggiatori: 8
Spesa: 4000 €
3 – 13 Agosto 2010 Africa. Un continente a me praticamente sconosciuto se si escludono un paio di viaggi in Egitto, al mare, e una puntata veloce in Marocco, a Fez. Ma mi dicono che questa non può definirsi la “vera” Africa, quella che ti resta nel cuore e che ti provoca quel famoso male dal quale è difficile guarire. Il mio desiderio di conoscere il mondo è talmente forte che supero, talvolta con grande fatica, la mia paura di volare (specifico meglio: la mia paura di precipitare in volo) e in questa estate 2010 la mia sfida è questa: andare in Africa e più precisamente andare in Namibia, paese di cui mi hanno parlato sempre con grande entusiasmo tutti coloro che lo hanno visitato. Mi piace documentarmi sempre prima di un viaggio e resto letteralmente conquistata dalle fotografie” che scorrono su “Google Immagini” alla voce Namibia: deserto rosso, safari, sole caldo, natura a 360° e, soprattutto, nessuna vaccinazione richiesta. Decidiamo di partire in 4, una coppia di amici torinesi conosciuti in un precedente viaggio negli Stati Uniti, io e Manuela l’amica che mi accompagna da anni in queste avventure. Optiamo per un tour organizzato, abbiamo avuto esperienze positive in altre occasioni ed inoltre è anche un modo per conoscere gente nuova che condivide la passione per i viaggi. Si parte. Da Milano Malpensa via Parigi e Johannesburg, arriviamo a Windhoek, capitale della Namibia, il pomeriggio del 3 agosto e, dopo una breve visita alla città che, sinceramente, non offre spunti di grande interesse se non una bella Chiesa Luterana, incontriamo in albergo gli altri nostri 4 compagni d viaggio e la nostra guida che ci accompagnerà per 10 giorni attraverso la Namibia. 4 agosto Partenza di buonora, destinazione Parco Etosha. Carichiamo i bagagli sul nostro furgone a 9 posti facendo attenzione all’assetto che dovrà essere ad incastro PERFETTO per evitare “crolli strutturali” di tutte le nostre valigie e che sarà mantenuto per tutto il resto del viaggio. Cominciamo a conoscerci, per fortuna si tratta di gente simpatica, il nostro lungo cammino sarà sicuramente piacevole, la guida ha una scorta di cd di musica africana da farci ascoltare e, strada facendo, abbiamo anche il tempo per delle soste fuori programma: il nostro primo shopping al mercato di Otjwarongo, il pranzo in uno splendido coloratissimo locale (primo assaggio di filetto di oryx..squisito!) la visita ad un centro culturale per ragazzi, sovvenzionato da Austria, Svizzera e Germania, dove principalmente viene insegnata musica e danza.. Un mondo del tutto nuovo per noi, ma già ci sta piacendo quello che vediamo. Le strade namibiane sono grandi, molto larghe, totalmente prive di traffico e sterrate, si alza una gran polvere perché qui è inverno, stagione secca, niente pioggia, cielo limpido e assenza di nuvole. Arriviamo al lodge poco prima del tramonto, il nostro primo, vero, tramonto africano: non vi descrivo il colore del cielo, non posso, non saprei quali parole utilizzare , bisogna solo vedere. 5 agosto Il nostro lodge è un insieme di deliziosi cottage con il tetto di paglia e si trova ad un chilometro da uno degli ingressi del Parco Etosha, il “grande luogo bianco”. Puntualmente, alle ore 7, arriva la jeep guidata da Costa, il ranger che ci farà conoscere questo grandissimo parco (22.000 km quadrati di savana). Costa ci ha promesso uno spettacolo indimenticabile e iniziamo bene la giornata incontrando subito una gran quantità di varie specie di antilopi: oryx, kudu, impala, springbok, per non parlare delle zebre, sono tantissime e sono meravigliosamente bianconere ! Ci imbattiamo in due elefanti che, con estrema calma, stanno facendo uno spuntino proprio nei pressi della nostra jeep: si muovono silenziosi, con una tale leggerezza che quasi non sembrano pachidermi, eppure sono davvero tanto, tanto, tanto grandi! Uno di loro si avvicina, sembra quasi un fotomodello che vuole farsi fotografare in tante pose diverse, lo accontentiamo. Dall’alto di un albero, spunta il muso simpatico di una giraffa che sta curiosando, si accerta della nostra presenza e poi fugge via. Siamo nel bel mezzo della savana, un grande lago salato, in questo momento privo di acqua, fa da sfondo a questo paesaggio che cambia ad ogni curva, alternando distese di terreno brullo a zone di cespugli verdi , alberi folti e sterpaglie secche dove si muovono animali di ogni genere, nel cielo volano gli avvoltoi insieme alle aquile e a diverse specie di uccelli colorati. Ci avviciniamo ad una pozza d’acqua dove incontriamo un gruppo di facoceri intenti ad abbeverarsi, dalla parte opposta c’è un gruppo di zebre e degli springbok. Scattano le fotocamere. Alle nostre spalle scorgiamo tre giraffe che si avvicinano allo specchio d’acqua, per loro abbeverarsi è un vero e proprio rito: il lungo collo, sempre rigido, impedisce loro di piegarsi normalmente quindi sono costrette ad allargare in maniera buffa le quattro zampe e chinarsi con il corpo fino a toccare l’acqua con il muso..sono tenerissime e non possiamo fare a meno di fotografarle! In lontananza vediamo arrivare un paio di elefanti e poi un gruppo di gnu e poi altre giraffe e ancora elefanti.. Non sappiamo più da che parte guardare, è uno spettacolo emozionante al punto che abbassiamo le fotocamere e ce lo godiamo così, senza proferire parola, incrociando i nostri sguardi di meraviglia e di gioia. Restiamo alla pozza almeno mezzora, poi ci muoviamo e, lungo la strada, avvistiamo in lontananza delle leonesse sdraiate sotto un albero. Fantastico! Ci mancano solo gli ippopotami ma Costa ci dice che d’inverno si spostano a nord, dove c’è più acqua. Qualcuno avvisa alla radio che è stato avvistato un leopardo, animale difficilissimo da vedere, Costa si dirige velocemente nel punto indicato dove troviamo già una gran quantità di altre jeep ferme, tutti i binocoli indirizzati verso un albero lontano.. C’è chi dice di vedere il leopardo, io non vedo nulla.. Ci fidiamo sulla parola e riprendiamo la strada dopo che l’animale fa perdere le sue tracce. Ci restano solo un paio d’ore, fino al tramonto, sufficienti per incontrare ancora una famiglia di elefanti che ci attraversa la strada, altre giraffe, zebre, antilopi..promessa mantenuta, grazie Costa!! 6 agosto La giornata inizia con una passeggiata intorno al lodge, giusto una sgranchita alle gambe perché ci aspetta un lungo trasferimento da Etosha fino a Oshakati, verso nord, quasi al confine con l’Angola. Viaggiando per le strade interne namibiane si incontrano pochissime persone, qualche pastore di capre, famiglie su carretti trainati da asini, bambini che rincorrono il furgone salutandoci con le mani e regalandoci sorrisi che arrivano dritti al cuore. Cambiamo il programma iniziale e sostituiamo il pranzo al ristorante con uno preparato apposta per noi in una delle tante missioni luterane che si trovano nel paese : polentina di miglio da intingere nel sugo del pollo arrosto cotto alla perfezione o in un intingolo a base di una verdura che sembra spinacio. Tutto ci viene servito senza posate, ma è offerto con così tanto amore che nessuno di noi osa dire nulla, ci immedesimiamo subito nella tradizione namibiana tanto che anche a bere qualche sorso una tipica bevanda sempre a base di miglio che , sinceramente, è disgustosa ma ci sembra poco carino non accettare quindi un paio di sorsi li beviamo, facendo finta di niente.. La signora che ci ha preparato il pranzo è la stessa che ci racconta la storia della missione fondata da un sacerdote luterano danese alla fine dell’800, un racconto interessante che si conclude con la visita al villaggio dove la signora vive e che ci mostra una realtà talmente diversa dalla nostra ma così serena, pur nella povertà, che ci spinge tutti a riflettere su quanto laggiù sia davvero tutto prezioso, soprattutto quello che noi riteniamo di poca importanza, ciò che noi BUTTIAMO nella spazzatura (per esempio la pelle del pollo..) per loro è cibo, sostentamento, vita..Comincio a capire che l’Africa può cambiarti la vita. Durante il percorso ci fermiamo in un paio di locali sulla strada per far riposare la nostra guida/autista e per bere qualcosa in questi bar caratteristici che hanno spesso nomi improponibili (EPPY FOOD, CASABLANCA, ENTERPRISE..) e finalmente arriviamo all’albergo. Prima di cena riesco in un’impresa che mai avrei immaginato ossia l’assaggio di una prelibatezza della tradizione namibiana: il verme secco del mopane, un albero molto diffuso in Namibia. Non è poi così male..non sa di nulla, è tutta una questione psicologica e poi on un sorso di birra va giù senza problemi. La serata termina in discoteca, molto anni ’70, questa è l’ultima occasione per avere contatti con luoghi simili, ci aspettano posti deserti..e decisamente migliori! 7 agosto Arriviamo ad Opuwo, da qui, in mezzora, si raggiunge il villaggio Himba, una delle popolazioni originarie della Namibia insieme agli Herero, i Damara, i Nama, gli Ovambo.. Gli Himba vivono in minuscoli villaggi piuttosto lontani dai centri abitati, qualcuno si spinge fino in città per vendere qualche oggetto ai turisti di passaggio; non vanno a scuola, non conoscono la loro età, le donne non utilizzano acqua per lavarsi ma si spalmano sul corpo una sorta di crema argillosa che rende la loro pelle liscia e di un colorito rossastro. Ci autorizzano a scattare fotografie ma farlo ci sembra quasi un’invasione del loro privato, qualcosa che sono costretti a fare per poter guadagnare quel poco che serve ad acquistare cibo per loro e per i bambini..che sono tanti, tutti piccoli, attaccati al seno o sulle spalle delle loro bellissime mamme che ce li mostrano orgogliose, nei loro costumi tipici e con le acconciature bizzarre, lunghe trecce tipo “rasta” rigide di argilla. I sorrisi sono sinceri, si avvicinano per parlare e chiederti da dove vieni, come ti chiami, accarezzano le nostre braccia bianche con le loro mani ancora sporche di argilla e così, ci dicono, diventiamo “amiche”. Prima di tornare al lodge si organizza un piccolo mercatino e ci chiedono di acquistare degli oggetti, braccialetti, collane, statuine, siamo letteralmente assalite dalle loro richieste ed in un batter d’occhio entrambe le nostre braccia si riempiono di braccialetti , non sappiamo più cosa fare, purtroppo non possiamo accontentare tutte e così ci dividiamo equamente in modo da comprare qualcosa da ognuna di loro. Ci salutano danzando e cantando per noi mentre cala il sole ed il tramonto colora ancora più di rosso la loro pelle. Non riesco a dimenticare quei visi, sorridenti e curiosi, che ci guardano andare via. 8 agosto Da oggi inizia la nostra “discesa” verso sud, questo sarà il trasferimento più lungo di tutto il tour, ci aspettano più di 400 chilometri di strada per raggiungere Khorixas, al centro del paese: attraversiamo la regione del Damaraland , praticamente deserta, non vediamo esseri umani per chilometri e chilometri, ci fermiamo a fare un picnic in cima ad un passo che, secondo i cartelli, si trova a 1500 metri sul livello del mare. La nostra intenzione sarebbe quella di arrivare al sito archeologico di Twyfelfontein, la più grande collezione di incisioni rupestri dell’Africa australe ma calcoliamo male i tempi e arriviamo troppo tardi. Possiamo, però, visitare un tipico villaggio Damara, obiettivamente un posto ricostruito ad uso e consumo turistico, dove però incontriamo una comunità davvero simpatica che ci mostra come si organizza la vita del villaggio, come si fa il fuoco senza utilizzare i fiammiferi, come e cosa si cucina, dove si dorme..anche qui ci salutano con una allegra danza nella quale vengono coinvolti soprattutto gli uomini del nostro gruppo, una performance indimenticabile! Ci siamo attardati davvero, siamo molto in ritardo sulla tabella di marcia ed il buio ci sorprende mentre siamo ancora per strada eppure, lo dico senza alcun dubbio, il tramonto che ho visto quella sera è stato in assoluto il più bello che abbia mai visto in vita mia, un altro regalo di questa terra meravigliosa. 9 agosto Si parte prestissimo, il lodge dove abbiamo dormito non era di nostro gradimento e vogliamo arrivare presto a Twyfelfontein per vedere le incisioni rupestri prima che faccia troppo caldo! Prima, però, una puntatina a visitare la montagna bruciata (Burnt Mountain) e le Canne d’organo (Organ pipes), affioramenti di roccia vulcanica che hanno questa forma strana che ricorda proprio le canne di un organo. Twyfelfontein è un parco dove sono state scoperte incisioni rupestri che risalgono a più di mille anni fa, sulle rocce si riconoscono le figure di giraffe, elefanti, perfino leoni e ippopotami.. Molto interessante! Ma la nostra meta del giorno è Swakopmund, città costiera affacciata sull’Oceano Atlantico, la meta turistica preferita dai namibiani per le loro vacanze estive, una sorta di Rimini africana ma con un’architettura decisamente bavarese poiché fondata dalla comunità tedesca . Lungo la strada ci fermiamo a fare acquisti da alcune donne appartenenti al popolo Herero, vestono degli abiti coloratissimi, con gonne ampie e uno strano copricapo a forma di incudine che permette loro anche di trasportare ceste sulla testa. Nei loro “negozi” che non sono altro che lunghi banconi posizionati sotto delle tettoie di legno, acquistiamo le bamboline che rappresentano loro stesse, super colorate, confezionate con l’aiuto di vecchissime macchina per cucire Singer , veri cimeli degni di un museo! Prima di arrivare a Swakopmund attraversiamo un deserto meraviglioso e ci fermiamo per scattare qualche foto; scendendo dal furgone ci accorgiamo che la temperatura è decisamente scesa e che, in lontananza, si scorge già l’oceano.. Ci fermiamo anche sulla spiaggia, davanti a noi una distesa di mare scuro, alte onde di schiuma bianca, uno dei tanti relitti arenati nei pressi della costa (la famosa Skelethon Coast). A Swakopmund ci fermeremo due giorni, ospiti di una graziosa Guesthouse gestita da una famiglia tedesca che ci accoglie con simpatia e calore.. E con questo freddo di calore ne serve tanto! Ceniamo in un elegante ristorante all’interno di un edifico costruito a forma di prua di nave, pesce fresco, vino bianco sudafricano, ottima compagnia, questo viaggio ci piace sempre di più. 10 agosto E’ una imprevista tempesta di sabbia che questa mattina ci impedisce di partire per la nostra escursione nel deserto dietro Swakopmund, serve cambiare programma e posticipare l’escursione nel pomeriggio. Approfittiamo del tempo libero a disposizione per visitare la cittadina che è più grande di quanto ci si aspettasse e ci mostra un aspetto molto caratteristico di se’: case tipicamente bavaresi, hotel che sembrano più adatti alle montagne di Heidi che alla costa atlantica africana, curiosiamo tra i negozi di souvenir e oggetti tipici , facciamo qualche acquisto e intanto gironzoliamo tra le vie piene di gente di ogni genere: neri, colored, bianchi, un miscuglio di razze che sembrano convivere perfettamente tra loro e che accolgono i turisti con cordialità ed entusiasmo. Pranziamo in un locale molto particolare, un accozzaglia di oggetti vintage ed etnici, con pareti colorate e personale sorridente, un pranzo veloce perché alle 15 in punto verranno a prenderci per portarci nel deserto! Chris è un uomo di origini europee nato in Sudafrica ma che vive da sempre a Swakopmund, parla un inglese chiarissimo che anche noi, poco avvezzi alla lingua, comprendiamo alla perfezione. E’ lui che ci guida attraverso le dune color albicocca di questo deserto che arriva direttamente sul mare. La nostra visita è una sorta di lezione di scienze, Chris ci racconta che da 4 anni non piove ma il deserto vive grazie al particolare clima della zona: le correnti d’aria calda del deserto incontrano quelle d’aria fredda dell’oceano provocando il formarsi di una nebbia che produce umidità e che nutre, letteralmente, ogni essere vivente del deserto. Il vento trasporta dall’interno delle sterpaglie che definisce “muesli” , cibo di cui si nutrono tutte le creaturine che vivono sotto la sabbia; sembrerà strano ma nel sottosuolo c’è un vero e proprio esercito di animali , diversi tipi di scarafaggi, ragni, scorpioni, lucertole, vermi, serpenti..in pochi metri non ci rendiamo conto che stiamo “calpestando” centinaia di specie di insetti..siamo abbastanza colpiti da questa affermazione e ci colpisce ancora di più l’abilità di Chris nel dimostrarci che non si sbaglia: basta che scavi un poco nella sabbia et voilà! scovato un minuscolo geko albino…et voilà! un ragno bianco chiamato “white dancing lady”, piuttosto velenoso..et voilà! una lucertola simile ad un coccodrillo bonsai che si attacca al lobo dell’orecchio..et volià! un piccolo serpente dal morso non mortale ma che paralizza i muscoli e procura un’atroce sofferenza… meglio stare alla larga! E allora, visto che l’ora del tramonto si avvicina, ci muoviamo verso l’interno, saliamo le dune con la jeep ed arriviamo in un punto dove, intorno a noi, non vediamo altro che una distesa di sabbia dai colori ocra, giallo, albicocca, beige, marrone..peccato non aver trovato i cartoni per scivolare giù dalle dune, è una tentazione troppo forte, ma dobbiamo accontentarci del nuovo, meraviglioso spettacolo del sole che ci saluta regalandoci ancora una volta i suoi migliori colori…godersi questo momento, nel silenzio, ascoltando solo il rumore della sabbia che si muove, non ha prezzo. 11 agosto Ci svegliamo immersi nella nebbia, la giornata sembra pessima per la gita in barca a Walvis Bay. Eppure, ancora una volta, la Namibia ci sorprende e nel giro di qualche ora la nebbia si alza ed il cielo torna azzurro. Saliamo in barca e subito siamo circondati da pellicani affamati che apprezzano moltissimo il pesce che il nostro “capitano” generosamente elargisce loro. Riceviamo anche la visita di Spotty, una simpatica otaria che sale sulla barca, si accomoda e riceve un sacco di coccole da parte di tutti noi, naturalmente nulla è gratis, viene pagata “profumatamente” con una bella scorpacciata di pesce. Il tempo è migliorato ma il vento resiste, per fortuna siamo attrezzati con indumenti adatti al clima perciò nulla ci impedisce di godere di un nuovo spettacolo della natura: fenicotteri rosa che immergono le loro lunghe zampe nell’acqua, coppie di delfini che nuotano intorno alla barca, leoni marini adagiati pigramente sulla spiaggia, meduse colorate grandi come palloncini che affiorano dall’acqua, avvistiamo anche un paio di sciacalli che passeggiano vicino ad un faro. E’ quasi mezzogiorno, l’ora dell’aperitivo: compare un grande vassoio ricolmo di ostriche, specialità del luogo, ed un altro che contiene altri gustosi stuzzichini, il tutto viene accompagnato da un fresco e frizzante prosecco che, manco a dirlo, mette subito allegria a tutta la compagnia! Terminato lo spuntino è ora di tornare a terra, dobbiamo ripartire velocemente per raggiungere il nostro lodge nei pressi del deserto del Namib, ultima tappa del viaggio, prima che venga scuro. Nel bel mezzo del viaggio raggiungiamo un punto importante del continente africano, il tropico del Capricorno! Foto ricordo di gruppo!!! Una breve sosta è obbligatoria in una minuscola località denominata Solitaire dove esistono solo un distributore di benzina, un negozio di dolci e pane dal quale fuoriesce un profumino delizioso, un piccolo bar e, tutte intorno, carcasse di auto d’epoca, americane e non, messe lì come se fossero dei simpatici soprammobili da spolverare ogni tanto. Sono ben tenute e sembra quasi ce debbano riprendere la propria corsa da un momento all’altro. Finalmente arriviamo al lodge, ceniamo presto perché ci dovremo alzare all’alba per raggiungere Soussuvlei e le dune rosse del deserto del Namib. 12 agosto Alle 6 bussano alla nostra porta: è la sveglia!! Non essendoci telefono in camera, la sveglia è “umana”.. Siamo elettrizzati all’idea di vedere il posto che più ha acceso le nostre fantasie, quello che ci aspettiamo sia una meraviglia della natura. Ci accorgiamo essere vicini a Soussuvlei quando cominciamo a vedere le dune, alte, rosse, con una parte scura in ombra..bellissime! La Duna 45, la più famosa, prende il nome dal posto in cui si trova, cioè il 45° chilometro della strada che conduce da Sesriem a Soussuvlei. E’ decisamente la più bella ma anche la più “gettonata”, sono le 6:30 e c’è una gran quantità di gente, preferiamo fermarci solo per una foto e proseguire verso Soussuvlei. Ad un certo punto della strada dobbiamo lasciare il furgone e salire sulla jeep che ci porterà nel punto da cui partiremo per la nostra salita sulle dune. Tutto intorno a noi è della tonalità del rosso/arancione, le dune sembrano dei biscotti a forma di “S”, metà crema e metà cioccolato, decidiamo di salire e goderci tutti insieme questo momento. La scalata è difficoltosa, c’è molto vento ed i piedi affondano nella sabbia riempiendoci le scarpe, conviene continuare a piedi nudi, si fa meno fatica e sentire la sabbia sotto i piedi è una sensazione bellissima! Alcuni di noi ansimano, non siamo abituati a camminare né a fare salite ripide, ma da lassù lo scenario che ci si presenta è da favola: di fronte a noi dune ancora più alte, sotto di noi la Dead Vlei, una depressione di sabbia bianca dove resistono al tempo degli alberi di acacia ormai morti, di un colore molto scuro che contrastano con il bianco e l’arancione della sabbia. Raggiungiamo QUASI la cima della duna ma siamo stanchi e questa distesa di sabbia ci invoglia a scendere di corsa giù per il pendio, ad uno ad uno scendiamo verso il basso, chi di corsa, chi lentamente per non cadere, chi per mano al marito, incantata dallo spettacolo. Arriviamo proprio vicino agli alberi di acacia, restiamo ancora sbalorditi di fronte alla bellezza del luogo, ai colori, al calore del sole, alla forma degli alberi che hanno rami che si allungano, come se volessero aggrapparsi ancora alla vita..è il posto più bello che io abbia mai visto. Vorremmo che il tempo si fermasse qui, ci attardiamo a fotografare ogni angolo di questo luogo meraviglioso ma veniamo richiamati all’ordine, a malincuore ci allontaniamo dalle dune, a piedi, per non perdere nemmeno un secondo di questa vista indimenticabile. Visitiamo un piccolo canyon a Sesriem ma nulla può reggere il confronto con Soussuvlei. Pranziamo al riparo dal sole, sotto i tendoni di un lodge, questa è la nostra ultima giornata in Namibia, domani dovremo ripartire e nessuno ha voglia di muoversi di qui..restiamo per un po’ a chiacchierare pigramente ai bordi della piscina, rimandiamo di qualche minuto la partenza ma ci tocca riprendere la strada. Prima di cena organizziamo un’ultima passeggiata intorno al lodge, ci sono delle rocce rosse simili a dune pietrificate, vediamo degli enormi nidi sugli alberi, attraversiamo le sterpaglie dove ci sono tracce di oryx, ci guardiamo intorno consapevoli che questo è l’ultimo tramonto africano di questa vacanza. La sera decidiamo di salutare questo paese brindando con un buonissimo vino rosso sudafricano, il Pinotage, nostro preferito, e sembra che lo staff del lodge ci legga nel pensiero tanto che cuochi, camerieri, e altro personale improvvisa un coro che intona tipici canti africani, un fuori programma che commuove tutti . 13 agosto E’ ora di tornare a casa. Dal lodge dobbiamo percorrere molti chilometri per arrivare a Windhoek e quindi all’aeroporto internazionale, tempo previsto almeno 4 ore e mezza. Inutile dire che il trasferimento è all’insegna dell’”attapiramento”, il silenzio regna sovrano, ripercorriamo con la mente ogni attimo, ogni luogo, ogni incontro che abbiamo fatto, chiudiamo gli occhi e ci appare il cielo stellato delle notti africane, ci sono miliardi di stelle che qui da noi non si vedono, c’è la Croce del Sud che brilla più di tutte. Ci mancheranno il deserto con i suoi colori, la savana e gli animali, le piccole mani dei bambini che nelle tue quasi si perdono se non fosse che risaltano tanto sono scure, i vestiti variopinti delle donne Herero, la pelle lucida degli Himba, ci mancheranno perfino i salti che facciamo se stiamo seduti negli ultimi posti del furgone, queste strade sterrate sono una dura prova per le nostre schiene! Ma, solo nel momento in cui stai salendo sull’aereo, ti rendi conto di essere stato contagiato irrimediabilmente dal mal d’Africa..è vero.. Esiste! Non c’è rimedio se non quello di tornare, un giorno, a rivedere questi posti e a cercare di riprendersi quella parte di cuore e di anima che sono rimasti laggiù.

“La Namibia non è esattamente un luogo ma è un sentimento, entra attraverso la pelle, prende il tempo necessario per scorrere nel tuo sangue e, quando è ora di partire, ti rendi conto che la Namibia si è impossessata della tua anima”



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