Primavera in Abruzzo

Itinerario slow a tutta natura nella regione dei parchi
Scritto da: anna_mrcs
primavera in abruzzo
Partenza il: 25/04/2008
Ritorno il: 03/05/2008
Viaggiatori: in coppia
Breve Viaggio sulle montagne dell’Abruzzo È passato un anno da quando abbiamo fatto questo viaggio. Ho iniziato ad abbozzare il diario alcuni mesi dopo il viaggio ma a causa di impegni vari la cosa è andata molto più per le lunghe di quello che avevo previsto. Avevamo approfittato di una decina di giorni di vacanza in coincidenza con i ponti di primavera e avevamo così deciso di tornare sulle montagne dell’Appennino Abruzzese. C’eravamo stati parecchi anni prima ed eravamo rimasti colpiti dalla bellezza di questi luoghi appenninici e della suggestione di questi borghi abruzzesi arroccati sulle montagne.

Mi sono trovata un po’ in imbarazzo, mi sono chiesta se era il caso di finirlo visto tutto quello che era successo, viste tutte le drammatiche immagini sul terremoto che il televisore ci ha fornito su una parte di Abruzzo che anche noi avevamo visitato. Un terremoto è una cosa tremenda per chi lo vive e lascia senza parole chi si trova a vederne le immagini alla televisione, sui giornali. È un qualcosa che ancora una volta sottolinea la fragilità della nostra vita, di quello che abbiamo intorno, di quello su cui basiamo la nostra sicurezza.

Mi sono chiesta se era giusto parlare di questi luoghi, parte del viaggio percorre infatti le vie dell’Aquila, le montagne e i borghi intorno al Gran Sasso. Mi sono chiesta se era giusto parlare di qualcosa di così futile come un viaggio descrivendo luoghi che non ci sono più, strade che non esistono più o vie spazzate via dalla furia del terremoto. La risposta che mi sono data è stata si. E’ giusto decantare la bellezza di questi luoghi, la bellezza che i miei occhi hanno visto che io ho conosciuto, se non altro come forma di augurio e di rispetto per tutte le persone che stanno soffrendo e stanno cercando piano piano di ricominciare. Voglio quindi descrivere questo nostro viaggio in Abruzzo per descrivere i luoghi del parco Nazionale d’Abruzzo che fortunatamente non è stato toccato dalla furia distruttiva del terremoto e quelli che erano i luoghi intorno all’Aquila che ho visto e conosciuto, con l’augurio e la speranza per tutti coloro che stanno vivendo questo dramma che questi luoghi possano presto tornare ad essere quello che io ho visto e conosciuto, che possano presto tornare ad affascinare il turista e a descrivere questa splendida terra. Ed è a tutte queste persone che, con tutto il mio affetto, voglio dedicare queste poche pagine.

25 aprile 2008 Partiamo proprio il 25 di aprile e come noi hanno fatto questa scelta moltissime altre persone, alla faccia delle partenze intelligenti! Ah ah ah! Così a Bologna, in autostrada, ci tocca fare una coda da paura. Fortunatamente Fiorello e Baldini, con il loro simpatico programma radiofonico, ci fanno compagnia, allietandoci il tempo passato in coda per superare Bologna. La nostra prima destinazione è il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, una delle aree protette d’Italia più conosciute assieme al Parco Nazionale del Gran Paradiso. Il parco venne fondato il 9 settembre del 1922 ma la sua nascita ufficiale è datata 11 gennaio1923. Ha avuto e ha tutt’ora un ruolo fondamentale nella conservazioni di alcune specie che diversamente si sarebbero già estinte, come l’orso morsicano, il camoscio d’Abruzzo e il lupo appenninico. L’orso bruno morsicano, simbolo del parco, è forse l’animale più conosciuto e più amato dai turisti, un po’ meno da chi ci deve conviverci ogni giorno, ma è anche l’animale più a rischio di estinzione di tutto il parco. Non è facile avvistarlo in natura perché gli esemplari presenti nel parco sono pochi e gli orsi sono per natura animali schivi, solitari; ma ogni tanto, soprattutto d’inverno alcuni esemplari si avvicinano troppo alle case rendendo pericolosa questa convivenza tra uomo e orso. L’orso morsicano comunque vive in prevalenza nelle foreste e nelle prateria d’alta quota al limitare del bosco. Altro abitante del parco ancora più difficile da avvistare dell’orso è il lupo, la sua indole particolarmente solitaria e le sue abitudini prevalentemente notturne ne rendono difficili le osservazioni. Ma tra gli animali schivi e misteriosi che vivono nel parco nazionale d’Abruzzo dobbiamo ricordare anche la Lince, un bel micione dal fascino misterioso che vive in zone selvagge con abitudini quasi esclusivamente notturne.

Più semplici da vedere sono invece i camosci d’Abruzzo, se ne contano circa 700 esemplari in tutto il parco. Rispetto ai camosci delle Alpi, il camoscio d’Abruzzo presenta un trofeo eccezionalmente sviluppato che, assieme al colore del suo manto lo differenziano dalle altre specie di camosci. Negli anni ’70 sono stati reintrodotti, non senza polemiche, il cervo e il capriolo che erano quasi scomparsi dal territorio del parco.

Ma torniamo al nostro viaggio… Arriviamo a Pescasseroli, che si trova nel cuore del parco Nazionale d’Abruzzo verso l’ora di cena. Pescasseroli (1167 m) si trova nell’alta valle del Sangro. È una cittadina semplice e carina, molto turistica. Basta passeggiare per le sue strade e vedere le orde di turisti che, sia in inverno che in estate, soggiornano in città e l’alto numero di alberghi presenti in loco per capire che è un fiorente centro turistico.

Storicamente furono i Peligni a fondare Pescasseroli con il nome di Pesculum Seroli che significava per l’appunto ‘roccia sporgente/affiorante sul Sangro’.

Di interessante da vedere c’è l’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo di origine medievale, il santuario della madonna di Monte Tranquillo e nel centro storico: il Palazzo Sipari, la cui costruzione risale al 1839. In questo palazzo il 25 febbraio 1866 nacque il filosofo Benedetto Croce. Oggi è la sede della fondazione intitolata ad Erminio Sipari che fu tra coloro che fondarono il parco nazionale d’Abruzzo.

Ed infine ci sono le montagne e le valli che fanno parte del parco nazionale, con i loro sentieri, le loro aree protette, i diversi centri per la fauna e le strutture del parco. A Pescasseroli ha sede il Centro Natura dove è possibile visitare il museo naturalistico ed il parco faunistico. Quest’ultimo ospita alcuni esemplari di animali che popolano il parco che o sono nati in cattività o sono stati trovati feriti, curati e poiché non potrebbero più sopravvivere da soli in libertà vivono in questo parco faunistico.

Abbiamo scelto un piccolo albergo: l’hotel Valle dell’Oro (www.Valledelloro.It), il cui soggiorno si è rilevato piacevole e la buona cucina abruzzese è stata la vera protagonista di tutte le nostre cene. 26 aprile 2008 Oggi abbiamo in programma una bella gita con le racchette da neve nella Valle di Rose, la nostra destinazione escursionistica di oggi, o meglio quella di Marco, io mi fermerò sul colle, è il monte Capraio della val di Rose.

Prendiamo la nostra auto in direzione del borgo mediovale di Civitella Alfedena: borgo di indiscutibile fascino. Le origini di questo borgo sono lontane, pare esistesse già in epoca romana. Il paese si trova nel cuore del parco Nazionale d’Abruzzo e sul suo territorio sono visitabili l’aera faunistica del lupo appenninico e quella delle lince oltre al museo del lupo e ad un centro informazioni del parco. Tra le vie arroccate del borgo ci sono alcuni ristoranti e negozi di prodotti tipici locali. Passeggiare per le minuscole viuzze è particolarmente piacevole. Lasciamo la nostra macchina nel parcheggio a monte dell’abitato di Civitella Alfedena e da qui ci incamminiamo sul sentiero, un po’ tanto sassoso, F1 che si addentra nella valle di Rose. Pare che d’estate l’accesso alla Val di Rose sia concesso solo con accompagnatore del parco. Incontriamo subito un ramarro, che sonnecchia al sole. Anni fa eravamo già passati in questo punto del sentiero e ne avevamo incontrato uno anche allora. Che coincidenza! Il sentiero dopo un primo tratto ripido, entra in un bel bosco di faggi, per poi uscirne, più o meno a quota 1700 m.

Da qui saliamo verso il colletto del Passo Cavuto. L’ultimo pezzo di salita per arrivare sul colle è piuttosto ripida.

Dal colle la vista è molto bella. Mentre io inizio con calma a discendere nell’altro vallone in cerca di un posticino per il pranzo Marco si dirige verso la cresta nord del monte Capraio per arrivare fino alla cima.

Il tempo non è proprio bello, c’è il vento e fa parecchio freddo ma sono riuscita lo stesso a trovare un angolino riparato per pranzare e per goderci un pochino di riposo e tutto questo silenzio che ci avvolge. A parte una persona non abbiamo incontrato nessun’altro escursionista. Questo è anche uno degli aspetti positivi del visitare questi luoghi in questa stagione, si può godere in silenzio di tutta questa vastità, di queste vette innevate e di questi infiniti spazi. Rientriamo per il sentiero che corre nella val Iannanghera lungo il sentiero K6 per poi rientrare a Civitella Alfedena con il sentiero I4. Così con questa bella gita ad anello abbiamo potuto vedere due valli differenti. Le gite che prevedono di salire da una parte e scendere dall’altra sono le mie preferite: tutto un mondo da scoprire dall’inizio alla fine!. Scendendo incontriamo anche qualche camoscio che pascola nei primi affioramenti verdi. Nella val di Rose, e forse è questo il motivo per cui in estate l’accesso alla valle è limitato, vivono un gran numero di camosci d’Abruzzo.

Ritornati a Civitella Alfedena facciamo un salto al recinto delle Linci e a quello dei Lupi. Le linci, due, se ne stanno tranquille non lontano dalla rete ed è uno spettacolo osservare questi enormi gattoni fieri anche se dietro alla rete mi fanno un po’ troppa tristezza avrei preferito vederli liberi per i monti, mentre i lupi non sono visibili, si vede che se ne stanno da qualche parte nascosti a sonnecchiare. In compenso due cervi pascolano tranquilli a pochi metri dal recinto… a questi cervi piace sfidare la sorte!!! E se ci fosse un buco nella rete? 27 aprile 2008 La meta di quest’oggi ci porta un po’ più lontano da Pescasseroli, in una zona di altrettanta bellezza, l’area del monte Meta. Saliremo per la val Pagana da Pizzone visitando così anche una zona del parco in Molise.

Il Monte Meta, con i suoi 2242 metri di altezza, è una delle cime più alte dell’Appennino Abruzzese e dello stesso parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Spesso ci si riferisce a questo monte ‘al femminile’ chiamandolo appunto la Meta. Il nome trae origine dalla catena montuosa “Monti della Meta” di cui tale vetta ne fa parte La strada che percorriamo, la statale 85 attraversa una serie di borghi di enorme fascino, Opi, di cui avremo modi di parlare domani, Villetta Barrea con la Pineta di Pino Nero, il la medioevale Barrea davanti all’omonimo lago di Barrea e Alfedana dov’è possibile visitare i ruderi dell’acropoli del Curino risalenti al VII secolo. Insomma raggiungiamo Piano Le Forme (Pizzone (Isernia)) con un bel giretto panoramico. Piano Le Forme è un immenso piano solitario e questo gli conferisce un fascino particolare. Mentre transitiamo verso il fondo del piano, dove lasceremo la nostra auto, vediamo un gruppo di cinghiali fuggire velocemente nel bosco. Li avremo sorpresi mentre cercavano del cibo rivoltando la terra nei prati per la gioia di allevatori e agricoltori? Dal parcheggio seguiamo l’itinerario M1 per il Passo dei Monaci. Inizialmente ci carichiamo le racchette sullo zaino ma non tardiamo ad indossarle. Salendo incontriamo anche qualche camoscio. Una volta raggiunto il colle si sale sul monte Meta per il versante SSO che praticamente non ha più neve. Scendiamo invece per il vallone dei Biscurri. Poco sotto il Passo dei Monaci in direzione val Biscurri, incontriamo un gruppo che sta salendo facendo il giro opposto al nostro. Ci scambiamo qualche impressione sulla neve e poi ci ritroveremo tutti nel parcheggio al Pian Le Forme dove ci scambieremo impressioni sulla gita e raccoglieremo qualche consiglio su altre gite per i prossimi giorni.

La discesa nel vallone dei Biscurri è piacevole, il paesaggio è suggestivo fin tanto che non si addentra nel fitto del bosco. Arrivati al Rifugio Campitelli per raggiungere il Piano Le Forme si può decidere di percorrere la medesima strada sterrata che si percorre in auto, ma poiché questo significa allungare di molto il percorso. Così decidiamo di seguire delle piste che sembrano collegare i due valloni, consentendoci così di scollettare e raggiungere velocemente la nostra auto senza fare tutto il giro.

28 aprile 2008 Oggi abbiamo in programma un bel giretto nella Val fondello fino in punta al Monte Amaro (m. 1862), non lontano da Pescasseroli.

Lasciamo la nostra auto nel parcheggio della Val Fondello, nel comune di Opi. Opi è un altro di questi suggestivi borghi abruzzesi arroccati su uno sperone che si trova in mezzo ad un anfiteatro di montagne, tra cui il monte Morsicano (m. 2242) ed il monte Petroso (m. 2247), e il gruppo del Meta, insomma una posizione incantevole per un borgo ricco di fascino.

Tra tutte le ipotesi fatte sull’origine del luogo e del nome, quella che forse per tradizione popolare è la più quotata, è quella che vuole l’origine del nome Opi dal nome della dea romana della terra: Ope, che la mitologia racconta abbia edificato questa terra. Chissà… Come detto lasciamo la nostra auto nel parcheggio all’inizio della Val Fondillo e seguiamo la strada di fondovalle in direzione sud fino ad ponte in legno che ci permette di attraversare il rio. Se si prosegue sulla strada principale si può andare a visitare la Grotta delle Fate, che si trova più o meno a metà strada se si vuole andare al Passo dell’Orso (meta molto consigliata ed ambita d’estate ma ahimè il cui accesso anche qui è regolamentato). La Grotta delle Fate non è altro che una cavità bassa e lunga da cui sgorga dell’acqua trasparente.

Ma tornando al nostro giro, una volta attraversato il ponte rimaniamo un po’ incerti sulla strada da prendere perché non ci sono grosse indicazioni ma consultando la cartina capiamo subito qual’è la direzione da prendere.

Prendiamo il sentiero che va verso nord lungo il torrente per alcune centinaia di metri, da qui si segue la deviazione sulla destra (sentiero F1) che sale con numerosi, ripidi e stretti tornanti nel bosco di faggio tenendo prevalentemente la cresta ONO. Il paesaggio boscoso è suggestivo, a me piace, a Marco un po’ meno, preferisce gli spazi aperti e i sentieri in quota.

Più o meno a quota 1700 m si esce dal bosco e in breve si raggiunge la cima occidentale. Per raggiungere la cima orientale (15 m più elevata), si deve scendere ad un colletto (traccia segnalata con bolli di vernice) e ovviamente risalire.

Oggi non abbiamo dovuto utilizzare le nostre racchette da neve perché di neve praticamente non ce n’era. Salendo, quasi verso la cima, abbiamo incontrato un bel gruppo di camosci che pascolavano tranquilli tra le rocce, e poco sotto la vetta più alta ve ne era un altro. Altra cosa curiosa, sul sentiero abbiamo visto tantissime arvicole o topolini. È stato veramente buffo non mi era mai capitato di vederne così tanti scorazzare per un sottobosco.

Di ritorno dal giro ci fermiamo un po’ in uno dei verdi prati della Val Fondillo a riposarci, questo bel sole di primavera ha reso piacevole il nostro pisolino.

A dover di cronaca d’estate le cose si complicano un po’ di più. Se da un lato la possibilità di fare trekking e di girare è agevolata dall’assenza di neve e dal bel tempo dall’altro per questioni protezionistiche l’accesso a questa valle, come pure ad altre tra le quali la Val di Rose, e strettamente regolamentato a tal punto che non è possibile percorrere questi sentieri in autonomia o senza le necessarie autorizzazioni. Il tutto è gestito dall’ente Parco.

Di ritorno a Pescasseroli mi fermo da un produttore locale di miele. Non sono una patita di souvenir del tipo statuine, o monili vari ma a me piace, quando vado in un posto assaggiare e portare a casa i prodotti del luogo. Un bel barattolo di miele prodotto dalle api abruzzesi assolve ampiamente a questo compito. Altri prodotti tipici del luogo sono i formaggi, i vini ed i liquori prodotti con i frutti del sottobosco, ma noi siamo astemi quindi…

Dal punto di vista dell’artigianato è bene sottolineare che nella zona si producono molti oggetti con il ferro, il rame ed il cuoio. Nella zona di Civitella Alfedena si creano anche bellissimo oggetti in ceramica mentre a Scanno i ricami con il tombolo. Sono queste tradizioni e mestieri che fanno parte della cultura di questi luoghi che è bene che vengano tramandati e conservati, proprio per mantenere viva l’identità di un posto, della gente, di una tradizione antica.

29 aprile 2008 Oggi lasciamo questa bellissima zona per spostarci nella zona del Gran Sasso. Purtroppo abbiamo a disposizione solo una decina di giorni per cui dobbiamo ottimizzare la nostra visita e i nostri giri. Anche questa volta non è un addio ma un arrivederci, chissà che non torneremo in un’altra stagione.

Prima di dirigerci verso il Gran Sasso decidiamo di fare una piccola deviazione a Villavallelonga perché qui c’è il centro dell’Orso, museo ed area faunistica.

Che dire? Arrivate a Villavallelonga giriamo per le strade deserte del paese in cerca di qualche indicazioni sul centro dell’Orso. Niente da fare.. Non le troviamo, percorriamo una strada che si addentra nella valle e ad un certo punto diventa sterrata, ritorniamo in paese, giriamo di qui, giriamo di li, ma nulla da fare. Non riusciamo proprio a strada per l’aera faunistica e in giro per il paese le indicazioni non sono di certo abbondanti visto che non ne vediamo manco una! Scorgiamo una signora lungo la via. Fa quasi parte del folclore di questo posto, di questo borgo caratteristico, con le vie strette, le case in pietra e questa signora un po’ curva tutta vestita in nero, con un grembiule da cucina nero ed i capelli bianchi. Sembra quasi messa li apposta per dare enfasi a questi luoghi a queste tradizioni, quasi fosse uscita da una rappresentazione folcloristica. Le chiediamo del centro ma il suo dialetto è per noi incomprensibile e non riusciamo a capire le sue indicazioni. Fortunatamente troviamo un’altra persona che ci indica il centro.

Ci sono due orsi, uno per recinto ma entrambi mi fanno molta pena, queste cose mi fanno sempre questo effetto. Non hanno molto spazio a disposizione e non so, i loro occhi, il loro sguardo, il loro andare avanti e indietro lungo la rete sempre negli stessi metri, sempre gli stessi gesti, mi mettono tanta tristezza. Mi dico che forse preferirebbero vivere un giorno solo in libertà che una vita chiusi in un recinto! Andiamo via un po’ dispiaciuti, ma in fondo non dovevamo aspettarci niente di diverso. Abbiamo visto gli orsi liberi in America, li abbiamo visti liberi nel loro ambiente, è impossibile pensare che possano vivere felici in un recinto. Tutto questo mi riempie di molta tristezza.

Ripresa la nostra auto riprendiamo la strada per l’Aquila, potremmo percorrere l’autostrada e fare in un baleno ma perché rinunciare alla bellezza di questi luoghi, alla lentezza del viaggio che richiedono per scegliere una dritta striscia di asfalto? Scegliamo quindi di arrivare all’Aquila passando per il Parco Regionale Sirente-Velino. Andiamo a vedere un po’ di cosa si tratta, così la prossima volta che torniamo da queste parti abbiamo un altro posto da visitare.

Questo parco regionale nasce nel 1989, e quindi relativamente giovane. Sebbene la giornata non sia delle migliori e il tempo è particolarmente freddo e nebuloso non esitiamo a fermarci qua e la lungo la strada che attraversa il parco, per ammirare borghi, valli e queste splendide montagne. E si bisogna dirlo, questa zona meriterebbe una visita più approfondita! Lupi, orsi e camosci popolano queste splendide valli e il 7 luglio del 1994, sono stati liberati sei individui di grifone nell’ambito di un progetto di ripopolamento di questa specie. Il grifone è uno dei più grandi uccelli europei con un apertura alare di 2,80 metri. Alla prima reintroduzione ne sono, ovviamente seguite, altre. Di rilievo e molto visitate sono anche le Grotte di Stiffe, non lontane dall’Aquila e le gole di Celano, uno dei canyon più famosi e spettacolari dell’Appennino.

Dopo questa bella parentesi nel parco regionale Sirente-Velino arriviamo a destinazione, bellissima la vista finale che vi si apre sul Gran Sasso prima di scendere verso l’Aquila. Lasciati i nostri bagagli in albergo (Albero Lo Shaly – Bazzano), visto che tanto qui si cena tardi, decidiamo di andare a visitare l’Aquila che è anche il capoluogo della Regione Abruzzo. È una bella cittadina che gode di una bella posizione panoramica sul Gran Sasso. Qualcuno ha definito l’Aquila come “una delle più grandi imprese urbanistiche del medioevo”, purtroppo il terremoto (aprile 2009) ne ha fatto crollare i suoi palazzi, le sue strade, ma io sono sicura che gli Aquilani faranno rifiorire questa città così come io la vidi e così come qualcuno l’ha giustamente etichettata. Facciamo un giro per la via principale gremita di gente e di negozi, arriviamo fino al Forte, noto come il Castello cinquecentesco e anche se sembra che voglia piovere il tempo ci grazie e ci lascia fare il nostro giro. È una città semplice, tranquilla, piacevole per passeggiare e trascorrere quel che resta di questa giornata. La sua storia è caratterizzata da frequenti cambiamenti di nome, anche se la parola Aquila è sempre stata presente. Intorno al 1230 Federico II di Svezia progetta questa città e gli attribuisce il nome di Aquila, più tardi nel 1861 diventerà Aquila degli Abruzzi per arrivare infine, con decreto del 1939 del Ministero dell’Interno, a L’Aquila.

Interessanti sono la Basilica di Santa Maria risalente al 1287 e la chiesta quattrocentesca di San Bernardino.

Ci fermiamo in una grossa libreria del centro dove usciamo carichi di libri di montagne ed itinerari dei vari parchi nazionali e regionali d’Abruzzo. Se non servono questa volta serviranno per la prossima volta che torneremo in Abruzzo! L’Aquila non sembra un capoluogo di provincia, non come siamo abituati noi con Torino, ma una semplice cittadina di provincia con le sue strade, la sua gente, i suoi palazzi storici, le sue case che si affacciano sulla via, i suoi negozi; è un bel luogo dove trascorrere un pomeriggio passeggiando. Questa è l’Aquila che io ho conosciuto ed è quella che voglio ricordare e che spero presto possa tornare ad essere! 30 aprile 2008 Oggi iniziamo la nostra visita al Parco Nazionale del Gran Sasso e come primo giorno Marco ha scelto di raggiungere la vetta del Gran Sasso, il Corno Grande, io invece mi accontento di una gitarella. Il Parco nazionale del Gran Sasso si estende per circa 160.000 ettari , questo territorio è per la maggior parte in Abruzzo ed al suo interno ricadono le suggestive catene montuose del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Anche questo parco è relativamente recente, venne infatti fondato nel 1991.

La vetta più alta del parco, nonché la più alta di tutto l’Appennino è per l’appunto il Corno Grande (m 2912) ed è sempre su questa montagna che c’è anche l’unico ghiacciaio dell’Appennino, il Caldarone, che vanta anche il primato di essere il più meridionale d’Europa.

Campo Imperatore (1600 m.L.M.) è tra le località più conosciute ed apprezzate di questa zona. Si tratta di un enorme pianoro raggiungibile in auto d’estate e con una funivia d’inverno che consente l’accesso agli impianti di sci. La strada viene infatti chiusa con le prime nevicate ad Assergi e man mano che la bella stagione avanza la strada viene riaperta. Dall’altra parte del massiccio del Gran Sasso troviamo il complesso sciistico del Gran Sasso d’Italia. In quest’ultima zona ci siamo stati alcuni anni fa, eravamo stati in un albergo deserto a Prati di Tivo, una zona piena di alberghi e di stazioni sciistiche. Anche quella volta era in occasione del ponte di primavere per cui i turisti in giro erano proprio pochi. Mi ricordo dell’albergo in cui avevamo soggiornato perché aveva un corridoio lungo lungo, buio buio che ricordava quello dell’albergo del film “Shining”. Mi ricordo anche del bel borgo di Pietracamela, con le sue viuzze strette strette.

Tra la fauna del parco è doveroso citare il lupo ed il camoscio, quest’ultimo da poco reintrodotto nel parco e la vipera degli Orsini. La cito perché accidenti a me l’unica che era appena uscita dal torpore invernale ho avuto il piacere di incontrarla io e dire che a me i rettili non piacciono per niente!!!! Saliamo con la funivia di Fonte Cerreto (Assergi) con la prima corsa del mattino (8.30) insieme ad altre persone che, vista l’attrezzatura, hanno intenzione di fare lo stesso giro di Marco. Arrivati a Campo Imperatore (n 2912) Marco si prepara per benino e si incammina verso la sua destinazione mentre io, che tanto non andrò molto lontano, ho tutto il tempo di ficcanasare un po’ in giro e poi prendere il sentiero che mi porterà al Rifugio Duca degli Abruzzi C’è un grande albergo, un osservatorio ma noto che tutto è rigorosamente chiuso. Mah… Gli impianti di sci sono funzionanti e qualche sciatore inizia già la sua mattinata sugli sci. Nel famoso albergo di Campo Imperatore, nel 1943 fu tenuto prigioniero Mussolini fino alla sua liberazione avvenuta per opera dei soldati tedeschi. Se mi posso permettere un commento, le strutture presenti a Campo Imperatore non hanno porporino un impatto ambientale irrilevanti anzi… Sono un po’ quello che si dice un ‘pugno in un occhio’, deturpano il paesaggio e rovinano l’insieme. Ma non si poteva costruire con un impatto ambientale un po’ meno appariscente? Tentando di preservare la bellezza e l’estetica del posto!?! A dover di cronaca io sono salita, in tutta calma, al Rifugio Duca degli Abruzzi dove mi sono cercata un bell’angolino al sole, visto che la giornata non era affatto calda, e qui ho atteso il rientro di Marco dalla sua gita. L’itinerario scelto da Marco prevedeva di raggiungere la vetta occidentale del Corno Grande per la via direttissima utilizzata di inverno. La salita in estate è fatta da un altro sentiero ed è anche adatta agli escursionisti scarsi come la sottoscritta. D’inverno invece sono richiesti fondamenti di alpinismo che io non ho e non ho intenzione di farmi venire! Questo l’itinerario che ha percorso: dall’arrivo della funivia ha preso in direzione Nord. Per l’avvicinamento alla direttissima ci sono due possibilità: salire verso il Rifugio degli Abruzzi verso sinistra dopo l’Osservatorio di Campo Imperatore, oppure ancora più veloce (ed è quella scelta da Marco ed altri alpinisti) passare a destra del medesimo e costeggiare sopra una valle che si chiude a nord sotto il Monte Aquila.

Scelta quest’ultima possibilità dopo circa mezz’ora di cammino si sale verso una sella per una ripida crestina 55° 150m. Da dove appare il Corno Grande. Da qui occorre puntare per percorsi non obbligati all’attacco di una serie di canalini che portano in vetta (ore 1.30) al Sassone 2560 m. Dal Sassone dopo circa 1,45 ore di cammino si è in vetta al Corno Grande (m 2912). La discesa può essere fatta dallo stesso percorso della salita.

L’ambiente, a detta di Marco. È spettacolare, “niente da invidiare alle Alpi”, questo è stato il suo commento! Dopo questa bella giornata rientriamo in albergo dove per cena ci sono gli arrosticini, buoniiiiiiiiiiiii!!!!! La cucina abruzzese è ricca di piatti legati alle tradizioni di questa terra. Gli arrosticini sono uno spiedino dove la carne, di ovino (agnello o percora) è tagliata in piccoli pezzi ed infilata sugli spiedini per poi essere cotta.

01 maggio 2008 Oggi abbiamo scelto di andare sul monte Scindarella (m 2233), luogo che offre splendidi panorami sul Gran sasso e su Campo Imperatore. Lasciamo la nostra auto presso il bivio di S. Egidio (1650) e da qui ci incamminiamo sui pendii esposti a sud che portano alla vetta del Monte San Gregoria di Paganica. I prati, dove la neve è ormai sciolta, sono un brulicare di crocus viola. Da lontano si possono ammirare immense distese viola, uno spettacolo e calpestarli pare quasi un sacrilegio. Poco sotto il monte abbiamo indossato le nostre racchette da neve. Dalla cima del Monte S.Gregorio di Paganica si prosegue per cresta in direzione ovest fino al monte Scindarella. Il percorso è abbastanza pianeggiante e la vista è spettacolare. Dopo pranzo invece di scendere dal medesimo percorso della salita decidiamo di scendere sul ripido versante sud, ancora colmo di neve, puntando direttamente alla Sella della Scindarella e da qui, siamo tornati alla nostra auto attraversando la pianeggiante fossa di Paganica, brulicante di fiorellini viola! Uno spettacolo! Visto che oggi abbiamo ancora parecchio tempo prima di cena decidiamo di visitare un po’ meglio questi luoghi così invece del solito itinerario di rientro ci inoltriamo nella vastità di questo altopiano che è Campo Imperatore percorrendo la panoramicissima S.S.17 bis che a parte alcuni tratti più in quota è già tutta percorribile in auto. In un punto c’è ancora la neve ai lati della strada che forma un muro altissimo di neve ed è impressionante passarci di fianco. Campo Imperatore è un vasto, anzi vastissimo, altopiano di origine glaciale situato a circa 2000 metri di quota ed è parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. È stato soprannominato Piccolo Tibet proprio per il suo particolare territorio e paesaggio che, anche se in forma ridotta, ricordano gli altipiani del Tibet. Incontriamo una volpe solitaria che vaga in cerca di cibo, annusa un arbusto, dietro ad un sasso e poi sparisce dalla nostra vista.

La vastità di questi luoghi, che sono stati la scenografia di molti film e spot pubblicitari è impressionante e lo è ancor di più il silenzio che ci circonda. Incontriamo pochissime auto. I prati sono già in parte liberi dalla neve e dove l’erba sta riprendendo vita miriade di fiorellini, che colorano i prati di viola. Sconfinati prati contornati da spettacolari vette che superano i 2500 metri di quota, questo è Campo Imperatore Veramente qualcosa si unico e splendido. Marco è attratto dal monte Camicia ma non riesce a convincermi… sarà per la prossima volta.

Attraversiamo luoghi suggestivi, splendidi borghi dove il tempo pare essersi fermato come Castel del Monte, e Rocca Calascio. Castel del Monte è considerato il paese simbolo della Transumanza tantè che nel 2004 le Poste Italiane vi hanno perfino dedicato un francobollo. I borghi più belli d’Italia è una sorta di associazione, nata nel 2001, con lo scopo di preservare, proprio come dice il nome, i piccoli borghi o centri di particolare interesse artistico e storico. Castel del Monte fa parte di questa associazione assieme ad altri 18 borghi abruzzesi. Scopo di questa associazione è di preservare, mantenere i borghi che l’oblio o l’essere fuori dai circuiti turistici porterebbero invece al lento degrado e all’enorme perdita della ricchezza artistica e culturale che rappresentano. Fanno parte di questa associazioni borghi di tutta l’Italia.

A Rocca Calascio (1460 m) incontriamo qualche turista in più che nel resto dei borghi o parco. C’è da dire che questo borgo medioevale, visibile da lontano per la presenza del castello che sovrasta la rocca è incantevole. Il castello di Rocca Calascio è il più alto d’Italia e il borgo medioevale in parte abbandonato ed in parte oggetto di varie ristrutturazioni pubbliche ma anche ad opera di privati che cercano di recuperare questo inestimabile patrimonio storico. Prima di giungere al castello, la strada che dal Borgo porta al Castello passa davanti all’Oratorio di Santa Maria della Pietà. Una vecchia leggenda narra che la chiesa fu edificata nel luogo dove la popolazione riuscì ad avere la meglio su una banda di briganti.

La vista che si gode da qui sul Gran Sasso è semplicemente splendida. Purtroppo la chiesa è chiusa per cui non è visitabile.

Il castello fu invece fondato intorno all’anno 1000, data la sua posizione, nel corso della storia, ha sempre rivestito un’importante ruolo strategico. Si può gironzolare tra le sue mura e i suoi ruderi in tutta tranquillità.

Che dire di oggi? È stata una giornata molto intensa, abbiamo goduto di splendidi paesaggi e conosciuto affascinanti borghi, non potevamo chiedere di più! 02 maggio 2008 Anche oggi abbiamo in programma una bella gita nel parco. Il Pizzo di Camarda (m. 2332) e il Monte Ienca (m. 2208) dalla valle del Vasto Da Assergi seguiamo nuovamente la strada per Campo Imperatore ma invece di prendere per Campo Imperatore giriamo a sinistra verso la valle di Vasto. Parcheggia in prossimità di una curva in località Croce Pantano, poco prima della Sorgente Acqua Bernardo. Non ci sono segnalazioni che indicano la partenza del sentiero od altro, andiamo un po’ così a sensazione.

Dopo aver caricato sulle spalle i nostri zaini seguiamo la strada sterrata fino al colle Quadreglio (1861 m) dove vi sono delle costruzioni. Da qui si continua in salita nel canale fino al Piano di Camarda dove c’è un piccolo laghetto (2051 m). A questo punto si prosegue verso destra lungo la cresta fino al Pizzo di Camarda (2332 m). Si torna poi indietro fino al Piano di Camarda e si sale dal lato opposto in direzione SudOvest fino alla vetta del monte Ienca (2208 m).

Anche oggi abbiamo fatto un bel giro e conosciuto dei posti nuovi, peccato per la nebbia che avvolgeva le vette! Come ho già detto sono una patita di souvenir e che cosa mi sono portata a casa da questa zona? Il Canestrato! Spero di non sbagliare il nome! Si tratta comunque di un formaggio pecorino molto buono. Viene prodotto nelle alpeggi di montagna nelle zone di Castel del Monte e Scanno. Ne ho comperato una piccola forma che poi ho diviso con i miei suoceri che sono dei buongustai di formaggi e che dire.. Una meraviglia! Peccato che sia finito! Ed ovviamente non poteva non portare a casa anche dello zafferano coltivato per la maggior parte nell’altopiano di Navelli che ha ottenuto il marchio DOP (denominazione di origine protetta).

Tanto per rimanere in tema culinario va citata anche la mortadella di Composto dalla caratteristica forma ovoidale.

03 maggio 2008 E’ arriva così anche il giorno del rientro. Preparate le valigie lasciamo il nostro albergo e prendiamo la via di casa facendo prima una sosta nei pressi della chiesa della Madonna d’Appari di Paganica. Ci siamo passati di fianco, nel piccolo traforo, più volte senza fermarci è quindi giunto il momento di andare a visitarla, anche perché la nostra vacanza finisce qui.

Il custode sta ripulendo il giardino e la chiesetta in tutta la sua semplicità e caratteristicità è molto carina. È particolare questo suo essere scavata tra la roccia proprio a fianco della strada. L’appellativo Appari è legato ad una tradizione che vuole che la Madonna, con il figlio morto in grembo, fosse apparsa ad una pastorella mentre conduceva il gregge al pascolo. La chiesa fu quindi costruita in questo luogo dai cittadini di Paganica come simbolo di devozione verso la Madonna. Storicamente venne prima costruita un’edicola votiva e poi la chiesa.

Ancora una volta attraversiamo il borgo di Assergi, situata nella valle del Rajale. Il suo antico borgo conserva tra le mura un ottimo esempio di arte romanica. Storicamente Assergi vede i suoi natali verso la metà del I secolo d.C, in età romana, quando venne fondato un piccolo villaggio per ospitarvi gli operai che lavoravano nelle vicine miniere. Interessane è la Chiesa di Santa Maria della Neve situata su di una roccia a strapiombo.

Ad Assergi vi è anche la sede dell’ente parco. E da qui imbocchiamo l’autostrada che ci porta verso casa.

Superato il lungo tunnel del Gran Sasso ci voltiamo un ultima volta per godere dello splendido paesaggio che offre questo versante del massiccio del Gran Sasso.. Un ultimo saluto a questi luoghi e via verso casa e così anche questo viaggio è finito, ma come tutti gli altri viaggi continuerà a vivere nei nostri ricordi e l’Abruzzo continuerà a vivere nei nostri cuori.



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