Port Antonio, Jamaica

Sono partito per la Jamaica per niente convinto della scelta che avevo fatto…. Ormai i Caraibi li conosco piuttosto bene e la voglia di cambiare tipo di destinazione era davvero tanta. Ma dopo 11 giorni passati gironzolando per l’isola, mi sono reso conto che la Jamaica non è Caraibi, non è spiagge bianche e vita spensierata, o meglio se si...
Scritto da: leovieri
port antonio, jamaica
Partenza il: 05/03/2007
Ritorno il: 17/03/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Sono partito per la Jamaica per niente convinto della scelta che avevo fatto…

Ormai i Caraibi li conosco piuttosto bene e la voglia di cambiare tipo di destinazione era davvero tanta. Ma dopo 11 giorni passati gironzolando per l’isola, mi sono reso conto che la Jamaica non è Caraibi, non è spiagge bianche e vita spensierata, o meglio se si vuole c’è anche quello, ma non dev’essere l’obbiettivo della vacanza, pena tornare a casa delusi e scontenti. La Jamaica è cultura, è musica, è tradizioni, è montagne, fiumi e foreste, è l’odore dolciastro della ganja che pervade le strade dei mercati affollati e chiassosi. Tutto ciò è stata una piacevole scoperta che ha reso il viaggio nel bene e nel male indimenticabile e che sicuramente lascerà tracce dentro di me.

La mia destinazione principale è stata la provincia del Portland, ma ho visitato buona parte della parte orientale dell’isola, da Kingston a Morant Bay a Manchioneal e poi Port Antonio, Port Maria, Ocho Rios, le Blue Montains, fino ad arrivare a Nine Miles, cercando di vivere il più a contatto possibile con la gente del posto, girando con i route taxi e magari solo intuendo la complessità della società jamaicana.

Per l’alloggio ho scelto una piccola Guest house a gestione italo-jamaicana, il Search-me-heart a Drapers (Port Antonio). Appena arrivato con volo British via Londra a Kingston (670 euro a/r) e da qui a Drapers (100 dollari per il transfer), ho capito che la scelta dell’alloggio era quanto mai azzeccata. La guest house (55 dollari a camera al giorno in bb) è davvero carina, tutta bianca, pulita, abbastanza distante dalla strada per non sentire il terribile traffico jamaicano e soprattutto è gestita da due splendide persone, Culture e Rosanna che hanno fatto di tutto per farci sentire come a casa. Lui è una rasta jamaicano Dj, cantante, cuoco, guida ed animatore, davvero simpaticissimo e lei è una professoressa di Firenze dolce e riflessiva, la mente della situazione. Inoltre, Drapers è in posizione davvero strategica, avendo a pochi passi splendide e suggestive spiagge come Frenchman’s Cove, e San San Beach ed anche la Blue Lagoon(tutte a est) e nello stesso tempo con 5 minuti di route taxi (50 Jad) si arriva a Port Antonio (a ovest). Per quanto riguarda il capitolo spiagge, ripeto di non aspettarsi la spiaggiona bianca ma anonima orlata da palme. Qui ogni spiaggia ha una sua anima, si va dalla Vip Frenchman’s Cove, con una vegetazione ed un fiume trasparente che le scorre accanto che sembra di essere sul paradiso terrestre assieme ad Adamo ed Eva, alla bianca e stretta San San con una discreta barriera corallina per fare snorkeling a Winnifred, la mia preferita dove la vegetazione lussureggiante e le infinite tonalità del suo trasparente mare ti riempiono gli occhi.

Un po’ più ad est ci sono anche Boston Bay, famosa giustamente per aver inventato il Jerk (davvero buono ma occhio ai prezzi, ¼ di pollo costa 250 Jad), Long Beach, una grande spiaggia color miele con alcuni simpatici ristorantini sulla spiaggia ed anche colorati bungalow in affitto a prezzi modici, e le splendide Rich Falls (purtroppo al momento chiuse per lavori).

Per quanto riguarda Port Antonio, la cittadina è piuttosto carina, con una bella e nuova marina, buoni posti per mangiare ( Norma at Marina e Dickie’s) un centro indaffarato e rumoroso ed una zona storica con la penisola di Titchfield sonnacchiosa ed un po’ malandata. Purtroppo in jamaica non c’è ancora la cultura ecologica e la spazzatura viene lasciata un po’ ovunque quando non viene bruciata in mucchi maleodoranti ed anche Port Antonio non è certo un’eccezione.

Ma la “vera” Jamaica, il paese mitico che tutti cercano quando vanno sull’isola non è probabilmente lungo le spiagge, ma nel verde e montagnoso interno. I jamaicani da caraibici atipici quali sono, sono un popolo prevalentemente di agricoltori ed allevatori. I piccoli paesi della Valle del Rio Grande, patria dei fieri Maroons, le coltivazioni di caffè delle Blue Mountains (che purtroppo non ho fatto in tempo a visitare), la campagna del distretto di St. Anne con in lontananza il suggestivo e misterioso Cockpit Country, sicuramente sapranno lasciare al visitatore più curioso frammenti di ricordi di vera jamaica.

E poi i fiumi jamaicani, incredibilmente freschi e puliti, con l’esperienza del Rafting sul Rio Grande da Berridale al mare, sicuramente da consigliare se ci si vuole trovare da un momento all’altro immersi nella natura più incontaminata con in sottofondo solo il gorgoglio dell’acqua e il cinguettio degli uccelli.

Ma la jamaica non è silenzio, è musica. Splendidi i cori gospel delle messe domenicali e in ogni angolo della strada c’è gente che canta, ci sono chiassosi Sound System o ambulanti con il loro piccolo stereo acceso su Irie Fm. Non credevo davvero di trovare una situazione simile anche se ero consapevole che un paese relativamente piccolo come questo fosse il terzo produttore mondiale di musica.

Molti vanno in Jamaica per la musica e soprattutto per il reggae di Bob Marley. Ho sentito molti racconti catastrofici a riguardo, con la denuncia che il reggae non si sente quasi più, che è morto, che oggi si ascolta solo Dancehall rumorosa e violenta. Non sono d’accordo. I cantanti reggae ci sono, Sean Paul, Buju Banton, Jah Cure, Bennee Man ecc. Fanno reggae ma anche numerosi cantanti ex dancehall hanno capito l’importanza del messaggio positivo del reggae e si stanno riconvertendo, come titolava un quotidiano jamaicano nei giorni che ero li.

Tornando a Bob, devo dire che uno dei motivi per cui ero tentato dalla jamaica era proprio vedere i luoghi dove aveva vissuto e dove si era formato lo spirito di Bob. I due luoghi simbolo, Nine Miles e la villa di Hope Road a Kingston (per quanto riguarda Trench Town non ho trovato un tassista che fosse disposto ad accompagnarmi), sono sicuramente e per aspetti diversi suggestivi anche se un po’ troppo turistici. Nine Miles è perduto nella campagna di St. Ann e per arrivarci bisogna percorrere da Port Antonio circa 170 km di strada“jamaicani” (4 ore e 20 minuti di taxi). La parte costiera del tragitto è tormentata dalla costruzione della nuova arteria che porterà fino a Negril, e specie nella zona di Port Maria ci sono numerose interruzioni e deviazioni. La parte che va da Ocho Rios a Nine Miles invece è molto suggestiva, con vallate (Fern Gully) e montagne che sembra di stare sull’appennino. La cima del Mount Zion con la splendida vista che ispirava Bob nel comporre, la piccola casa dove ha vissuto fino all’età di 13 anni con sua madre, e il semplice mausoleo che raccoglie le sue spoglie e quelle del fratello ucciso dalla polizia di Miami, valgono sicuramente i molti chilometri che dovrete affrontare per raggiungerli. Toccante è stato anche il commento che l’anziana guida ci ha detto in italiano dopo essersi accorto che eravamo italiani: “L’italia amava Bob e Bob amava l’italia… 100.000 spettatori solo a Milano” riferendosi allo storico concerto del 1980 a San Siro.

Per quanto riguarda la villa di Hope Road, è situata nella parte ricca di Kingston, vicino al Parlamento ed alla King’s House. Qui c’è una bella galleria fotografica, ci sono ancora i fori delle pallottole del tentato omicidio del 1976 e ci sono anche intatte la camera e la cucina originali, ma l’anima di Bob è a Nine Miles… Veniamo alle cose che non mi sono piaciute… 1) la troppa spazzatura sparsa qua e la, dovuta come dicevo prima ad una mancanza cronica di cultura ecologica 2) la tendenza di alcuni jamaicani a vedere il bianco come pollo da spennare e l’italiano in particolare come fumatore di ganja e cocainomane; fortunatamente non è una pratica diffusissima nel Portland, mentre alcuni amici che frequentano la zona di Negril mi hanno raccontato che la la situazione stà diventando piuttosto pesante 3) la zona di Ocho Rios, anonima piena di fast food e negozietti da americani che sbarcano come cavallette da immense navi da crociera.

In definitiva, non consiglio la Jamaica a chi cerca spiaggia bianca e Resort… ci sono altri posti ai carabi… Mentre la consiglio a chi ha voglia di scoprire, di confrontarsi, senza preclusioni con un popolo unico, povero, dignitoso e fiero, il tutto in una cornice di natura prepotente, verde, abbagliante.

Bless Leo



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