Una settimana in Giamaica: il Portland

Un viaggio fra spiagge, mare cristallino, cascate nella foresta tropicale
Scritto da: Catecat
una settimana in giamaica: il portland
Partenza il: 30/11/2013
Ritorno il: 08/12/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Abbiamo scelto di fare una vacanza in Giamaica soprattutto per le sue bellezze naturalistiche, e per questo motivo, avendo poco tempo e molto desiderio di rilassarci, ci siamo concentrati su una sola regione, il Portland, a nord-est dell’isola. Il Portland è una regione rurale, meno turistica rispetto ad altre zone della Giamaica, e ricca di spiagge, insenature, fiumi, cascate e colline.

Per quanto riguarda l’alloggio, abbiamo evitato hotel e villaggi turistici perché volevamo una vacanza più autentica. Siamo stati alla Drapers San Guesthouse, una specie di bed & breakfast, molto pulito e colorato, gestito da persone disponibili e molto affidabili. Seguendo i loro consigli, ci siamo sentiti tranquilli a girare per la zona da soli e non ci siamo mai trovati in situazioni spiacevoli.

Non abbiamo noleggiato una macchina perchè volevamo evitare di guidare su strade accidentate dove i locali guidano davvero troppo veloce. Per gli spostamenti più lunghi (cioè in pratica da e per l’aeroporto), abbiamo prenotato un driver, che è piuttosto costoso. Per gli altri spostamenti abbiamo usato i taxi collettivi, che passano continuamente durante il giorno e costano davvero poco, se ci si adatta a viaggiare in macchine strapiene e un po’ malandate. Volendo, si possono percorrere distanze anche moto lunghe lungo la costa utilizzando i taxi.

Giorno 1

Dopo un lunghissimo viaggio da Milano a Kingston via Miami, finalmente atterriamo a Kingston verso le nove di sera.

Attraverso la Guesthouse dove alloggeremo, abbiamo prenotato un driver che per circa 100 dollari ci porterà dall’aeroporto al nostro alloggio, vicino a Port Antonio (nella zona nord-est dell’isola). Lo incontriamo subito fuori dall’aeroporto e lo seguiamo nel parcheggio fino a una vecchia auto un po’ sgangherata. Nel viaggio che da Kingston porta alla Guesthouse attraverso la strada piena di curve e tornanti che taglia le Blue Mountains, sperimentiamo per la prima volta la guida dei giamaicani e le loro strade: è buio pesto, ogni tanto un cane o una capra attraversano la strada all’improvviso, per via della guida a sinistra ci sembra in continuazione di andare a sbattere contro il fianco della montagna, il tutto a una velocità davvero esagerata… un viaggio da incubo. Arriviamo a notte fonda alla Guesthouse dopo quasi 24 ore di viaggio. Il posto ci sembra carino ma molto isolato, siamo preoccupati perché non sappiamo come ci sposteremo fino alle spiagge, siamo impressionati da quello che abbiamo visto durante il viaggio. Abbiamo bisogno di una notte di riposo per riordinare le idee!

Giorno 2:Frenchman’s cove

Ci svegliamo presto, e in cucina ci accoglie Carla, la signora italiana che gestisce la Guesthouse, con una colazione a base di uova al tegamino, pane tostato e marmellata, e un piatto di buonissima frutta tropicale fresca. Dopo aver mangiato, parliamo con lei che si è offerta di aiutarci nella programmazione del nostro soggiorno nel Portland e darci consigli pratici. Dopo la chiacchierata, tutto ci sembra possibile e siamo pronti ad avventurarci da soli fuori dal cancello della Guesthouse. Per la prima giornata, abbiamo deciso di dedicarci alle spiagge raggiungibili a piedi, per ambientarci un po’ e riposarci dopo il lungo viaggio. Ci dirigiamo quindi verso la prima spiaggetta, che raggiungiamo in 5 minuti attraverso una strada sterrata. La spiaggia è minuscola, tutta circondata da una vegetazione tropicale lussureggiante, che mi colpisce moltissimo e che ci accompagnerà per tutta la vacanza. Veniamo subito colti da un forte acquazzone, ma eravamo stati avvertiti: qui nel Portland piove ogni giorno, ma gli acquazzoni durano pochissimo lasciando il posto a meravigliosi cieli azzurri e sono il prezzo da pagare per una vegetazione così spettacolare.

La seconda spiaggia che visitiamo, sempre raggiungendola a piedi, è un vero e proprio gioiello: Frenchman’s cove. Si tratta di una piccola spiaggia privata (il prezzo è assolutamente abbordabile), con camerieri in divisa che servono da mangiare direttamente sulla spiaggia, molto pulita e abbastanza deserta, ma siamo in bassa stagione. La particolarità di questa spiaggia è quella di essere situata in una piccola insenatura molto protetta, nel punto in cui un ruscello di acqua dolce sfocia nel mare: si può fare il bagno sia nel ruscello, sia nel mare, ci sono una corda legata al ramo di un albero a cui appendersi per tuffarsi in acqua e un’altalena. L’impressione è quella di un vero e proprio paradiso tropicale. Pranziamo con un hamburger e la d’ora in poi immancabile red stripe ghiacciata.

Il clima è meraviglioso: non troppo caldo né troppo freddo, perfetto per prendere il sole e rilassarsi in spiaggia.

Dopo una giornata che ci ha completamente riconciliati con la Giamaica, decidiamo di provare subito quello che sarà il nostro principale mezzo di trasporto, il route taxi, cioè un taxi collettivo, che percorre una tratta di strada costiera ed è utilizzato soprattutto dai locali. Ci basta metterci a camminare sul bordo della strada nella direzione in cui vogliamo andare e alzare il braccio quando vediamo una vettura, ovviamente sgangherata, con la targa rossa che contraddistingue i route taxi, per essere caricati insieme ad alcuni jamaicani. Superata la titubanza iniziale, provo uno straordinario senso di libertà a viaggiare così, sulla meravigliosa strada costiera, schiacciata sul sedile posteriore che condivido con altre tre persone. Il costo da Frenchman’s cove a Port Antonio è di circa 1500 dollari Jamaicani.

Per la cena abbiamo deciso di fermarci alla guesthouse, dove è possibile cenare chiedendolo in anticipo. Mangiamo frittelle, pollo, riso con fagioli, insalata e frutta al rum.

Giorno 3: Monkey Island, Blue Lagoon, Winnifred Beach

Per colazione, oltre al pane tostato con marmellata e alla frutta fresca che non mancano mai, assaggiamo delle ottime frittelle di banana. Per oggi abbiamo organizzato, con l’aiuto di Carla, un giro in barca per visitare Monkey Island e la Blue Lagoon. Abbiamo appuntamento alla spiaggetta sotto casa, dove incontriamo Dee con la sua barca. Dirigendoci verso Monkey Island, vediamo dal mare Frenchman’s Cove, la spiaggia di ieri, e un bellissimo tratto di costa pieno di insenature, molte delle quali purtroppo private. Monkey Island è una minuscola isoletta molto vicino alla costa, letteralmente ricoperta dalla vegetazione, che suggerisce storie di pirati. Dee ci lascia sulla spiaggetta dell’isola con le nostre maschere per fare snorkeling, e ci troviamo, incredibilmente, soli sulla sabbia bianca finissima, fra il verde brillante delle piante che ci fanno ombra e l’azzurro cristallino del mare. Ci tuffiamo subito e nuotiamo intorno all’isola osservando il fondale e i pesci colorati. Non vediamo la vera e propria barriera corallina, ma qualche pezzo di corallo morto e piccoli pesci colorati, spugne e alghe, per me comunque affascinante. Dopo circa un’ora e mezza Dee torna a prenderci e ci porta alla Blue Lagoon, un’insenatura profonda più di 60 metri dove l’acqua salata del mare si mescola ad acqua dolce proveniente da una sorgente sotterranea. Facciamo una nuotata rinfrescante nella laguna, poi ri partiamo e sbarchiamo a Winnifred Beach, dove torneremo ben tre volte nel corso della nostra breve vacanza e dove lasceremo il cuore. E’ una spiaggia libera, una delle poche rimaste in questa zona, e soprattutto è una spiaggia giamaicana, frequentata anche dai locali. I padroni dei numerosi, ma discreti, baracchini costruiti con canne di bambù e colorati con i colori Rasta o coi colori della bandiera giamaicana, la tengono meticolosamente pulita. Si respira un’atmosfera rilassata e tranquilla, nell’aria c’è l’odore del jerk, carne grigliata e affumicata su particoalri griglie. Veniamo accolti dai padroni dei baracchini e da qualche venditore ambulante che ci danno il benvenuto in spiaggia, ma non cercano di venderci i loro prodotti in modo pressante come succede in altre zone. Passiamo il resto del pomeriggio qui, pranzando con un ottimo Jerk di pollo accompagnato da verdure. Se volete mangiare il jerk, soprattutto in bassa stagione, vi consiglio di ordinarlo con anticipo, circa un’ora prima, perché ci vuole tempo per prepararlo. Per tornare verso la guesthouse prendiamo un route taxi, ormai siamo esperti! Per cena cuciniamo qualcosa noi nella cucina a disposizione degli ospiti della guesthouse.

Giorno 4: Escursione nelle Blue Mountains

Questa mattina assaggiamo la colazione tradizionale Giamaicana: ackee e saltfish. L’ackee è il frutto nazionale, che si può vedere un po’ ovunque in questa zona. Mangiare pesce a colazione è un’esperienza particolare per noi abituati a caffè e brioches, ma siamo aperti a tutto e ci gustiamo molto il piatto!

Prendiamo il solito route taxi fino a Port Antonio dove incontriamo Rufus, la guida che ci porterà a scoprire la jungla nelle blue mountains, con cui ci ha messo in contatto chi gestisce la Guesthouse. Rufus propone escursioni di 2, 4 o 6 ore, e noi, che amiamo camminare e vogliamo addentrarci il più possibile nella vegetazione, abbiamo scelto quella da 6. Durante il tragitto vediamo coltivazioni di banane, l’albero del mogano, la pianta del cacao, la noce moscata, l’ackee e molto altro, percorriamo sentieri in mezzo alle canne di bambù e alle liane, vediamo panorami meravigliosi man mano che saliamo. La guida è un’esperta di cultura maroon e di erboristeria, ci spiega le virtù delle varie piante che incontriamo e ci racconta la storia dei maroons. Alla fine del giro, ci porta alle Scatter Falls, dove è possibile arrampicarsi perché la roccia non è scivolosa, e fare un po’ di “idromassaggio” dopo la fatica di oggi. Per tornare verso Port Antonio attraversiamo il Rio Grande su una tradizionale imbarcazione di bambù. Consiglio vivamente questa escursione, anche nella sua variante più leggera (che comprende comunque le cascate), perché è davvero interessante e si vedono piante e panorami stupendi. Portatevi scarpe da trekking!

Giorno 5: Winnifred Beach, Port Antonio

Per colazione frittelle di verdure, poi una mattinata in spiaggia: arriviamo presto e all’inizio ci siamo solo noi con i Rasta della spiaggia, i venditori ambulanti e i padroni di qualche baracchino. Pranziamo con jerk di pesce, poi prendiamo un taxi collettivo per Port Antonio, che non abbiamo ancora visitato. La cittadina sorge in mezzo fra due baie, e si affaccia a entrambe. Non c’è molto da vedere, a parte il mercato coperto, la Errol Flynn’s Marina e la Christ Church, ma è interessante passeggiare e osservare la gente. Per le strade si vedono gruppi di ragazzini che indossano le colorate divise scolastiche, venditori ambulanti di frutta e di canna da zucchero, banchetti che vendono jerk. I turisti non sono molti. Ci dedichiamo allo shopping al mercato coperto, che contiene sia bancarelle di vestiti e altri oggetti per i locali, sia qualche banchetto più per turisti, con prodotti dell’artigianato locale, dai gioielli fatti con semi colorati a oggetti in legno intagliato. Dietro al mercato coperto, c’è la parte in cui vendono frutta e verdura e spezie, a cui vale la pena dare un’occhiata. Al tramonto facciamo una passeggiata alla Errol Flynn Marina, un tranquillo parco che si affaccia sulla baia ovest. Andiamo a cena da Hanna Banana, un ristorante sul mare un po’ fuori Port Antonio, frequentato soprattutto dai turisti e che offre un menù internazionale: per noi che siamo alla ricerca della vera Giamaica, piuttosto deludente.

Giorno 6: Reach Falls, Long Bay, Boston Beach

Oggi abbiamo in programma un’escursione alle Reach Falls, un po’ più lontane rispetto alle destinazioni dei giorni scorsi, quindi abbiamo di nuovo prenotato un driver. Alle nove saliamo in macchina, percorriamo la strada costiera verso est, poi saliamo per un breve tratto addentrandoci nella jungla. Abbiamo scelto di visitare le cascate nel modo non ufficiale, non tanto per il prezzo più basso, quanto perché ci è stato detto che durante il tour ufficiale non è possibile fare il bagno nelle pozze d’acqua del fiume. L’unico inconveniente è che in questo modo non si vede la cascata principale, quindi prendete in considerazione l’idea di fare entrambi i tour. Detto questo, penso che le Reach Falls siano uno dei luoghi più belli che abbia mai visto: un torrente completamente immerso nella vegetazione tropicale, con le radici degli alberi che si insinuano nell’acqua, con pozze color smeraldo in cui si gettano cascatelle di varie forme e dimensioni. Risaliamo il torrente camminando da una pietra all’altra e nuotando nelle pozze d’acqua, ci tuffiamo dalle rocce più alte nell’acqua blu intenso, ci avventuriamo sotto i getti d’acqua delle cascate, e, come spesso è accaduto durante questa vacanza, siamo soli con la nostra guida in un luogo paradisiaco.

Salutate le Reach Falls, il driver ci lascia a Long Bay, dove ci rilassiamo sulla spiaggia e per pranzo mangiamo aragosta a un baracchino in fondo alla spiaggia, gestito da un giamaicano di nome Cliff. Long Bay è una spiaggia molto meno protetta rispetto a quelle visitate nei giorni scorsi, più “oceanica”, con grosse onde e qualche surfista. Purtroppo, è un po’ sporca.

Torniamo alla Guesthouse per cena: per questa sera abbiamo chiesto, su consiglio della nostra guida, la guida delle Blue Mountains, un pasto tradizionale giamaicano. Assaggiamo la zuppa di yam, un tubero che a detta dei giamaicani è una delle chiavi del successo di Usain Bolt, riso con verdure, patate dolci fritte, e macedonia di frutta e rum.

Giorno 7: Boston Beach, Winnifred Beach.

L’unica spiaggia dei dintorni che non abbiamo ancora visitato è Boston Beach, famosa per i surfisti e per il jerk. È una spiaggia piuttosto piccola, con una minuscola striscia di sabbia, e soprattutto è molto sporca. Appena arrivati veniamo assaliti, come finora non ci era mai successo, da venditori di jerk (nonostante siano le 11 del mattino) che ci offrono i loro piatti, istruttori di surf che ci chiedono se vogliamo provare a surfare, venditori ambulanti vari. Per la prima e ultima volta in jamaica mi sento davvero a disagio, così, dopo aver osservato per qualche minuto i surfisti fra le onde, che in effetti meritano moltissimo, scappiamo subito per goderci l’ultimo pomeriggio nella tranquilla e pulita Winnifred Beach.

Per cena proviamo Woody’s Burger, un posto a pochi minuti a piedi dalla guesthouse, che fa degli ottimi hamburger e dove l’atmosfera è molto cordiale.

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Winnifred Beach

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Winnifred Beach

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Frenchman's cove

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Reach Falls



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