Nonsolocostarica

L'itinerario di massima c'e`; preparato con l'aiuto di alcune fidate guide, di Internet, e di altri viaggiatori. Il Costarica e` un paese tropicale diviso da una catena montuosa con diversi vulcani ancora attivi. Sulla sponda caraibica sara` caldo e umido con i soliti temporali pomeridiani, sulla sponda del Pacifico sara` piu` caldo e piu`...
Scritto da: Giancarlo Corti
nonsolocostarica
Partenza il: 09/10/1999
Ritorno il: 02/11/1999
Viaggiatori: in coppia
L’itinerario di massima c’e`; preparato con l’aiuto di alcune fidate guide, di Internet, e di altri viaggiatori.

Il Costarica e` un paese tropicale diviso da una catena montuosa con diversi vulcani ancora attivi. Sulla sponda caraibica sara` caldo e umido con i soliti temporali pomeridiani, sulla sponda del Pacifico sara` piu` caldo e piu` piovoso. In montagna fara` freschino.

Gia`, ma che si va a fare in Costarica? Beh, innanzitutto si va per vedere e cercare di conoscere un Paese nuovo. Poi il Costarica e` noto per la sua natura: foreste, fiumi, montagne, vulcani, e i due mari.

Quindi servono abiti di cotone leggeri (pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe) per la foresta, qualcosa di pesante (un pile) per la montagna, un poncho per la pioggia, scarpe o scarponi da trekking leggeri e resistenti all’acqua.

Ah, ovviamente serve un costume da bagno e una stuoia.

Altro materiale che fa parte le kit: macchina fotografica compatta, un binocolo tascabile, uno spago per stendere il bucato in situazioni d’emergenza, un coltellino svizzero, un insettifugo serio, mezza palla da tennis che fa da tappo universale per lavandini e vasche da bagno nel mondo intero, e, naturalmente, la farmacia da viaggio.

Ultimo check: passaporti, biglietti dell’aereo, un po’ di dollari contanti, carte di credito.

60 litri di zaino sulle spalle, si parte da Milano alla volta di San José, via Amsterdam.

In aereo conosciamo una coppia del nord est italiano e al nostro arrivo a San Jose uniamo le forze per trovare una camera in albergo (dividiamo anche il costo del taxi dall’aeroporto, che non guasta). Io ho la mia fedele Lonely Planet che fa centro al primo colpo. Dormiamo in un hotel gestito da una coppia di Parma. E` una bella casa coloniale, e` accogliente, pulita e tranquilla ($45 a notte con la colazione per la doppia con bagno privato).

Il primo giorno lo passiamo a San José a passeggio: c’e` da digerire il fuso e prendere contatto con una nuova realta`. San Jose non e` nulla di particolare, anzi, e` bruttina. Gli spagnoli in Costarica si sono fermati poco: non venite per l’architettura coloniale.

I bus partono quasi tutti dal terminal detto “della Coca Cola”. Meglio non andarci di sera, ci dicono: e noi non sfidiamo la sorte.

Il giorno dopo pero` tocca andarci: lì c’e` il nostro bus per Monteverde.

Ci assicuriamo che ci tengano una camera per quando torneremo alla fine del viaggio, lasciamo l’albergo e, alle 14:20, puntuale, il bus parte. Arrivera` in serata a Monteverde, dopo una quantità incontabile di curve per una strada sterrata. Trovare alloggio non è difficile: ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. Siamo nella stagione media, quindi non c’è la solita massa di gente, il che vuol dire avere la chance di scegliere.

La riserva del “Bosque Nuboso de Monteverde” (ca 1500m s/m) e` gestita dalla comunità di Quaccheri che in questa zona si è installata dopo la fuga dagli USA. Non vogliono la strada asfaltata perchè così si proteggono dall’invasione del turismo di massa (hanno ragione, ma credo che, prima o poi, qualcuno li convincerà a cambiare idea). C’e` una pace immensa e qui faremo delle belle passeggiate nella foresta (vale la pena farne almeno una con una guida) e ci fermeremo un paio di giorni ($6 a notte la doppia con la doccia, non male).

Alcuni ci propongono di attraversare fino all’Arenal a cavallo, ma, chiedendo in giro, capiamo che e` una cosa da fare nella stagione secca. Ora piove troppo e sarebbe troppo pericoloso. Rinunciamo.

Gli spostamenti non sono agevoli, quindi meglio sempre partire presto al mattino se possibile. I mezzi pubblici arrivano praticamente ovunque, sono a buon mercato e danno la possibilità di fare quattro chiacchere con la gente (qui, nel nord, sono affabili e gentili tutti).

5 del mattino si fa colazione al forno di Sant’Elena: poco dopo abbiamo il bus che ci portera` a Fortuna, ai piedi del vulcano dell’Arenal. Ancora un gran saliscendi tra piantagioni di caffè, uno stop, si pranza, si cambia bus, distribuiamo un pacco di biscotti comprati freschi al forno la mattina ai bimbi che tornano da scuola con noi sul bus, e siamo famosi.

Verso le 4 del pomeriggio si arriva alle terme del Tabacon: proprio sotto il vulcano. Piove che Dio la manda e non si vede da qui a lì.

Pensare di andare in paese, a Fortuna, a cercare una camera non se ne parla. Si fanno due conti. Un B&B, poco poco, ci costa $20, il taxi (chiediamo) sono $10 ad andare e altri $10 a tornare, l’entrata alle terme sono $13 a testa.

Una camera doppia in questo 5 stelle, invece, sono $95 con la colazione e alle terme si entra gratis.

Abbiamo sparagnato qualcosa a Monteverde e quindi ci concediamo una notte di lusso. La serata la passiamo sotto una cascata d’acqua calda e a mollo in piscina, con lo sguardo rivolto alle esplosioni del vulcano che erutta sopra le nostre teste.

Il mattino dopo ci uniamo ad una coppia di geologi americani che vanno con una guida alla riserva di Caño Negro. Gli americani scoprono le piante di riso (a Cristina, che è di Pavia, viene da ridere. Probabilmente, le dico io, questi credevano che i chicchi di riso sono fatti da una qualche macchina e che in realtà il riso cresce a blocchi di 1 chilo). La guida poi gli fa vedere anche la pianta del cacao, che loro continueranno per tutto il giorno a chiamare “la pianta del cioccolato”: a noi che viviamo in Ticino (cioè in Svizzera) viene ancora da ridere). Stiamo andando verso il Nicaragua. La Signora americana è parecchio spaventata. Les pieghiamo che non attraverseremo il confine con il Nicaragua, e che non corriamo alcun rischio.

La giornata è bellissima, scendiamo in barca sul Rio Frio, con la guida che ci aiuta ad individuare uccelli di tutte le specie, a distinguere un coccodrillo da un caimano e via discorrendo. Pranziamo al sacco su un isolotto in mezzo ad un lago che si forma in questa stagione a causa delle piogge. Nel pomeriggio risaliamo il fiume e, in serata, torniamo verso Fortuna.

Si cena in paese. La nostra prossima destinazione è il parco di Tortuguero e non sarà facile arrivarci.

Prima che faccia buio, decidiamo di prendere un bus verso Est. Dormiamo a Quesada e la mattina dopo con il primo bus del mattino ripartiamo per Puerto Viejo de Sarapiquí, dove arriviamo verso le 9 e cerchiamo un passaggio per Tortuguero.

La nostra idea è di arrivarci via fiume. Questo significa scendere il Sarapiquí, attraversare in Nicaragua sul Rio San Juan, per poi rientrare in Costarica sul Rio Colorado per arrivare a Tortuguero. Sono circa 5 o 6 ore di barca.

Al porticciolo un tizio mi chiede $200 a testa. E` troppo. Ci fermiamo a sondare un po’ il terreno. Facciamo la conoscenza di una missionaria americana che ci da il numero di telefono di un ragazzo che sa dovra` partire nel pomeriggio per Tortuguero. Lo chiamo e ci mettiamo d’accordo. $100 a testa e partenza alle 2.

Bene. Oziamo per il paese e ci presentiamo puntuali al porto. Il cielo minaccia temporali, il tizio e` in ritardo e quando arriva e` troppo tardi. Il fiume si e` ingrossato troppo e arriveremmo col buio. Si decide di rimandare al mattino dopo all’alba e mi faccio scontare $25 a testa sul prezzo. Dormiamo in paese.

Alle 5 ci troviamo al porto a fare colazione: un tazzone di caffè nero, riso e uova.

Si parte mentre la foresta si risveglia. Sbrighiamo le pratiche per il visto al confine col Nicaragua in men che non si dica. Si ride e si scherza con i militari (chissà cosa penserebbe la Signora americana di qualche giorno fa).

Alle 10:30 stiamo già chiedendo informazioni sulle possibilità di alloggio nel paesino di Tortuguero. La mia Lonely Planet mi consiglia un posto davvero carino, ma è già pieno. La padrona di casa mi dice di andare da Don Pepe.

Don Pepe non è altro che Paolo: emigrato da Bologna. Un personaggio. Prendiamo alloggio da lui. La camera è semplice, ma ha il bagno, la doccia, l’acqua calda ed è pulita. Per $10 a notte va benissimo. Sulla veranda abbiamo anche l’amaca. Paolo ci chiede notizie dal mondo. Qui effettivamente non ti frega gran che, ma lui sta pensando di tornare in Italia. Riposiamo tutto il pomeriggio e poi andiamo in paese a cenare.

La sera si va a dormire presto perchè nella foresta è bene andarci all’alba: un po’ per il troppo caldo, un po’ perchè è un momento di molta attività di molti animali (che si svegliano affamati) ed è più facile vederli.

Ci organizziamo per il giorno dopo, con una guida, prima di coricarci.

In mattinata visiteremo il parco in canoa per 3 o 4 ore, il pomeriggio ozieremo sulle amache e la sera dopo cena andremo in spiaggia a vedere questo spettacolo stupendo delle tartarughe che vengono qui a deporre le uova.

Alle 21 e 30 si dorme della grossa.

La pagayata nel parco è distensiva e affascinante. La quantità di animali che siamo riusciti a vedere è incredibile. L’evento del giorno è un serpente che ci è saltato in canoa e ha creato un po’ di panico. Così come è salito è pure sceso e non è successo nulla, ma un po’ di paura l’abbiamo avuta.

La sera non va in porto la nostra passeggiata in spiaggia: piove. La guida ci restituisce i soldi molto onestamente e dice che è inutile andare: non è una buona serata.

Effettivamente ormai abbiamo capito l’andazzo: piove nel tardo pomeriggio, verso sera, o durante la notte. In compenso, dalle 5 del mattino alle 5 del pomeriggio solitamente ci godiamo delle giornate di sole stupende.

Il giorno dopo riposiamo e ne approfittiamo per organizzare la prossima tappa: Cahuita.

Dobbiamo risalire il Rio Suerte, prendere due bus per arrivare a Puerto Limon, e poi ancora uno fino a Cahuita. Adesso abbiamo esperienza e sappiamo che non avremo problemi; e così sarà.

Cahuita è una sorta di enclave giamaicana e quindi è un posto dove non è difficile trovare marijuana. Noi troviamo alloggio in riva al mare ($10 a notte la doppia) e tanto ci basta. Prima di andare a cena riposiamo sulle amache sotto le palme. La sera c’è vita e questa volta ci concediamo un po’ di bagordi, tanto domani ozieremo in spiaggia tutto il giorno. Rientriamo verso mezzanotte (avevamo dimenticato un po’ com’era).

La spiaggia di Cahuita confina con il parco nazionale omonimo e quindi la foresta e suoi animali sono a pochi metri: è una sensazione particolare.

Comunque per un po’ abbiamo finito di fare gli escursionisti: ci aspetta Panama, l’arcipelago di Bocas del Toro (ben prima, per fortuna, che ci arrivassero quelli di SURVIVOR) e qualche giorno sulla classica isola in mezzo al mare.

Nessun problema neanche al confine con Panama: solo un po’ piu` trafficato dell’ altro. Si arriva in bus fino alla frontiera poi si deve attraversare a piedi il ponte. Di là si va in bus fino ad Almirante dove ci si imbarca per $3 per Isla Bastimentos.

Il posto non è organizzato per il turismo di massa, ma è organizzato e c’è tutto quello che serve: altro che sopravvivenza. Alberghi, B&B, ristoranti, bar, discoteca (sull’isolotto di fronte).

L’albergo ($25 a notte la doppia) dove ci fermiamo è bellissimo. La nostra camera ha un balcone enorme sul mare con le sdraio e le amache. Di qui non ci schioda nessuno.

Saranno 4 o 5 giorni stupendi. Passiamo le giornate in barca, in spiaggia, o a fare snorkelling, un po’ qua e un po’ la in tutti gli isolotti dell’arcipelago. La sera si cena a base di pesce, aragosta e quant’altro, poi si va a ballare. La mattina, nulla eguaglia i pancake al baracchino degli indio kuna fuori il nostro albergo.

Qualche giorno, poi il cielo cambia, ci dicono che ricomincia la stagione delle piogge e che se vogliamo il sole adesso dobbiamo cercarlo sulla costa del Pacifico.

Non ci facciamo pregare e dopo avere verificato il nostro piano, riprendiamo il viaggio alla volta della penisola di Osa e del parco del Corcovado.

Facciamo tappa a Boquete per la notte e ripartiamo poi per Bahia Drake.

Questo è il percorso: in barca da Bastimentos a Chiriquí Grande, in bus fino a Boquete, da Boquete a Palmar Sur (attraversando il confine di nuovo), e da Palmar a Sierpe. A Sierpe bisogna organizzarsi con una barca e bisogna già avere un alloggio nella penisola, perchè laggiù si è veramente fuori dal mondo e quando cala il buio potrebbe non essere simpatico.

Comunque io mi informo allo spaccio del paese e riesco a trovare una barca e un alloggio a Bahia Drake. Il viaggio con una lancia veloce dura un po’ piu` di un’ora e costa non meno di $50/$60 a testa. La camera doppia ci costa invece $30 a notte, ma 3 pasti al giorno sono inclusi.

Il posto è gestito da un signore americano emigrato da qualche tempo. Ha fatto del suo hobby la sua vita e ora porta i turisti ricchi (quelli che stanno nei lodge più costosi della baia) e fare pesca d’altura nella stagione buona.

Il resto del tempo si riposa: beato lui.

Ci dice che le piogge stanno effettivamente per finire e ha ragione: i giorni seguenti saranno limpidi e memorabili.

Si va a dormire presto e all’alba siamo in piedi pronti per la colazione e per la gita sul fiume verso l’interno della foresta. Nel pomeriggio una passeggiata sulla spiaggia non ce la toglie nessuno e alla sera… Fuori in mare a pescarci la cena (per non doverci mangiare sempre il solito pollo).

Un chilo e mezzo di gamberoni come esche? Ma non possiamo farci questi alla griglia, dico io? Comunque, io prendo un chancho, e bello grosso, ma mi dicono che non è buono da mangiare e così lo ributto in mare. Torniamo a casa con 3 parghi e si decide di darli ai vicini. A noi tocca ancora il pollo.

Per consolarci, Fred, il padrone di casa, ci fa trovare a colazione, il giorno dopo, una torta con le ananas. Buonissima.

Cristina non sta molto bene e preferisce passare la giornata tranquilla a casa, mentre io mi faccio una passeggiata nel parco con una guida. Mi fermo a guardare un gruppo di scimmie urlatrici, con i rispettivi piccoli, sempre con un occhio a dove metto i piedi e a dove metto le mani, che non si sa mai.

Ripartiamo e scendiamo in riva al fiume per mangiare qualcosa e riposarci un attimo.

La vegetazione cresce molto velocemente e se non si battono i sentieri è facile perderne le tracce. E qui dentro è meglio non perdersi.

Verso le 2 del pomeriggio rispuntiamo dalla foresta sul promontorio in riva all’ Oceano da dove eravamo partiti circa 6 ore prima: io non ci avrei scommesso una lira.

Asciughiamo la camicia al sole, ci sediamo un attimo a riposare e a chiaccherare e torno quindi verso casa lungo la spiaggia.

Cristina sta un po’ meglio e decidiamo di ripartire il giorno seguente. A cena Fred ci aiuta ad organizzare il viaggio sul fiume. C’è una vecchia lancia militare per il trasporto truppe che adesso è usata per il trasporto merci: il giorno dopo risalirà il fiume per tornare in paese a caricare e quindi possiamo farci dare un passaggio per la modica cifra di $3 a testa. Fred ci avvisa che l’andatura sarà molto lenta, ma si sbagliava: è mortalmente lenta! Comunque a noi non interessa un gran che: siamo in vacanza e siamo un giorno in anticipo sul programma.

Dal paese chiamo l’albergo a San José per avvisare che stiamo tornando. Saliamo sul bus e dopo 12 ore circa siamo di nuovo a San Josè.

Ripartiremo per Milano 2 giorni più tardi.



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