L’equatore all’orizzonte… Praia do Forte e Salvador de Bahia

Un viaggio tra i colori, i profumi e i sapori del Brasile
Scritto da: rugiada_verde
l’equatore all’orizzonte... praia do forte e salvador de bahia
Partenza il: 23/11/2011
Ritorno il: 01/12/2011
Viaggiatori: 1
Spesa: 3000 €
23 novembre 2011: la maggior parte delle persone è immersa nella propria routine quotidiana, oberata di impegni e di doveri e invece per me l’unica vera preoccupazione di oggi è capire se ho fatto bene ad alzarmi prima dell’alba e raggiungere Malpensa in auto o se invece mi conveniva prendere una pensioncina economica ma dignitosa e riuscire così a dormire qualche ora in più… poco male tanto ormai sono arrivata al check in! Brasile sto arrivando!

Dopo circa 12 ore di volo con scalo tecnico a Porto Seguro (un encomio al pilota per un atterraggio da manuale su una pista davvero molto stretta e corta) ed eccomi arrivata in uno dei paesi più estesi del mondo.

Ho sorvolato la linea dell’equatore, oltre il quale tutto si inverte, dove a sud fa freddo, dove l’inverno è estate e la mezzaluna in cielo ti sorride… che emozione!

Secondo una leggenda marinaresca francese Nettuno sale a bordo delle navi a salutare i marinai nel momento in cui si attraversa l’equatore… in aereo niente di tutto ciò, Urano non si è visto e l’unico che è venuto a salutarmi è stato lo stewart. Ad ogni modo anche per stavolta, San Giuseppe da Copertino, patrono dei passeggeri degli aerei, ha fatto il suo dovere, meno male!

Ad accogliermi all’arrivo, ormai stremata dalle lunghe ore di viaggio, l’ilarità e l’energia delle donne bahiane vestite con i loro indumenti tipici, che con un sorriso e tanta semplicità mi offrono i loro “fita”, braccialetti colorati con la scritta “Senhor do Bonfim” – dal Gesù protettore dell’omonima chiesa – che, legati al polso con tre nodi, manifestano al Signore i nostri desideri; solo quando si spezzeranno si potranno realizzare i desideri espressi nel momento in cui vengono annodati al polso.

Io per non sbagliare me ne faccio allacciare ben due, visto i tempi che corrono melius abundare quam deficere, non sia mai che per la legge dei grandi numeri almeno qualcuno dei 6 formulati si avveri! Dall’aeroporto di Salvador de Bahia dopo un’ora di pullman eccomi finalmente arrivata al piccolo paesino di pescatori di Praia do Forte, località che mi accoglierà per i prossimi sette giorni.

L’impatto con l’eco resort, il Tivoli, in cui alloggio è immediatamente di reciproca affinità, coniuga alla perfezione il rispetto per la natura che lo circonda e il comfort di un grande albergo. E’ una struttura ben organizzata ma la cosa che apprezzo di più è che nel resort trovano la propria dimora abituale specie animali di ogni genere: iguane, scimmie, uccelli di vario tipo che rendono l’atmosfera ancora più suggestiva. Intorno a me altissime palme da cocco. Qui il concetto di ecoturismo è fortemente rispettato e coincide con lo sviluppo sostenibile. La conservazione della natura è un riferimento costante in tutte le attività e l’attenzione rispetto a questa ideologia la si nota in tutti i settori dell’hotel che è completamente ecocompatibile.

Dalla terrazza della mia camera intravedo subito le lunghissime spiagge e di fronte l’immenso oceano che all’orizzonte si sposa con un cielo azzurro, quasi a confondersi con l’infinito, mi lascio alle spalle i rumori della mia quotidianità e torno ad apprezzare i colori della natura. Trascorro un’intera mattinata all’interno del progetto Tamar, Projeto Tartarugas Marinhas. Qui ha la sua sede nazionale un’iniziativa che attraverso un’azione vasta e complessa sta ripopolando questa zona del Centro America delle gigantesche tartarughe oceaniche, fino a poco tempo fa in via di estinzione.

Si tratta di uno dei primi centri creati negli anni ottanta per salvaguardare le specie di tartarughe marine a rischio, come la tartaruga dermochelide con i suoi 2 metri di lunghezza, che viene a deporre le uova sulla spiaggia da settembre a marzo. Il centro ospita e preserva le uova fino alla schiusa.

Camminando lungo l’infinita distesa di spiaggia è la natura che lascia il suo segno e a me, come ospite inatteso, offre panorami stupefacenti con palme da cocco, scogli, fiumi, lagune. Il tutto per ben dodici chilometri di spiaggia… E passeggiando si incontrano piccole e leggiadre recinzioni contornate di aste bianche che racchiudono al loro interno, come in un caldo ventre materno, le uova di tartaruga; tutto è finalizzato alla salvaguardia dell’ambiente.

Le pittoresche case sul viale del piccolo centro di Praia do Forte con il coloratissimo artigianato locale, la suadente musica di Gilberto Gil che fuoriesce dalle finestre, gli odori speziati che filtrano dai numerosi locali che offrono gustosissime e prelibate aragoste per pochi real, fanno da cornice alle mie lunghe e assolate giornate brasiliane.

Sabato il mio gruppo decide di visitare Salvador de Bahia, la grande metropoli divisa in due. La parte a destra, quella più povera delle “favelas” che ci esorta ad impegnarci affinchè questa triste condizione non debba più esistere e quella a sinistra che ci mostra una città in piena crescita con le sue Università, i nuovi centri residenziali e commerciali, quasi indifferenti ai bisogni dei più poveri. La città, per la maggior parte popolata da gente di colore, discendenti degli schiavi provenienti dall’Africa ai tempi del colonialismo, porta il segno dell’influenza della cultura africana. Qui, i culti religiosi del cattolicesimo e quelli afro – brasiliani si sposano dando vita al Candomblé, completandosi senza attrito né conflitto. Un’impervia salita ci conduce al centro coloniale, il Pelourinho, con le sue case colorate, i suoi venditori di collane che ti avvicinano ad ogni angolo di strada e i caratteristici negozi dove si vendono i “berimbau” che col loro suono metallico scandiscono il combattimento rituale della “capoeira”, un’arte si può dire, a metà tra la lotta e la danza. Di fronte la chiesa di Nossa Senhora dos Pretos, la casa museo di Jorge Amado, noto scrittore brasiliano che, con i suoi libri, ha esportato nel mondo la cultura e i colori del Brasile. La città antica che oltre ad essere uno splendido esempio di città coloniale completamente ristrutturata è anche stata inserita tra i patrimoni dell’Unesco.

Qui al Pelourinho è di casa uno dei gruppi musicali più famosi del Brasile, gli Olodum, uno tra i più conosciuti complessi di percussioni, famoso per aver girato anche un video-clip con Michael Jackson. Tra i giovani brasiliani sono conosciutissimi e sono anche molto seguiti in tutto il mondo dagli amanti di questo genere musicale… pensare che una delle nostre guide, Matheus, è il vocalist della band… la sera prima, nel nostro albergo, si sono esibiti in un breve concerto e hanno suonato e cantato in anteprima mondiale il nuovo disco; per farvi un paragone gli Olodum in America latina sono famosi come Renato Zero in Italia… ma ve lo immaginate Renatino che vi fa la guida al Colosseo? Da non crederci… il Brasile è davvero un mondo affascinante e curioso, e lo percepisci anche da questo…

Tra le intricate viuzze del centro, vengo colta da un leggero languorino ed ecco materializzarsi di fronte a me colei che avrebbe spezzato la mia fame: una “Bahiana do acaraje”.

Le bahiane do acaraje sono figure caratteristiche delle strade di Salvador; sono delle “mami” vestite solitamente con costumi africani bianchi pieni di pizzi molto voluminosi, con in testa una sorta di turbante, molto pittoresche.

Queste signore (perlopiù sono donne ma ho visto anche qualche uomo!) preparano la specialità più tipica di Salvador, l’Acarajé che è una sorta di polpetta a base di fagioli, gamberetti e cipolle, fritta nell’olio di dendè (il dendè è un piccolo cocco dal quale si estrae questo olio vegetale molto aromatico).

Questo olio quando frigge ha un odore molto forte che nausea chi non è abituato… e infatti qualcuno dei miei compagni di viaggio si allontana non lesinando certo in volto uno sguardo piuttosto perplesso; non mi do per vinta e decido di assaggiarlo comunque… se non lo faccio sarebbe come andare all’Oktoberfest e non bere birra… subito dopo averne addentato un morso realizzo che la sua traduzione in italiano è assolutamente coerente e rende perfettamente l’idea del sapore…. acarajé significa infatti “mangiare la palla di fuoco”… che è la sensazione che provo immediatamente! I miei accompagnatori non celano l’aria di chi ha stampato in volto l’espressione , ma io orgogliosa e sprezzante della temperatura raggiunta dalle mie fauci continuo ad apprezzarne le doti “depurative” (cosa non si fa per orgoglio!) e continuo la mia camminata, (se questo fosse un fumetto la nuvoletta riporterebbe la scritta Glom e io sarei ritratta di un colore rosso vivo…).

Il nostro giro tra le stradine colorate di Salvador prosegue e sempre di più vengo contagiata dalla delicata dolcezza dei volti della gente. Le donne di Bahia, con i loro ampi e colorati vestiti, animano le stradine del centro e invitano i turisti a visitare le gioiellerie. Il Brasile, infatti, è tra i migliori produttori di pietre preziose, diamanti, smeraldi, acquemarine e ametiste. Il viola brillante di uno splendido paio di orecchini mi conquista ma non mi rimane che ammirarlo dall’esterno di una vetrina.

Il giorno dopo è quello del commiato, l’ultimo saluto a quella immensa spiaggia percorsa più volte da me e dai miei compagni di viaggio, l’oceano, il sole, la sabbia da cui sono stata rapita durante questa indimenticabile vacanza… ed ecco farsi strada nel mio cuore l’improvvisa e famosa “saudade” del Brasile che inonda il mio animo. Non pensavo che un paese così distante dal mio potesse entrarmi così prepotentemente nel cuore, eppure, porterò sempre nella mia mente il bellissimo ricordo di questa terra, dei suoi affascinanti abitanti, dei suoi mille colori, e dei suoi intensi e speziati profumi.

Adeus coração do Brasil (arrivederci cuore del Brasile)

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