In Tanzania per la grande migrazione nel Serengeti…
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Questo non era il nostro primo viaggio in Africa, nel 2010 siamo stati in Namibia (bellissimi paesaggi, troppo europea l’impostazione generale) e nel 2012 in Kenya (4 giorni di fotosafari tra Amboseli e Tsavo abbinati a un soggiorno a Watamu, non male, anche se non ripeterei l’esperienza del safari in pulmino con sconosciuti), ma la Tanzania, come l’abbiamo vissuta noi, è stata davvero eccezionale, indimenticabile. Già, perché non è tanto questione di vedere il leone o l’elefante, cosa che avevamo già sperimentato, ma l’incredibile quantità di fauna, una densità di animali inimmaginabile, il fatto di trovarsi proprio nel mezzo di un numero di gnu e zebre che letteralmente ricoprono la savana perdita d’occhio, la grande quantità di felini molto attivi, direi eccitati dall’abbondanza di prede.
Voli: eravamo partiti con l’idea di volare KLM (il “pregiudizio eurocentrico” condizionava la scelta di Luca e Sonia, i nostri due compagni di viaggio), ma alla fine i prezzi erano alti, gli orari erano scomodi (partenza all’alba per prendere il volo per Amsterdam e coincidenza per Kilimanjaro) e abbiamo deciso di volare con Ethiopian Airlines. Sono spesso a Milano per lavoro, per cui, dopo aver verificato costi e tariffe sul loro sito, sono andato di persona nel loro ufficio in Via Albricci 9 per a acquistare i biglietti: Malpensa-Addis Abeba-Kilimanjaro = € 320 di tariffa + altrettanti di tasse. Voli notturni sia all’andata che al ritorno, scalo ad Addis Abeba tollerabile (3 ore in andata e 4 al ritorno)
Agenzia: dopo aver letto tanto su TPC e vari forum, siamo stati aiutati nella scelta dai preziosi suggerimenti del mio capo, veterano dei safari e dei viaggi in Africa, che nel mare magnum di internet e delle mille agenzie di Arusha ci ha consigliato Safari Crew Tanzania www.safaricrewtanzania.com e posso dire che è stata la scelta giusta! L’esperienza ha superato le nostre aspettative, l’organizzazione si è rivelata ineccepibile, i safari sono stati eccellenti (va detto che anche il periodo era ideale), già in fase di organizzazione (iniziata a ottobre 2012) avendo a che fare con loro si percepisce non solo competenza, ma grande passione: la disponibilità all’ascolto e la propensione alla personalizzazione è totale. La pazienza nel chiarire ogni dubbio infinita. Si tratta di un piccolo operatore che organizza solo viaggi su misura, uno dei proprietari è locale, l’altro è italiano ( l’ho anche incontrato velocemente ad Arusha nei pressi dell’ufficio cambi, dalle poche battute ho avuto l’impressione che si tratti di qualcuno che ha gestito per un bel po’ qualche noto tour operator qui in Italia), nel loro bell’ufficio appena fuori Arusha in direzione dell’aeroporto Kilimanjaro un paio di persone (tra i quali il mitico Yusuf, che ci a assistito nella stesura del nostro itinerario) parlano italiano ed è possibile tenere tutta la corrispondenza in italiano. Noi, dopo esserci abbastanza documentati, sapevamo cosa volevamo: un itinerario personalizzato che includesse la porzione centro-meridionale del Serengeti (in questa stagione la più ricca di fauna) basato su piccoli lodges e camps non necessariamente lussuosissimi ma di carattere e di fascino. Volevamo un’immersione totale nella Natura volevamo poter sentire la savana giorno e notte, volevamo stare nel bel mezzo della celebre migrazione che in questo periodo dell’anno si concentra nel Serengeti meridionale e negli Ngorongoro Plains e Safari Crew Tanzania è riuscito a trasformare i nostri desideri in esperienza, superando anche ogni possibile aspettativa.
Il nostro viaggio è costato 2680 Dollari USA a testa (60% pagati con bonifico in 2 tranches – 30% alla conferma, 30% a un mese dalla partenza – e il restante 40% all’arrivo in contanti) e includeva:
– Circuito con Toyota Land Cruiser solo per noi
– (Bravissima) guida parlante italiano: Naftal, una garanzia!!!
– 8 pernottamenti in lodges e camps davvero belli, alcuni dei quali meravigliosi
– Le tasse d’entrata ai Parchi
– La pensione completa
– Cosa più importante, la massima flessibilità nella gestione dei tempi e delle giornate.
Sul posto abbiamo speso circa 150 dollari a testa tra drinks e mance.
Ecco il nostro programma:
21 febbraio
Partiamo da Milano Malpensa alle 20.45. Il volo tocca terra a Roma per imbarcare passeggeri, sosta di meno di un’ora senza scendere dall’aereo. Arrivo ad Addis Abeba alle 7.10 del mattino dopo.
22 febbraio
Giunti all’aeroporto di Addis Abeba ci informano che il nostro volo per Kilimanjaro, previsto per le 10.15, partirà dal terminal 1. Un gruppetto di italiani diretti a Kigali ci consiglia comunque di sostare il più possibile al terminal 2 e di recarci al terminal 1 solo poco prima dell’imbarco: consiglio decisamente utile: il terminal 2 è moderno, tetti in vetro e acciaio, un po’ di negozi, niente di eccezionale, ma almeno c’è tanto spazio e ci sono chaises longues qua e là su cui distendersi. Dopo una spremuta d’arancia fresca e una brioche ci dirigiamo al terminal 1: vecchio, angusto e, soprattutto caldo, perché l’aria condizionata non funziona. Meno male che il decollo è previsto solo poco dopo mezz’ora dal nostro arrivo nell’inferno del terminal 1, non so come avremmo potuto sopportare 3 ore in questa situazione. Il volo è più che puntuale e alle 12.50 (con 10 minuti di anticipo) atterra all’aeroporto Kilimanjaro. Non ci sono bus, la pista si percorre a piedi e all’ingresso dell’aerostazione c’è un addetto che chiede il certificato di vaccinazione contro la febbre gialla. Basta mostrare il biglietto che attesta una permanenza sul suolo etiope inferiore alle 12 ore e vi lascia andare senza problemi. Qui conviene essere veloci a scendere dall’aereo e ancora più veloci nel compilare la scheda con i dati personali da presentare al banco per il visto, in questo modo si completano le formalità velocemente, senza troppe code o attese. Safari Crew Tanzania ci aveva fornito prima della partenza la scansione di un modulo per il visto, cosa che ci ha facilitato e velocizzato nella compilazione. Risultato: alle 13.30 eravamo già fuori con i bagagli. Ad attenderci troviamo Naftal, a bordo di un Toyota Land Cruiser extra lungo, a 4 file di sedili e 7 posti finestrino oltre all’autista, e noi siamo soltanto in 4! In realtà secondo gli accordi doveva essere prevista un’auto a 3 file di sedili con 5 posti finestrino oltre all’autista, questa è stata una bella sorpresa che avremmo apprezzato nei giorni seguenti, perché un’auto così spaziosa ci ha permesso grande mobilità nell’abitacolo durante i fotosafari. Ora ci aspetta un’ora di asfalto tra rigogliosi campi coltivati, piante di mango e vari insediamenti abitati per giungere ad Arusha. Attraversiamo la città, ci fermiamo nei pressi della torre dell’orologio che segna la metà strada tra Cairo e Cape Town per cambiare un po’ di soldi e procediamo alla volta del Lake Manyara. Arriviamo dopo 2 ore circa alle porte del Parco, a Mto wa Mbu, dov’è previsto il pernottamento al Manyara Wildlife Camp http://www.wildlifecamp.co.tz/home.html (che non ha nulla a che fare con la famigerata catena Wildlife Lodges – veri e propri albergoni da 70 camere nella savana): si raggiunge con una deviazione di qualche chilometro di sterrato, è composto da una zona comune semi-aperta con caratteristico tetto in makuti, splendida vista sulla Rift Valley e sul lago, ha una piccola piscina in cui ci fondiamo (sono le 16.30 del pomeriggio!) e i bungalows sono a 2 piani, molto ampi, lettoni con materassi belli duri e zanzariere. Cena discreta e subito a letto.
23 febbraio
Dopo una bella colazione con vista sulla Rift Valley accompagnata dal canto di moltissimi uccelli partiamo per il nostro primo fotosafari: Lake Manyara National Park. Dopo una breve sosta al visitor centre e qualche spiegazione di Naftal sull’orografia e gli ambienti del Parco, entriamo. Il Parco Lake Manyara si trova proprio sotto alla falesia della Rift Valley. La zona a ridosso della falesia abbonda di sorgenti d’acqua: qui la foresta è fittissima ed è abitata da chiassosi babbuini, vervet monkeys dai singolari testicoli azzurro fosforescente e blue monkeys. Qua e là nelle radure pascolano gli impala. Allontanandosi dalla foresta fitta e verdissima l’ambiente si apre e si attraversano boschi di acacie. Ecco le prime giraffe, un bel gruppo di una decina di individui intenti a brucare le foglioline tra le spine delle acacie. Più in là, una numerosa famiglia di elefanti con 3 piccoli…che spettacolo! La pista conduce verso una pozza che ospita ippopotami, cicogne, anatre egizie e tanti altri uccelli. Da qui si percorre un tratto di savana aperta tra gnu, zebre, facoceri e bufali per giungere a una zona ombrosa adibita a picnic con tanto di tavoli, panche e “servizi igienici puliti da 5 stelle” (parole testuali di Marisa). Pranziamo con il lunch box fornitoci dal Manyara Wildlife Camp, restiamo all’ombra per riposare un’oretta prima di riprendere il circuito. Al pomeriggio ancora elefanti (uno proprio sulla strada, ci ha superato praticamente strisciando sulla fiancata dell’auto!) e scimmie, scimmie, scimmie. Verso le 16 lasciamo il Manyara e ci dirigiamo verso Karatu, percorrendo una strada superpanoramica che domina il lago e il Parco Lake Manyara. Sosta a un belvedere per le foto prima di raggiungere Karatu. I 600 metri di dislivello tra il fondo della Rift Valley e la sommità della falesia si fanno sentire, nel clima, ma soprattutto nell’ambiente: avanti a noi niente più acacie, si profilano verdi colline coltivate, sembra quasi di essere in Umbria o in Toscana! Naftal ci spiega che il clima salubre ha storicamente favorito gli insediamenti di settlers bianchi già in epoca coloniale in questa zona estremamente fertile, dove hanno avviato piantagioni di caffè, oltre a coltivazioni di grano e di fagioli. Ci fermiamo al mercato di frutta e verdura, coloratissimo e ricchissimo, fatto di stretti camminamenti tra banchetti strabordanti di prodotti, uno spaccato di Africa autentica piacevole e interessante. Da qui raggiungiamo Ngorongoro Farm House www.tanganyikawildernesscamps.com/camps/ngorongorofarmhouse , il nostro lodge: una tenuta immensa, in pratica un’intera collina, ricca di fiori, curati giardini, orti e piante di caffè. E’ composto dalla Main House – un edificio immacolato con un altissimo tetto di paglia spiovente – che ospita il ristorante e il bar, e da una serie di enormi bungalows sparpagliati nella proprietà, con tanta privacy, pesanti arredi in legno, enormi letti col baldacchino, il tutto molto “rustic colonial Africa”. C’è anche un servizio massaggi, al quale le signore non hanno resistito, mentre noi maschietti ci siamo regalati un paio di birre a bordo piscina. Cena a buffet eccellente, abbondanza di insalate e verdure “organic” provenienti dagli orti, personale gentilissimo, discreta scelta di vini Sudafricani. Ci dispiace dover andare via domani, ma il Cratere ci aspetta!!!
24 febbraio
Lasciato l’ambiente un po’ coloniale della Farm House in 15 minuti arriviamo al gate di Ngorongoro. Ci fermiamo al visitor centre dove Naftal, con l’aiuto di un plastico e una serie di cartelloni, ci illustra la conformazione del cratere, che in realtà è una piccolissima parte della Ngorongoro Conservation Area. L’asfalto è ormai finito, una pista di terra rossa si inerpica lungo le pendici esterne del Cratere infilandosi in una foresta fittissima. Ad un tratto Naftal si ferma, scendiamo dall’auto e l’enorme caldera appare sotto i nostri piedi a 600 metri di dislivello in tutto il suo splendore. Difficile descrivere l’emozione di fronte a tanta bellezza della Natura. Restiamo per qualche istante assorti, ma e giunto il momento di scendere lungo le pendici interne e iniziare il nostro game-drive. Se le pareti esterne della caldera sono caratterizzate da un ambiente di fitta foresta di montagna, il fondo è caratterizzato da savane aperte, con solo qua e là qualche macchia di alberi. Naftal accende la radio con cui comunica con gli altri drivers presenti nel cratere e viene subito a conoscenza delle info più significative: qui ci sono tre leoni, due femmine e un maschio azzoppato, là una famiglia di leoni con i piccoli, là ancora i rinoceronti, più in là gli elefanti, oltre due ghepardi. Sulla base delle notizie ricevute pianifichiamo il nostro giro. Ci colpisce come tra i vari drivers ci sia un fortissimo senso di solidarietà e mutua assistenza: se qualcuno avvista qualcosa di interessante non se lo tiene per sé e per i propri ospiti, ma condivide la notizia con gli altri, certo del fatto che domani il favore sarà ricambiato. Questo atteggiamento ha due tipi di conseguenze: da un lato (e questo è forse l’aspetto meno piacevole), qualsiasi avvistamento significativo è circondato da auto, perché tutti convergono nello stesso punto; dall’altro, però (questo è forse l’aspetto positivo), grazie allo spirito cooperativistico tra gli autisti si ha quasi la certezza di vedere i tanto ambiti big five. Alla fine il cratere ci ha emozionati per la sua unicità paesaggistica e per l’aspetto di mondo perduto al cui interno vivono 25mila grandi animali in libertà; tuttavia, dopo aver visto il Serengeti la mia/nostra preferenza va sicuramente verso quest’ultimo Parco. Stanotte siamo a Ngorongoro Sopa Lodge www.sopalodges.com, l’unico lodge sul bordo orientale del Cratere (gli altri 3 lodges con vista sul Cratere (Wildlife, il carissimo Crater Lodge e il Serena sono sul bordo occidentale) che gode di una posizione invidiabile, con magnifica vista sulla Caldera e su un tramonto infuocato. Struttura di indubbio comfort, forse un po’ troppo grande per i nostri gusti e decisamente turistica rispetto alla Farm House di ieri, ma il tramonto sul Cratere è assolutamente da non perdere.
25-febbraio – 1 marzo
Cinque giorni indimenticabili, emozionanti, ricchi, sicuramente i più belli, densi, interessanti del viaggio: alla scoperta dell’ecosistema Serengeti, nella sua porzione centro-sud, quella che in questo periodo dell’anno riceve la visita di circa un milione di gnu e 400mila zebre che si radunano qui per partorire. Visitare il Serengeti nel periodo della migrazione non significa “avvistare” gli animali come avevamo fatto al Manyara, a Ngorongoro, o in Kenya durante il nostro precedente viaggio: nient’affatto! Significa immergersi in un documentario, tuffarsi nel bel mezzo di mandrie a perdita d’occhio, godere dello spettacolo della vita, essere circondati dalla vita stessa. Colonne di gnu in corsa con i piccoli al seguito, mandrie di zebre al pascolo, famiglie di predatori felici per l’abbondanza di cibo che si dedicano alle coccole familiari, scene di caccia, parti, scene di leoni in amore. La grande migrazione nel Serengeti, di cui quasi tutti abbiamo appreso dal National Geographic, è il più grande movimento in massa di animali selvaggi in natura. Gli gnu e le zebre, a differenza degli altri erbivori, hanno costantemente bisogno di brucare erba fresca e di abbeverarsi quotidianamente. Le enormi mandrie in pratica annusano costantemente le nubi, seguono le piogge, perché sanno che in seguito ad un acquazzone germoglierà il loro tanto ambito nutrimento. E’ un movimento costante, che comprende tutto l’arco dell’anno e che, tra gennaio e marzo, ha come epicentro la regione compresa tra le pianure della Ngorongoro Conservation Area a Nord-Est di Ngorongoro e il Serengeti centrale (la Seronera Valley). E’ una zona piuttosto ampia dai paesaggi stupendi, fatti di pianure infinite di erbe basse, morbide colline ricoperte da boschi di acacie nella zona dei laghi Ndutu e Masek (un vero paradiso terrestre!), caratteristici massi di granito che emergono dalla piana tra Naabi e Seronera, cieli punteggiati da bianche nuvole che sembrano riprodurre il movimento delle mandrie sulla terra. Poesia e suggestioni a parte, poiché non è possibile determinare con esattezza in quale punto dell’ecosistema Serengeti si troverà la migrazione, vale la pena dividere il soggiorno in due zone diverse. Noi abbiamo scelto due campi tendati semi-permanenti della catena Ang’ata Camps www.angatacamps.com, uno nella zona del – Central Serengeti, l’altro nella zona di Ndutu: si tratta di campi eretti nel bel mezzo della savana, senza recinzioni di alcun tipo, che possono essere spostati ogni 3 o 4 mesi per seguire gli spostamenti migratori degli animali. Le tende sono alte, enormi, dotate di zona notte e zona servizi, letti col baldacchino e zanzariera; c’è un bagno vero e proprio con zona wc dotato di “flush toilet”, zona lavandino e zona doccia con tanto di piatto doccia in ceramica, buon diffusore e rubinetti col miscelatore. Chiaramente la disponibilità d’acqua non è infinita, ogni tenda dispone di due buckets da 30 litri ciascuno, ma non avrei potuto immaginare un tale livello di comfort nel bel mezzo del Serengeti e nel bel mezzo della migrazione! Scaldano persino l’acqua per la doccia. La corrente elettrica si ottiene con pannelli solari, non c’è la possibilità di ricaricare nelle tende, ma ci sono prese e ciabatte in abbondanza nella grande tenda ristorante-bar arredata con gusto. Il personale si fa davvero in quattro, la cucina è ottima considerando la location. Di notte, l’emozione di sentire la iena, il ruggito del leone, di avere le zebre e gli impala che brucano fuori della propria tenda. Il Serengeti è magico, incredibile, aspro, meraviglioso e crudele, è l’Africa della Natura più esagerata che si possa immaginare. Al pomeriggio del 29 febbraio, dopo aver assistito al mattino a una magnifica scena di vita familiare tra i leoni nella regione di Ndutu, abbiamo nuovamente sfiorato il bordo del Cratere di Ngorongoro, per ridiscendere a Karatu e da lì al Manyara. Ultima notte al Manyara Wildlife Camp.
2 marzo: Rientro ad Arusha
Ci fermiamo, prima di entrare in città, a pranzo allo Shanga Restaurant, davvero splendido! Bellissimi i giardini, molto curata la cucina, interessante il laboratorio artigianale per la creazione di monili in vetro riciclato. Da qui, una corsa di circa un’ora per l’aeroporto Kilimanjaro con arrivo in ampio anticipo per prendere il nostro volo di ritorno.
Un ultimo consiglio: se volete un viaggio di qualità (e per questo non intendo necessariamente lussuoso, ma curato nei dettagli, nella scelta dei lodges di piccole dimensioni, in funzione della loro posizione e tenendo presenti i movimenti migratori degli animali) bisogna prenotare per tempo.
Noi, per viaggiare a fine febbraio, abbiamo prenotato a novembre, e così abbiamo avuto tutto il tempo necessario per fare con calma la nostra scelta e abbiamo trovato posto in lodges e camps piccoli, diversi tra loro ma tutti di carattere e in posizioni eccellenti. Un grazie speciale alla nostra guida Naftal e a tutto lo staff di Safari Crew Tanzania!
Buon safari a tutti
Gianni