Non solo dolci: il salato nella tradizione carnascialesca di 5 regioni italiane
Carnevale tempo di dolci: abbiamo a disposizione tantissime leccornie prevalentemente fritte, con un assortimento di preparazioni che già alla sola vista lasciano pochi dubbi sulla straordinaria golosità. Ma nel nostro paese, caratterizzato da moltissimi carnevali storici, non mancano le ricette salate, preparazioni che si agganciano proprio alla storia del territorio che offre un menù ad hoc per la settimana più stravagante dell’anno. Facciamo un viaggio tra i luoghi che più rappresentano il carnevale e vediamo cosa ci propongono da mettere a tavola.
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Il carnevale nella lunga tradizione ascolana
Andiamo ad Ascoli Piceno per i ravioli incaciati, una preparazione tipica del periodo di carnevale. Quando parliamo di ricette tradizionali dobbiamo pensare al fatto che ogni famiglia custodiva e tramandava il sapere che c’è dietro ad ogni preparazione, espressione della società del tempo. Città e campagna sono sempre state legate secondo i ritmi naturali che oggi non conosciamo più: è per questo che la gallina è l’ingrediente principale di questa ricetta invernale. Quando si parla di gallina ci si riferisce a quell’animale che ha esaurito la sua capacità riproduttiva e in generale durante i mesi invernali, la minore disponibilità di ore di luce, induce ad un riposo nella deposizione delle uova. I ravioli venivano fatti in occasione della festa, prima del periodo quaresimale nel quale erano previste rinunce in fatto di cibo: Carnevale quindi era l’occasione per un ricco menù a base di dolci e di carne. Quando si procede alla realizzazione di una ricetta tradizionale ci si appella alla memoria, ma spesso le nostre nonne hanno lasciato qualcosa di scritto: probabilmente in ogni famiglia ascolana ci sono degli appunti presi a mano che narrano le preparazioni culinarie di casa. Oltre alla carne di gallina è prevista anche quella di manzo e di maiale: le percentuali sono nettamente a favore della gallina, tuttavia questi ravioli citano le tre tipologie. Come mai? È molto probabile che questa antica ricetta sia stata elaborata tra città e campagna, dove le disponibilità degli ingredienti erano diverse. Le famiglie nobili ascolane, le cui cucine erano gestite da personale di servizio, disponevano di ingredienti pregiati, mentre in campagna si seguivano logiche di recupero. Questo spiegherebbe anche il diverso utilizzo del pane: la ricette recita che oltre alle carni venga aggiunto del pane raffermo ammollato nel brodo, ovviamente chi aveva una minore disponibilità di carne eccedeva nel pane, con un impasto finale che dava l’idea di ‘’ravioli di pane’’. Caratteristica da chiusura del raviolo che ricorda proprio una cresta di gallo.
A proposito della cannella, dobbiamo pensare che questa spezia è stata tra quelle più apprezzate nel corso dei secoli. In generale le spezie non avevano un vero e proprio scopo in cucina, ma venivano impiegate dalla nobiltà come segno di distinzione, perché erano prodotti preziosi. Prima dell’introduzione del pomodoro in cucina, intorno al 1800, la pasta veniva condita con burro, zucchero, formaggio e cannella. I ravioli incaciati sono uno dei rarissimi esempi di come la cannella venga impiegata per uso salato: il condimento infatti è fatto solo con pecorino e cannella. Il prodotto è stato iscritto nel registro De.C.O. allo scopo di tutelare e valorizzare questa ricetta.
Ivrea e le sua spettacolare Battaglia delle arance
La città canavesana è famosa per il carnevale storico che rimanda alle antiche lotte dei cittadini in difesa dei soprusi. Tra i cerimoniali folcloristici rientra anche la preparazione dei fagioli grassi (faseuj grass), un ricco piatto denso di sapore e di significato. Partiamo dal medioevo, quando questa ricetta, sicuramente diversa ma che portava già con sé tutta l’identità, veniva messa a disposizione del popolo a cura delle confraternite religiose. La cottura avveniva in grossi calderoni, infatti oggi la preparazione avviene nelle pentole di terracotta a quattro manici, per garantire un sapore unico. La preparazione è arricchita da una serie di odori come le cipolle, il rosmarino, l’alloro e, ovviamente, dalle cotiche di maiale e le salamelle, per un risultato particolarmente saporito e gustoso. Il piatto è accompagnato da verdure cotte e bruschetta che serve per fare la scarpetta finale; a questa preparazione si lega anche un evento di beneficenza, pertanto la lunga cottura dei fagioli, tra la notte del sabato e la domenica di carnevale, andrà anche a beneficio delle persone senza fissa dimora.
Bacanal del Gnoco
Era il 1531 quando Verona patì una gravissima carestia, tanto che si bloccarono la produzione e la vendita di pane a causa dell’aumento del prezzo della farina. Tutto ciò provocò dei disordini, in particolare nel quartiere di San Zeno che dà il nome alla Basilica: un gruppo di cittadini facoltosi prese in mano la situazione e con l’acquisto del grano riuscì a rimettere in moto la macchina e la distribuzione della farina, scongiurando la fame.
Tommaso da Vico risulta essere tra questi cittadini: si tratta di un medico facoltoso che viene riconosciuto come il padre del Carnevale veronese. Alla sua morte dispose per un lascito a favore dei residenti di San Zeno, affinché si potessero acquistare vino, formaggio, burro, pane e farina per la preparazione degli gnocchi per il venerdì grasso. Tutto ciò è diventato tradizione, pertanto questo specifico giorno di carnevale è stato ribattezzato Venerdì Gnocolàr. Oggi gli gnocchi sono un piatto tipico del territorio veronese, sia al pomodoro che in bianco con burro e salvia: in occasione del carnevale vengono accompagnati dallo spezzatino di cavallo, la pastissada, che si ottiene con una lunga cottura insieme ad un condimento di cipolla, olio e burro, vino rosso e passata di pomodoro. Il risultato sarà una carne morbida, saporita e dal colore scuro, perfetta non solo per gli gnocchi, ma anche per la polenta.
Le ricette salate siciliane
Il maiale è l’ingrediente protagonista del periodo di carnevale, per la coincidenza del periodo dell’anno, momento ideale per macellare e lavorare le carni di cui non si sprecava nulla esattamente come adesso. Il minestrone di Modica prevede l’utilizzo del lardo senza la cotenna in aggiunta alle fave secche sgusciate, patate, cipolla, prezzemolo, sale e pepe. I maccheroni a cinque buchi sono un formato di pasta originale, costituita da un grosso buco centrale e quattro laterali leggermente più piccoli. Questo particolare formato è sconosciuto al resto d’Italia, ma è il simbolo della ricetta catanese per il periodo di carnevale: il condimento, ovviamente a base di maiale, prevede carne a tocchetti, salsiccia, puntine e passata di pomodoro.
La focaccia di Carnevale
Andiamo in Trentino per lo smacafam, una torta salata semplice, ma perfetta per ‘’uccidere’’ la fame come suggerisce il nome. “Onto e bisonto soto tera sconto, sconto ‘n te ‘na cassetta se te ‘ndovini ten dago ‘na fieta”: la cottura di questa pietanza avveniva sotto la cenere e la preparazione prevedeva farina, olio, latte, burro, sale, luganega fresca e pancetta affumicata. La ricchezza degli ingredienti è sinonimo di una ricca ricetta alla quale si univano tutti gli altri piatti della tradizione, per una celebrazione del carnevale che fosse all’insegna della trasgressione anche in fatto di cibo. È una ricetta antica con tutte le sue varianti, a seconda della valle in cui si cucina, ma le differenze tra tutte le preparazioni casalinghe si notano ed è proprio questo il bello dei piatti tipici, che racchiudono secoli di storia.