Gli ancestrali: dal metodo più antico, i vini più interessanti del momento

Manuela Titta, 31 Mag 2024
gli ancestrali: dal metodo più antico, i vini più interessanti del momento
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Amate bollicine, protagoniste di ogni occasione, negli ultimi tempi hanno guadagnato un’indiscussa popolarità grazie all’offerta sempre più ampia. Destreggiarsi in questo universo può sembrare semplice, ma in realtà il moltiplicarsi di prodotti può mettere in difficoltà: se da un lato abbiamo la possibilità di sperimentare molte proposte diverse, dall’altro si crea l’esigenza di avere un minimo di dimestichezza per orientarsi nel migliore dei modi. Uno dei prodotti che sta guadagnando terreno sono gli ancestrali, dei vini con un nome evocativo e particolarmente affascinante che vale la pena imparare a conoscere. 

Dimensione bollicine

Attingiamo al mondo contadino per parlare di ancestrali, perché si fa riferimento alle antiche pratiche di vinificazione che si facevano in campagna. Quando parliamo di bollicine oggi, ci destreggiamo bene tra il Metodo Classico e il Martinotti Charmat, le due tecnologie di vinificazione che conosciamo meglio. Lo Champagne nasce grazie all’intuizione di Dom Perignon che riesce, con grande tenacia e impegno, ad ottenere la rifermentazione in bottiglia, cosa oggi molto scontata, ma che nel 1600 ha rappresentato uno spartiacque senza precedenti. Il Martinotti Charmat è più recente, a cavallo tra il 1800 e il 1900: anche qui la tecnologia la fa da padrona, perché viene brevettato questo sistema di rifermentazione che prevede l’autoclave. Se si parla, invece, di ancestrali, ci dobbiamo proiettare in un’altra dimensione. Scopriamo nel dettaglio cosa li distingue e perché vale la pena scoprire questo mondo parallelo

La rifermentazione

La differenza nelle spumantizzazioni sta nella scelta degli uvaggi e nel secondo processo di fermentazione, la presa di spuma: ogni vino è il risultato della scelta del vignaiolo, che rende unico il prodotto finale perché frutto di tantissimi passaggi che lo caratterizzano in maniera inequivocabile. Ad occhio riusciamo già a capire la differenza tra un metodo classico e un Martinotti Charmat, grazie al perlage che si presenta in modalità diverse. Ma se anche gli ancestrali hanno la seconda fermentazione in cosa si differenziano? Vediamo quali sono i tratti distintivi di queste bollicine così particolari.

Pétillant Naturel

La méthode ancestrale viene dalla Francia del XVI secolo, quando i ritmi naturali influenzavano l’andamento della fermentazione: con “Pet Nat” si intende Pétillant Naturel, un termine che ci porta indietro nel passato, ma che oggi ci mette a disposizione dei vini che stanno destando molta curiosità. La fermentazione ha sempre fatto da sé, ciò che l’uomo è riuscito a costruire, una volta intuite le potenzialità di questo processo, è diventata la storia del vino e con essa tutte le sperimentazioni che portano in tavola un grandissimo assortimento di prodotti. Il fascino del metodo ancestrale sta proprio nella sua dinamica legata al ciclo stagionale e al lavoro dei lieviti che qui guadagnano completamente la scena. 

Il Metodo più antico

Quella di oggi è la fermentazione che avveniva secoli fa, prima che arrivasse il metodo classico che di secoli ne ha già quattro. I vini ancestrali seguono gli stessi criteri di allora, perché dopo una pressatura leggera, l’uva è pronta per iniziare la fermentazione. Sono i lieviti indigeni a farla partire, quei lieviti che si trovano naturalmente sulle bucce e che sono responsabili di tutto il processo. Nella spumantizzazione (non importa secondo quale metodo) le fasi sono nettamente divise in due, perchè c’è una prima fermentazione a cui segue una seconda (la presa di spuma), ma mentre nelle due tecniche più famose la quantità di zucchero viene regolata per la rifermentazione, negli ancestrali no. Si fa solo ed esclusivamente affidamento sugli zuccheri naturali dell’uva, che risultano sufficienti per tutto il periodo necessario alla lavorazione del vino. Oggi gli ancestrali vengono vinificati in contenitori diversi tra la prima e la seconda fase, ma secoli fa non era così: avveniva tutto di seguito senza che il vino fosse spostato e da qui si ricavava il pétillant naturel, il naturalmente frizzante

I lieviti

Una volta partita la fermentazione, il ciclo naturale del caldo/freddo andrà ad arrestare la fermentazione alcolica: a questo punto il vino viene imbottigliato e riprenderà la fermentazione con il rialzo delle temperature. Tutto ciò grazie al fatto che gli zuccheri presenti non sono stati consumati tutti, ma rimangono in misura sufficiente, in modo che i lieviti possano riprendere l’attività, liberando anidride carbonica per la produzione delle bollicine. Il metodo ancestrale permette di produrre vini spumanti senza aggiunta di lieviti o zuccheri, la  fermentazione si ottiene spontaneamente con gli zuccheri e i lieviti dell’uva di partenza di partenza. Il pregio non è solo nella naturalezza del processo, ma anche nella presenza di questi lieviti che, una volta ultimato il loro lavoro, rimangono nella bottiglia e conferiscono aromi decisamente particolari. 

Gli aromi dei vini ancestrali

I lieviti producono aromi e nei vini ancestrali abbiamo una vera e propria concentrazione, dovuta al fatto che il vino non viene assolutamente filtrato come si fa per gli altri metodi di spumantizzazione. Con il metodo ancestrale otteniamo vini freschi e fruttati, un processo di indubbio successo che ha trovato larga diffusione: nato nel Gaillac e Limoux nella regione vinicola di Mauzac, oggi sta guadagnando consensi in tutto il mondo, Italia compresa che vanta moltissime realtà.