Viaggio in Occitania
Andremo in Occitania, una regione storicamente collocata ad ovest del Rodano e compresa fra la catena dei Pirenei ed il Massiccio Centrale, normalmente un po’ trascurata ma invece ricca di spunti di notevole interesse, sia naturale che artistico. Partiremo purtroppo con l’angoscia dovuta al terribile attentato che si è consumato, per mano di ignobili e spregevoli fondamentalisti islamici, nella notte a Sharm-el-Sheikh, località che ben conosciamo.
Alle 8:46 lasciamo casa, con Federico, amante di questo genere di viaggi, pimpante più che mai e venti minuti più tardi imbocchiamo, come di solito accade, l’autostrada a Faenza. Il traffico verso nord è intenso, ma fila via tutto liscio e alle 9:30 siamo a Bologna. Non è così invece in direzione sud, perché sono praticamente fermi.
L’asfalto scorre costantemente sotto alle ruote del nostro mezzo, in questo modo alle 10:30 siamo a Parma e mezzora dopo a Piacenza. Sfioriamo solo il corso del Po e andiamo ad ovest lungo la A21, quindi a sud, seguendo la A7 prima e la A26 poi. Oltrepassiamo gli Appennini notando lo strano nome che porta una galleria, “dell’asino morto” (che fa un curioso paio col “viadotto del bue morto”, ubicato sull’A1, poco prima di Firenze) e giungiamo in vista del mare, sulla costa ligure, alle 12:30. Percorriamo la A10, bordeggiando la Riviera di Ponente, e poco dopo, alle 12:55, nei pressi di Savona, ci fermiamo in un’area di servizio per pranzare.
La sosta dura meno di un’ora: riprendiamo appena possibile la strada e dopo una breve coda alla barriera di Ventimiglia alle 15:30 entriamo in Francia, senza controllo alcuno (anzi, della dogana neanche l’ombra), alla faccia della tanto decantata sospensione del Trattato di Schengen da parte dei transalpini dopo i recenti, spregevoli, attentati di Londra.
Seguiamo la salatissima autostrada francese, oltrepassando arcinote località balneari d’elite come Monaco, St. Tropez e Cannes, poi, intorno alle 17:00, ci fermiamo per un rifornimento e notiamo, per la prima volta da quando viaggiamo, i prezzi dei carburanti addirittura più cari che in Italia! Verso le 18:00 ci lasciamo sulla destra la deviazione per Marsiglia e un’ora più tardi arriviamo al traguardo di questa prima giornata, ai piedi del borgo di Les Baux de Provence, che visiteremo domani mattina.
Doveva esserci nella zona un parcheggio per camper che invece non c’è più e ci sistemiamo per questa notte, in maniera piuttosto improvvisata, lungo la strada, ma c’è un altro equipaggio a farci compagnia e il luogo sembra sufficientemente tranquillo, così, tutt’altro che preoccupati, ci dedichiamo, dopo cena, al meritato riposo. Domenica 24 Luglio: Quando ci svegliamo non c’è il sole, ma giusto il tempo di far colazione ed il cielo si ripulisce rapidamente dalle nuvole, così possiamo intraprendere con migliori aspettative la visita del borgo medievale di Les Baux de Provence, collocato su di uno sperone roccioso fra le modeste asperità montuose delle Alpilles.
La cittadina, sede di una raffinata corte già nel XVI secolo, appoggiò incautamente una rivoluzione e fu punita con la distruzione, voluta da Luigi XIII, nel 1632. Nell’Ottocento venne scoperto nelle sue vicinanze un minerale cui fu dato, appunto, il nome di bauxite e oggi il borgo, sapientemente restaurato si può visitare.
Sono state riportate all’antico splendore le caratteristiche viuzze, che percorriamo nella tranquillità delle ore mattutine fino al balcone panoramico prospiciente la romanica chiesa di St. Vincent e più su, fino al castello, che però decidiamo di non visitare: in tre ci sarebbe costato venti euro … ogni cosa ha il suo giusto prezzo e questo è decisamente troppo, anche perché il maniero è poco più di un rudere.
Soddisfatti comunque della visita riguadagniamo con calma il camper, soffermandoci sulle antiche dimore seicentesche e sui negozietti, che col passare delle ore vanno sempre più animandosi.
Tornati a bordo del nostro mezzo ci spostiamo di pochi chilometri più a nord, alla periferia dell’abitato di St. Remy de Provence, dove si trovano gl’interessanti e suggestivi resti romani di Les Antiques.
Sull’antica strada che collegava l’Italia alla Spagna sorgeva in questo punto l’insediamento di Glanum, di fondazione ellenistica, romanizzato nel I secolo a.C., del quale sono rimaste alcune vestigia: fondazioni di case, templi e terme, ma soprattutto un meraviglioso arco trionfale, risalente ai primi anni dell’impero, ed il mausoleo che, alto oltre 19 metri, era presumibilmente dedicato a due nipoti di Augusto. La coppia di monumenti, eretti uno di fianco all’altro, si trova scenograficamente collocata su di una piccola spianata fra gli alberi e merita, senz’altro, più d’una banale occhiata.
Scattiamo qualche foto e ci lasciamo brevemente irretire dal fascino delle millenarie pietre, poi regoliamo il navigatore satellitare sull’arrivo di tappa odierno e torniamo a macinar chilometri. Tirate le somme di questa prima parte di giornata ci rendiamo però conto, causa la mancata visita al castello di Les Baux, di essere in forte anticipo sulla tabella di marcia, così decidiamo di fermarci per un fuori programma nella città di Arles, che si trova esattamente sulla nostra rotta.
Parcheggiamo a nord dell’abitato in prossimità di Porte de la Cavallerie, oltrepassando la quale, a piedi, raggiungiamo il centro storico, dominato dall’imponente mole di Les Arenes, il più grande anfiteatro romano esistente in Francia che, eretto probabilmente nel II secolo sotto Adriano, misura 136 metri per 107 e, sviluppato su due ordini di 60 archi, poteva contenere fino a 26.000 spettatori: un’opera colossale, fortunatamente conservatasi in discreto stato fino ai giorni nostri.
Sotto il caldo sole della Provenza aggiriamo l’arena e fiancheggiando quel che resta del teatro, anch’esso romano, giungiamo di fronte al meraviglioso portale della chiesa, questa volta romanica, di St. Trophime, gioiello scultoreo risalente al XII secolo … Osservato il severo interno ci dedichiamo poi alla visita dello scenografico chiostro, attraverso le cui esili colonnine si possono catturare i più accattivanti scorci inerenti il complesso religioso.
A spasso per una città dall’aspetto particolarmente sornione, visto il giorno festivo, passa così abbondantemente il mezzogiorno e, tutto sommato appagati per la visita imprevista, tornati al camper, proprio ad Arles, in un parcheggio ombreggiato sulle rive del Rodano, consumiamo il nostro meritato pranzo.
Nel pomeriggio partiamo per la parte più consistente, come chilometraggio, della tappa: oltrepassiamo la città di Nimes e ci avventuriamo sulle alture dell’interno lungo la cosiddetta Corniches de Cevennes. La strada corre per lunghi tratti sul crinale di un sistema montuoso dall’aspetto non entusiasmante, che offre scorci paesaggistici a carattere collinare, molto simili a quelli dei nostri Appennini … e la densa foschia presente non aiuta di certo a renderli più accattivanti. Intanto la freccetta che indica il livello del carburante scende rapidamente avvicinandosi alla zona rossa ed il giorno festivo pare non ci consenta di porvi rimedio … Invece, quando ormai pensavamo di fermarci in attesa del lunedì mattina, troviamo un distributore aperto nei pressi di Florac e, fatto il pieno, possiamo riprendere tranquillamente in nostro itinerario. Imbocchiamo così la strada che segue la valle e le Gorge del fiume Tarn, che si sviluppano per diverse decine di chilometri offrendo scenari talvolta interessanti, ma nulla di trascendentale (specialmente se negl’occhi si hanno ancora gli stupefacenti canyon del West americano!) … in più troviamo, nell’ordine, il suggestivo sito di Castelbouc nell’ombra, il vasto belvedere di Cinque de St. Chelly controsole e la parte restante delle gole inondata dalla cupa luce del fondovalle nel tardo pomeriggio … insomma, un piccolo fallimento! Intorno alle 19:00 giungiamo al termine della stretta vallata nell’abitato di Rozier e da lì saliamo, a stretti tornanti, fin sull’altopiano nella località di Montpellier le Vieux, dove dovrebbe trovarsi un parcheggio per camper … Lo scoviamo, ma non ci sono altri mezzi in sosta, in compenso c’è un locale alla buona, l’Auberge de Maubert, nel quale ceniamo con un’eccellente bistecca ad una cifra irrisoria (25 euro in tre).
Scende l’oscurità in un silenzio quasi irreale: sembriamo in capo al mondo, ed il contesto è bellissimo, mentre quatto, quatto sopraggiunge un altro camperino a farci compagnia e anche per questa notte non saremo soli.
Lunedì 25 Luglio: Non è purtroppo una bella giornata dal punto di vista meteorologico: il cielo non minaccia pioggia ma è completamente coperto e il grigiore domina incontrastato.
Ci alziamo con calma e ci rechiamo a vedere nelle vicinanze il cosiddetto Chaos de Montepellier le Vieux: una zona relativamente ristretta nella quale l’erosione, provocata dagli agenti atmosferici, ha modellato col tempo le rocce dolomitiche presenti in fantasiose conformazioni.
Varcato l’ingresso e pagato il biglietto (cumulativo con l’Aven Armand, una grotta che visiteremo nel pomeriggio) parcheggiamo il nostro mezzo e, a piedi, ci avventuriamo lungo il percorso principale che attraversa l’area protetta. Affrontiamo così l’accidentata salita che porta allo sperone roccioso di Douminal, contornati da sorprendenti picchi, e da lassù ci godiamo l’ardito panorama … peccato solo per il sole, irrimediabilmente latitante! Seguendo un tratto in discesa ci approssimiamo quindi alla cosiddetta Porte de Mycenes: un bellissimo arco naturale di roccia che riveste a pieno merito il ruolo di conformazione simbolo del parco.
Percorriamo un altro breve tratto di sentiero e poi, con l’ausilio di un comodo trenino, facciamo ritorno al parcheggio, concludendo una visita che in condizioni di tempo migliori, e con scenari quindi più accattivanti, poteva essere certamente svolta in maniera più ampia e approfondita … peccato! Riprendiamo l’itinerario per sospenderlo poi quasi immediatamente a causa della curiosità mia, ma soprattutto di Federico, per un “Percorso Avventura” attrezzato fra diversi pinnacoli rocciosi nei pressi dell’Auberge de Maubert. Armati di caschetto protettivo e moschettoni ci cimentiamo così, per oltre un’ora, nell’attraversamento di ponti tibetani e passerelle dalle forme più strane, con Federico che, impavido, si lascia andare appeso ad alcune carrucole lungo vertiginosi passaggi, mentre Sabrina, pazientemente, ci aspetta nel camper per il pranzo … Terminata l’avventura, da veri uomini duri e sprezzanti del pericolo, ci presentiamo a tavola con fare imperioso … «Da mangiare donna!» … vorremmo gridare! … Scherzi a parte: ci siamo veramente divertiti … e buoni, buoni diamo una mano in cucina senza discutere.
Pranziamo mentre si è fatto decisamente tardi e siamo ancora a Montpellier le Vieux, così con sollecitudine, appena possibile, riprendiamo la strada. Percorriamo le interessanti Gorge de la Jonte e dopo circa trenta chilometri ci fermiamo a vedere l’Aven Armand.
Scendiamo con una funicolare lungo un tunnel e accediamo ad un’immensa sala sotterranea, alta 45 metri, che potrebbe ospitare al suo interno, per intero, la cattedrale di Notre Dame di Parigi. Fu scoperta nel 1897 da tale Louis Armand ed è bellissima, letteralmente invasa com’è da una foresta di oltre 400 candide stalagmiti dalla forma molto particolare, dovuta all’altezza da cui cade la fatidica gocciolina d’acqua: sembrano, in pratica, tante “frittelle” di calcare una sopra l’altra. Riemergiamo così all’aria aperta compiaciuti per la visita … e dire che di grotte ne abbiamo viste tante nei nostri viaggi! Il pomeriggio è ormai ben più che inoltrato quando torniamo a divorar l’asfalto, ma c’è ancora un luogo che vorremmo vedere prima della conclusione di questa giornata.
Dopo un’infinità di curve, intorno alle 18:00, giungiamo nel parcheggio in prossimità del sito in questione. Ci rechiamo alla biglietteria e subito dopo cominciamo a scendere lungo un sentiero che in circa un chilometro ci porta, sul greto del sottostante fiume, all’ingresso dell’Abime de Bramabiau.
Letteralmente “L’abisso del toro che muggisce” (a causa del rumore prodotto da un salto dell’acqua nei periodi di piena) è una profonda spaccatura nella roccia prodotta da un fiume che scorre per 800 metri nel sottosuolo, per poi riemergere con una fragorosa cascata.
Restiamo a lungo, in compagnia della guida, ad una temperatura di 8-10 gradi, nell’intricato dedalo di gallerie di Bramabiau: noi ne percorriamo solo un chilometro, ma in realtà le acque, con la complicità del tempo, si sono veramente sbizzarrite e lo sviluppo speleologico complessivo delle grotte è di ben 11 chilometri! Il tutto si rivela se non altro molto originale e al termine dell’escursione nei meandri della Terra possiamo affrontare sufficientemente appagati la dura risalita al parcheggio, dove ci attende, pazientemente, il nostro fido automezzo.
A causa anche del “Percorso Avventura” si è fatto decisamente tardi, così siamo in pratica costretti a chiudere, nel parcheggio dell’Abime de Bramabiau, la tappa odierna: ceniamo e, nel silenzio delle Cevennes, mettiamo fine ad una giornata tutto sommato positiva, che però, con la presenza del sole, soprattutto nella mattinata, sarebbe potuta essere decisamente meglio.
Martedì 26 Luglio: Causa il ritardo accumulato ieri ci troviamo costretti a saltare la visita al borgo medievale di La Couvertirade, in compenso oggi, a quanto pare, saremo accompagnati da un sole splendente.
Con queste prerogative partiamo, dopo aver dormito meravigliosamente bene ad oltre mille metri di quota nelle vicinanze dell’Abime de Bramabiau, e percorsa una serie interminabile di curve arriviamo, scendendo di parecchio verso il livello del mare, nei pressi del paese di St. Bauzille de Putois.
Sulle alture calcaree che dominano a nord-est l’abitato s’inerpica una strada seguita la quale giungiamo alla celebre Grotte des Demoiselles. Nel parcheggio prospiciente il luogo fa parecchio caldo, ma la sensazione è di breve durata e una volta penetrati, per mezzo di una funicolare, nel cuore della montagna troviamo ad attenderci i 14 gradi costanti che caratterizzano l’antro, noto da secoli ma visitabile solo dal primo Novecento. Le sue dimensioni sono ragguardevoli e in particolare colpisce la grande sala, detta anche “La Cattedrale degli abissi”, che raggiunge i 52 metri di altezza. Al contrario dell’Aven Armand però, “viva” e gocciolante, la Grotte des Demoiselles è arida, in pratica “morta”, e seppur suggestiva è più tetra e meno affascinante.
Dopo un’altra ora abbondante trascorsa nelle viscere della terra riemergiamo, mentre il mezzogiorno è passato da tempo e dentro al camper c’è un caldo infernale. Pranziamo e con solerzia ripartiamo seguendo il corso del fiume Herault.
Un’ansa dopo l’altra arriviamo così nel paese di St. Guilhem le Desert, situato in posizione pittoresca fra le falesie ed il bacino fluviale, talmente sacrificato nella sua posizione geografica a tal punto che, nei microscopici parcheggi presenti, non riusciamo proprio a trovare il posto per il nostro ingombrante mezzo e dopo alcuni inutili tentativi dobbiamo per forza rinunciare, a malincuore, alla sosta e alla visita.
In alternativa ci fermiamo, per la gioia del piccolo, come qui fanno in tanti, per un po’ di tempo sulle rive del fiume … e ci godiamo anche un refrigerante bagno. In questo modo il pomeriggio scivola via tranquillo e ben presto si fa l’ora di lasciare l’Herault e anche le Cevennes, che, in tutta sincerità, sotto molti aspetti non ci hanno soddisfatto appieno.
Riguadagniamo la piana costiera mediterranea e procediamo verso sud lungo l’autostrada A9 per deviare poi a destra, poco dopo Narbonne, seguendo la A61 fino a giungere, armai a sera, ai piedi della celeberrima cittadella medioevale di Carcassonne, a prima vista bellissima.
Parcheggiamo poco fuori le mura, in un’area autorizzata, e dopo cena facciamo quattro passi per le antiche vie: la cosa indubbiamente più bella di una giornata non troppo ben riuscita. Scattiamo qualche foto alle meravigliose fortificazioni illuminate e, rinfrancato in questo modo il morale, ce ne andiamo tranquillamente a dormire: domani proprio da qui comincerà il viaggio vero e proprio nel cuore dell’affascinante Occitania.
Mercoledì 27 Luglio: Ha soffiato vento forte durante buona parte della notte e quando ci svegliamo il cielo è tutto nuvoloso … Acc…!!! Proprio a Carcassonne, uno dei luoghi presumibilmente più belli di tutto l’itinerario! Le nuvole viaggiano velocissime sopra alle nostre teste e ogni tanto s’intravede qualche piccolo squarcio di cielo azzurro, ma è solo un’illusione. Facciamo tutti i lavori possibili e immaginabili prima di dare inizio alla visita, ma la situazione non cambia e, seppur contrariati, dobbiamo accettarla.
La Cité di Carcassonne, detta anche la “Merville du Midì”, è uno dei più importanti esempi in Europa di cinta fortificata medievale: le sue 45 torri sono disseminate lungo un doppio ordine, lungo tre chilometri, di bastioni, mai violati, costruiti a più riprese nel corso di circa mille anni (fra il III ed il XIII secolo). Sono stati provvidenzialmente salvati dalla demolizione e rimessi in sesto dall’architetto Violet le Duc nell’Ottocento e sono giunti a noi conservando inalterato tutto il loro straordinario fascino, tanto da essere stati più volte utilizzati anche come set cinematografico: qui sono ad esempio state girate alcune scene del film “Robin Hood”, con Kevin Costner.
Entriamo, in prossimità della monumentale Porte Narbonnaise, nello spazio fra le due cinte di mura e lo percorriamo, fra stupendi scorci, fino alla Tour St.Nazaire. Da lì entriamo nel borgo e subito incontriamo la trecentesca basilica di St. Nazaire, nella quale spiccano le splendide vetrate policrome. Usciamo quindi nuovamente dalle fortificazioni attraverso la scenografica Porte d’Aude per osservare il fantasioso gioco architettonico delle mura turrite, che in questo punto è talmente bello da risaltare anche sull’infame grigiore del cielo odierno.
Vaghiamo per quasi due ore fra bastioni e viuzze medioevali (invase purtroppo da un eccessivo sfruttamento turistico) e in questo lasso di tempo osserviamo anche il pregevole Chateau Comtal, che sorge sul lato occidentale della Citè, preceduto da un enorme barbacane semicircolare e dall’immancabile fossato, ma per tutto il tempo il sole non ci degna minimamente della sua presenza! Poco prima di mezzogiorno terminiamo la visita e ci avviamo un po’ indispettiti verso Toulouse … doppiamente indispettiti quando, giunti a destinazione, le nuvole rapidamente si diradano, con il cielo che torna ad essere azzurro più che mai.
Parcheggiamo e pranziamo nei pressi della “Cité de l’Espace”: un grande spazio espositivo, interattivo, dedicato al cosmo e all’industria aeronautico spaziale europea, che intenderemmo visitare, ma l’elevato costo del biglietto (20 euro a testa) e soprattutto, non conoscendo alla perfezione altre lingue oltre all’italiano, la paura di capirci poco o nulla ci fanno desistere dal farlo. Federico (ideale e taccagno amico di Paperon de Paperoni), per fortuna la prende bene e concorda sulla decisione, così nel primo pomeriggio possiamo dedicarci all’esplorazione del centro storico di Toulouse.
L’antica capitale della Linguadoca e attuale capoluogo del dipartimento del Midì Pyrenees è un agglomerato urbano di ragguardevoli dimensioni per cui, dopo un inutile tentativo di trovare un parcheggio nelle vie centrali per il nostro voluminoso automezzo, cerchiamo un’alternativa. Ci dirigiamo verso la periferia e ci fermiamo, appena possibile, in prossimità di una fermata del metrò. Per la gioia di Federico, che mai aveva provato questo genere di mezzo di trasporto, proprio con la metropolitana raggiungiamo così il nucleo storico della città di Toulouse (un’esperienza che fra l’altro cerchiamo di far passare in sostituzione della Citè de l’Espace).
Emergiamo in prossimità della centralissima e grande Place du Capitol, dominata dall’imponente ed elegante facciata classicheggiante dell’edificio detto, appunto, Capitol che, eretto fra il ’700 ed il ’900, oggi ospita la sede dell’Hotel de Ville (il municipio).
Percorriamo la stretta Rue du Taur, fiancheggiata da antichi edifici, e arriviamo al cospetto della grande basilica, tutta in mattoni rossi, di St. Sernin: insigne monumento dell’arte romanica e tappa dei pellegrini sul “Cammino di Compostela”, iniziata nel 1080, sulla quale svetta l’ardita Torre Nolare alta 63 metri, a sei piani ottagonali rastremati.
L’impiego del laterizio caratterizza un po’ tutto il centro storico ed anche l’imponente chiesa di Les Jacobins, rarissimo esempio di edificio religioso a due navate (solitamente sono di numero dispari: uno, tre o cinque) innalzato nel XIV secolo.
Chiudendo ad anello una sorta di itinerario troviamo purtroppo chiuso l’Hotel de Bernuy, un interessante palazzo del Cinquecento, e ci ritroviamo di fronte alla vivace facciata del Capitol certi di aver vissuto una breve ma piacevole esperienza fra le bellezze architettoniche di questa grande e forse un po’ bistrattata città.
Con l’ausilio del metrò torniamo al camper e per la sera ci spostiamo 70 chilometri a nord nella ben più tranquilla cittadina di Albi, dominata dall’imponente sagoma della cattedrale di St. Cecile.
Brighiamo non poco e mi scortico anche maldestramente un ginocchio cadendo nel tentativo di trovare l’area per camper, ma alla fine parcheggiamo in un magnifico luogo, praticamente ai piedi del grande edificio religioso che, memore di quanto accaduto a Carcassonne, mi precipito a fotografare con la presenza del sole … e nella pace di questa cittadina di provincia, col profilo della cattedrale illuminato a stagliarsi mirabilmente sul cielo notturno, come a volerci proteggere, concludiamo una bella giornata ricca di storia.
Giovedì 28 Luglio: Consumiamo la nostra solita colazione con in più, oltre al vetro, la grandiosa mole della cattedrale di St. Cecile … e proprio da quest’ultima, naturalmente, partiamo per la visita al centro di Albi: storica cittadina, capoluogo di dipartimento, che fra il XII ed il XIII secolo fu il fulcro del movimento ereticale degli Albigesi.
La cattedrale di St. Cecile, simbolo di Albi, sorge alla sommità della collina che domina il corso del fiume Tarn, al centro di una vasta piazza, e fu edificata fra il 1282 ed il 1390 tutta in mattoni rossi. Ha l’aspetto di una fortezza medioevale, coronata dal giro di ronda e da torrette semicircolari, ma soprattutto dal maestoso torrione-campanile, alto 78 metri, che la sovrasta, rafforzato da possenti fortificazioni cilindriche. L’originalità della costruzione, che ha più le sembianze di un edificio militare che religioso, è data non solo dalla severità delle mura esterne, ma pure dall’assenza dell’entrata sulla facciata principale: vi si accede infatti attraverso una vera e propria struttura a sé stante ubicata su di un fianco e composta da una scalinata, da un portale turrito e da un baldacchino gotico, ricco di pinnacoli e decorazioni traforate.
Già impressionati dai poderosi esterni restiamo estasiati di fronte ai sontuosi interni: le cappelle e le volte sono interamente ricoperte da ricchissime decorazioni ad affresco, realizzate nel primo Cinquecento dal pittore italiano Giovanni Francesco Donnella. C’intratteniamo a lungo dentro alla cattedrale col naso all’insù … peccato solo che, in seguito ad alcune operazioni di manutenzione, dal grande organo provengano, a ripetizione, prolungati e monotoni suoni, che finiscono col disturbare un po’ la solennità della visita.
Usciti da St. Cecile facciamo quattro passi per il centro storico di Albi e arriviamo al gotico Pont Vieux, dal quale si ha un bel colpo d’occhio sulla città, caratterizzato immancabilmente dalla cattedrale, oltre che dal vicino Palace de la Berbie, scenografico edificio in mattoni che ci fermiamo poco dopo a vedere più da vicino, al cui interno si trova il Musée Toulouse Lautrec. L’artista, nato proprio ad Albi nel 1684, è famoso soprattutto per aver disegnato numerosi cartelloni pubblicitari del Moulin Rouge e le sue ballerine di can-can sono universalmente note: così acquistiamo, in suo onore, una bella litografia e poi facciamo ritorno al camper estremamente soddisfatti della visita appena conclusa … solo Federico è un po’ contrariato perché voleva salire sul grande torrione-campanile, ma non è risultato possibile farlo, malgrado si vedessero alcune persone in vetta.
Riprendiamo la strada e, salendo sulle alture circostanti, giungiamo al borgo medievale di Cordes sur Ciel. Parcheggiamo nell’area per camper sotto al paese e lì, vista l’ora, pranziamo.
Senza fretta, nel primo pomeriggio, ci dedichiamo all’esplorazione del villaggio che, fondato nel 1222, si trova arroccato su di una collina all’imbocco della Valle del Cerou ed è racchiuso entro quattro cortine difensive, erette nell’arco di duecento anni.
Il percorso che porta al centro, tutto in salita, nel caldo odierno, risulta estremamente gravoso, ma alla fine, oltrepassando antiche e scenografiche porte, approdiamo nella piazzetta principale del paese, balcone naturale sulla sottostante vallata immerso in una pace secolare, nel quale troviamo due improvvisate suonatrici a caratterizzare ulteriormente l’atmosfera … e lì, comodamente seduti, ci godiamo una meritata e rinfrescante granita.
Con più calma (e meno affanno) scendiamo gustandoci il borgo, tempestato di antichi edifici e numerosi atelier di artisti … è carina Cordes sur Ciel e ha meritato senz’altro le ore d’attenzione che gli abbiamo dedicato.
Espletate, nell’area attrezzata, tutte le operazioni di routine riprendiamo la strada per Albi fiancheggiando ridenti campi di girasoli e giungiamo così nuovamente in vista dell’imponente mole di St. Cecile. Naturalmente non ci fermiamo e procediamo verso nord-est, seguendo le indicazioni per la città di Rodez, dove arriviamo nel tardo pomeriggio.
Parcheggiamo in prossimità del centro e ci precipitiamo a vedere la cattedrale di Notre Dame, mentre il sole, dopo una giornata caldissima, si accinge a sparire dietro a grosse nuvole grigie, che impietosamente avanzano da occidente.
L’edificio religioso, innalzato a più riprese fra il XIII ed il XVI secolo è in pratica l’unico monumento di un certo interesse della cittadina e spicca, imponente, al termine dell’ampia Avenue Victor Hugo: vista l’ora ormai è chiuso, ma riusciamo a scattare una foto decente, ancora col riverbero del sole, prima di tornare al camper per cena.
In serata minaccia a più riprese di piovere, ma alla fine non lo fa … speriamo passi tutto e domani mattina ci sia di nuovo il sole, in barba a quanto fa sistematicamente da quando siamo partiti: una giornata bella ed una brutta … oggi il sole e domani … nuvole? Venerdì 29 Luglio: Nelle primissime ore del mattino alla fine è piovuto, ma quando ci svegliamo sono molto più numerosi gli sprazzi di cielo sereno e fiduciosi possiamo dare il là anche a questa giornata.
Ci dobbiamo spostare in fretta perché, nel parcheggio in cui sostiamo, stanno probabilmente preparando per una festa di paese e quando mettiamo la testa fuori dal camper ci troviamo già quasi completamente circondati dalle transenne … facciamo una veloce colazione e subito dopo ci lasciamo alle spalle Rodez.
Percorriamo la strada verso nord-ovest e seguendo l’aspra Valle del Dourdou arriviamo nell’antico villaggio di Conques, mentre purtroppo le nuvole aumentano drasticamente, confermando in qualche modo l’alternanza delle condizioni meteo.
Parcheggiamo e ci avviamo a piedi alla scoperta del borgo, accompagnati dall’ombra, che malauguratamente regna sovrana … Ciononostante spicca mirabilmente al centro dell’abitato la sagoma dell’abbazia benedettina di S.Te Foy, edificio romanico risalente all’XI secolo, che fu a suo tempo il fulcro della vita cittadina quale tappa dei pellegrini sul “Cammino di Compostela”.
Attorno al complesso abbaziale si dipanano le caratteristiche viuzze pavimentate a ciottoli tondi e i vicoli fiancheggiati dalle facciate a graticcio, nei quali ci perdiamo volutamente per un paio d’ore, fin quando non veniamo premiati da qualche prezioso raggio di sole.
Ultimata, poco dopo le 11:00, la visita dell’accattivante villaggio di Conques, dal 1988 facente parte anche del patrimonio mondiale dell’Unesco, ripartiamo e percorriamo un bel tratto di strada: oltrepassiamo la cittadina di Decazville (non voglio avventurarmi in traduzioni letterali tanto sconce quanto improbabili) e nei pressi dell’abitato di Figeac ci fermiamo a pranzare. Parcheggiamo sulle rive del fiume con il cielo sopra di noi completamente coperto e con l’unica nota di colore offerta da Federico, che si diletta col suo nuovo fischietto da richiamo, acquistato in un negozietto di Conques.
Rifocillati partiamo per la seconda parte della giornata, mentre comincia anche a piovere ed il morale della “truppa” scende rapidamente verso livelli inadeguati per un clima vacanziero.
In meno di un’ora giungiamo in vista della vallata del fiume Lot, nostro punto di arrivo per quanto riguarda la tappa odierna, e la situazione meteorologica ovviamente non cambia. Invece di recarci a vedere il borgo di St. Cinque La Popie saliamo allora, lungo una strada laterale della valle, alle Grotte di Pech Merle, visitabili solo su prenotazione … Noi ci siamo riservati la possibilità di farlo, fin da casa tramite il sito internet, per domani mattina, viste però le condizioni del tempo non ci dispiacerebbe anticipare … Come non detto però: le visite della giornata sono già tutte piene e non ci resta che andare a St. Cinque La Popie, mentre per fortuna non piove più e fra le nuvole, ora più rade, fa anche capolino il sole.
St. Cirque domina la vallata del Lot dall’alto di una scarpata ed è classificato fra i più bei villaggi medievali di Francia. La nobile famiglia dei La Popie, un tempo signori del luogo, diede il suo nome al castello, situato nel punto più alto del pendio, e quindi all’intero abitato.
Alle vestigia dell’antico maniero arriviamo per un sentiero che parte dalla piazza principale e dall’alto ci godiamo la vista sull’intero paese e sulla vecchia chiesa, arroccata sul fianco della falesia. Scendiamo quindi nel cuore del borgo che, arricchito da edifici di epoca esclusivamente medievale, presenta una bella omogeneità architettonica e ci godiamo, fra luci ed ombre, anche questo piccolo gioiello occitano.
Poteva anche andar meglio dal punto di vista meteorologico, ma in fin dei conti è stato piacevole passeggiare fin quasi a sera lungo gli stretti vicoli selciati di St. Cirque La Popie e pacatamente più tardi ci spostiamo, per la notte, nel vicinissimo Camping de la Plage, sulle rive del fiume Lot, così da rassettarci a dovere dopo quasi una settimana di viaggio.
Il piccolo trascorre un po’ di tempo nel minuscolo parco giochi compreso all’interno dell’area e poi ci ritiriamo dentro al camper, mentre cade qualche goccia di pioggia … ma non disperiamo: secondo le ben collaudate regole domani dovrebbe esserci il sole.
Sabato 30 Luglio: Suona la sveglia e cautamente apro l’oblò sopra la nostra testa: mi affaccio e mi ritrovo in un ambiente ovattato … non sono un campione di diottrie ma tutto ciò che mi circonda è eccessivamente sfocato e una ragione c’è, perché siamo immersi in un denso banco di nebbia. Non ci scoraggiamo e facciamo colazione, mentre la foschia lentamente si va diradando ed ora, guardando bene sulla verticale, s’intravede anche qualche sfumatura d’azzurro.
Vorremmo scattare ancora una foto con la giusta luce a St. Cirque La Popie prima di lasciare il luogo, ma l’abitato, alle 9:00, si trova ancora avvolto nella bruma mattutina e dobbiamo desistere dal farlo, così venti minuti più tardi siamo di fronte all’ingresso delle Grotte di Pech Merle, per visitare le quali non è necessaria la presenza del sole.
L’anfratto della “Collina del Merlo” fu scoperto casualmente nel 1922 da due adolescenti e la sua caratteristica principale non sono le conformazioni calcaree (seppur presenti in minima parte), ma le pitture preistoriche. Questa zona della Francia è particolarmente ricca di testimonianze risalenti al paleolitico e nelle vicinanze si trovano altre grotte con peculiarità simili a questa, Pech Merle però è una delle poche aperte al pubblico (seppur limitatamente a 700 visitatori al giorno) ed è indispensabile prenotare la visita, cosa che noi abbiamo fatto quasi un mese fa … e siamo stati estremamente provvidenti, visto che siamo i primi della lista.
Ritiriamo i nostri biglietti e poco dopo, in compagnia di una guida, scendiamo nella grotta. Prendiamo così visione dei primi dipinti, eseguiti nelle tonalità del rosso e del nero sulle bianche pareti calcaree dell’antro. Alcuni risalgono addirittura a 20-25.000 anni fa e sono meravigliosi nella loro cruda semplicità … non siamo al cospetto della “Cappella Sistina” ma dà quasi i brividi osservare quei rozzi ma significativi tratti, di fronte a noi, a distanza di tanto tempo.
Restiamo quasi un’ora assorti nella visita osservando fra l’altro anche impronte di mani sulle pareti e di piedi sul pavimento, oltre ad una curiosa radice che attraversa tutta la grotta per conficcarsi nel terreno alla sua base, poi, considerevolmente appagati per l’esperienza vissuta, riemergiamo all’aria aperta … La nebbia nel frattempo si è dissolta completamente ed ora candide nuvolette viaggiano nell’azzurro del cielo.
Diamo una veloce occhiata all’attiguo museo e poi torniamo a percorrere la Valle del Lot. Ci fermiamo così a vedere il curioso Defilè des Anglais, una serie di anguste gallerie sovrastate da strane fortificazioni, e il dirimpettaio ponticello in ferro che, scavalcando suggestivamente il corso del fiume, porta al villaggio di Bouzies.
Un’ansa dopo l’altra arriviamo così nella cittadina di Cahors, abbracciata dal corso del Lot, che la bagna su tre lati, e caratterizzata dal meraviglioso Pont Valentré, ponte-fortezza considerato uno dei più bei monumenti di tutta la Francia.
Parcheggiamo il camper nelle vicinanze e a piedi ci godiamo l’impressionante costruzione medievale, la meglio conservata del genere in Europa, eretta, pare anche con l’aiuto del diavolo, fra il 1308 ed il 1378. E’ costituita da sei arcate gotiche sulle quali spiccano, al centro e alle estremità, tre snelle torri merlate passanti, che si elevano per 40 metri sul pelo dell’acqua, creando un quadro di grande suggestione … Il ponte, simbolo di Cahors, è stato da tempo inserito, a pieno merito, nel patrimonio mondiale dell’Unesco.
E’ quasi mezzogiorno quando lasciamo questa sorprendente cittadina sul Lot ed imbocchiamo l’autostrada A20 diretti a nord: ne percorriamo un bel tratto e poi ci fermiamo a pranzare in un’area di sosta, per ripartire subito dopo, appena possibile, per la seconda parte della giornata.
Usciamo poco prima di Brive la Gaillard e seguendo verso est alcune strade secondarie ci approssimiamo al villaggio di Collonge la Rouge, mentre il cielo, che si era incupito, come per incanto si apre regalandoci un pomeriggio più luminoso che mai. Parcheggiamo poco fuori il paese, classificato fra i più bei villaggi di Francia, e passeggiando tranquillamente ci dedichiamo alla sua scoperta.
Interamente costruita utilizzando arenaria rossa, Collonge è sorta nell’anno 785 intorno ad un priorato e dal punto di vista architettonico il suo elemento più sorprendente è la grande quantità di dimore nobiliari presenti che, perfettamente restaurate, presentano una miriade di scenografiche torri e torrette. Il posto, nel medioevo, in effetti era una sorta di luogo di villeggiatura e in un certo senso, dopo un periodo di decadenza, è stato ancora una volta il turismo a salvarlo dalla distruzione … E’ un paese dai forti contrasti cromatici a cominciare dal rosso vivo delle pietre con il bianco della calce che le unisce ed il verde del paesaggio bucolico circostante, e poi il blu cupo, quasi nero, dei tetti con l’azzurro intenso del cielo … per fortuna! Passeggiamo lungo la Rue de la Barriere, fiancheggiata da fantasiose costruzioni che ospitano gl’immancabili negozietti, fra i quali ne spicca uno per originalità: la “Casa della Befana”, con tutto, veramente tutto ciò che riguarda l’amatissima vecchia e la sua inseparabile scopa. Percorriamo l’angusta Rue Noir, in fondo alla quale si trova la minuscola Chapelle des Penitents, e arriviamo di fronte all’Eglise de Saint Pierre, incantevole chiesa romanica risalente all’XI secolo, proprio mentre escono dalla porta principale, fra i festeggiamenti, due freschi sposi … Non c’è che dire: Collonge (la rossa) ci ha veramente deliziati, sotto ogni punto di vista, e soddisfatti torniamo al camper … mentre il sole sparisce nuovamente dietro alle nuvole.
Ormai è pomeriggio inoltrato ma la nostra giornata non è finita: andiamo a sud, scavalchiamo il corso della Dordogne (che rincontreremo più avanti nel viaggio) e una curva dopo l’altra arriviamo al cosiddetto Gouffre de Padirac. E’ un’impressionante voragine di 35 metri di diametro, che s’apre improvvisa sul terreno calcareo del Causse de Gramat e in extremis riusciamo ad effettuarne la visita.
Con l’ausilio di due ascensori si scende di 103 metri sul fondo dell’abisso, ma Federico ed io preferiamo farlo a piedi, per mezzo di una vertiginosa scala metallica. Al termine della discesa rincontriamo Sabrina e insieme percorriamo un breve sentiero sotterraneo che finisce in prossimità di un bizzarro imbarcadero … Siamo in una grotta, ad oltre cento metri dalla superficie, ma troviamo ad attenderci un placido fiume, la Rivière Plane, che percorriamo con l’ausilio di un natante, condotto da un addetto a forza di braccia, per ben 560 metri (fa fresco: la temperatura dell’aria è di 13 gradi, quella dell’acqua è di 10).
Il bacino navigabile termina in una sala dal cui soffitto pende la colossale “Grand Pendeloque”, una stalattite alta 60 metri. Qui sbarchiamo perché la parte finale dell’anfratto si visita a piedi e ciò che più stupisce sono le sue dimensioni: la parte più alta della volta si erge sulla nostra testa ad oltre 90 metri (su di essa restano solo nove metri di crosta terrestre) e attaccata ad una parete scende, candida, la “Grand Colonne”, enorme conformazione calcarea che si eleva per ben 75 metri! Allibiti torniamo a percorrere la Rivière Plane e poi la voragine, fino alla sua sommità: anche questa meraviglia del sottosuolo, scoperta nel 1889 dal noto studioso e speleologo E.A. Martel, è riuscita a stupirci e subito dopo, accompagnati dalla prime luci della sera, ci spostiamo per la notte nella vicina cittadina di Rocamadour.
Ai piedi dell’abitato si trova un bel parcheggio in erba, dove ci sistemiamo in compagnia di altri camper. Da lì la vista sul borgo illuminato, che visiteremo domani mattina, è sublime e in questo modo concludiamo la prima settimana di viaggio in Occitania e, contemporaneamente, forse, la miglior giornata da quando questa interessante avventura ha avuto inizio.
Domenica 31 Luglio: E’ piacevole destarsi al fresco quando in Italia pare sia un caldo infernale, ma soprattutto è bello aprire la finestra e trovarsi sotto alla spettacolare falesia di Rocamadour.
Il borgo, arroccato sulla vertiginosa parete del Canyon dell’Alzou, col castello che si sovrappone alle chiese, le chiese che si sovrappongono alle case in un incredibile universo verticale, che va dal fiume direttamente al cielo, fu una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità e già nel IX secolo appariva impregnato di un grande fervore religioso, che si protrasse, in continuo crescendo, per quasi 500 anni.
Ci avviamo a piedi, dalla spianata in cui siamo parcheggiati, lungo la salita che porta all’abitato … Rocamadour è in pratica dislocata su tre livelli: più in basso incontriamo il borgo, composto da due file di antiche case disposte lungo l’unica via (Rue de la Couronnerie), sulla quale si aprono quattro porte fortificate. Al piano intermedio si trova la cosiddetta “Città Religiosa”, formata dal palazzo dei vescovi e da svariate cappelle sacre, alla quale arriviamo percorrendo la Grand Escalier, irta scalinata di 216 gradini che un tempo i pellegrini, appesantiti da gravose catene, percorrevano addirittura in ginocchio.
Ci godiamo eccellenti scorci dal sapore medievale e poi, salendo lungo un ombreggiato sentiero adibito a Calvario, giungiamo alla sommità della falesia, dove, in posizione a dir poco panoramica, si trova il castello, eretto nel XIX secolo e quindi relativamente di recente. Conquistata così metro dopo metro la strapiombante rocca di Rocamadour facciamo ritorno, con più calma e meno affanno, al camper, completando la piacevole esplorazione della borgata in poco più di un paio d’ore.
Alle 11:00 siamo di nuovo pronti a partire e con la prua rivolta verso la prossima meta prendiamo strada: scendiamo da un aspro altopiano, ci lasciamo alle spalle la cittadina di Souillac e ci fermiamo a pranzare sulle rive della Dordogne.
Nel pomeriggio, tralasciato il paese di Domme, andiamo a visitare il villaggio di La Roque Gageac, tra i più suggestivi della vallata, rannicchiato ai piedi della falesia quasi a picco sul fiume. Le case quattrocentesche color ocra si contendono con la vegetazione l’esiguo spazio compreso fra l’alveo e la vertiginosa parete rocciosa del Pech Vigueyral, lasciando a mala pena un varco per la trafficatissima strada che fiancheggia in corso della Dordogne, e la processione continua di automobili toglie, inevitabilmente, parecchio fascino al luogo, così dopo una breve passeggiata lungo le vie acciottolate secondarie riprendiamo il nostro itinerario, alla scoperta di questa piacevole vallata.
Ci lasciamo sulla sinistra, oltre il fiume, la sagoma del castello di Castelnaud, che fu inglese nella guerra dei cent’anni, per raggiungere quello di Beynac, di fronte a noi, che fu francese nella stessa guerra. Si trova appollaiato scenograficamente su di un’alta falesia e si raggiunge per mezzo di una tortuosa strada al termine della quale c’è un parcheggio.
Lasciamo il camper e a piedi ci avviamo verso il maniero attraversando gli stretti e caratteristici vicoli dell’antico borgo di Beynac, poi varchiamo la porta del castello che, estremamente suggestivo ed in ottimo stato di conservazione, di recente è stato scelto come set dal regista Luc Besson, per girarvi alcune scene del film “Giovanna D’arco”.
Per la gioia di Federico, che ama particolarmente questo genere di esperienze, visitiamo ogni più piccolo anfratto della costruzione, salendo lungo le scale a chiocciola fin sui merletti, da dove si ha un magnifico colpo d’occhio sulla Valle della Dordogne e, più in lontananza, sulla fortezza antagonista di Calstelnaud.
Ci dilunghiamo fra le sale del castello e quando concludiamo la visita ormai è sera: facciamo ancora quattro passi per il borgo medievale e poi torniamo al camper, dove troviamo ad attenderci un’antipatica sorpresa … Appiccicata al parabrezza c’è una multa! … Acc!! … E’ incredibile perché avevamo anche pagato i 2 euro del parcheggio, ma viste le dimensioni del nostro mezzo non lo avevamo sistemato negli appositi spazi. Non è però il caso di drammatizzare: sono solo 11 euro e poi non credo li pagheremo … Ripieghiamo il nostro inaspettato souvenir e ci spostiamo per la notte nella vicina cittadina di Sarlat le Caneda, che visiteremo domani: siamo sereni e la piccola disavventura non ha certo cambiato l’esito di una giornata più che positiva.
Lunedì 1 Agosto: Non filtra tanta luce attraverso gli spiragli degli oscuranti … li sollevo con un po’ di apprensione e i timori si trasformano in realtà: si prospetta un’altra mattinata grigia, ed è un vero peccato perché in programma c’era la visita al centro storico di Sarlat le Caneda, pittoresca cittadina dall’aspetto medievale.
Almeno non piove e, giocoforza, ci avviamo a piedi dando inizio all’esplorazione, così, poco dopo, ci troviamo sulla rettilinea Rue de la Republique, arteria principale di Sarlat, sulla quale prospettano numerosi negozi.
Approfittando della situazione entriamo in una rivendita di tabacchi e chiediamo informazioni circa la multa … il tabaccaio sorride e ci suggerisce di lasciar perdere: «E’ solo per i francesi!», dice, e decidiamo di seguire il suo spensierato consiglio … souvenir era e souvenir resta! C’inoltriamo quindi nella parte orientale dell’abitato, dove si estende il quartiere medievale e in breve ci troviamo immersi fra le caratteristiche vie di Sarlat, fiancheggiate da stupendi edifici in pietra gialla, sapientemente restaurati, che spiccano mirabilmente nonostante l’inopportuno grigiore nel quale sono immersi. Ciò che più stupisce di questa borgata è l’incredibile omogeneità architettonica e ad ogni passo incontriamo uno scorcio degno d’una foto … figuriamoci come sarebbe stato con la presenza del sole! Lasciamo Sarlat con un po’ di amaro in bocca, mentre le nuvole si vanno lentamente diradando, e ci avviamo verso la località di Les Eysez de Tayac, che si trova a poche decine di chilometri di distanza.
Lungo il percorso, poco prima di giungere in quella che viene considerata la capitale europea della preistoria, ci fermiamo nel parcheggio del sito di Roc de Cazelle e lì, vista l’ora, pranziamo.
Nel primo pomeriggio ci rechiamo a vedere l’insediamento trogloditico di Cazelle, abitato quasi ininterrottamente dalla preistoria fino al 1966, quando la famiglia, ultima proprietaria del luogo, lo ha lasciato in eredità ai beni culturali francesi. Da allora è stato organizzato una sorta di museo che illustra, con l’aiuto di numerose ricostruzioni, la vita nella rupe attraverso le varie epoche storiche.
Tra anfratti e gallerie scavare nella roccia è soprattutto Federico a divertirsi, che si diletta anche a scagliare (con discreta maestria) una perfetta copia della lancia utilizzata dagli uomini preistorici, e alla fine del percorso è quasi dispiaciuto che la visita sia terminata. Per sua fortuna però rimane da vedere un altro luogo simile, anzi, più importante di questo.
Tralasciato il seppur interessante Museo Preistorico Nazionale di Les Eyzes imbocchiamo la stretta Valle del Vezere e arriviamo alla Roque St. Christophe, insediamento trogloditico, che rientra addirittura nel patrimonio mondiale dell’Unesco. Il sito, che stupisce per la sua vastità, si estende per circa un chilometro abbarbicato ad una falesia alta 80 metri e fu abitato ininterrottamente fino al rinascimento, quando la città che ormai si era sviluppata fu distrutta per ordine dell’allora re di Francia.
Mentre finalmente esce fuori il sole ci avventuriamo sull’impressionante costone roccioso: una sorta di terrazzamento, in parte naturale ed in parte artificiale, che per le sue caratteristiche e dimensioni ha meritato l’appellativo di “Boulevard de l’Humanité”. In questo luogo, fra l’altro, sono state meticolosamente ricostruite alcune rudimentali macchine utilizzate nel medioevo per i sollevamenti ed una guida, coadiuvata da un inserviente, ne mostra il funzionamento, scatenando la curiosità del piccolo, affascinato dai principi fondamentali della meccanica.
A spasso per la Roque St. Christophe trascorre piacevolmente anche la seconda parte del pomeriggio, così mettiamo fine ad un’altra interessante giornata di visite, ma restano da percorrere ancora 150 chilometri per chiudere la tappa e si sta facendo tardi.
Lasciamo il cuore dell’Occitania e sfrecciamo lungo l’autostrada A89 verso la regione dell’Auvergne. Giungiamo in questo modo, con le prime luci del crepuscolo, nella stazione termale ed invernale di Le Mont Dore: siamo ad oltre mille metri di quota, è appena piovuto e fa anche piuttosto freddo, allora ceniamo e poi ci arrocchiamo per la sera nel piacevole tepore del camper.
Martedì 2 Agosto: Ci svegliamo con il cielo più cupo che mai ed il termometro che segna 12 gradi! Increduli cerchiamo una giustificazione che né il calendario, né la posizione geografica (nonostante i mille metri di quota) ci possono dare e seppur contrariati dobbiamo rivoluzionare il programma della giornata, che prevedeva la visita del Puy de Sancy prima e del Puy de Dome poi … tutti i picchi, di origine vulcanica, che caratterizzano questa regione della Francia oggi sono, in effetti, avvolti dalle nubi e dobbiamo gioco forza rinunciarvi. Andiamo ad est, evitando così anche la città di Clermont Ferrand, quindi oltrepassiamo (a quota 1401) il Col de la Croix Morand, il punto più alto del viaggio, e arriviamo dopo un’infinità di curve nella cittadina di Issoire, nota più che altro per la sua chiesa romanica di St. Austremoine, risalente al XII secolo.
Grazie a Dio la buona sorte ci assiste ed il cielo, come per incanto, si apre, così possiamo goderci l’edificio religioso con la meravigliosa abside, impreziosita da decorazioni geometriche policrome, che si staglia su di un insperato squarcio d’azzurro, poi, giusto il tempo di ammirare gl’interni, interamente decorati a vivaci colori, e quando poco più tardi riprendiamo strada tutto è di nuovo completamente grigio.
Seguiamo brevemente l’autostrada A75, quindi la statale N102 verso sud-est, ci fermiamo a pranzare e quando ripartiamo, in breve, raggiungiamo la città di Le Puy en Velay, mentre inizia anche a piovere.
Parcheggiamo in prossimità del centro con la pioggia che prima rallenta e poi si placa, così decidiamo di intraprendere la visita di quella che è l’attuale capitale del distretto del Velay, regione nel cuore dell’Auvergne dove il fuoco ed il magma di antichi vulcani hanno giocato con la terra e l’acqua, ricamando un paesaggio davvero inusuale. Alcuni picchi rocciosi emergono all’improvviso qua e là nell’abitato ed il più sorprendente, la Rocher d’Aiguilhe, alto 85 metri, è il gigantesco piedistallo della chiesetta di St. Michel, che domina la scena in compagnia della colossale statua della Vergine, che sovrasta la Rocher Corneille, e della cattedrale di Notre Dame, edificata nell’XI secolo in posizione dominante e sede di pellegrinaggi fin dai primordi del cristianesimo.
Ci avviamo verso l’edificio religioso simbolo della città accompagnati dal sole che, come per miracolo, è uscito allo scoperto deliziandoci nuovamente della sua presenza e saliamo la ripida scalinata che porta all’inusuale ingresso di Notre Dame, talmente inusuale che gli abitanti di Le Puy lo amavano così definire: «Nella cattedrale si entra dall’ombellico e si esce dalle orecchie!» … Nel senso che l’entrata ufficiale è il prolungamento degli scalini del portico, che finiscono sotto la chiesa e sbucano davanti al coro, proprio al centro della navata (da qui il riferimento all’ombellico), mentre si può uscire dai transetti laterali (le orecchie). Questa strana soluzione architettonica fu adottata per ampliare l’edificio in mancanza di spazio ed è veramente unica.
Deliziati dalle originali vedute di Le Puy en Velay facciamo ritorno con calma al camper, mentre il cielo torna rapidamente a coprirsi e di lì a poco minaccia addirittura pioggia.
Siamo a metà pomeriggio e decidiamo di trasferirci più a sud, alla ricerca di condizioni meteo migliori e di un po’ più di caldo, che non guasterebbe! Lungo la strada effettuiamo, nonostante la pioggia battente, una deviazione per vedere la scenografica rupe di Arlempdes e quando siamo al suo cospetto (incredibile ma vero) un unico raggio di sole attraversa la fitta coltre di nubi e come per incanto illumina la scena. Tacitamente ringraziamo e torniamo a macinar chilometri. In questo modo scendiamo dal Massiccio Centrale, accompagnati dalla colonnina di mercurio che invece, per fortuna, sale. Ci fermiamo così per la notte a Vallon Pont d’Arc, ormai in vista delle celebri Gole dell’Ardeche e della Provenza.
Quella appena conclusa è stata sicuramente la peggior giornata fino ad oggi, anche se il sole in qualche modo ci è sempre stato fedele, ma in ogni viaggio ci deve sempre essere una “peggior giornata” … speriamo sia stata questa e da domani il solleone la torni a far da padrone.
Mercoledì 3 Agosto: Causa il maltempo ci siamo avvantaggiati di un giorno sul normale svolgimento dell’itinerario previsto, questa mattina però, sulla nostra testa, c’è un magnifico cielo azzurro: siamo venuti più a sud e si vede! Espletate alcune operazioni di routine partiamo per la tappa odierna e, per cominciare, c’inoltriamo nelle Gole dell’Ardeche: l’omonimo fiume prima di gettarsi nel Rodano scava uno dei più impressionanti e suggestivi canyon d’Europa, visitabile per mezzo di una panoramicissima strada che si dipana avvinghiata al suo bordo per oltre 40 chilometri.
Sabrina ed io eravamo già stati in questo luogo, ma Federico no, e non ci dispiace rivederlo … Subito ci aspetta la parte più spettacolare, con il colossale arco naturale di Pont d’Arc (largo 60 metri ed alto 45), attraverso il quale passa il fiume e le centinaia di canoisti che ogni giorno intraprendono la discesa delle gole.
Dopo Pont d’Arc la strada si alza e si susseguono uno dopo l’altro i vertiginosi punti panoramici fra i quali spiccano, per la spettacolarità, quelli di Serre de Tourre prima e de La Madeleine poi.
Fra una sosta e l’altra il tempo vola ed è quasi mezzogiorno quando improvvisamente il paesaggio perde la sua asprezza ed usciamo dal canyon sulla pianura del Rodano, ormai in vista della Provenza. Da qui percorriamo ancora qualche decina di chilometri verso sud e ci andiamo a fermare nel parcheggio del sito di Pont du Gard, dove vista l’ora pranziamo.
Anche in questo posto eravamo già stati, ma ben 18 anni fa: allora non c’erano parcheggi organizzati e con il nastro d’asfalto s’arrivava fin sulle sponde del Gardon. Ricordo che in quell’occasione salimmo indisturbati fin sulla cima dell’impressionante acquedotto romano, costruito per portare l’acqua a Nimes nel 19 a.C., per ordine di Agrippa, genero di Augusto … Oggi naturalmente non è più possibile farlo e bisogna accontentarsi di vedere quella straordinaria opera d’ingegneria, che consta di tre ordini di archi sovrapposti, per un’altezza di 49 metri ed una lunghezza di quasi 300, dalle scoscese rive del fiume e vi si può passare accanto solo percorrendo l’attiguo ponte pedonale, edificato nel 1743. Certo il sito ha perso un po’ di fascino, ma era inevitabile vista la mole di turisti che quotidianamente vi accede e, nonostante i divieti e le regolamentazioni, resta una delle più sbalorditive e stupefacenti testimonianze dell’epoca.
Con Federico galvanizzato dall’archeologia riprendiamo strada e, seguendo brevemente la A9 vesto nord-est, giungiamo nell’abitato di Orange, storica cittadina nota fin dall’antichità.
Parcheggiamo il nostro camper a breve distanza dal centro e a piedi ci avviamo verso quest’ultimo … All’improvviso irrompe alla nostra vista un colossale muro, come un solenne colpo di scena: una barriera invalicabile che sovrasta tutte le case e si staglia, imponente, contro la collina di Saint Eutrope, che domina l’agglomerato urbano. E’ la parte esterna (lunga 103 metri e alta 36) dell’antico teatro, eretto nel I secolo d.C. Sotto Augusto, l’unico in Europa che conservi intatto il muro della scena.
Passiamo quasi un’ora all’interno di quella mirabile costruzione, che nel suo periodo di massimo splendore poteva accogliere fino a novemila spettatori, e per tutto il tempo siamo coadiuvati da un’esauriente descrizione audio (in italiano!) compresa nel prezzo del biglietto, poi usciamo e andiamo a vedere nella prima periferia della cittadina il grandioso arco di trionfo, anch’esso romano, eretto nel 49 a.C. Dopo una vittoria di Cesare e uno dei più grandi che si conoscano, con i suoi 18 metri di altezza e 8 di profondità.
Ultimata, a pieni voti, anche la visita di Orange è ormai pomeriggio inoltrato e ci spostiamo per la notte nel vicino paese di Fontaine de Vaucluse dove, lungo le rive del placido corso della Sorgue, si trova una splendida area attrezzata per camper … Nella pace più assoluta torniamo così a chiudere una giornata dall’esito più che positivo.
Giovedì 4 Agosto: Miracolo! Secondo giorno consecutivo con la presenza del sole! … Ci svegliamo immersi nella sublime tranquillità di Fontaine de Vaucluse, di fianco alle trasparenti acque della Sorgue, le stesse «Chiare, fresche e dolci acque … » ispiratrici di Francesco Petrarca, che qui visse, ad intervalli, fra il 1337 ed il 1353 decantando le più belle rime per l’amata Laura.
Dopo colazione facciamo una passeggiata lungo il corso del torrente fin su, alla fonte carsica donde sgorgano le celebri acque … anzi, donde sgorgavano, perché oggi la sorgente è completamente secca ed il fiumiciattolo appare, all’improvviso, solo qualche centinaia di metri più a valle.
Memori di com’era il luogo circa vent’anni fa facciamo mestamente ritorno al camper, con Federico ancor più indispettito dal mancato funzionamento di un vecchio mulino sulle rive della Sorgue, che avrebbe dovuto illustrare l’antico procedimento di fabbricazione della carta.
Nonostante il piccolo fallimento a Fontaine de Vaucluse se ne va quasi tutta la mattinata e torniamo a percorrere le strade della Provenza quando ormai è mezzogiorno, ma il tragitto è breve e ci fermiamo poco dopo nel paese di Gourdes, nelle cui vicinanze vorremmo visitare lo stano ed arcaico Village des Bories. La strada che vi arriva però, lunga quasi due chilometri, pone il limite massimo di larghezza a 2,30 metri (giusto, giusto il nostro!) … meglio non rischiare: pranziamo in un parcheggio nei paraggi e subito dopo riprendiamo il viaggio.
Nel primo pomeriggio raggiungiamo così il borgo di Roussillon, adagiato sulle colline del Vaucluse e noto più che altro per le sue falesie color ocra.
A fatica riusciamo a parcheggiare, poi, a piedi, ci rechiamo a percorrere uno stupefacente sentiero che s’inoltra in un ambiente fantastico, fatto di pinnacoli variopinti in contrasto con l’intenso verde circostante: è un paesaggio incantevole, una scheggia di west americano capitato chissà come nel cuore della vecchia Europa. All’epoca dei romani la collina si chiamava Mons Rutilus e l’ocra che la costituiva veniva trasportata con i cavalli fino a Marsiglia, per raggiungere infine le sponde del Tevere: serviva a colorare di rosso le toghe più importanti dell’impero e l’interno delle case patrizie. Ora serve “solo” ad attirare i turisti e comunque è sempre fonte di ricchezza per gli abitanti del luogo.
Ci godiamo quest’ultima visita delle regioni interne della Francia e poi volgiamo la prua del nostro automezzo in direzione del Mar Mediterraneo … Giungiamo così, nel giro di qualche ora, in vista della costa nei pressi della città di Hyeres … e ci mettiamo subito in coda: siamo arrivati, ahinoi, nel classico caos vacanziero che caratterizza tutte le più note località balneari.
Impieghiamo tre quarti d’ora a percorrere i dieci chilometri che ci separano da La Tour Fondus, da dove domani mattina c’imbarcheremo per l’isola di Porquerolles, e per fortuna troviamo ad attenderci un parcheggio (seppur costoso) nel quale trascorrere la notte e lasciare il camper, l’indomani, per l’intera giornata.
Per cena gradiremmo una pizza e nelle vicinanze si trova una pizzeria all’apparenza modesta … ma è “un’associazione a delinquere!”: una semplice margherita costa dieci euro, e di lì a crescere, oltre naturalmente a coperto e bevande! … Ogni cosa ha il suo giusto prezzo e rinunciamo! … Ci ritiriamo così a cenare nel camper passando una tranquilla serata, mentre la vacanza volge oramai al termine.
Venerdì 5 Agosto: Passeremo dunque al mare l’ultima giornata di questo viaggio in terra di Francia … Intanto le condizioni meteo sono ottimali e questo ci aiuta a rendere l’epilogo più positivo che mai.
Consumiamo una veloce colazione e subito dopo ci precipitiamo a prendere l’imbarcazione che salpa alle 9:00 in punto dal molo de La Tour Fondus per l’isola di Porquerolles, la più grande del minuscolo arcipelago delle Hyeres: una scheggia di roccia e sabbia (dieci chilometri per due) situata di poco al largo della penisola di Giens, sulla quale ci troviamo.
Meno di venti minuti dopo la partenza sbarchiamo nel porticciolo attorno al quale risiedono i 250 abitanti di Porquerolles e lì affittiamo tre biciclette, l’unico mezzo di trasporto che consente di spostarsi sulle strade sterrate dell’isola.
Dopo qualche iniziale difficoltà prendiamo confidenza col mezzo e pedalando lungo la costa verso est, fra saliscendi ed immense pinete, giungiamo dopo circa mezzora in vista della Plage de Notre Dame, in pratica l’unico arenile di questo piccolo lembo di terra mediterraneo.
Attorniati dallo stridire di mille cicale incateniamo le bici e a piedi percorriamo gli ultimi metri fino alla spiaggia che, completamente bordata dalla folta vegetazione e lambita da un mare trasparente, è sicuramente bella ed invitante … Sistemiamo le nostre cose e corriamo in acqua a consumare un desiderato bagno, disturbato solo dalla presenza di alcune meduse che intimoriscono un po’ Sabrina e Federico … io, invece, che ho un conto aperto con quei dannati animali, faccio caccia grossa e ne riempio un secchiello, ripulendo così quanto più possibile il tratto di mare di fronte a noi.
Pranziamo, con i nostri panini, all’ombra dei pini e poi trascorriamo piacevolmente anche tutto il pomeriggio a Notre Dame: è una deliziosa insenatura rivolta verso la costa continentale, che si vede chiaramente in lontananza, e si è praticamente circondati dalla terra quando si scende in acqua, tanto da avere l’impressione d’essere in un grande lago più che al mare e solo l’odore della salsedine contribuisce a placare ogni dubbio in merito.
Rapidamente si fanno le 17:30 e dobbiamo abbandonare la spiaggia, così alle 18:00, come concordato, siamo a riconsegnare le bici e mezzora più tardi salpiamo lasciandoci alle spalle la soave sagoma dell’isola di Porquerolles.
Si è consumato, in questa maniera, felicemente anche l’ultimo atto della vacanza ed in breve ci ritroviamo di fronte al nostro camper: ceniamo, facciamo una doccia e siamo pronti ad affrontare un po’ del viaggio di ritorno, così da alleggerire la giornata che verrà.
Alle 20:25 lasciamo il parcheggio de La Tour Fondus e venti minuti dopo imbocchiamo l’autostrada A57 a Hyeres. Ci lasciamo sulla destra la sagoma del Massif des Maures e, seguendo la A8 verso est, intorno alle 22:00 transitiamo nei pressi di Cannes, mentre Sabrina e Federico se ne vanno a dormire. Successivamente oltrepassiamo le uscite per Nizza e per Monaco, note località di frontiera che preannunciano il nostro rientro, alle 22:45, in territorio italiano. Percorriamo ancora una manciata di chilometri e poi usciamo dall’autostrada a San Remo: affrontiamo la lunghissima discesa che conduce all’abitato e ci fermiamo per la notte, quando sono le 23:20, in un’area di sosta attrezzata sulle rive del Mar Ligure.
Sabato 6 Agosto: Ci aspetta una giornata di traffico intenso causa la partenza in massa per le vacanze … noi, invece, le abbiamo terminate, ma non disperiamo e cerchiamo già di pensare alle prossime.
Alle 8:40 ci mettiamo in viaggio e, dopo essere tornati in autostrada, alle 9:45 siamo a Savona. Il nastro d’asfalto, per il momento, scorre via liscio e un quarto d’ora più tardi imbocchiamo l’autostrada A26 lasciandoci il mare alle spalle, mentre alla radio cominciano a parlare di lunghe code di automezzi sparse un po’ ovunque in tutta Italia … Affrontiamo la prima alla barriera di Piacenza, quando sono le 11:45, poi entriamo in A1, dove troviamo un traffico sostenutissimo, e ci fermiamo a pranzare, in un parcheggio poco prima di Parma, alle 12:30.
Alle 13:15, dopo una breve sosta, ripartiamo e ci accodiamo al serpentone di automezzi che, sempre più compatto, procede adesso lentissimamente, tanto che impieghiamo un’ora e mezzo a percorrere le poche decine di chilometri che ci dividono dall’uscita di Modena Sud, poi in lontananza s’intravede sempre più chiara la sagoma del santuario di S. Luca, che sovrasta Bologna.
Oltrepassiamo in tempi accettabili il capoluogo felsineo e alle 16:10 siamo al casello autostradale della nostra città. Espletiamo qualche operazione di routine e alle 16:40 concludiamo felicemente, di fronte al cancello di casa, anche questo viaggio.
E’ stata un’esperienza dai numerosi risvolti positivi e, in parte, solo le Cevennes non ci hanno soddisfatto appieno … Poteva andar meglio col meteo in Auvergne, ma è stata la parte centrale dell’itinerario, il cuore dell’Occitania, da Carcassonne a Sarlat le Caneda, passando per Toulouse, Albi, Cahors, Rocamadour e i meravigliosi borghi minori, che più ci ha entusiasmato … Che dire poi delle sorprendenti grotte e delle incredibili tracce paleolitiche, le vestigia romane, le rosse falesie di Roussilion e ultima, ma non ultima, la deliziosa isola di Porquerolles … La cara vecchia Europa non delude mai e quest’ampia zona al sud della Francia, a volte un po’ bistrattata, non fa certo eccezione.
Dal 23 Luglio al 6 Agosto 2005 Da Forlì a Forlì km. 3829