Praga: le origini esoteriche
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La sua fondazione avvenne sulla riva sinistra della Vltava, sul monte chiamato Svinsky vrch (Colle della scrofa), che nella Cronica di Cosma, una delle fonti più antiche sulle origini della Cecoslovacchia, sarebbe identificabile nel dorso del maiale marino, assimilabile al delfino. A questo proposito occorre ricordare che col nome di questo pesce era chiamato anche il giovane Re nella tradizione occidentale del Medioevo e nel caso preciso si potrebbe leggere lo sforzo simbolico di edificare sulla riva opposta della Vltava un luogo ove il delfino (il giovane re), si sarebbe sentito a proprio agio, nella giusta dimora. La coda dell’animale marino era via quid cauda dicitur, ovvero l’antica via che conduceva al castello di Praga, da cui il nome di Opys, ossia coda. Il nuovo re veniva quindi collocato nel luogo che corrispondeva all’incrocio di due assi o soglie a rappresentare il centro fulgido e splendente di tutta la storia.
Anche nello stemma della città appare il simbolo del crocevia inserito all’interno di un’inferriata leggermente rialzata, da cui emerge il braccio armato del leggendario eroe ceco Bruncvik. Al centro dello stemma appare l’antica croce boema a rammentare il crocicchio come emblema che vede Praga al centro di un incrocio europeo, ma che rappresenta anche il crucibulum (crogiolo) ardente delle terre ceche insieme al leone reale che sostituì nel tempo l’aquila di san Venceslao. Così il giovane Re (regulus), il delfino, il leone e la croce sono un insieme di emblemi che richiamano l’intera l’opera alchemica nella sua più profonda manifestazione e che hanno creato per Praga quella fama oscura e magica, che ha influenzato centinaia di artisti che favoleggiarono sulle sue origini.
La creazione della città, secondo le leggende
Gustav Meyrink, per esempio, descrisse la città Boema, ascrivendo le sue origini al volere di una setta di monaci appartenenti all’ordine dei Fratelli Asiatici, che provenuti dalle terre lontane dell’oriente fondarono questa città, proprio al confine tra il mondo visibile e quello visibile. Tuttavia la tradizione più amata vuole che Praga sia stata fondata da Libuse, figlia minore del condottiero Krok, una sorta di versione ceca della classica Sibilla, e anche prima leggendaria capostipite della prima dinastia reale di Boemia. Libuse trovandosi di fronte alle controversie degli uomini che non volevano essere governati da una donna, accettò l’idea di prendere marito e ne indicò uno con una profezia: mostrò un campo presso il villaggio di Stadice, dove si sarebbe dovuto trovare un uomo che stava arando con i suoi due buoi. Ella precisò inoltre che questi doveva chiamarsi Premysl, ovvero colui che riflette. Guidati dal cavallo bianco di Libuse, alcuni uomini andarono a cercarlo. A Vysehrad, Premysl Orac (Premysl l’Aratore) che aveva portato con sé le proprie scarpe di tiglio e la sua borsa per lasciare ai posteri il ricordo delle sue origini contadine, sposò Libuse e divenne così il mitico fondatore del regno di Boemia.
La Boemia fu legata da sempre ai misteri delle stelle e alla lettura del cielo, e il periodo storico influenzato dall’astrologia risale sin dall’Età del Ferro. In quell’epoca lontana, sia le valli della Boemia, che dell’attuale Praga, furono occupate dalle tribù dei Celti, i Galli Boii da cui sembra derivare il nome Bohemia. Fin da allora, Praga e Bologna furono unite da un destino comune legato a questa popolazione, che imperversò anche nella valle Padana, da cui sembra derivare il toponimo Bonomia, la città fortificata di Bologna. In quell’epoca risalgono le costruzioni dei celebri menhir, grandi macigni megalitici che, come quelli di Stonehenge, venivano usati per l’orientamento astronomico. Questi circoli di pietra erano utilizzati, oltre che per la struttura centrale del calendario, anche per i culti e per la misurazione dei cicli lunari. In Boemia si ritrovarono ben ventisette di questi circoli rocciosi, situati soprattutto nella zona centrale e nella parte Nord-Est della regione. Queste particolari costruzioni colsero l’interesse di eminenti studiosi e negli anni 965-966 un ebreo arabo, Ibrahim Ibn Jakub at-Tarusi, visitò Praga come membro della delegazione del califfo al Hakam II di Cordoba e descrisse nei suoi testi l’importante ruolo di Praga nella tradizione europea, ponendo l’accento sul valore esoterico di questi menhir.
Le influenze arabe e spagnole
Sia la scienza astrologica, che le più importanti influenze artistiche in territorio boemo, derivavano dalla cultura spagnola e si evidenziarono in differenti epoche. La tradizione araba nella Penisola Iberica era già molto incisiva per via dell’emigrazione di alcune popolazioni slave dell’Europa Centrale, per lo più mercenari presenti nella sezione araba della Penisola Iberica, che si guadagnarono la libertà e poco tempo dopo ebbero l’opportunità di un rapido inserimento sociale e di un’ascesa all’interno delle classi medie e dell’élite politica. Uno di loro chiamato Mudzahid, divenne celebre per un suo viaggio in Sardegna e nell’Italia del Sud, ove protesse artisti, scienziati e poeti, inserendoli nella propria Corte. Nelle sue memorie appaiono diverse annotazioni astrologiche coincidenti con importanti fatti politici legati alla vita di Praga. Per esempio, dalle sue riflessioni si deduce che il rinvio di un anno per l’incoronazione del re ceco Vratislao I, avvenuta il 15 giugno 1086, fosse stato determinato da ragioni prettamente astrali, al fine di rispettare il momento ritenuto più propizio per questo preciso accadimento formale, mentre il suo titolo di regnante era già attivo da oltre un anno. Ciò fa comprendere come i ritmi planetari fossero parte integrante della vita dell’epoca, e la Spagna rappresentava il nucleo dell’astrologia medioevale per via dei suoi studiosi arabi depositari dell’antica sapienza ellenistica. Un altro avvenimento determinate, sempre legato alla suddetta incoronazione, è in riferimento ai Codici di Vysehrad, scritti in esametri e datati 1084, prodotti a Leon, tappa fondamentale sul cammino verso Santiago di Compostella, che dettagliarono i momenti storici più significativi dell’evoluzione praghese. Inoltre nella storia della Golden Sizilian Bule, uno dei più importanti documenti del regno ceco datato 26 settembre 1212, appare la prova dell’atto formale redatto da Federico II di Sicilia, per dimostrare il proprio rispetto verso il re ceco Premisl OtakarI, e di come fosse importante per lui stabilire il momento astrologico più adatto per gli avvenimenti di stato.
Non a caso alla corte di Federico II erano presenti maghi e astrologi, tra cui il celebre Michele Scoto. Nato nella contea di Tife in Scozia verso il 1175 e morto nel 1234, fu uomo di grande cultura e si occupò di occultismo e alchimia. Boccaccio e Folengo lo descrissero come un abile mago. Dante lo rappresentò nella Divina Commedia tra gli indovini. Scoto scrisse diverse opere: una traduzione di Aristotele, alcuni trattati di alchimia e la Mensa Philosophica un elaborato suddiviso in quattro libri nel quale esaminò i differenti aspetti degli alimenti e dei vini, insieme alle loro qualità ed effetti benefici. In questa opera Michele Scoto analizzò molti elementi del cibo in chiave alchemica, valutando l’esperienza del nutrimento come un complesso sistema di trasmutazione sia fisica che filosofica. Merita ricordare la sua figura, anche per via della sua fama leggendaria che lo vide presente, prima di entrare sotto la protezione di Federico II, dalla corte spagnola a quella boema, fino a giungere a Bologna ove compì i suoi studi. Egli, tra l’altro, predisse la morte dell’imperatore Federico che sarebbe avvenuta in una località il cui nome avesse compreso la parola fiore. Federico II, da quel momento, rifiutò di andare a Firenze, Fiorenzuola, Faenza e in tutte città che ricordavano questo nome. In realtà l’imperatore morì in Puglia, ma all’interno del castello denominato Fiorentino. La sua fama raggiunse tutta Europa, così come la sua leggenda. Egli predisse persino la causa della propria morte che sarebbe dovuta avvenire per la caduta di una pietra sulla sua testa. Proprio per questo motivo egli indossava sempre con una calotta a guisa di elmo, a protezione del capo. Un giorno per entrare in chiesa e assistere a una funzione, la dovette togliere…e fu allora che una massa pietrosa lo colse sulla testa, facendolo morire.
Anche la storia dell’imperatore che lo protesse, Federico II, si intreccia anche con le vicende di Bologna, con la quale egli volle rivaleggiare direttamente fondando l’Università di Napoli e carpendo dallo Studium petroniano personaggi importanti che divennero successivamente insegnanti presso la sua università. L’imperatore diede spazio alla cultura araba all’interno della sua corte siciliana e Avicenna rappresentò un importante collegamento con Bologna, in quanto i suoi testi circolarono all’interno di questo Ateneo.
La storia della città è intrisa di cultura astrologica
Tornando a Praga, occorre ricordare come la cultura astrologica permeò la storia della città. Questa materia venne incentivata da re Otakar II, quando sostenne l’elezione di Alfonso X e ottenne da lui, come segno di riconoscenza, molti preziosi testi antichi di natura astrologica e attrezzature estremamente raffinate per eseguire osservazioni celesti, contribuendo così a una massima diffusione della materia succitata. Tra i vari astrologi spagnoli presenti alla corte del suo successore, Venceslao II, uno dei più famosi fu Alvara de Oviedo, proveniente da Toledo e vissuto stabilmente a Praga dal 1290 al 1311. I manoscritti tratti dalla celebre Libreria Spital, rendono noto, tra l’altro, che la data relativa all’incoronazione di Venceslao II venne decisa attraverso una consultazione astrologica, al fine di trarre, per quel momento storico, il massimo del beneficio planetario. Durante il regno di Venceslao IV, figlio di Carlo IV, l’astrologia ebbe un secondo periodo di fulgore, anche per via dei crescenti interessi verso l’alchimia. Purtroppo tra polverosi carteggi e incomprensibili grafici rimane solo una flebile traccia, quella di tal maestro Havel di Strahov, del quale nulla si sa oltre al suo nome e che firmò oscuri passi legati al moto delle stelle. Inoltre rimane qualche traccia a proposito di un certo Terisko e di una sua illustrazione presente nel Simposio di Monaco, importante testo che riunisce gli studi effettuati da arabi ed ebrei. In questo libro appare il Principium sapientae, un’introduzione medioevale popolare all’astrologia di Abraham ibn Ezer (Averroè). Questa è una traduzione degli scritti di astrologia dell’arabo Abu Ma Sara del IX secolo. L’intera opera termina con una catalogazione di stelle mai terminata. Vi è poi un terzo manoscritto, il Simposio Viennese, che presenta i lavori di giovani astrologi europei che si occuparono dello studio di pianeti e delle costellazioni osservate precedentemente da Michele Scoto. Oltre a ciò appare un’addizionale, il Liber Introductorius, ovvero una compilazione di antiche scoperte arabe che seguivano i postulati medioevali di coloro i quali lavoravano insieme a Federico II. La parte addizionale del Simposio non è altro che un trattato astronomico unito a tavole per calcolare la posizione dei pianeti in ogni loro spostamento. L’ultima parte del Simposio Viennese, elaborata nella della metà del XII secolo, venne chiamata anche Rota Fortunae. Questi manoscritti rappresentano solo una piccola parte dell’originale biblioteca che comprendeva circa 110 codici della Libreria di Vencesalo IV, dove vengono attestati i contatti tra la tradizione astrologica praghese con quella spagnola.