Nel Varesotto c’è uno dei musei più originali e affascinanti d’Italia: una vera eccellenza made in Italy legata al mondo dei motori
L’Italia si sa, è una terra meravigliosa conosciuta internazionalmente per la sua storia millenaria, la sua cultura e le sue innumerevoli bellezze naturali e paesaggistiche. Le sue antiche ed affascinanti tradizioni, anche enogastronomiche, sono rinomate ed apprezzate in tutto il mondo. Non bisogna dimenticare, però, che tra tutte queste sensazionali caratteristiche, il nostro bel Paese è anche uno dei leader mondiali in ambito di motori, con storiche ed importanti case automobilistiche e motociclistiche come Ferrari, Ducati, Lamborghini, Alfa Romeo e MV Agusta, solo per citarne alcune, che, proprio qui, hanno trovato i loro natali. Indispensabile, per potersi divertire e godere dei meravigliosi mezzi prodotti da queste vere e proprie eccellenze italiane, è, il carburante, che viene dispensato dagli appositi distributori. A tal riguardo, proprio in Italia e, più precisamente, nel Varesotto, a Tradate, c’è il Museo Fisogni della stazione di servizio che custodisce la collezione di distributori di carburante e petroliana più completa al mondo, certificata, addirittura, dal Guinnes World Record.
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Il percorso di visita presenta oltre 5000 pezzi di archeologia industriale tra distributori di benzina e ogni oggetto concernente le stazioni di rifornimento come, targhe, grafiche, latte d’olio, oliatori, aerometri, compressori ed estintori, senza dimenticare un incredibile numero di meravigliose cartoline d’epoca e gadgets vari, ognuno, raffigurante uno specifico logo di una delle società petrolifere che hanno caratterizzato il settore dall’inizio del secolo scorso. Da sottolineare anche come, lo stesso Museo, metta a disposizione il suo vasto repertorio d’archivio, dove si trovano documenti, disegni tecnici e materiale pubblicitario, agli studenti e ai designers che chiedono di poterlo consultare. Dal 1966, anno della sua fondazione, il Museo Fisogni ha acquisito sempre maggiore importanza, diventando oggi, il più completo al mondo relativamente al settore della distribuzione di carburante. Il Museo si trova a Via Bianchi, 25/b – 21049 Tradate (VA) ed è aperto esclusivamente su prenotazione e per eventi speciali (consultando la pagina eventi del sito). L’ingresso prevede un’offerta libera con un minimo consigliato di 10 euro a persona. Tra l’altro il Museo Fisogni è interamente visitabile anche tramite Virtual Tour, una tecnologia di ultima generazione interattiva ed immersiva che rimane disponibile h24 e gratuitamente sul sito.
Per ulteriori info e contatti, visitare: Museo Fisogni pompe di benzina vintage (museo-fisogni.org)
Di seguito vi proponiamo l’intervista che abbiamo avuto il piacere di effettuare con il Museo Fisogni che dal 1966 si diletta con grande passione e impegno per la valorizzazione e la promozione di un settore dal fascino davvero unico.
Intervista a Guido Fisogni e Marco Mocchetti, del Museo Fisogni della stazione di servizio
In passato le pompe di benzina erano coloratissime, originali e diverse l’una dall’altra. Per quale motivo questo stile si è interrotto, e oggi c’è spazio per una rivoluzione del colore nelle stazioni di rifornimento?
Guido Fisogni, ideatore del Museo delle pompe di benzina
Negli anni ’10, ‘20 e ’30 per le case petrolifere era fondamentale farsi conoscere dagli automobilisti, creandosi una clientela affezionata. Era vitale catturare l’attenzione utilizzando colori accesi, globi luminosi e loghi appariscenti. I distributori manuali, molto alti e imponenti, dovevano anche essere belli e in linea con il gusto dell’epoca, ed esistevano varie soluzioni stilistiche (ad esempio distributori con elementi Liberty o Art Deco, oppure pompe classicheggianti che rimandavano alle forme greche e romane, perfino stazioni di servizio con forme esotiche o del tutto originali).
Con l’avvento delle pompe elettriche i distributori si rimpicciolirono e si standardizzarono, anche se ancora negli anni ’50 e ’60 vi erano esempi di ricerche di design. Dagli anni ’60 e ‘70 gli stili si uniformano e i colori si “spengono”: per attirare gli automobilisti e affezionarli al marchio non serviva più una pompa colorata, ma regalini, gadget, promozioni e raccolte punti (oltre ovviamente al prezzo); la standardizzazione delle pompe risultava inoltre più pratica. Cambiarono le tecniche pubblicitarie e di marketing, c’era maggiore pragmatismo e la colorazione passò in secondo piano; più spesso i colori iniziarono ad indicare la tipologia di prodotto (la “rossa”, la “verde” e il “nero” diesel) piuttosto che la società petrolifera. Oggi i distributori di benzina, così come le stazioni di servizio, sono sostanzialmente tutte uguali e uniformate, prive di personalità. In alcuni casi, però, si assiste ancora ad una certa ricerca originale, specialmente sulle forme; anche se accade raramente, a volte ci sono nuove stazioni di servizio dal design originale e pompe di benzina (o colonnine per la ricarica elettrica) con forme avveniristiche, pensate non solo per essere pratiche ma anche (come un tempo) per essere belle.
Nota: Il Museo Fisogni è parte anche del Circuito Lombardo Musei Design. Tra le pompe “d’autore”, vi sono distributori disegnati da Marcello Nizzoli e Mario Olivieri, Eliot Noyes, Alberto Rosselli, Marcello Piacentini.
La vostra è una collezione decisamente ricca. In che modo siete riusciti a recuperare e portare in Italia pompe di benzina provenienti da tutto il mondo? Qual è stata la più difficile da trovare?
La collezione nasce dal lavoro di Guido Fisogni, oggi ottantaduenne, che nel 1960 aveva fondato un’impresa edile specializzata nelle stazioni di servizio. Andando a demolire i vecchi impianti, iniziò a collezionare un pezzo per tipo: un distributore, una lattina, un cartello. Il primo pezzo, una pompa di benzina della Bergomi degli anni ’30, fu trovata nel 1961 abbandonata in una cava di sabbia. “Mi davano tutti del fuori di testa – racconta Guido – e mia moglie mi chiedeva perché continuavo a portare a casa rottami. Poi la passione si è trasformata in un Museo, e nel 2000 è arrivato anche il Guinness dei Primati”. La maggior parte dei pezzi derivano dunque dal lavoro di Guido, che fino al 2001 ha costruito impianti in tutta Europa: “Negli anni ’60 pagavo 10.000 lire agli operai per ogni “globo” in vetro dei distributori che mi recuperavano. All’epoca li rompevano a sassate per passare il tempo”; alcuni pezzi sono regali e omaggi di lavoratori o dirigenti delle società petrolifere, e altri ancora sono stati acquistati da antiquari o mercatini. Ai tempi erano solo rottami, oggi sono pezzi da collezione che valgono migliaia di euro”. Tra i pezzi più “unici” del museo, vi è la pompa di benzina di Mussolini, installata a Palazzo Venezia e disegnata in stile Littorio da Marcello Piacentini. “Io l’ho ritrovata a Trieste – racconta Guido – dove era stata riutilizzata come normale distributore ed era ridotta ormai a un rottame”. Di difficile reperimento erano anche le (poche) pompe provenienti dagli Stati Uniti. “Lì il problema era la burocrazia. Essendo pezzi molto vecchi, erano considerati opere d’arte, e a volte rimanevano bloccati in dogana anche per un anno o più. Alla fine, però sono identiche a quelle europee, e ho smesso di farle arrivare dall’America”.
Ognuna di queste pompe di benzina può raccontare una storia: qual è quella più originale, curiosa o incredibile tra le tante in mostra?
Ci sono diverse curiosità visitando il museo, che riguardano sia i distributori che i vari cartelli e gadget. Dal marchio della BP utilizzato in Italia durante il fascismo (quando la sigla “BP” significava “Benzina Purissima” invece che “British Petroleum” per aggirare le restrizioni linguistiche) ai distributori su carrello utilizzati dai farmacisti (i primi in Italia a vendere carburante a inizio ‘900, quando la benzina era venduta come “farmaco” contro i pidocchi), sono decine le curiosità presenti nel Museo. La pompa più strana è forse un self-service degli anni ’70 proveniente dalla Svizzera tedesca, che adottava una concezione unica, basata interamente sulla fiducia reciproca. La pompa, che era installata in un paesino, era infatti dotata di 170 chiavi. Ogni chiave era assegnata ad un cliente abituale. Ad ognuna era associato un totalizzatore autonomo, che indicava la quantità di benzina erogata, e il saldo avveniva non dopo il pieno, ma alla fine del mese. “In Italia non le hanno mai messe. Chissà perché?” commenta Guido con una punta di ironia.