Non solo Miramare: l’altro castello di Trieste è un luogo dalla bellezza… principesca!

Visitato il Castello di Duino, il Settembrino percorre il Sentiero Rilke alla ricerca dell’anima del poeta boemo
Scritto da: Il Settembrino
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“Ricapitolando: devi uscire dal Castello. Prendi a destra e cammina sul marciapiede lungo la provinciale. Dopo qualche metro, sulla sinistra ti trovi l’ufficio postale mentre a destra, non puoi sbagliare, c’è una salita. Fai la salita, vai avanti e sei arrivato. Molto semplice”. Queste sono state le indicazioni che il Settembrino ha ricevuto da un uomo a cui, dentro il Castello, aveva chiesto informazioni per raggiungere il Sentiero Rilke. Era un visitatore come lui ma aveva già percorso il sentiero, sebbene nella direzione Sistiana-Duino e cioè opposta a quella in cui voleva percorrerlo lui.

Il Settembrino uscì dal castello lungo un sentiero di fiori, tra le statue che intervallavano l’azzurro del mare. Sotto il suono gorgogliante dell’acqua della fontana, diede un ultimo sguardo al giardino e seguì le indicazioni che gli erano state date per il sentiero. Si trovò subito a camminare su un suolo calcareo con brevi salite e discese; un ghiaione a grandi pietre costeggiato da vegetazione di rupe su cui sporgevano le fronde dei lecci e di altre piante mediterranee.

Il Settembrino era entrato nel sentiero con l’inconfessabile ambizione di sentire la presenza dell’anima di Rainer Maria Rilke (1875-1926).

Aveva già provato a incontrare quell’anima. Gli aveva dato appuntamento anni prima a Praga, sul Ponte Carlo, ma Rilke non si era presentato e il Settembrino si era sentito come uno di quei fidanzati a cui, come si suol dire, è stata data buca al primo appuntamento. Da quel giorno aveva pensato che se esisteva un posto in cui, in uno slancio di estasi, poteva avvicinarsi all’anima di questo grande poeta, era proprio in questo sentiero. Lo pensava anche mentre, sasso dopo sasso, procedeva tenendo sulla sinistra i recessi ombrosi del bosco non battuto e a destra il blu del Golfo di Trieste di cui, ogni tanto, intravedeva alcuni scorci attraverso la vegetazione.

A Duino c’è un castello con un principe… contemporaneo!

castello di duino

Rilke aveva soggiornato nel Castello di Duino, ospite della Principessa Maria Thurn-Taxis, dall’ottobre 1911 all’aprile del 1912. La letteratura mondiale deve molto alla Principessa perché comprese il genio del poeta, gli fu mecenate e gli diede ospitalità a Duino. In questo modo non solo liberò l’anima del poeta da quelle incombenze della carne, incombenze di cui un vero poeta non dovrebbe mai preoccuparsi, ma permise l’incontro tra genio e natura. Questo incontro metafisico si concretizzò proprio mentre Rilke camminava nel sentiero.

Era la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 1912, una giornata di gelida bora, quando a un tratto il poeta udì una voce rivolta a lui pronunciare in modo chiaro: “Chi, se pur gridassi, mi udrebbe dalle schiere degli angeli?”; si affrettò a trascrivere questi verso nel suo taccuino e quello fu il primo getto d’inchiostro del suo capolavoro: le “Elegie duinesi”.

Mentre era preso in questo tipo di riflessioni, il Settembrino vide sulla destra una piccola salita che portava ad una vista panoramica sul Golfo di Trieste. Rimase incantato dalle falesie a picco sul mare. Si sedette su una panchina e decise di riposarsi. Quella mattina si era svegliato presto, aveva costeggiato il lungomare di Barcola e aveva proseguito fino al bivio che, a sinistra, porta al Castello di Miramare mentre, a destra, in una ventina di minuti arriva a Duino. Da quella terrazza panoramica vide il Castello nuovo che aveva appena visitato, appeso su un carsico sperone roccioso a precipizio sul mare.

Il castello è ancora abitato dal Principe Carlo Alessandro di Torre Tasso, sua moglie e i suoi tre figli. Un castello del 1400 in cui l’impianto medievale è stato ampiamente rimaneggiato nel XIX secolo per ricavarne una piacevole residenza. L’antica torre è una delle parti medievali rimaste intatte.  Su un altro sperone roccioso, invece, vide il castello vecchio o sarebbe meglio dire le rovine del castello vecchio, distrutto dai turchi nel XV secolo. I pochi resti gli sembrarono tutt’uno con lo sperone roccioso. Com’è vero che all’origine del mito c’è l’ipotesi e l’assenza, del vecchio castello rimangono solo quei pochi resti e molte leggende, come quella della “dama bianca”.

Il balcone panoramico sul castello

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Quando riprese il sentiero, il Settembrino incontrò due signore sulla settantina che camminavano nella direzione opposta alla sua. Si scambiarono delle informazioni che, tuttavia, al mio udito arrivarono incomplete a causa del forte canto dei grilli e delle cicale in sottofondo. Ripreso il passo, il Settembrino salì su un’altra vista panoramica da cui questa volta si vedeva solo il castello nuovo.

Con uno sguardo intenso, la sua immaginazione riuscì a bucare i muri del castello e a un tratto gli sembrò di vedere le stanze che aveva appena visitato. Gli sembrò che i suoi ospiti di un tempo stessero ancora tutti là, immobili, che lo guardavano da un altro secolo.  Gli sembrò di vedere la principessa Sissi che scendeva lentamente la Scala del Palladio, i Conti di Chambord che conversavano sui divani di velluto rosso e Franz Liszt che si affannava sul forte-piano in mogano per comporre “La Perla”, poesia della Principessa Teresa Hohenlohe.

Proprio in quel lungo istante sospeso, in quella visione che metteva a tacere il fragore sordo del tempo, il Settembrino chiuse gli occhi e vide Johann Strauss, Hugo von Hofmannsthal, Gabriele d’Annunzio, Paul Valery e, tra loro, un uomo in redingote nera, una cravatta scura intorno al colletto e un cappello, anch’esso nero, a tesa larga; un uomo che teneva in mano un’iris dal gambo lungo. Era Rainer Maria Rilke. Lo aveva incontrato. Vide tutte queste anime chiuse dentro quel castello, come in una crisalide d’oro.

Chissà, si domandò il Settembrino, se qualcuno di loro aveva presagito il Lucifero con le ali di bitume che nel ’900 avrebbe appoggiato le sue ali sulle capitali d’Occidente. Il Settembrino non seppe rispondere. Riprese il suo cammino sul sentiero, solo dopo aver riaperto gli occhi.

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