L’incredibile centrale elettrica abbandonata è un luogo nascosto nei boschi di una splendida città dell’Umbria

Oggi luogo del cuore FAI, la Centrale idroelettrica di Orvieto esercita fascino e mistero
Claudia Giammatteo, 01 Dic 2023
l'incredibile centrale elettrica abbandonata è un luogo nascosto nei boschi di una splendida città dell'umbria

Il 3 aprile 1895 l’elettricità arrivò in ben centotrenta comuni dell’Italia. All’epoca, solo Terni e Perugia nell’Umbria e Roma nel Lazio avevano questo privilegio, quindi fu una svolta davvero epocale, resa possibile dalla Officine Netti, la prima centrale idroelettrica di Orvieto che, lungo il Fosso del Leone, per decenni, fu simbolo e orgoglio di tecnologia industriale.

Le officine, frutto di un contratto stipulato fra il Comune di Orvieto e Aldobrando Netti, uno dei pionieri italiani dell’energia idroelettrica, fungevano da riserva sia per l’Officina che per l’acquedotto e rimasero in funzione per diversi anni, poi vennero dismesse per la realizzazione di impianti più moderni.

Oggi, a valle delle sorgenti che sgorgano alla base del promontorio su cui sorge l’abitato di Sugano, all’interno di un suggestivo bosco, le officine sono ridotte allo stato di rudere, a causa di un lungo abbandono, ma è possibile che venga adottato un progetto di recupero per motivi storici e finalità didattico-ambientali.

La Centrale elettrica di Orvieto, un’opera che cambiò le sorti del territorio

Quando, alla fine dell’800 venne realizzata, la centrale idroelettrica di Orvieto, era dotata di una turbina tipo Pelton dalla potenza di soli 47kW, una potenza oggi irrisoria, ma che a quei tempi permise a piccole attività artigianali con moderni macchinari di utilizzare la corrente elettrica, quindi di prosperare come mai prima. Nell’aprile del 1896 venne illuminato il primo edificio della città, il Teatro Mancinelli di Orvieto, poi tutto il centro abitato e gli edifici di pubblica utilità.

Facendo una piacevole passeggiata nel cuore del bosco è possibile, fiancheggiando il piccolo torrente e antiche tubature di ghisa, si raggiunge l’antico edificio, addossato sulla collina, il quale mostra tutti gli anni di abbandono e incuria ma, allo stesso tempo, trasuda fascino e mistero. D’altronde, al suo interno custodisce un raro esempio di archeologia industriale, le ex Officine Netti.

Sono ancora ben visibili due turbine Pelton con relativi alternatori e ruote volano. Una delle due ha la cassa aperta e svela al suo interno i tesori, l’ugello e la ruota cin tutti i cucchiai. La terza turbina, scoperta dal Gruppo Speleologico Cai di Orvieto alcuni metri sotto l’edificio, è ben conservata e i macchinari, ormai in rovina, sono immersi nella natura rigogliosa.  Chissà se, considerando che questa antica e storica Centrale Idroelettrica è entrata a far parte dei luoghi del cuore FAI, verrà inserita in un progetto di recupero e valorizzazione che potrebbe offrire l’opportunità di scoprirla in tutta la sua bellezza.

 

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