La Via Francigena a modo nostro
La genesi
Quando il capo conferma le ferie, scatta l’Inferno! E nel mezzo del cammin di nostra vita… Era l’agosto del 2021, avevo le idee chiare, volevo scoprire un pezzo della via Francigena, un viaggio nella mia to-do-list che, almeno nei miei intenti, era partita nel 2017, anno in cui ho partecipato al Festival del Turismo lento “Slow Travel Fest”, tenuto tra Abbadia Isola e Strove, nei pressi di Monteriggioni in provincia di Siena.
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Però, nel quadriennio 2017-2021, sono intervenuti alcuni fattori, tra i quali un paio con impatto notevole: la passione per la bici, che è entrata profondamente nella mia vita, e la pandemia, che ha stravolto le possibilità di movimento, però nella mia caparbietà e determinazione, non potevo mancare l’obiettivo del 2021.
Per questo viaggio, decisi di coinvolgere un mio amico d’infanzia, Thomas, oggi anche lui cicloamatore convinto, che ha felicemente accettato di diventare il mio compagno ufficiale di viaggi on the road, il quale mi diede un grande aiuto allo sviluppo e realizzazione del progetto, che doveva partire da Massa centro.
L’obbiettivo finale dell’impresa era raggiungere la parte finale della Francigena, ovvero Roma e il Vaticano per ricevere la benedizione di Papa Francesco: quale miglior occasione per la chiusura del nostro sforzo? Durante l’organizzazione però, ci siamo resi conto che non eravamo ancora pronti per arrivare a tanto e, nel rianalizzare la mappa, siamo stati invece “risucchiati” dal prendere anticipata visione di ciò che il Monte Argentario ci poteva offrire e, senza alcuna titubanza, tracciando l’itinerario con il pennarello, all’altezza del Lago di Bolsena abbiamo seguito l’istinto e brutalmente deviato verso il Tirreno. Successivamente, sempre seguendo l’impronta colorata tracciata sulla mappa, in tre giorni di programmazione tra Komoot, guide di viaggio, blog, gruppi di cicloturismo vari, magicamente si materializzò la “Frangicoast”. Mi piace battezzare i miei percorsi e per questo ho scelto un nome un po’ bizzarro nato dall’unione di due itinerari ormai noti nel cicloturismo, la Via Francigena (da Canterbury a Roma) e la Coast to Coast (da Ancona ad Orbetello).
La fase successiva era quella di riuscire a “incastrare” i sei giorni e cinque notti che avevamo a disposizione. Sarebbero stati sufficienti? Quanto è strano il fatto che il tempo da “destinare” alla lentezza appaia sempre troppo poco rispetto a quello “sempre troppo” che, invece, “dedichiamo” alla frenesia della vita quotidiana. Comunque, provando e riprovando, raggruppando un po’ di tappe e chiedendoci di spingere un po’ di più sui pedali, l’impresa è risultata fattibile, anche se questo ha connotato le nostre pedalate in terre dantesche come “abbastanza ma non del tutto lente”.
Bene, ora partiamo…per la selva oscura, ché la diritta via era smarrita!
Prima tappa: da Massa Marittima a San Miniato
Sveglia all’alba da casa di Thomas a Parma, borse caricate, prima pedalata verso la stazione per dirigerci in treno a Massa centro. La combinazione treno + bici ci piace molto, i nostri viaggi cercano sempre di essere quanto più sostenibili possibile!
Massa Marittima si trova proprio in Versilia lungo la via Francigena, e di questa mi rimangono subito impressi gli alberi di aranci piantati nel centro città. E non sono l’unica a rimanerne impressa, anche il buon Leopardi nel 1827 descrisse Massa così alla sorella Paolina: “Quel clima è ottimo, simile a quello di Nizza, e forse migliore di quel di Roma: non vi nevica mai, e si esce e si passeggia senza ferraiuolo; in mezzo alla piazza pubblica crescono degli aranci, piantati in terra”.
Da Massa affrontiamo una prima impegnativa salita che porta al Castello Aghinolfi di Montignoso, per arrivare poi a Pietrasanta, “la piccola Atene d’Italia”, patria adottiva di artisti provenienti da tutto il mondo. Detto fatto, siamo stati accolti dall’ eclettica mostra a cielo aperto di Giuseppe Veneziano nella piazza principale dove particolare menzione merita il suo duecentesco Duomo di S. Martino dalla bianca facciata rivestita in marmo.
Lasciata Pietrasanta alle spalle, dopo altri sali-scendi, l’incontro con il torrente Contesola e l’attraversamento del Serchio, arriviamo a Lucca lungo la sua ciclabile. Lucca è stata la sosta per il nostro pranzo e abbiamo cercato di visitare il suo “The best of”: la cinta muraria, l’anfiteatro e il duomo. Al museo della cattedrale siamo riusciti ad avere le credenziali del Pellegrino essendoci scordati di prenderle alla partenza.
Il penultimo tratto pianeggiante ha fatto riposare le nostre gambe ma, ahimè, era solo il preludio delle salite di benvenuto a San Miniato dove ci aspettavano i nostri primi host. Ricordo come se fosse ieri che le pendenze finali mi hanno messa talmente ko, che decisi di spingere la bici per 3km. Io ovviamente, Thomas con l’orgoglio che si ritrovava, non si sarebbe mai perdonato una caduta di stile del genere.
Dati in pillole
- Lunghezza e dislivello: 105 Km 1140+
- Trasporti: Circa 13€ + 3,50€ del biglietto bici
- Ostello L’ Hospitale del Pellegrino con cena inclusa: 20 €
- Pranzo al sacco: 8€
- Credenziali: 5€
Seconda tappa: da San Miniato a Siena
Il cinguettio degli uccellini e l’aria frizzantina ci facevano capire che era l’ora di partire. Lasciato l’ostello verso le 8, San Miniato si lasciava ammirare in tutta la sua bellezza. Ma oggi di bellezze ne avremo continuato a vedere. Ci aspettava la Val d’Elsa! Il fiume Elsa ha creato nel corso della storia scenari unici che caratterizzano la Toscana in generale. Percorrere la Val D’elsa significa uscire dal traffico, attraversare borghi e tuffarsi in veri e proprio dipinti.
All’avvicinarsi di San Gimignano, rimaniamo a bocca aperta nello scorgere le sue torri in lontananza. Purtroppo, la città è diventata meta di orde di turisti, specie durante l’estate. Lo scorgere delle mille corriere parcheggiate all’entrata ci faceva capire che saremo stati sommersi dal caos a cui non eravamo più abituati da due giorni. E come biasimare queste persone! San Gimignano, patrimonio dell’Unesco è uno dei centri medievali più belli in cui spiccano ben 72 torri. Trovata una panchina in Piazza delle Erbe, riposiamo il giusto per ripartire verso Siena.
Usciti da San Gimignano, passato Poggibonsi ed il complesso di Abbadia a Isola ci fermiamo ad esplorare Monteriggioni, il famoso borgo fortificato sulle colline. Il centro storico ha una forma circolare con diametro di soli 170m tanto che i turisti ci sembravano molti di più di quelli che effettivamente erano. Percorriamo poi le strade bianche verso Cerbaia per scendere poi verso la vicina Cassia. Siena ci accoglie verso le 19.
Abbiamo deciso di dormire in tenda in un campeggio appena fuori dal centro città. Dopo cena, ci deliziamo di un walking tour fai da te in città. Vi assicuro che vedere piazza del Campo e il suo Duomo illuminati fa sicuramente un certo effetto. In questa lunga tappa abbiamo rallentato molto sulla tabella di marcia, troppi erano i gioielli da visitare, ma di sicuro tutto ne è valsa la pena.
Dati in pillole
- Lunghezza e dislivello: 91 Km 1560+
- Campeggio Colleverde: 15€
- Pranzo al Sacco: 7€
- Cena a Siena: 12€ a testa
Terza tappa: da Siena a Radicofani
La vita in campeggio ha il suo fascino: i primi raggi di sole che entrano in tenda, colazione all’aria aperta, nuove amicizie. Questa sarebbe stata una delle tappe più impegnative per via delle pendenze. O almeno lo sarebbero state per me che sono donna di pianura. Saltati in sella, dopo qualche km eravamo già ad ammirare il profilo di Siena che sbucava dalle colline all’orizzonte.
Iniziavano i panorami della Val d’Arbia, questa vallata a sud di Siena citata anche nella Divina Commedia. Attraversiamo interminabili strade bianche e ci immergiamo nelle crete senesi, un paesaggio lunare che sembra uscito da un dipinto, interamente fatto di argilla, dove colline brulle e cipressi solitari ne fanno da padroni. È questa la toscana delle cartoline, autentica e intatta.
Questi dolci sali e scendi ci preannunciano le salite che prima da Buonconvento ci conducono a San Quirico e poi da San Quirico a Radicofani nel pieno della Val d’Orcia. Il verde dei cipressi e il giallo dei campi di grano ci accompagneranno per tutta la giornata. Ci eravamo abituati bene alle strade bianche e purtroppo per raggiungere San Quirico è necessario pedalare su strade asfaltate. Radicofani però sembrava non arrivare mai. 15km in pendenza costante. Improvvisamente però la sua Rocca ci sbuca davanti a km di distanza e così tutte le forze ritornarono per farci affrontare l’ultimo tratto fino in cima agli 800 metri s.l.m.
All’arrivo, il borgo era gremito di camminatori e solo pochi ciclisti. L’ostello è uno e si era creata un’atmosfera conviviale di festa tra tutti noi.
Dati in pillole
- Lunghezza e dislivello: 88 Km 1450+
- Pranzo al sacco: 8€
- Ostello Radicofani: 15€
- Cena: 20€ a testa
Quarta tappa: da Radicofani a Sovana
Con questa tappa si lascia la Toscana e si entra nel Lazio. Dopo tutta la fatica del giorno prima, non ci saremo mai aspettati la lunga discesa che da Radicofani porta nella Val di Paglia. In questo tratto siamo stati coccolati dalle colline e dai campi coltivati con la Rocca di Radicofani che ci sorvegliava da lontano.
Ma è qua che dopo il bellissimo borgo di Proceno, decidiamo di girare verso il mare all’altezza di Acquapendente, abbandonando così definitivamente la Via Francigena. In realtà, Thomas, dopo le lunghe discese, si ritrova senza il freno anteriore funzionante. Per questo io proseguo lungo la Coast to Coast e lui obbligatoriamente scende fino a Bolsena dove trova la prima officina disponibile per questa riparazione. Con tutta la mia calma raggiunge il borgo di Onano, nella Tuscia viterbese.
La tappa successiva sarà Sorano, la Matera del Nord dove ci incontreremo prima di arrivare all’agriturismo. Siamo rimasti a bocca aperta dalla bellezza di questo borgo scavato nel Tufo e dalla gentilezza dei suoi abitanti. Un commerciante lungo la via principale si era offerto per custodirci le bici in modo da darci l’opportunità di vedere le vie Cave a piedi e salire sulla fortezza Orsini per ammirare la valle del torrente Lente.
L’unico alloggio che abbiamo trovato per la sera sarà nella campagna di Sovana, antica capitale fondata dagli Etruschi.
Dati in pillole
- Lunghezza e dislivello: 59 Km 840+
- Pranzo al sacco: 6€
- Agriturismo con cena: 30€
Quinta tappa: da Sovana a Orbetello
È l’ultima tappa, l’ultima dove ci regaleremo la tanto sospirata vista mare. Lasciamo Sovana e il verde della campagna per dirigerci verso Capalbio. Ci sentiamo piccoli a pedalare sotto Pitigliano, ci mancava questa città per completare il trio delle città del Tufo, il più grande complesso rupestre dopo Matera. Le strade sono perlopiù asfaltate ma completamente immerse nella natura. Decidiamo di non fare troppe soste per arrivare di buona ora al campeggio, montare la tenda e fiondarci in mare. Proseguiamo lungo la Valle del Fiora passando per Manciano e arrivare a Capalbio. Le salite qui cominciano a farsi sentire ma la bellezza di questo borgo ci lascia esterrefatti: balconi fioriti, case in pietra, saliscendi di viuzze.
Il tratto da Capalbio ad Ansedonia è uno dei più spettacolari. Ci ritroviamo ancora una volta nella Toscana quella da cartolina però non più quella dei cipressi e delle colline bensì quella della Maremma. Il promontorio di Ansedonia si lasciava ammirare da distante e per noi voleva già dire mare e ultime salite. Qui è esattamente il posto dove il tombolo della Feniglia si unisce alla costa maremmana.
La stanchezza cominciava a farsi sentire ma troviamo subito pace entrando nella Feniglia dove il profumo della pineta, il cinguettio degli uccellini e l’ombra rinfrescante ci accompagneranno fino al campeggio. Ed ecco qua che davanti alla Reception non riusciamo a renderci conto che eravamo arrivati. Tante le cose viste, tante le persone conosciute e i chilometri percorsi ed il tutto passato troppo in fretta.
Proprio dopo i festeggiamenti per l’arrivo, sono stata punta dai tafani! Il programma “tuffo in mare prima di cena” divenne in un batter d’occhio “corsa in farmacia per gli antistimici”. L’avventura è anche questo. Ci riposiamo un pò nella tenda appena montata e andiamo poi alla ricerca di un ristorantino carino nel centro di Porto Ercole. Per questo penultimo giorno ci siamo trattati da veri signori. Concludiamo la giornata lungo la fantastica ciclabile che collega Porto Ercole con Orbetello.
La mancanza di illuminazione ci ha fatto fermare più volte per osservare le stelle che quella notte brillavano come non mai, c’erano presenti tutte le costellazioni possibili ed immaginabili. Riponiamo le bici vicino la tenda, l’adrenalina cominciava a scendere e in un batter d’occhio ci addormentiamo.
Ci aspettava l’ultimo giorno.
Dati in pillole
- Lunghezza e dislivello: 81 Km 1000+
- Pranzo al sacco: 10€
- Campeggio La Feniglia: 10€ a notte a testa
- Cena Porto Ercole: 20€ a testa
L’ultimo giorno: lungo il periplo dell’Argentario
Non potevamo scegliere posto migliore del campeggio, forse sarà stata la stanchezza, ma non ho mai dormito così bene. L’atmosfera ovattata, il suono dei grilli, dei daini che correvano nella Feniglia, mi sentivo a casa. Nonostante i quasi 500km totali non eravamo ancora stanchi di pedalare perché non potevamo farci mancare questa ultima perla prima del ritorno, il Monte Argentario. Con partenza dal camping La Feniglia in senso orario, siamo andati alla scoperta di questo promontorio. Le prime sensazioni? Leggerezza! Non ci sembrava vero di essere così leggeri, senza bagagli e borse addosso! Si volava.
All’Argentario si va in primo luogo per andare al mare. E per questo dopo un caffè d’obbligo, ci siamo concessi il primo di tanti bagni nella spiaggia della Feniglia al sorgere del sole.
Abbiamo proseguito poi per vedere il cuore antico di Porto Ercole, annoverato nella lista dei Borghi più belli d’Italia. Legate le bici, tramite la porta Pisana, abbiamo camminato per un dedalo di vicoli fino a salire sulla Rocca che un tempo difendeva il territorio dagli attacchi dei pirati saraceni.
La strada panoramica di Porto Ercole, oltre ad offrirci paesaggi mozzafiato, ci conduceva alla prima cala della giornata, Acqua Dolce chiamata così perché in passato, erano presenti sette piccoli rivoli di acqua dolce.
Per raggiungere le varie cale, ci sono sentieri segnalati sull’unica strada costiera principale. In generale, le spiagge del Monte Argentario non sono sempre facili da raggiungere, ma la fatica del percorso è sempre ripagata. Per me è stata anche un’esperienza di ciclocross. I sentieri ce li siamo fatti tutti con la bici in spalla per evitare di lasciarla a bordo strada.
Finalmente troviamo un tratto di sterrato prima di arrivare a Cala Del Morto. Siamo incuriositi da questo nome un po’ bizzarro e decidiamo anche questa volta di scendere con la bici al seguito. Scopriamo poi che è l’insenatura più selvaggia della penisola, perlomeno tra quelle a cui si arriva a piedi. Il nome è semplicemente dettato dal fatto che le sue acque sono sempre tranquille. Tutto questo grazie alla particolare conformazione che ha dato origine a delle piscine naturali. Il sole e il caldo cominciavano a farsi sentire e un signore del posto ci consigliò di tuffarci nella Cala della Cacciarella.
Il nostro giro stava quasi per finire. Dopo tutte queste calette selvagge, ritorniamo al traffico e alla civiltà di Porto Santo Stefano, il capoluogo del Monte Argentario. Decidiamo di concludere il giro e fermarci ad Orbetello per cena. Prima di entrare, osserviamo la sua famosa laguna che è riserva del WWF poiché è sulla rotta migratoria di moltissimi uccelli. L’antico mulino Spagnolo, l’unico mulino a vento che si è conservato, ci dava il benvenuto in città.
Avremmo voluto fermare il tempo ma l’indomani sarebbe stato interamente dedicato al ritorno. Tornare al Nord da qui con il treno regionale con a seguito la bici, non è assolutamente un’impresa facile.
Ecco la fine di questo racconto a pedali di un pezzo d’ Italia che tutto il mondo ci invidia. È difficile spiegare quanti posti mozzafiato il nostro paese ci riserva. A volte basta solo andare dietro casa per meravigliarsi. E sicuramente viaggiando lentamente abbiamo avuto l’opportunità di goderne appieno. La pandemia probabilmente ci ha fatto capire che non bisogna andare lontano per meravigliarsi e noi abbiamo deciso di partire da una delle regioni più belle, la Toscana.
Dati in pillole
- Lunghezza e dislivello: 50 Km 1000+
- Pranzo al sacco: 5€
- Campeggio La Feniglia: 10€ a notte
- Cena Orbetello: 15€ a testa
Consigli finali
L’itinerario
La Via Francigena è sicuramente affrontabile in bici con un discreto grado di allenamento. L’itinerario in bici si discosta in alcuni punti da quello a piedi, infatti, i segnali sono rossi per i pellegrini e blu per i “bicigrini”. Il 70% è su asfalto e il resto sono strade sterrate secondarie. Lungo l’itinerario ci sono costanti sali e scendi ma senza nessuna pendenza troppo difficile o tecnica. Noi abbiamo usato due Gravel ma abbiamo incontrato persone con MTB e addirittura con bici da corsa con copertoni un po’ più tassellati. Siamo sicuri che i paesaggi e le emozioni che proverete di certo non vi faranno sentire la fatica.
Le tappe
È importante capire bene prima di partire le proprie condizioni fisiche ed il tempo a disposizione per godere appieno del viaggio senza arrivare troppo stanchi e affaticati. Le tappe in bici sono suddivise in maniera standard ma si possono modificare in base ai propri parametri. Alcuni borghi e panorami avrebbero meritato più tempo di visita e sicuramente ritorneremo. Non c’è cosa migliore della lentezza! Però a volte la voglia di vedere quanto più possibile ci ha fatto raggruppare più tappe e spingere di più sui pedali.
I tasti dolenti
Ci sono punti dove l’ombreggiatura scarseggia e anche i rifornimenti d’acqua. A fine agosto sicuramente il clima non aiuta per via delle temperature ancora calde. Anche le officine meccaniche per bici scarseggiano. Quindi è bene portare con sé, come d’obbligo, il kit riparazione e far controllare la bici da un meccanico prima di partire per evitare disguidi.
Gli alloggi
Abbiamo fatto fatica a trovare un alloggio specie il weekend ad Orbetello considerando anche il fatto che la nostra programmazione è iniziata solo circa 15 gg prima! L’opzione campeggio si è rivelata comunque azzeccata come fine tour. A Radicofani stessa cosa, l’ostello è l’unico in zona e i ristoranti in totale sono tre. Consiglio quindi in alta stagione di pianificare per tempo e di preferire la stagione primaverile e autunnale. Cicloturisti, chiedete sempre prima per il deposito bici. Fortunatamente, in tutti quelli dove siamo stati la bici è sempre stata al sicuro, specialmente a Radicofani dove potevamo disporre di un garage chiuso a chiave.
Buona avventura!