Terre di Venezia
Complice la relativa vicinanza, non è certo la prima volta che mettiamo piede in questa città universalmente nota, ma lo abbiamo sempre fatto con estrema superficialità e questa volta abbiamo intenzione di visitarla come in effetti merita. Già dieci anni fa avevamo programmato qualcosa di simile ma allora il maltempo fu implacabile e ci obbligò a rinunciare … questa volta, invece, non c’è riuscito e, nonostante ancora per domani le previsioni meteo non siano favorevoli, abbiamo deciso di partire.
Dopo l’uscita dall’ufficio prepariamo tutto in fretta e furia e alle 21:30 prendiamo strada a bordo del nostro camper … Da tempo immemorabile non ricordavo un viaggio di andata così breve: un quarto d’ora dopo la partenza entriamo in autostrada e venticinque minuti più tardi siamo a Bologna. Imbocchiamo l’autostrada A13 e alle 22:20 transitiamo nei pressi di Ferrara, mentre Sabrina se la dorme e Federico mi tiene compagnia.
A Padova, intorno alle 23:00, confermando le previsioni, comincia a piovere, ma non diamo importanza alla cosa e, oltrepassata poco dopo la barriera autostradale di Mestre, ci approssimiamo alla città lagunare percorrendo il lungo e rettilineo Ponte della Libertà, così alle 23:53 siamo sistemati nella zona camper del parcheggio del Tronchetto di Venezia, dove passeremo tutte le notti di questa breve vacanza.
Ce ne andiamo a dormire e mentalmente ripassiamo la lezione: a Venezia il “sestiere” è l’equivalente di un quartiere, il “campo” è una piazza e la “calle” è una via, ma, soprattutto, molte vie in questa strana città si chiamano “rio” e al posto della pavimentazione hanno il mare! Sabato 8 Ottobre: E’ piovuto con insistenza per tutta la notte ma quando, poco dopo le 8:00, ci svegliamo non lo fa più e armati di sacrosanta volontà turistica decidiamo di partire per questa prima giornata di visite a Venezia.
Soprattutto Federico, vista la giovanissima età, è curioso di vedere la città che per strade ha i canali … “la città che, come Venere, sorge dalla schiuma del mare”: in questo modo talvolta si ama definirla.
Acquistiamo il salatissimo abbonamento che ci consentirà di viaggiare, senza limiti, per tre giorni sui servizi pubblici della laguna e, dal molo del Tronchetto, salpiamo a bordo del nostro primo vaporetto, mentre tutto intorno a noi il paesaggio è incupito dal grigiore che caratterizza la mattinata … Non è proprio il massimo dell’aspirazione ma cercheremo di cominciare con le visite degl’interni.
Risalito il Canale della Giudecca sbarchiamo sulla Riva degli Schiavoni, scenografica passeggiata sulla quale prospetta fra l’altro il noto Hotel Danieli, e, approssimandoci a Piazza San Marco, giungiamo al celeberrimo Palazzo Ducale, dal cui lato orientale si stacca il curioso Ponte dei Sospiri, visibile dall’attiguo Ponte della Paglia (così chiamato perché qui veniva scaricata la paglia destinata alle prigioni e alle scuderie di Palazzo Ducale).
Alcuni addetti stanno montando le passerelle pedonali, evidentemente si prevede acqua alta, e comunque con la speranza che il tempo migliori varchiamo l’ingresso dell’edificio simbolo della Repubblica di Venezia, sede un tempo delle più alte magistrature della Serenissima, la dimora dei dogi, nonché la massima espressione dell’architettura gotica veneziana … Palazzo Ducale fu fondato come castello nel IX secolo, ma subì col tempo radicali trasformazioni, fino ad assumere l’attuale aspetto intorno alla metà del Quattrocento.
Osserviamo il meraviglioso cortile interno: un’autentica piazza che si sviluppa fra le alte mura del palazzo, caratterizzata, all’angolo nord-ovest dalla monumentale Scala dei Giganti, alla cui sommità dominano, imponenti, le statue di Nettuno e Marte. Saliamo quindi la cosiddetta Scala d’Oro e, visitato l’interessante appartamento ducale situato al primo piano, approdiamo al secondo livello nel quale sono ospitate le sale di riunione di quelle che furono le più alte magistrature dello stato: la Signoria, il Senato, il Consiglio dei Dieci e i Tre Inquisitori. In particolare, per sontuosità, spicca la Sala del Collegio (dove sedeva la Signoria), con meravigliosi dipinti del Veronese e del Tintoretto.
Percorse le antiche armerie, ricche di pezzi aventi grande interesse storico che stuzzicano in particolare la curiosità del piccolo, scendiamo nuovamente al primo piano e, attraversato il Ponte dei Sospiri, ci avventuriamo, oltre il canale, nell’intricato dedalo delle vecchie prigioni … Sembra ancora, nella penombra che tutto avvolge, di sentire il tintinnio delle catene e i catenacci serrarsi alle spalle dei prigionieri, i cui “Sospiri”, nel caso di condanna a morte, hanno dato il nome all’omonimo ponte, che veniva inevitabilmente attraversato nel giorno dell’esecuzione capitale. Anche noi, alla fine, attraversiamo il ponte in quella stessa direzione, ma solo per tornare a Palazzo Ducale e visitare le sale più grandi del complesso: la magnifica Sala del Maggior Consiglio (52,7 metri di lunghezza per 24,65 di larghezza e ben 11,50 di altezza) con, alle spalle della tribuna dove sedeva il doge, l’incredibile dipinto del Paradiso (24,65×7,45 metri!) di Jacopo Tintoretto, e accanto la stupenda Sala dello Scrutinio.
Con gli occhi ancora pieni di meraviglia usciamo da Palazzo Ducale quando il mezzogiorno è già passato da un po’, mentre l’acqua alta, in effetti, ha invaso in parte Piazza San Marco (non va meglio a casa dove, apprendiamo, piove ininterrottamente dalla mattinata).
Saliamo a bordo di un vaporetto e scendiamo a poche fermate di distanza nelle vicinanze dell’Arsenale, dove si trova il Museo Storico Navale, che però ha chiuso i battenti alle 13:00 e nel pomeriggio non riapre … domenica (cioè domani), naturalmente fa festa e dovremo rinunciarvi in quanto per lunedì abbiamo altri programmi: è una delle tante, piccole, vergogne italiane, anche se le cose, in senso generale, sono decisamente migliorate negli ultimi anni.
Pranziamo con i nostri panini a sedere su di una panchina lungo il Rio dell’Arsenale, mentre un poco piacevole vento di bora ci sferza il viso e subito dopo c’incamminiamo lungo il canale giungendo, in pochi minuti, di fronte alla scenografica porta di quello che fu, per secoli, il grandioso complesso di cantieri, officine e depositi dai quali uscivano le flotte veneziane, base della potenza economica, politica e militare della Repubblica.
L’Arsenale, che occupa tuttora circa 46 ettari, è una grande testimonianza storica ma, di proprietà della Marina Militare Italiana, non è visitabile e ci dobbiamo accontentare di vedere solo l’esterno, oltre ad una piccola esposizione di vecchie barche in un attiguo capannone, che seppur interessante ci ha permesso, soprattutto, di ripararci per un po’ dal vento freddo di questo pomeriggio d’autunno.
Lasciatoci alle spalle l’Arsenale ci avventuriamo fra i meno conosciuti vicoli e canali del sestiere di Castello, accompagnati da accattivanti scorci, ed in breve giungiamo in vista della Chiesa di S. Francesco della Vigna, dalla grandiosa facciata eretta nel XVI secolo su disegno di Andrea Palladio.
Passeggiando tranquillamente, mentre cade qualche innocua goccia di pioggia, arriviamo anche all’imponente Basilica dei SS. Giovanni e Paolo, che, costruita dai Domenicani fra il 1246 ed il 1430, è uno dei più grandiosi esempi di architettura gotica veneziana e dalla seconda metà del XV secolo fu sede dei solenni funerali dei dogi, infatti l’interno, di smisurate proporzioni (100 metri di lunghezza per 32 di altezza), è diviso in tre navate ed ospita numerosi monumenti funebri di grande valore artistico.
L’edificio religioso è ubicato sull’omonimo campo e la sua enorme facciata in cotto contrasta magnificamente, in angolo, con il marmoreo prospetto rinascimentale della Ex Scuola Grande di S. Marco, palazzo un tempo sede dell’omonima confraternita, che oggi ospita l’Ospedale Civile di Venezia.
Ci godiamo brevemente il sublime scorcio architettonico mentre, udite, udite, il disco solare fa timidamente capolino fra la spessa coltre di nubi, poi c’incamminiamo e, scavalcando tipici canali che hanno reso celebre la Serenissima, fiancheggiamo la piccola Chiesa di S. Maria dei Miracoli, uno dei primi e più felici esempi di architettura rinascimentale veneziana, che appare, stretta fra gli edifici che la circondano, come uno scrigno incastonato di preziosi marmi policromi.
Procedendo lungo anguste calli torniamo infine a Piazza S. Marco, ampio spazio che fronteggia l’omonima basilica: la piazza per antonomasia, indiscusso simbolo universalmente noto della città di Venezia … Inutile dire che è bellissima, ma non scatto neppure una foto, in attesa del sole previsto nei prossimi giorni.
Federico si diverte un po’ a rincorrere i piccioni, che del luogo hanno fatto un po’ il loro piccolo regno, poi, nonostante siano appena le 17:00, stanchi e tutt’altro che galvanizzati dal cielo costantemente grigio, facciamo mestamente ritorno al camper e, speranzosi per il domani, ci rinchiudiamo al calduccio nel suo interno, in compagnia della TV, a passar la serata, rammentando le incredibili ricchezze di Venezia: una città veramente unica al mondo! Domenica 9 Ottobre: Tutto come previsto: le nuvole sono completamente sparite (dopo una settimana, senza tregua, di pioggia e cieli grigi) … Oggi splende un magnifico sole e con tutto un altro spirito diamo il via a questa seconda giornata di visite, anche se tutti quanti portiamo un po’ addosso i segni del freddo di ieri.
Col vaporetto passiamo accanto a gigantesche navi da crociera e raggiunto il Canale della Giudecca, che costeggia sulla destra l’omonima e allungata isola, scendiamo sul lato sinistro alla fermata delle Zattere, da dove ha inizio la nostra passeggiata per il centro storico di Venezia.
Qui un tempo approdavano le zattere usate per il trasporto del legname e non è un caso che nei paraggi si trovi il seicentesco Squero di S. Trovaso, il più antico cantiere di produzione gondole fra i pochi ancora attivi in città. Lo osserviamo dalle cosiddette fondamenta Nani, percorrendo il canale che porta il suo stesso nome e che poi arriva sul ben più noto, anzi universalmente noto, Canal Grande.
Scavalchiamo la più conosciuta via d’acqua del pianeta sul Ponte dell’Accademia, struttura in legno innalzata come provvisoria (?) nel 1934 in sostituzione di quella precedente (in ferro), ormai fatiscente, una delle tre presenti sul Canal Grande (le altre due sono fortunatamente in pietra e definitive!).
Lasciato il sestiere di Dorsoduro e approdati in quello di S. Marco, in breve giungiamo nel vasto Campo S. Stefano, contornato da eleganti palazzi, al cui centro spicca un enorme testa bronzea, opera di chissà quale artista contemporaneo, nella quale subito si avventura, incuriosito, Federico, e dominato sul lato settentrionale dall’omonima chiesa, uno dei più interessanti complessi religiosi gotici della città.
Da Campo S. Stefano, seguendo anguste calli, torniamo sulle rive del Canal Grande in corrispondenza del traghetto “Garzoni”: lungo il sinuoso tracciato del canale per eccellenza vi sono svariati punti nei quali operano alcune gondole, dimensionalmente più grandi del normale, con funzione di traghetto pedonale, per cui, con soli 50 centesimi a testa ci concediamo una brevissima escursione sul corso d’acqua più sorprendente e famoso del mondo, fino a giungere sulle dirimpettaia riva del sestiere di S. Polo.
Tornati nuovamente sulla sponda di partenza guadagniamo così il vicino Campo di S. Rocco, sul quale prospettano le bianche facciate dell’omonima chiesa e della Scuola Grande, anch’essa di S. Rocco. Quest’ultimo edificio, eretto fra il 1516 ed il 1560, sede a suo tempo della scuola di devozione intitolata proprio a S. Rocco, ospita un intero, meraviglioso, ciclo pittorico di Jacopo Tintoretto, che nella strabiliante Sala Maggiore, situata al primo piano, raggiunge il massimo dell’espressione artistica.
Ancora ammaliati dalla bellezza delle tele e dalla ricchezza delle decorazioni lasciamo la Scuola di S. Rocco e ci spostiamo nella vicinissima e maestosa Chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari.
Dell’antico edificio, eretto nel XIII secolo dai frati minori francescani (i Frari) non resta nulla e l’attuale costruzione, innalzata nell’arco di un secolo a partire dal 1340, racchiude in sé memorie e fasti di cinquecento anni di storia della Serenissima, riassumendo, con la Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, vista ieri, il Pantheon delle glorie della Repubblica.
Per fortuna è appena terminata la messa domenicale e possiamo accedere all’interno che, diviso in tre navate da poderose colonne, è scandito da una lunga serie di altari e monumenti funebri, fra i quali spiccano quelli di celebri artisti come Tiziano e Antonio Canova (una bianca piramide eretta dai discepoli su disegno dello stesso maestro).
Tornati in strada riprendiamo il nostro giro turistico e passati di fronte a Palazzo Centani, dove il 26 febbraio 1707 nacque Carlo Goldoni (celebre commediografo), giungiamo prima a Campo S. Polo, e poi, transitati sul curioso Ponte delle Tette (così chiamato perché dalle finestre delle case di fronte le prostitute solevano esibire il seno per attirare i clienti), arriviamo nel piccolo e caratteristico Campo S. Boldo.
Ultimata, in pratica, la visita di questa parte della città torniamo sul Canal Grande proprio di fronte alla celeberrima Ca’ d’Oro, uno degli edifici più ricchi ed eleganti di Venezia, realizzato in forme gotiche all’inizio del Quattrocento e caratterizzato da un’elaborata facciata a trafori marmorei e marmi policromi, un tempo ornata da diffuse dorature … da cui derivò il nome.
Ci fermiamo a pranzare, nei pressi delle cosiddette Fabbriche Vecchie, lungo la via d’acqua per eccellenza della Serenissima, baciati dal sole, che oggi scalda magnificamente, e, coccolati dalle più ideali condizioni climatiche che si possano desiderare, poltriamo piacevolmente forse più del dovuto, ma poi, carichi di nuova energia, riprendiamo l’itinerario.
Passando per il vicino Campo S. Giacomo, dove di trova la statua del Gobbo di Rialto (che sorregge la scala per la Colonna del Bando, dalla quale venivano lette le sentenze e comunicate le leggi), giungiamo in vista del ponte più rinomato di Venezia, il Ponte di Rialto, che fino all’Ottocento era l’unico punto di collegamento fra le due parti della città.
L’attuale costruzione, che ha una luce di 28 metri ed un’altezza di 7,50, presenta tre percorsi pedonali ricavati fra due file di negozi ed è stata realizzata, in sostituzione di precedenti strutture, fra il 1588 ed il 1591 … Inutile dire che la sua sagoma, stagliata sul Canal Grande e costantemente attraversata da una sfilata di gondole, è uno dei più sublimi ed accattivanti scorci di questa inimitabile città.
E’ domenica ed in questa zona i visitatori abbondano (non oso pensare come possa essere a Ferragosto o nei ponti primaverili!), noi però abbandoniamo nuovamente i normali percorsi turistici, avventurandoci fra strette calli, per raggiungere il fantomatico Palazzo Contarini del Bòvolo, celato fra i meandri del sestiere di S. Marco e caratterizzato dalla splendida scala rinascimentale esterna a chiocciola (Bòvolo in veneziano).
Ormai stanchi per le migliaia di passi compiuti ci rincanaliamo nello sciame di gente e approdiamo di nuovo a Piazza S. Marco, inimitabile quadrilatero delimitato dalla Basilica di S. Marco e dai palazzi della Procuratie, oltre che dalla Torre dell’Orologio (attualmente in restauro) e dall’imponente mole del Campanile di S. Marco … Oggi il luogo, inondato dal sole, è una magnificenza e ci fermiamo per un po’ a goderci lo spettacolo, mentre Federico gioca con gl’immancabili piccioni (basta un pugno di grano turco per farsi letteralmente assalire).
Il Campanile di S. Marco è uno dei simboli di Venezia. Crollato drasticamente nel 1902 è stato ricostruito come era e dove era nell’arco di dieci anni e con i suoi cento metri è l’edificio più alto della città … Da lassù il panorama non deve essere male e non vogliamo perdercelo, così salgo in compagnia di Federico, mentre Sabrina, ormai stanca, ci aspetta alla base, per poi pentirsi perché la scalata si effettuava … in ascensore.
Il panorama a 360 gradi sulla Serenissima è splendido e per un breve lasso di tempo ci siamo sentiti signori, ovvero dogi, della Laguna, ma poi torniamo alla realtà, con i piedi saldamente a terra, e, tralasciata ancora la basilica (c’è una lunga coda per entrare e torneremo domani mattina), scattiamo una foto con la giusta luce anche al sublime Palazzo Ducale e poi saliamo sul vaporetto per scendere, poco dopo, alla dirimpettaia Isola di S. Giorgio Maggiore.
Il luogo, al contrario della vicinissima Giudecca, che si sviluppò solo nel Cinquecento, già nel IX secolo ospitava un centro religioso e culturale fornito di un suo peculiare ruolo di rappresentanza politica, ma fu a cavallo fra il XVI ed il XVII secolo che si elevò nell’aspetto, allorquando venne costruita, su progetto di Andrea Palladio, l’attuale bianchissima chiesa che la caratterizza dedicata, appunto, a San Giorgio … Ci soffermiamo per un po’ anche sull’eccezionale panorama che di fronte a noi, oltre i disegni geometrici della pavimentazione del campo ed il Canale della Giudecca, nella tiepida luce del tardo pomeriggio, spazia sull’incomparabile complesso architettonico di San Marco, poi saliamo sul primo vaporetto ed affrontiamo, con calma, la via del ritorno.
Facciamo ancora una sosta, nei pressi della Stazione Marittima, per visitare gl’interessanti interni di S. Sebastiano, che ospita le spoglie di Paolo Veronese, ma la chiesa, manco a dirlo, ha chiuso quasi un’ora fa, alle 17:00, e dobbiamo rinunciarvi … Torniamo allora a galleggiare in direzione del Tronchetto, dove arriviamo piuttosto stanchi dopo l’interminabile camminata odierna.
E’ stata una giornata eccezionale sotto molti punti di vista e le piacevoli condizioni climatiche c’invitano ad uscire anche in serata … Riguadagniamo così il centro storico alla scoperta della Venezia di notte: ci aspettavano francamente qualcosa in più, ma indubbiamente sono bellissime, illuminate, Piazza S. Marco ed il Canal Grande con la bella Chiesa di S. Maria della Salute.
Rientriamo alla base dopo oltre due ore, un po’ infreddoliti ma soddisfatti anche di questa esperienza, e sfiniti ce ne andiamo a dormire, in vista della terza ed ultima giornata da passare in laguna.
Lunedì 10 Ottobre: Anche questa mattina raggiungiamo col vaporetto Piazza S. Marco, mentre il cielo grazie a Dio è ancora limpido e le condizioni meteo ottimali … Soffia solo da nord-est un fastidioso vento freddo, che speriamo si plachi nelle ore centrali della giornata.
Ci manca ancora da visitare la basilica che, fondata nell’anno 829 per accogliere le spoglie dell’evangelista S. Marco (trafugate da Alessandria d’Egitto), è il frutto di secoli di trasformazioni ed influenze architettoniche … infondo è da sempre stata la principale chiesa della città ed il luogo nel quale venivano consacrati i dogi, nonché il fulcro della vita religiosa e pubblica della Serenissima.
Malgrado sia un lunedì qualunque d’autunno ci mettiamo in fila, fra gente di ogni nazionalità, per varcare le porte della cattedrale di Venezia e così abbiamo tutto il tempo per scrutare la sua strabiliante facciata che, mostrando uno sviluppo prevalentemente orizzontale, si articola su due piani sovrapposti di cinque arcate le cui calotte sono riccamente decorate con preziosi mosaici.
Varcata la prima porta entriamo nell’atrio (o nartece), che precede l’ingresso vero e proprio all’edificio religioso, quindi saliamo lungo un’irta scalinata al piano delle gallerie, nel quale è sistemato il Museo di S. Marco che ospita, fra interessanti scorci degli interni della basilica, preziosi oggetti d’arte, oltre all’originale Quadriglia di S. Marco, fino al 1974 esposta sulla terrazza che domina la piazza, nella quale brevemente c’intratteniamo, mai paghi dell’ineguagliabile panorama che ci circonda.
Tornati a piano terra visitiamo i sontuosi interni che, disposti a croce greca e divisi in tre navate, stupiscono per l’imponenza e lo straordinario gioco di volumi, definiti da cupole ed arcate completamente ricoperte di preziosissimi mosaici a sfondo dorato, il cui sviluppo complessivo è di 4240 metri quadrati. Restiamo allibiti poi di fronte alla cosiddetta Pala d’Oro, strabiliante capolavoro di oreficeria bizantina e veneziana, situata dietro l’altar maggiore: secondo un inventario di fine Settecento nella pala sono incastonate 1300 perle, 400 granati, 300 zaffiri, 300 smeraldi, 90 ametiste, 75 balasci, 15 rubini, 4 topazi, 2 camei e più di 80 smalti … una cosa che farebbe impallidire anche Arsen Lupin … e personalmente non è la prima volta che vedo la basilica, ma ne esco assolutamente esterrefatto! Lasciamo estasiati Piazza S. Marco, con le innumerevoli meraviglie che la circondano, e col vaporetto risaliamo tutto il Canal Grande, forse l’antico alveo di un fiume (lungo 3800 metri e largo da 30 a 70) e sicuramente il luogo nel quale l’integrazione fra la città e l’acqua della laguna è più completa … Alcuni, forse a ragione, amano definirla la strada più bella del mondo, e come dargli torto? I più sontuosi palazzi della Serenissima scorrono uno dopo l’altro sotto i nostri occhi, ai fianchi dell’imbarcazione, che procede borbottando fra i placidi flutti: Palazzo Contarini, Palazzo Grassi, Ca’ Rezzonico, Ca’ Foscari, la Ca’ d’Oro, Ca’ Pesaro e Palazzo Vendramin (sede del Casinò Municipale). Giungiamo così nel sestiere di Cannareggio e lì scendiamo per fare una passeggiata nella zona più settentrionale della città, l’unica che ormai ci mancava per completare la visita di Venezia.
Oltrepassato l’originale Ponte delle Guglie, così chiamato per i quattro obelischi che lo caratterizzano, ci inoltriamo nel Ghetto (una piccola delusione dal punto di vista architettonico): luogo nel quale vissero per quasi tre secoli gli ebrei di Venezia. La curiosità sta nel fatto che nelle vicinanze, a suo tempo, si trovava una fonderia di cannoni nella quale si eseguivano le operazioni di “ghetto” o “getto” (colate di metallo), da cui il toponimo in seguito adottato universalmente per identificare le aree di reclusione degli ebrei.
Passeggiando lungo i canali del sestiere dedichiamo qualche minuto di attenzione alla bella Chiesa della Madonna dell’Orto, affiancata dall’originale campanile a bulbo e, trascurati gl’interni perché si paga e ci sembra eccessivo, giungiamo alle cosiddette Fondamenta Nuove da dove salperemo alla scoperta dei dintorni della Serenissima.
Saliamo sul vaporetto della Linea Lagunare e approdiamo sulla dirimpettaia cittadina di Murano, insediamento abitato di seimila anime distante poco più d’un chilometro da Venezia, sinonimo di vetro, che deve la sua fortuna ad un decreto con cui nel 1291 il Governo della Repubblica ordinò di trasferirvi tutte le vetrerie, pericolose fonti d’incendio per la città.
Sbarcati a Punta della Colonna pranziamo e poi ci dedichiamo alla visita del luogo: risaliamo il Rio dei Vetrai, fin troppo sfruttato commercialmente, e poi vediamo, all’opera, una fonderia, con Federico a lungo incantato di fronte alla bravura dei maestri vetrai.
Tornati all’aria aperta attraversiamo il Canal Grande di Murano sul ponte Vivarini, l’unica struttura che permette di farlo, e seguendo la riva giungiamo in vista della splendida abside del duomo dedicato ai SS. Maria e Donato. L’edificio, fondato probabilmente nel VII secolo e ricostruito nel XII, è uno dei più significativi esempi di architettura veneto-bizantina in laguna e sarebbero interessanti anche gl’interni ma (viva l’Italia) è chiuso e riapre solo alle 16:00 … forse il parroco dovrà fare la pennichella pomeridiana.
Conclusa l’esplorazione, tutto sommato non entusiasmante, di Murano con l’immancabile vaporetto ci spingiamo ancora più lontani da Venezia e dopo quaranta minuti di navigazione arriviamo a Burano e da lì, in un quarto d’ora a Torcello.
Fondata ancor prima di Venezia, nel V secolo, Torcello era un importante centro urbano, che venne però progressivamente abbandonato dopo il Mille causa l’impaludamento di questa parte di laguna … e di quell’antica città, ancora oggi, rimane miracolosamente in piedi il centro monumentale.
Sbarchiamo in un paesaggio bucolico e, costeggiando a piedi il Canale di Borgognoni (un tempo importante via d’acqua), giungiamo in uno spiazzo erboso circondato da storici edifici che formano la piazza di una città che non esiste più. Sono gli edifici religiosi a risaltare più degli altri: la Chiesa di S. Fosca ma soprattutto la Cattedrale di S. Maria Assunta, risalente al VII secolo e arricchita al suo interno da straordinari mosaici (su tutti spicca il Giudizio Universale, che ricopre per intero la controfacciata).
Prima di lasciare il luogo, con Federico, do pure la scalata al campanile e osservato per un po’ il panorama sulla laguna circostante ce ne torniamo a terra, seppur leggermente rintronati dalla grande campana che, in concomitanza con la nostra visita, ha deciso di suonare i rintocchi delle 17:00.
La via per Burano, piccolo insediamento di pescatori nel cuore della laguna, è breve, così ci resta il tempo per un veloce giro turistico: il paese è carinissimo e ci concediamo una piacevole passeggiata lungo gli stretti canali fiancheggiati da case tinteggiate a vivaci colori … sembra d’essere in un villaggio fiabesco e l’atmosfera che si respira risulta estremamente accomodante, peccato solo che ormai le ombre siamo allungate e la giornata volga irrimediabilmente al termine … Intraprendiamo allora la lunga via del ritorno e fiancheggiate le Fondamenta Nuove nella calda luce del tramonto arriviamo sfiniti, ma soddisfatti, al parcheggio del Tronchetto intorno alle 19:00 … orsù, miei prodi, la laguna ormai è conquistata … e fieri ci ritiriamo dentro al camper a consumare il meritato riposo … Martedì 11 Ottobre: E’ l’ultimo giorno di questa breve vacanza e ci svegliamo, ancora al Tronchetto, con il sole che dispettoso, questa mattina, se ne sta rintanato dietro ad una leggera velatura del cielo … Paghiamo il salatissimo parcheggio (117 euro per tre giorni e mezzo!) e lasciamo Venezia.
Prima di tornare a casa però vogliamo visitare una zona dell’immediato entroterra strettamente correlata con la Serenissima: la cosiddetta Riviera del Brenta. Qui i nobili veneziani, fra il ‘500 ed il ‘700 usavano costruire le loro lussuose dimore tanto da far apparire questa secondaria via d’acqua (il Naviglio di Brenta) come una sorta di naturale continuazione del Canal Grande.
Degli antichi fasti restano solo alcune tracce, disseminate qua e là lungo gli argini, e una delle più significative si trova quasi allo sbocco in laguna della canalizzazione: si tratta di Villa Foscari, detta anche “La Malcontenta”.
La residenza, costruita su progetto di Andrea Palladio intorno al 1555, deve il suo nomignolo ad una leggenda che la vorrebbe “esilio” di una donna a seguito di infedeltà coniugali e, attualmente di proprietà privata, la si può visitare solo di mattina e due giorni la settimana: il sabato e, guarda caso, il martedì. Parcheggiamo così il camper nelle vicinanze e ci avviamo a piedi verso l’ingresso.
Varcato il cancello entriamo nei giardini e subito si presenta ai nostri occhi il delizioso e proporzionato prospetto caratterizzato, sul tetto, da quattro sofisticati camini cilindrici … L’edificio non è di vaste proporzioni ma le geometrie imposte dall’insigne progettista lo fanno risaltare magnificamente, illuminato da qualche timido raggio di sole, nel verde circostante.
Osservati anche gl’interni, un tempo riccamente affrescati, torniamo sui nostri passi e riprendiamo l’itinerario, caratterizzato da numerose ville, per lo più private e non visitabili, ma spesso anche malinconicamente decadenti. L’unica possibilità di sosta la potrebbe offrire Villa Seriman, di proprietà statale, ma non ci sono altri turisti oltre a noi interessati alla visita e appare anche piuttosto trasandata, perciò sorvoliamo e continuiamo a seguire la strada che si dipana lungo il corso del naviglio.
Oltrepassiamo Mira e Dolo e arriviamo alla periferia dell’abitato di Stra, dove si trova la sontuosa Villa Pisani, eretta nel XVIII secolo per la famiglia del doge Alvise Pisani … Nei secoli a seguire, dopo la caduta di Venezia, la costruzione più rappresentativa della Riviera del Brenta passò più volte di mano: da Napoleone Bonaparte al viceré d’Italia Eugenio Beauharnais, dall’imperatore d’Austria ai Savoia (fu inoltre teatro dell’incontro fra Mussolini ed Hitler) ed attualmente è di proprietà dello Stato.
E’ quasi mezzogiorno e purtroppo non splende un bel sole, così decidiamo di anticipare il pranzo con la speranza che il cielo si apra … Ottima scelta perché, in poco più di un’ora, le nuvole si dissolvono e il destino ci regala su di un piatto d’argento l’ultima visita di questo viaggio.
Guadagniamo a piedi la monumentale facciata che prospetta il Brenta e, varcato il sontuoso ingresso della villa, esploriamo prima di tutto gli interni, piuttosto spogli di arredi ma spesso riccamente affrescati … Fra i numerosi ambienti spicca, al primo piano, il maestoso salone da ballo, impreziosito dallo splendido soffitto dipinto da Gianbattista Tiepolo.
Tornati a pian terreno ci dedichiamo al vasto parco, di impostazione settecentesca, caratterizzato da una grande vasca in fondo alla quale spiccano gli edifici delle scuderie … Tutto il complesso è ben tenuto e curato, peccato solo che il celebre labirinto, formato da vialetti di alte siepi, non sia accessibile in questa stagione, per la grande delusione di Federico, che già pregustava di scorazzarvi all’interno.
Trascorriamo un paio d’ore a spasso per Villa Pisani e poi, soddisfatti, ne usciamo, pronti ad affrontare il viaggio di ritorno a casa.
Alle 15:25 lasciamo il parcheggio sulle rive del Brenta e venti minuti più tardi entriamo in autostrada a Padova. Fila via tutto liscio e oltrepassato il Po transitiamo nei pressi di Ferrara, quindi, intorno alle 17:00, giungiamo a Bologna. Imbocchiamo la A14, dalla quale poco dopo ne dobbiamo uscire causa un incidente. Rientriamo a Imola e, dopo esserci lasciati alle spalle Faenza, alle 18:05 siamo all’uscita di Forlì. Espletiamo tutte le operazioni di camper-service e alle 18:35 concludiamo di fronte al cancello di casa questa breve ma intensa vacanza.
Che dire di Venezia e delle sue zone limitrofe, un luogo unico al mondo, costantemente in bilico fra terra e mare, un luogo che fino ad oggi, causa forse la sua relativa vicinanza, avevamo sempre trascurato, visitandolo con eccessiva superficialità e che invece ci ha deliziato con le sue infinite sfumature che partendo da Piazza S. Marco arrivano anche sulla terra ferma, fin quasi alla periferia di Padova, decantando i fasti della Serenissima, irripetibile espressione di civiltà ed ennesimo miracolo italiano.