“Pellegri-viaggio” in Turchia dell’Est

In tour in Cappadocia e Turchia dell'Est aggregati ad un gruppo di fedeli emiliani in pellegrinaggio.
Scritto da: FULCOLA
pellegri-viaggio in turchia dell'est
Partenza il: 20/09/2010
Ritorno il: 01/10/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
La voglia di rivedere una terra così vicina (ci separano poche ore di aereo ) ma tanto diversa e ricca di contrasti da sembrare lontanissima ci ha spinto ad intraprendere un nuovo viaggio verso un paese magico: la Turchia. E’ il nostro quinto viaggio in questo paese e questa volta vogliamo concentrarci sulle zone meno turistiche: le terre di confine dell’Est, le province a maggioranza curda ai confini con Siria, Iran ed Armenia. L’Est è una meta poco conosciuta dalla maggioranza dei turisti che preferiscono affollare le spiagge delle coste turchese ed egea e i siti archeologici più noti. In internet si trovano molti racconti di viaggiatori fai-da-te e spesso di comitive di motociclisti o camperisti, a posteriori sicuramente uno dei modi migliori per visitare queste zone Invece per me e mia moglie, che viaggiamo quasi sempre con viaggi organizzati , la scelta del T.O. È stata difficile: sono pochi quelli che propongono il Tour dell’ Est a prezzi accessibili e ancor meno quelli che riescono a raggiungere il numero minimo di partecipanti ed in più noi avevamo scelto il mese di settembre (per evitare la canicola d’agosto). Quando ormai avevamo praticamente desistito convinti di dover rinviare il viaggio ad un prossimo anno, la “scoperta” su internet dell’ Eteria Viaggi di Fidenza, un tour operator specializzato soprattutto in pellegrinaggi e viaggi religiosi che propone anche la “nostra” agognata meta. Il primo contatto non è stato incoraggiante: anche loro non avevano in programma delle partenze a causa della scarsa richiesta! Ma ci hanno proposto di aggregarci ad un gruppo di una trentina di fedeli emiliani che aveva già prenotato un viaggio con caratteristiche similari al tour che ci interessava, anche se con una più marcata impronta religiosa . E sia! La voglia di partire era tanta che abbiamo deciso di aggregarci al pellegrinaggio per la “Cappadocia e Turchia dell’Est” dal 20 settembre al 01 ottobre 2010.

Il tour era strutturato sulla visita della Cappadocia in una giornata, poi trasferimento a Sud sulla costa per la visita di Tarso e nei giorni successivi la visita in senso antiorario di molti dei luoghi più significativi dell’ est: Harran, Sanliurfa, i monasteri siriaci dei dintorni di Mardin, Diyarbakir, Van e l’omonimo lago, Dogubayazit con l’Ararat e l’Ishak Pasha Saray, Kars e le rovine di Ani, Erzurum e Trebisonda (un po’ “tirato per i capelli” chiamarlo pellegrinaggio in quanto solo alcune zone visitate fanno riferimento alla religione cristiana ma tant’è, a noi interessava soprattutto l’aspetto storico-culturale e paesaggistico). Buona l’organizzazione che si appoggiava al T.O. Locale TenTur, già conosciuto in quanto utilizzato anche da “ I viaggi del Turchese” con cui abbiamo viaggiato spesso. A detta di Erhan, la guida locale che ci ha accompagnato durante tutto il tour, il viaggio però poteva esser meglio strutturato sostituendo alla Cappadocia la salita al monte Nemrut ( più “in zona” per la successiva visita dell’est..), eliminando la visita di uno dei tre monasteri siro-ortodossi ( molto simili tra loro) a favore della città di Mardin ed infine escludendo la visita di Diyarbakir che a suo dire non ha molto da offrire in termini di monumenti ed è pericolosa per la presenza di numerosi borseggiatori ( ma qui subentra la “diffidenza” dei turchi verso i curdi di cui Diyarbakir è considerata la “capitale”). Partenza dall’aeroporto di Bologna con volo Turkish Airlines e scalo ad Istanbul. Causa ritardo del volo da Bologna abbiamo perso la coincidenza per Kayseri ma Erhan, incontrato all’aeroporto, ha subito organizzato una breve escursione della città con cena by night nei pressi dell’ippodromo. Poi partenza per la Cappadocia ed arrivo nel cuore della notte. La Cappadocia non si può descrivere facilmente, va vista. Le formazioni rocciose della valle di Devrent spronano la fantasia a trovare l’animale o il soggetto più simili ed allora vedi il cammello, la foca, la madonnina del Duomo di Milano e tutto un mondo di altri folletti e fate di cui poi trovi in giro i famosi “camini”, pinnacoli di tufo sormontati da un “cappello” di granito a mo’ di fungo. Passando di valle in valle vedi rocce che a me ricordano le “onde” del gelato alla crema nelle vaschette che fanno bella mostra di sè nelle gelaterie artigianali : ci si meraviglia di continuo su come la Natura possa sbizzarrirsi nella Sua opera ed anche l’uomo ha contribuito a render speciale il tutto, scavando nel corso dei secoli abitazioni e chiese all’interno del morbido tufo come a Goreme o ad Uchisar. Il paesaggio assume poi una colorazione ancora più magica con la luce del tramonto. Tarso non offre molto ma è una meta imperdibile per un pellegrinaggio in quanto città natale di San Paolo: commovente l’incontro con le suore della chiesa /museo per i racconti delle grandi difficoltà che affrontano quotidianamente in una terra dove ormai i cattolici si contano sulle dita di una mano. Nel tragitto verso Sanliurfa abbiamo attraversato il fiume Eufrate entrando in Mesopotamia. Harran, a pochi km dal confine siriano, è famosa per le case a termitaio ( simili a dei trulli di fango) e, ritornando al tema religioso, per aver ospitato il patriarca Abramo e per l’episodio biblico del pozzo di Rebecca. Sanliurfa spicca per la fortezza che domina la città e per il complesso delle moschee costruite nei pressi della “grotta di Abramo” , circondato da giardini e vasche con le carpe sacre agli islamici: delle vere oasi di tranquillità. Spostandoci più a est siamo arrivati a Mardin (peccato non aver visitato la città, arroccata su una collina dominata da una fortezza e costituita da un dedalo di viuzze) nei cui pressi abbiamo visitato tre monasteri di rito siro-ortodosso dove ancora la liturgia è in aramaico, la lingua di Gesù: Mor Yakub, Mor Gabriel e Dair Zafran. Soprattutto quest’ultimo, famoso per il colore giallo-zafferano della pietra con cui è costruito e per la splendida vista sulle pianure che portano in Siria, è stato opera di grossi interventi di restauro e si è “votato” al turismo facendo precedere l’ingresso ad un passaggio obbligato attraverso un negozio di souvenirs e facendo sempre attendere i gruppi una mezz’ora per l’entrata in modo che si utilizzi il bar o si facciano acquisti…. Ci siamo poi diretti a Diyarbakir, città curda posta su una collina che domina il fiume Tigri (molto bello il ponte poco fuori città.…) il cui vanto è l’imponente cinta muraria basaltica assai ben conservata. Per lo spostamento a piedi in centro città (purtroppo la moschea principale è in restauro) e la visita di un “centro commerciale” sito in un caravanserraglio di epoca ottomana, Erhan ha preteso che il ns. Gruppo avesse la scorta di alcuni poliziotti: il che ci ha fatto un po’ ricredere sul fatto che esagerasse nei suoi racconti sulla pericolosità della città! Il tragitto verso Van è stato avventuroso: nell’attraversamento di una zona montuosa ci siamo imbattuti in un’autentica tempesta di vento e polvere che ha oscurato il cielo per alcuni minuti facendoci preoccupare per la nostra incolumità visti gli strapiombi ai lati della strada …. Nell’arrivare a Van eravamo un po’ abbattuti nel vedere le condizioni meteorologiche non promettevano niente di buono per l’indomani quando avremmo dovuto navigare sul lago fino all’isola di Akdamar: ma evidentemente l’avere tre sacerdoti ed una suora nel gruppo deve aver giocato a ns. favore! Il giorno dopo infatti, splendeva un bel sole che ci ha fatto apprezzare il color turchese delle acque (tanto salate da consentire la vita ad una sola specie di pesce, il luccio perla) dell’immenso lago. La giornata è comunque iniziata con la visita di Cavustepe, roccaforte della civiltà urartea, di cui rimangono i resti di un palazzo reale in cima ad una collina da dove la vista spazia su uno scenario mozzafiato di catene montuose in lontananza e di valli ricche di mandrie e greggi al pascolo. La gita in barca sul lago fino all’isola di Akdamar dura una mezz’ora: sull’isola, una volta capitale di un regno armeno, rimangono la Chiesa della Santa Croce – che sulle pareti esterne riporta molti altorilievi con scene dell’antico testamento – ed alcune katchkar, le belle croci armene scolpite su roccia. Ritornati a riva abbiamo dedicato il pomeriggio alla visita della rocca di Van/ Tuspa con resti di palazzi, tombe ed iscrizioni cuneiformi della civiltà urartea e di molte civiltà che si sono poi succedute: su tutto spicca un grande torrione di terra, rocce e fango impastato che si apprezza in particolare verso l’ora del tramonto: non vorrei ripetermi troppo ma anche in questo caso (come in Cappadocia e come a Mardin) la luce del crepuscolo dona a tutto l’ambiente un aspetto da favola. L’indomani partenza per nord est con soste a Malabadi per le foto di rito del magnifico ponte ottomano e presso una bella cascata, meta anche di turisti locali e scenografia ideale per le foto per l’album di matrimonio di una coppia di neo-sposi curdi. Eccoci poi a Dogubayazit , città vicina al confine con l’Iran sorta nei pressi del Monte Ararat che domina la scena dall’alto dei sui oltre 5mila metri. Non siamo riusciti ad apprezzarne appieno l’ imponenza: lungo la strada che ci portava verso la città lo si vedeva emergere con la cima da una base di nuvole basse mentre arrivati alle sue pendici era la cima ad esser coperta dai nuvoloni! Nei pressi della città nuova sorge Bayazit vecchia con fortificazioni lungo i costoni rocciosi e soprattutto con l’ Ishak Pashà Saray, un palazzo del XVII secolo costruito con una commistione di stili (selgiuchide, ottomano, armeno) con l’aspetto di una fortezza per la posizione arroccata su uno sperone a dominare la vallata. Molto belle le decorazioni delle facciate nei cortili e gli interni con un trionfo di pietre scolpite e cesellate con i tipici motivi orientali. Ci siamo poi spostati ancora più a nord, lasciando le province a maggioranza curda ed arrivando a Kars, nei pressi del confine con l’Armenia segnato dal fiume Akhurian che scorre nella gola dominata dalla zona archeologica di Ani, antica capitale armena. Fino ad alcuni anni fa per visitare Ani ci volevano i permessi dell’esercito visto che è posta sul confine: ora le visite sono libere e si possono così apprezzare i resti delle mura e fortificazioni che immettono nella spianata di rovine su cui spiccano alcune chiese in stile armeno. L’ atmosfera è suggestiva e colpisce in particolar modo la Chiesa del Redentore, centrata da un fulmine nel 1957 che l’ha letteralmente spezzata a metà. Ma si rimane sorpresi anche nell’entrare nella Basilica : lo spazio interno appare immenso ( un po’ come le cattedrali gotiche – costruite però centinaia d’anni dopo), inimmaginabile vedendo la struttura esterna! A Kars città (pure dominata da un’imponente fortezza ) non abbiamo invece potuto visitare la Chiesa dei Dodici Apostoli, famosa per i suoi interni: essendo trasformata in moschea/museo viene aperta da un imam che però non si è fatto trovare in zona, beccandosi mille improperi da Erhan. Per arrivare ad Erzurum abbiamo attraversato la catena montuosa che segna lo spartiacque tra i fiumi che scaricano le loro acque a sud, nel bacino del mediterraneo e nel Golfo Persico e quelli che scorrono a nord, verso il Mar Nero. Erzurum è una città moderna che nel 2011 ospiterà le Universiadi invernali: più volte colpita nel passato da terremoti, conserva però alcuni gioielli architettonici come la Ulu Camii – la moschea principale con imponenti spazi interni ed una particolare cupola interna di legno “a nido” – e come la Cifte Minare Madrasese – scuola coranica con un alto portale affiancato da due minareti “gemelli” che affascina per l’intricato intreccio di sculture e mukarnas: un autentico capolavoro di arte islamica. Bello anche il Kale, la fortezza della città, che comprende anche una minareto da cui si gode una bella vista di Erzurum. Ci siamo poi spostati a Trebisonda e di nuovo la buona sorte ci ha aiutato non facendo piovere l’indomani mattina : infatti, nonostante le previsioni di pioggia, abbiamo potuto visitare il Monastero di Sumela sotto un bel sole. Il monastero è uno dei luoghi più belli e particolari che si possano visitare in Turchia: situato in un parco nazionale ricchissimo di boschi e pinete ed arroccato a 200 metri d’altezza nel mezzo di una parete di roccia a strapiombo sulla valle sottostante sembra irraggiungibile tanto da far pensare a come abbiano fatto a costruirlo lassù. In realtà ci si arriva o con una lunga camminata a piedi lungo un sentiero nei boschi sottostanti o più comodamente con dei pulmini che scaricano i turisti all’imbocco di un sentiero che in una decina di minuti conduce ai piedi di un’alta scalinata che a sua volta porta alla porta d’ingresso: da qui si accede ad alcune “balconate” digradanti che danno sul nucleo più antico del monastero che comprende una chiesa affrescata sia internamente che esternamente con tipica iconografia bizantina, riparata in un anfratto della roccia. Gran parte del complesso è però in restauro anche se la parte più bella è sicuramente quella accessibile. Ritornati a Trebisonda abbiamo terminato il tour con la visita della città e di Santa Sofia , la chiesa voluta dagli imperatori Comneni che conserva ancora bellissimi affreschi dell’epoca bizantina e la Chiesa di Santa Maria. L’indomani siamo ripartiti per l’Italia portandoci dietro bellissimi ricordi ed emozioni. Un consiglio per coloro che vorranno visitare questi luoghi in futuro: affrettatevi ad andare! Il Sud-Est della Turchia che per decenni è stato quasi dimenticato e volutamente tenuto “arretrato” si sta trasformando negli ultimi anni in un enorme cantiere con il progetto GAP : stanno praticamente raddoppiando le dimensioni delle strade ( soprattutto quelle principali), costruendo dighe ed infrastrutture. Se da un lato arriverà ( si auspica) un maggior benessere e sarà molto più agevole spostarsi , dall’altro inevitabilmente l’afflusso di turisti e stranieri porterà alla perdita della pur forte identità culturale di questi popoli e del loro stile di vita.



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