Libano sorprendente
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Mete: Beirut, Beiteddin, Deir El Kamar, Baalbeck, Anjar, Ksara, Jeita, Byblos, Harissa, Sidon, Tyre e Maghdouche
Brevemente: Un paese con 5 siti patrimonio dell’umanità, un panorama culturale straordinariamente ricco e stratificato, una storia millenaria, una convivenza pacifica di 18 religioni, una vivace movida, un clima mite, bellezze naturali e, non da sottovalutare, un’ottima gastronomia! Il Libano, una meta sorprendente data dalla testimonianza tangibile dell’incontro, intreccio, incastro del destino di differenti popoli!
Pacchetto di € 1.200 totali a persona acquistato on line presso il tour operator Stelle d’Oriente comprensivo di assistenza, assicurazione base, volo diretto di linea, transfer da e per l’aeroporto, 5 notti in Hotel a 3* in formula B&B e 4 escursioni giornaliere in mezza pensione
Dettaglio dei costi
Albergo a Beirut € 280 per 5 notti presso l’Hotel Mozart in zona Hamra
Volo diretto Alitalia Roma- Beirut-Roma € 525
Escursioni 4 giornaliere con partenza (h. 7,45) e rientro (h. 18 circa) in Hotel, comprensive di pranzo e soft drink organizzate dall’Agenzia Nakal
€ 85, Beirut, Beiteddin & Deir El kamar
€ 85, Baalbeck, Anjar & Ksara
€ 95, Jeita Byblos & Harissa
€ 88, Sidon, Tyre & Maghdouche
1° giorno: Giovedì 13 aprile – Italia (Roma) – Libano (Beirut)
Il volo da Fiumicino parte alle 21,50 (posti 29A) e dopo 3,15 ore, durante le quali servono la cena (fette di prosciutto, formaggino Bel Paese, insalatina, macedonia e tortino con marmellata), atterriamo al Rafic Hariri International Airport, dove troviamo autista e accompagnatore dell’Agenzia Nakal con i nostri nomi pronti per il trasferimento all’Hotel Hamra Mozart di Beirut.
All’aeroporto i controlli sono piuttosto lenti, i libanesi da una parte, gli arabi e gli stranieri dall’altra. Per noi italiani nessun visto da pagare, ma diverse sono le domande che ci pongono: “Siamo mai stati in Libano o in Israele? Dove alloggeremo? Siamo sicuri che il motivo del nostro viaggio sia turistico?”. Guardano bene i timbri sui passaporti e alle 4 finalmente siamo liberi.
Alle 4,30 giungiamo all’Hotel Mozart, nella zona Hamra (che vuol dire LUNA!). Ci viene assegnata la stanza n. 302 piuttosto grande, sa di stantio, con poltrona di ciniglia, mobili scuri, cucinino attrezzato di fornetto a microonde, frigorifero e lavabo, ma senza un’utensile, tv a schermo piatto, armadio, cassaforte, aria condizionata, balconcino che dà sulla strada principale, non proprio silenziosa. Non lontana, una moschea e, il richiamo del Muezzin, è puntuale anche all’alba. Il bagno non ha finestre e la caotica ventola che si attiva con l’accensione della luce è insopportabile; più asciugamani puliti, due saponette e due shampoo. Morale della favola, non dormiamo più di un paio d’ore!
Sapevamo che le stagioni intermedie erano i periodi migliori per visitare il paese e per questo motivo abbiamo deciso di trascorrervi qualche giorno di aprile approfittando delle festività pasquali. A posteriori, scelta azzeccata.
Sistemiamo velocemente la valigia, dove avevamo messo un paio di jeans, un maglioncino di mezza stagione e un giacchetto impermeabile, per esser pronti a visitare sia le città sulla costa come la capitale – dove il clima è prettamente mediterraneo -, sia quelle all’interno o su colline, decisamente meno calde. Per scrupolo abbiamo portato anche il costume, il mare è molto bello ma fa ancora freddino (e a posteriori… non avremo il tempo per indossarlo).
Il Paese si estende su un’area tra la catena dell’Antilibano, nella parte più orientale, e i Monti Libano, la catena più lunga (160km), elevata – con il picco massimo di quasi 3.100mt – e dalla vetta perennemente innevata color latte da cui prende nome il Libano che significa yogurt (lbn = latte).
2° giorno: Venerdì 14 aprile – Beirut, Beiteddin e Deir El Kamar
Buona la colazione mediorientale che prevede zuppa di lenticchie e ceci, pomodori, yogurt, formaggio tipo Philadelfia, olive bianche e nere, pizzette con origano e l’halva, un dolce al sesamo con farina di ceci e zucchero; un po’ più scarsa quella “dolce” occidentale con cornetti tagliati, un po’ di pane arabo o in cassetta e tre tipi di cereali. Tea, succhi e caffè americano a volontà.
Alle 7,45 è previsto il pick-up e l’inizio della prima giornata di escursioni.
Iniziamo proprio da Beirut che visiteremo, con altre sei turisti, in un paio d’ore e mezza con una guida che in inglese e in francese (la seconda lingua oltre l’arabo) ci darà diverse informazioni.
Il Libano è aperto, la gente ama socializzare, ritrovarsi e lo vediamo dagli sguardi delle persone che incrociamo. E’ conosciuto anche come la Perla o la Svizzera del Medio Oriente, e nel centro di Beirut numerosissime sono le banche (d’altronde i servizi bancari e finanziari sono, insieme al turismo, le principali attività economiche)!
Nonostante le vicissitudini politiche trascorse da cui sta velocemente uscendo, e il delicato equilibrio, seppure in presenza di pressioni dai confini e tensioni per l’appunto geopolitiche (paesi arabi da una parte e Israele dall’altra), è un paese tranquillo in cui ci sentiamo al sicuro, ma è pur vero che ogni 200mt c’è un militare armato.
Siamo ufficialmente nella Repubblica Libanese, per millenni punto di incontro tra civiltà differenti (fenicia, cananea, egizia, assiro-babilonese, persiana, ellenica, romana, bizantina e araba), abitata da diciotto confessioni religiose, ciascuna (cristiana, musulmana ed ebraica) dotata di una propria distinta e variegata identità. Indipendente dal 1943, con un patto nazionale, ancora vigente, si stabilì la divisione delle cariche politiche tra i principali gruppi religiosi. Probabilmente le percentuali, nel corso degli anni, sono variate, ma non si è mai pensato ad aggiornarle, procedendo con un censimento, per non rompere gli equilibri. A tutt’oggi il Presidente della Repubblica, eletto ogni sei anni dai deputati, è cristiano maronita; il Presidente del Consiglio è sunnita e il Presidente del Parlamento, o dell’Assemblea nazionale composta da 128 deputati, eletti ogni cinque anni (età minima per votare 21 anni), è sciita.
La prima sosta è in un sito archeologico nei pressi della sede del primo ministro. In zona, a Place d’Etoile, la Torre dell’orologio donata dal Brasile, proprio di fronte la sede del Parlamento e la Chiesa di San Giorgio che visitiamo. Le costruzioni dell’epoca sono state progettate anche grazie all’ispirazione di architetti fiorentini. Evvai! Anche qui abbiamo lasciato il segno. Eh già, pare che i contatti tra i libanesi e gli italiani siano sempre stati ottimi così come il commercio con pisani, veneziani e genovesi.
Da uno stretto vicoletto vediamo il simbolo che rappresenta la tolleranza tra le religioni: la moschea Al Omari (vecchia chiesa crociata di San Giovanni costruita nel XII secolo e trasformata dai mamalucchi nel 1291) di fronte la cattedrale maronita Saint Georges (Santo patrono della capitale uccisore del drago).
Non siamo lontani dal porto e nel corso della passeggiata vediamo i ruderi del Gran Teatro e diversi scavi romani.
Visitiamo il Beirut National Museum (a 4 km dal nostro hotel – 5000 Lire Libanesi), costruito tra il 1930 e il 1937; il primo pezzo sulla sinistra è un tronco di albero di cedro, all’epoca molto importante perché utilizzato come merce di scambio con il suo olio prezioso (il petrolio di oggi). E’ il simbolo nazionale della prosperità e lo ritroviamo sulla bandiera libanese, dove la striscia rossa rappresenta i martiri e quella bianca la pace. Purtroppo nel corso dei secoli le foreste sono state decimate per il forte sfruttamento nel campo dell’edilizia e dei cantieri navali.
Vi è anche la più ricca collezione di sarcofagi al mondo dell’età del bronzo, dell’era fenicia, greca, romana, bizantina, araba. Inquietanti sono, all’interno di un enorme guscio, i resti di un cadavere. L’importanza del museo è data anche dall’ospitare la Tomba di Tiro!
Rientriamo in agenzia, cambiamo bus e ci rimettiamo in moto direzione Castello di Moussa costruito perché un lui promise alla sua amichetta di classe (che gli piaceva veramente tanto) di costruirlo, dedicarlo a lei e sposarla, poi però chiese a un’altra di diventare sua moglie.
Arriviamo a Beiteddin e visitiamo il Palazzo Beit-Eddin, fine esempio di architettura orientale, costruito dall’Emiro Bechir alla fine del ‘700 e residenza estiva del Presidente del Libano fino al 1983. Ci troviamo a 850mt di altezza; all’esterno delle mura, da una fontanella con acqua potabile bella fresca ci dissetiamo. Il castello fuori è semplice, internamente è più ricco, ha al centro del cortile una fontana di benvenuti agli ospiti, in alcune sale interessanti attrezzi quali quelli con cui si faceva l’olio o si spianavano i tetti delle costruzioni, armi… Gironzoliamo per le stanze dalle mura e dalle porte riccamente decorate, alcune mimetizzano pannelli di legno lavorati che nascondono pertugi. Vi è anche l’Harem o Palazzo delle donne con molti ornamenti, costumi, gioielli, mosaici bizantini multicolori, marmi provenienti dall’Italia, preziosi lampadari. I locali sono un po’ spogli, ma ognuno ha una particolarità: alcuni sono per gli ospiti illustri, in altri vi sono i bagni romani, con zona frigidarium, tiepidarium e caldarium o erano utilizzati solo per giocarci.
Pranziamo presso il Ristorante La Baytna che si affaccia su un piccolo promontorio. E’ ampio, pulito, luminoso, un po’ rustico, con sedie e arredamento di legno scuro, tavoli apparecchiati con tovaglie bianche e un piccolo palco dove, nel corso del pranzo, i libanesi canteranno al karaoke. Mangeremo davanti a vetrate ammirando il verdeggiante paesaggio circostante. Ci vengono velocemente servite tutte insieme numerose pietanze che compongono il mezzeh ovvero l’antipasto: piatto di kabees ovvero di sottaceti (peperoncino verde, cetriolo, ravanelli…) un po’ troppo saporiti e qualche oliva; di squisita baba ganush = crema di melanzane affumicate mista a spezie, con grani di melograni e conosciuta anche col nome di caviale di melanzane; di gageck = yogurt con olivette nere sparse qua e là; di cremoso humus = ceci passati con pasta di semi di sesamo, olio di oliva, aglio, succo di limone, paprica, cumino in polvere e prezzemolo tritato; di diversi sambousek = panzerottini, fagottini e fazzoletti di pasta sfoglia ripieni di carne o di verdure o di formaggio; di kibbeh o quibe = polpettine di carne d’agnello speziata; di fatooush = insalatiera di pomodori, cetrioli e lattuga con strisce di pane fritto. Gusteremo il tutto con del khubz o pita = tondo pane arabo senza lievito tagliato a spicchi o piegato in quattro. E’ poi la volta del piatto forte che è di carne: lahem meshwi (http://unalibaneseincucina.altervista.org/lahem-meshwi) = bocconcini di manzo grigliati, shish tavuk = spiedini di pollo grigliati e precedentemente marinati e una sorta di salsiccia di agnello. Quali contorni patatine fritte e pomodori con cipolle al forno. Tre dulcis in fundo: halwet el jibn, a base di formaggio, delle palline tipo truffle al cioccolato e cocco e awameh = mini frittelle caramellate. A fine pasto, versato dalla dallah = caffettiera tipica, e nelle finjaan = tazzine senza manico di porcellana bianca, il caffè aromatizzato al cardamomo, chiodi di garofano, zafferano e acqua di rose, che sembra un espresso, ma sul cui fondo rimane depositata molta polvere.
Ultima meta Del Ei Deir un tipico villaggio libanese con la Chiesa cattolica maronita di Notre Dame dove assistiamo alla funzione funebre per la morte di Gesù e alla processione, che segue una bara aperta portata a spalla, da cui sporge un lenzuolo nero che avvolge il “corpo di Cristo”. Il corteo è aperto da quattro sacerdoti vestiti di bianco, poi coriste vestite in nero con sciarpa viola e i fedeli.
Nella piazzetta principale della cittadina una coppia di sposi, lui sembra molto più grande, posano davanti a un caravanserraglio e non si disturbano al nostro aggiuntivo servizio fotografico. Una signora ci ferma per strada, ci invita a entrare a casa sua, un’ex chiesa, ci offre un tea, dei biscottini, mostra le confetture fatte in casa, le varie spezie confezionate alla bell’e meglio e ci consiglia, senza insistere, di acquistarle.
La gita finisce col rientro in hotel intorno alle ore 17,30 e con noi molto soddisfatti!
3° giorno: Sabato 15 aprile – Baalbeck, Anjar e Ksara
Colazione con tempi molto stretti poiché il bar non apre prima delle 7,30 e pick-up con un minibus in hotel.
Scendiamo davanti l’agenzia Nakal, ci accorpano con stranieri provenienti da altri hotel e con nostra grande sorpresa fanno salire su un torpedone di 50 persone.
Prima sosta a Majdel nei pressi di Anjar alla pasticceria Chamsine (Boulangeries/Bakeries) dove ammiriamo personale esperto impastare e muoversi benissimo per accontentare chi mangia dolci e “salati”. Da un enorme forno all’interno del locale escono le manakiche b’zaatar ovvero le famose pizzette profumatissime al timo (non si può non cedere e aromatizzeranno il mio zaino per tutta la durata del viaggio); da un altro, visibile dietro l’ampia vetrina, sfornano le khubz, simili alle nostre piadine, che appaiono piatte, poi gonfissime e infine schiacciate e imbustate. I banconi espongono squisitezze libanesi, alcune un po’ troppo dolci, altre curiose e dai nomi impronunciabili come l’Halawet el jibn a base di formaggio e tanti preparati con pasta sfoglia o di filo, mandorle, pistacchi, arachidi, acqua di rose come i Nammoura, i Muhallabia… Compro un pochino di tutto, soprattutto un mix di frutta secca che ha prezzi più accessibili rispetto all’Italia.
È poi la volta delle rovine di Anjar risalenti alla dinastia degli Ommaiaidi, un sito romano con i resti di palazzi, bagni pubblici, botteghe dell’antico e fiorente mercato; non è enorme, ma ha comunque un rilievo importante e merita più di uno scatto. Siamo a 10 minuti dal confine nord con la Siria. Le mura di alcuni reperti sono rimaste intatte anche dopo i sei terribili e violenti terremoti nel corso dei tempi, il che rimane ancora un mistero.
Tanti sono i bruchi pelosi presenti sul terreno che fanno innumerevoli fori sulla terra, una curiosità.
Ci fermiamo poi davanti la più grande pietra romana, sulla faccia della terra, di 20x4mt, la Carriere romaine che pesa 1.104 tonnellate e dietro la quale spicca una moschea turca color oro.
Siamo a 1.200mt e facciamo sosta a Baalbeck, la città del sole o Heliopoli come la chiamavano i greci, con una prevalenza di abitanti musulmani sunniti e un ampio quartiere cristiano. Iniziamo la visita di un complesso di siti tra i più grandiosi e ben conservati, il più grande santuario romano del mondo che i nostri antenati dedicarono a Giove, Bacco e Venere. Le spiegazioni ci vengono date in un grande spiazzo, davanti il tempio Jupiter (antistante l’entrata avevamo velocemente fotografato il Tempio di Venus) e nonostante ci troviamo in un posto molto importante, in questa parte esagonale, così come in molte altre, non troveremo troppi turisti. Il tempio è il risultato delle differenti colonizzazioni dell’epoca, anche qui ogni comunità ha apportato di suo. Affascinante l’imponente tempio di Bacco e il mio consiglio è di venirlo a visitare quanto prima! Purtroppo la gente si abbarbica su colonne storiche e su statue incastonate per una foto e ci chiediamo chissà come ridurranno queste bellezze in estate, in occasione dell’importantissimo Festival della musica, che si tiene proprio dove siamo.
A tal proposito, ci viene detto che, da giugno a settembre, molti monumenti e siti archeologici diventano luoghi in cui si svolgono spettacoli, show, concerti di vario genere, magari anche del simpatico e bravo Mika, nato a Beirut e da qualche tempo famosissimo dalle nostre parti.
Ci siamo un po’ attardati e siamo affamati. Intorno alle 14,30 ci dirigiamo al ristorante Avabi con varie salette dalle mura tappezzate da foto di persone importanti (tra queste spicca quella di Papa Giovanni Paolo II) che hanno gustato un ottimo menu libanese. Troviamo, al centro di ogni tavolo da quattro, i piatti che compongo l’antipasto = mezzeh e nello specifico: warak inab foglie di vite arrotolate a mo’ di involtini ripiene di riso e pomodori con molto aceto e i piatti già degustati nel primo pranzo: baba ganush, gageck, immancabile cremoso humus, sambousek, kibbeh o quibe. Quale centro tavola coreografico e commestibilissimo, lattuga, ravanelli, cetrioli e pomodori. Ci vengono serviti la fatooush, lahem meshwi e shish tavuk. Gusteremo il tutto sempre con del khubz o pita e a fine pasto, versato dalla dallah nelle finjaan l’aromatizzato caffè.
Ultima tappa il Castello e le importanti Cave o Cantine de Ksara. La leggenda narra che alcuni gesuiti persero un pollo che ritrovarono in un pozzo dalla temperatura ideale per la conservazione di botti di vino che oggi vediamo allineate durante il percorso sotto alcuni tunnel, in tante viuzze simili che s’intersecano, dove è buio e umido (11-18°C). All’intero di qualche stanzino, ben chiuse a chiave e dietro una spessa grata, vi sono le grandi riserve. La visita interessante termina con la degustazione di ben quattro tipi di vino: un rosato da abbinare a un’iniziale insalata, un bianco per il pesce, un rosso molto pastoso per la carne e per finire un dolcissimo moscato che si sposa bene con il dessert. Non essendo abituata, il mix fa un certo effetto: caldo, risatine e piacevole leggiadria. In un negozietto la possibilità di acquistarli a vari prezzi (dai 5 ai 100 $ a bottiglia) e scopriamo che in Italia c’è una sede a Pavia.
Riprendiamo la via del ritorno e alle 18 scendiamo davanti all’hotel anche oggi super soddisfatti.
4° giorno: Domenica 16 aprile Santa Pasqua – Jeita Byblos e Harissa
Colazione e partenza per le Grotte di Jeita (www.jeitagrotto.com – 18,150.00LL), una delle sette meraviglie naturali del mondo, lunghe 9km e che distano dall’hotel una quindicina di km. La grotta inferiore, scoperta nel 1836, è alta 108mt, lunga 7800mt e ha una temperatura di 22°C. Al suo interno scorre un fiume (fonte d’acqua per molti libanesi) e, navigando a bordo di un piccolo battello, per circa 400mt, ammiriamo le colonne e tutte le altre concrezioni che pendono dal soffitto. Alle grotte superiori, di 2200km dove la temperatura è di 16°C, plasmate anche queste da secoli di erosioni, arriviamo con un trenino simile a quello che trasporta bimbi alle giostre. Il percorso è di 750 mt e non ci capacitiamo di come possano essere così imponenti! Il tempo è spettacolare, scattiamo foto che sembrano cartoline, ma non dentro le cave dove purtroppo è vietato.
La visita prosegue per Byblos (Jbail) dove ammireremo i resti della città più antica del mondo ininterrottamente abitata per 5000 anni. Pare che i più vecchi insediamenti, risalenti addirittura al 7000 a.C., siano stati ritrovati proprio qui! Nel sito archeologico sul mare è la prima volta che vediamo delle colonne incastonate orizzontalmente tra le pietre delle varie mura, il motivo era che fossero più stabili durante le scosse di terremoto. Incantevoli i resti di un odeon o anfiteatro – proprio fronte mare – che all’epoca ospitava fino a 20 mila spettatori.
I colori di questa parte del Mar Mediterraneo sono spettacolari e, proprio nei pressi del porto, pranziamo nel bel Ristorante Makhlouf Sur Mer che sicuramente durante l’estate è pieno di gente facoltosa. Su tavolini di legno, vicino un’enorme piscina ancora vuota, gustiamo il pranzo libanese con le solite tante portate d’apertura (mezzeh). Nei fagottini di pasta sfoglia questa volta è racchiusa carne trita e cannella. Belli satolli arriviamo, siamo a una ventina di km da Beirut, ad Harissa e, sempre in pullman, saliamo sulla collina per la visita del Santuario di Nostra Signora del Libano dove si colloca l’alta statua bianca latte della Madonna, avvolta da una nebbia incredibile, che “guarda” la cittadina. Entriamo nella modernissima Chiesa di Nostra Signora di Lourdes – proprio dietro la statua – e rimaniamo sorpresi per quanto sia piccolina e piuttosto spoglia.
Prendiamo poi la funicolare per un piccolo tratto e a seguire l’ovetto per scendere fino al mare.
Alle 17,30 siamo davanti all’hotel a Beirut, non ci sentiamo per nulla stanchi e decidiamo di fare una piacevole passeggiata lungomare, giù per la Corniche dove assistiamo a uno spaccato di vita unico. Molte famiglie sui ciottoli (in questa parte non c’è molta sabbia) fanno pic-nic, alcuni bimbi il bagno, le donne sono vestite con il velo e insieme agli uomini fumano shisha, giocano con i super moderni cellulari, mangiano frutta secca, chiacchierano. C’è chi pesca, chi corre, alcuni artisti di strada si esibiscono con acrobazie su due ruote, alcuni giovani ascoltano musica a palla sbragati in macchine parcheggiate, moltissimi vanno in biciletta, fanno jogging…
In uno dei tratti più vivaci, nella zona Raouché, scattiamo qualche foto agli Scogli del Piccione o Pigeon Rock Grotto, in sostanza due faraglioni che al tramonto, quando il sole s’infila nello spazio che li divide, appaiono romantici.
Rientriamo tardissimo soddisfatti della movida libanese.
5° giorno: Lunedì 17 aprile Pasquetta – Sidon, Tyre e Maghdouche
Colazione, puntuale pick-up dall’hotel e la prima dolcissima tappa la facciamo presso il forno Kanaana per vedere la lavorazione e assaggiare il Knefi o kunafa, un dolce a base di pasta filo, zucchero, latte, panna, frutta secca, acqua di rose (o al profumo d’arancio) e ripieno di formaggio filante.
Ci dirigiamo in una grande città prima del confine con Israele: Tyre che vuol dire roccia, patrimonio mondiale dell’Unesco, sito del 3000 a.C. Ci fermiamo in un cimitero, un luogo in cui i romani e i bizantini “si ritrovavano” con i morti e nel quale sono stati rinvenuti più di 200 sarcofagi monolitici, alcuni conservati e ben tenuti anche al museo di Beirut. La vasta area verde, l’ippodromo e tutte le rovine romane imponenti, segno della grande ricchezza, dal punto di vista storico, di quest’affascinante paese, ci ricordano il nostro.
È poi la volta del See Site, un sito marittimo, sempre patrimonio dell’umanità dal 1984, che si colloca fronte mare di un intenso turchese e dove si trovavano le cisterne, i bagni termali, il gymnasium e una sorta di piazzale in cui si praticava la lotta greco romana.
Ci dirigiamo poi sulla cima di una collinetta che domina la Valle di Sidone, a Magdouche dove visitiamo una chiesa greco-cattolica ancora in fase di ultimazione. Spicca imponente (8,5mt) la statua della Vergine Maria, progettata da Pierotti, un architetto italiano, e realizzata nei pressi della piccola grotta (Mantara = attesa) in cui la storia racconta che la Madonna si fermò mentre era incinta di Gesù o in cui Maria si fermò per aspettare il Figlio che si era recato a Sidon. Che emozione entrarci a pregare; impariamo pure che il Libano, nella Bibbia, è nominato ben 72 volte. Non siamo distanti da Cana, cittadina della Galilea, dove Gesù compì il suo primo miracolo.
Ci mettiamo di nuovo in moto per Sydon, la terza città, centro importantissimo per i fenici (che la chiamarono con questo nome, mentre per gli arabi era Saida e per i crociati Sagette) e per i persiani, un luogo nominato nel nuovo e vecchio testamento e che significa pesca. Visitiamo, proprio sul mare, un Castello crociato che fu costruito in soli cinque mesi dai romani in segno di difesa e all’epoca collegato con un ponte, poi distrutto.
Dal Castello di San Luigi a Sidone, si vede il ristorante in cui andremo a pranzo, il Saida Rest House così esclusivo che pare si riuniscano i membri del Rotary Club. Bellissima location di fronte al mare, con tavolini all’aperto e stesso metodo di servizio: velocemente servite tutte insieme le pietanze che compongono il mezzeh ovvero l’antipasto (squisita crema di melanzane affumicate, yogurt con olive, onnipresente humus, mini panzerotti ripieni di carne/verdure/formaggio, polpettine di carne, insalata mista e sempre sfizioso il tondo pane arabo senza lievito) e poi piatto forte che oggi è il Kabse ossia riso con anacardi, pollo grigliato, carne trita e cannella. Dulcis in fundo mahalabeya, una crema di latte cosparsa di mandorle e pistacchi e spruzzata con l’essenza di fiori d’arancio. Oggi pasteggio con l’arak, una sorta di orzata, il liquore maggiormente conosciuto, servito con acqua e ghiaccio. A fine pasto, versato dalla caffettiera tipica nelle tazzine senza manico di porcellana, lo speziato caffè.
Passeggiata per il Suk, un intersecarsi di viuzze che espongono, secondo la zona, gli stessi prodotti: più bancarelle di scarpe, più botteghe di falegnami… Ogni tanto è segnalato un Palazzo, quello del Debbaneh = sapone, divenuto un museo, lo visitiamo e risale al 17° secolo (www.soapmuseumsaida.org.lb). Dopo la spiegazione di come si ricava (una materia grassa si trasforma utilizzando un agente alcalino; la soda caustica, che si prepara in due giorni, si mischia a olio di oliva e, in successivi cinque giorni si cuoce) e un giro per il museo tematico – che racconta la storia, i differenti tipi di fabbricazione, la diversità delle forme, delle proprietà – ci fermiamo in un negozietto per fare acquisti di saponette curiose, con stampe anche notevolmente carine.
Passiamo nella parte giudaica del suk di 4 km in cui vivono gli ebrei e da un realizzatore di dolci speciali ricevo un delizioso assaggino.
Il giro termina, dopo un velocissimo passaggio tra venditori di prodotti ortofrutticoli e di mandorle fresche, con la visita al grande e spoglio Caravanserraglio Khan El Franj del 17° secolo, dove si fermavano le carovane e stoccavano le riserve, le provviste di cibo o la merce da commerciare.
Alle 17,30 siamo davanti all’hotel a Beirut pronti per l’ultima passeggiatina sulla rinomata Cornice.
Scattiamo una foto all’Università americana e interessante è sapere che è una delle più prestigiose tra le tante ed importanti della nazione che ha un altissimo tasso di alfabetizzazione con età dell’obbligo scolastico ad 11 anni. Di università, solo nella capitale, ce ne sono altre tre: statale, araba e cattolica.
Arriviamo in un’esclusiva zona, dove si colloca lo Yatch Club, una baia in cui sono ormeggiate tantissime barche costose e ovviamente frequentata da gente ricchissima. Ci dirigiamo poi nel souk che in questo caso è un centro commerciale con negozi dei più famosi brand. Ci sono palazzi che contrastano l’uno accanto all’altro: hanno dei piani terra con strutture modernissime e quelli superiori completamente distrutti.
Rientriamo dopo svariati km a piedi molto contenti per l’ultimo saluto a quest’incredibile capitale.
6° giorno: Martedì 18 aprile – Libano (Beirut) – Italia (Roma)
Nessuna colazione in hotel, né tantomeno una breakfast box da portar via nonostante l’avessimo pagata. La risposta alla nostra richiesta è stata che non avevano la cucina e che la mattina, ma non prima di una certa ora, tutti i cibi preparati provenivano dall’esterno. Pazienza, anche se non ci voleva nessun impegno particolare a farci trovare una pita e un frutto.
Il transfer alle 2 è puntualissimo con un’auto privata sempre della società con la quale abbiamo effettuato tutte le gite e in una ventina di minuti siamo all’International aeroporto Rafic Hariri per il volo Alitalia delle 4,25 (posti 29°).
Arrivederci Libano e complimenti per i quattro patrimoni mondiali dell’umanità che siamo riusciti, in così pochi giorni, a visitare (Anjar, Baalbek, Biblo e Tiro) e chissà, un giorno, torneremo per visitare il quinto (la Valle di Qadisha con la Foresta dei Cedri di Dio) e per un rilassante soggiorno nell’azzurro mare.
Buon viaggio.
Luna Lecci