L’arcipelago delle Tremiti

Storia e natura racchiuse in pochi chilometri quadrati
Scritto da: cappellaccio
l’arcipelago delle tremiti
Partenza il: 21/04/2012
Ritorno il: 22/04/2012
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
Comprese all’interno del Parco Nazionale del Gargano, ad appena alcune centinaia di metri le une dalle altre, si trovano le due isole abitate, San Nicola e San Domino – la prima lunga e stretta, la seconda ricoperta di boschi di pino d’aleppo – e quella disabitata e brulla di Caprara o Capraia, oltre a una miriade di scogli, alcuni piuttosto grandi come il Cretaccio o la Vecchia, altri di più piccole dimensioni, sparpagliati nelle acque cristalline dell’Adriatico.

Secondo una versione del Mito le isole Tremiti costituirebbero uno “scarto” dell’eroe della guerra di Troia Diomede, un avanzo inservibile di sassoni provenienti dalla Tracia, scagliato via dell’eroe; tuttavia, per ironia della sorte, in seguito proprio quei massi sarebbero stati il posto in cui Diomede avrebbe trascorso gli ultimi giorni della sua esistenza e dove sarebbero state seppellite le sue spoglie mortali. La dea Venere avrebbe anche trasformato i suoi inconsolabili compagni in uccelli, le Diomedee, delle procellarie che emettono un richiamo simile al vagito di un neonato: un lamento, insomma.

Adesso sono le dieci meno un quarto di una soleggiata e ventosa domenica di primavera. Anziché imbarcarmi dal porto di Termoli per le crociate, come ai tempi degli Svevi, sono salita un’ora fa circa a bordo del “Sorrento Jet”, per una gita giornaliera alle isole Tremiti. Dall’idrogetto esco con un colorito cadaverico anche se il natante non ha nemmeno accennato a fare l’inchino. Accanto a me un gruppo di turisti grida “Terra! Terra!” con lo zaino in spalla invece che con la spada alla cintura e ciò conferma che l’epoca non è quella di Federico II. Dopo una tormentata permanenza – a scopo precauzionale – di una ventina di minuti nella toilette della motonave, sono finalmente sbarcata nel porticciolo ben riparato di San Domino e fatti pochi passi cadrei in estasi contemplando la deserta Cala delle Arene, l’unica spiaggia dell’arcipelago, ammantata di un’impalpabile sabbia bianca, circondata da palme e accarezzata da un mare dalle trasparenze caraibiche, se non fosse che provo impulsi a vomitare per via della traversata con il mare agitato. Il capitano ci avvisa che il rientro è anticipato alle cinque del pomeriggio, proprio a causa delle condizioni atmosferiche avverse. A Termoli ho anche incautamente acquistato un biglietto che mi permetterà di circumnavigare le isole Diomedee per la modica cifra di sei euro. Ora, all’idea di solcare nuovamente le acque mosse dell’Adriatico per compiere il periplo delle isole mi prende un tremito, appunto. E’ forse questa l’etimologia del toponimo?

No, a quanto pare proviene dall’antico termine “trametis”, ovvero “tramite” per l’Illiria romanizzata.

Sulla spiaggia io e una coppia di Verona in vacanza ci scambiamo la gentilezza di scattarci foto reciprocamente, poi torniamo assieme al molo dove ci aspetta Alfredo, con il suo motoscafo Sparviero, per traghettarci all’isola madre, San Nicola, che per fortuna è a un tiro di schioppo. Di fianco a noi galleggia un gommone carico di bombole d’ossigeno e di sub pronti a immergersi. Si tratta di un dettaglio rivelatore: questo è un paradiso per gli appassionati di esplorazioni subacquee, dato che in quest’area protetta i fondali sono ricoperti di colonie di spugne, madrepore e gorgonie.

Alfredo affronta impavido le onde, rasentando il Cretaccio – lo scoglio argilloso che ha l’aspetto friabile di una meringata allo zabaione, emergente nel braccio di mare che divide San Domino da San Nicol a-, infine ormeggia lo Sparviero e ci dà un appuntamento imperdibile. Ci vediamo fra due ore esatte per una bella escursione in barca! Lo stomaco ha una contrazione automatica al solo pensiero…

A San Nicola le alte pareti a picco formano un tutt’uno con le strutture difensive ed è qui che sono conservate le maggiori attrattive storico-artistiche dell’arcipelago. Tuttavia, per penetrare fino al cuore dell’isola, dove si erge il Santuario di Santa Maria a Mare, bisogna attraversare una prima porta fortificata, nei pressi del porticciolo, quindi percorrere due rampe selciate – scandite da antichi posti di guardia – che conducono al bastione del cannone, punto panoramico da cui si abbraccia con lo sguardo l’isola di San Domino e il vicino Cretaccio. Proseguendo, in fondo alla strada principale che prende il nome di Corso Diomede si stagliano la cilindrica torre aragonese e le mura nelle quali si apre il varco d’accesso all’abbazia fortificata.

Tutto ad un tratto, in cima a una scalinata appare la facciata monocuspide della chiesa di Santa Maria a Mare, sulla quale si riconoscono ancora gli sfregi inferti dalle cannonate inglesi del 1807. Il tempio, piuttosto spoglio, a tre navate, custodisce, oltre alla statua della patrona, un crocifisso d’iconografia greco-bizantina e un polittico veneziano del Quattrocento, che spicca sull’altar maggiore. Abbassando gli occhi al pavimento si vedono frammenti di un mosaico pavimentale con motivi geometici e floreali, mentre levando lo sguardo in alto, nella navata centrale, si ammira un soffitto ligneo barocco che raffigura l’Assunzione.

Dopo aver ispezionato ogni angolo della chiesa mi catapulto fuori prima di essere raggiunta da una comitiva di turisti dall’accento spiccatamente emiliano che mi sta alle calcagna. A destra e a sinistra dell’ingresso ci sono due negozietti con i soliti souvenirs dozzinali; mi infilo inizialmente Da Maria e in seguito entro nel bazar a mano mancina e ne esco decisamente di buon’umore, con un Dvd e una guida delle Tremiti in borsa. La proprietaria mi lascia in dono addirittura un Cd-rom obsoleto, a cura della cooperativa motoscafisti Gente di Mare e mi racconta di quando, in un periodo di vacche grasse, la sua botteguccia era invasa dai passeggeri delle navi da crociera, tanto che c’era il pigia pigia per comprare qualunque oggetto ricordo esposto nel suo emporio. Tiro un sospiro di sollievo osservando il sagrato vuoto: ho l’isola quasi interamente per me!

Sottopasso un arco che immette in un chiostro, al centro del quale campeggia un pozzo. La successiva Piazza Nazario Saurio sembra un cantiere abbandonato. Ci sono impalcature sbolognate in questi paraggi dai tempi del restauro della chiesa, cavi penzolanti, reti arancio di plastica sbrindellate che quando erano integre vietavano l’accesso alle scale. Anche i pannelli illustrativi, i cui bordi si sono arricciati a forza di stare esposti alla pioggia e alla brezza marina, danno la stessa impressione di trascuratezza.

Dall’antica piazza d’armi imbocco la galleria del torrione di San Nicolò, scivolo giù per una rampa fino alla “tagliata”, un solco che separa la parte fortificata dalla zona disabitata. Sono costretta a passare sotto a una sorta di enorme grondaia arrugginita appoggiata a un’impalcatura, quindi costeggio la base del baluardo e lungo un viottolo a zigzag mi spingo su verso il pianoro di San Nicola. Al principio del sentiero c’è una panchina e una fila di lampioni, oltre a un brutto edificio – credo che sia la stazione metereologica della marina militare. Mi inoltro nella gariga, fatta di cespugli bassi e di piante odorose, alcune delle quali in fiore. Il cammino mi conduce a un mausoleo eretto nel 2006 sopra alla fossa comune dove furono seppelliti i prigionieri libici deceduti per un’epidemia di tifo negli anni 1911-’12 (infatti le isole furono ripetutamente utilizzate come luogo di deportazione: all’epoca dei Borbone, poi nel periodo dell’invasione italiana della Tripolitania appunto, nonché durante il regime fascista, quando anche Sandro Pertini fu confinato qui).

Il cancello chiuso del cimitero moderno della comunità tremitese mette un punto finale alla mia passeggiata. Il luogo in cui mi trovo, tra l’altro, regala un panorama strepitoso sulla costa di levante di Caprara, l’isola dei capperi.

Tornando indietro sui miei passi mi imbatto nel gruppo di Bologna. L’accompagnatore mi chiede: Sei riuscita a trovare la tomba di Diomede?

In effetti la zona archeologica non ho potuto scovarla, ma ormai manca poco a mezzogiorno e devo affrettarmi se non voglio che lo Sparviero voli via senza di me.

Al porto caricano tutti noi turisti presenti su un’imbarcazione leggermente più grande dello Sparviero e ci promettono solo il giro in barca dell’isola di San Domino. Il periplo verrà effettuato in senso antiorario. Dapprincipio bordeggiamo il nerastro scoglio della Vecchia, associato a un personaggio misterioso: una “fola” racconta che qui, nelle notti di plenilunio, appare una vecchierella intenta a filare.

Fra gli spruzzi ci avviciniamo ai coni rovesciati dei Pagliai, i “faraglioni” di San Domino e sempre andando in altalena seguiamo la costa frastagliata fino alla grotta delle Rondinelle, dentro alla quale la nostra barca riesce a incunearsi con la parte anteriore dello scafo. Facciamo una breve sosta per fotografare dei pomodori di mare che se ne stanno aggrappati alle pareti, poco sotto la superficie dell’acqua. Di rondini neanche l’ombra.

La seconda cavità nella quale ci infiliamo, stavolta di poppa – e ciò ci provoca un’intossicazione da gas di scarico – è la grotta del Bue Marino. L’anfratto è chiamato così dal nome locale della foca monaca, un grosso cetaceo che un tempo si aggirava da queste parti. Eppure anche di questo mammifero adesso non c’è traccia (certo, con questo tanfo non c’è da stupirsi che si sia estinto).

Doppiata la Punta della Provvidenza, dove s’innalza il faro di San Domino, che nel 1987 fu bombardato da Gheddafi, ci dirigiamo alle altre grotte e calette che si aprono sul versante levantino: da lontano avvistiamo la Grotta delle Viole, quella del Sale e lo scoglio dell’Elefante, che deve il suo nome alle straordinarie sembianze animalesche che ha assunto nel tempo per l’azione corrosiva degli agenti atmosferici e marini. Poco prima di attraccare al molo di San Domino il nostro nocchiero ci segnala con il megafono che la villa bianca che si vede alla nostra sinistra era la casa del compianto Lucio Dalla.

E’ l’una. Ora mi resta da esplorare San Domino, e qui è la pineta a costituire l’elemento dominante del paesaggio. Facile l’itinerario perimetrale n. 1, anello dal quale si dipartono come fili esterni tutti i sentieri che in pochi minuti di cammino conducono alle varie calette che prima ho visto nel mio tour via mare. Comincio le deviazioni con il brevissimo percorso che porta a Punta dell’Elefante, che offre magnifici scorci sull’isola di San Nicola. Poi seguo le indicazioni per la Grotta del Sale dove mi fermo all’ombra di un pino ritorto per il pranzo al sacco. La deviazione successiva mi permette di ammirare la cala delle Roselle – una minuscola insenatura – quella dopo la Grotta delle Viole e quella dopo ancora la Punta di zio Cesare. Infine arrivo al faro di San Domino, attorniato da cumuli di macerie. Non incontro assolutamente nessuno. In quest’epoca dell’anno l’atmosfera è ovattata, tutto è quieto e silenzioso. Prima di ritornare al porto mi resta ancora qualche minuto per dare una sbirciatina alla Cala dei Benedettini e per affacciarmi sulla falesia di Punta Diamante.

Per via del rientro anticipato non ce la faccio a vedere di più (mi mancano una manciata di sentieri minori). E’ tutto piuttosto ben segnalato, però non ci sono scritti i tempi di percorrenza, quindi è difficile avere un’idea di quanto serve per esplorare globalmente l’isola senza rischiare di essere lasciati a terra dalla “Sorrento Jet”.

Il viaggio di ritorno è molto meno travagliato di quello di andata, ma per evitare problemi me ne sto seduta a poca distanza dai bagni.

Ieri sera, appena arrivata dalla stazione Fs, ancora prima di fare il check-in presso l’Hotel San Giorgio avevo fatto due passi nel borgo vecchio di Termoli. La facciata della cattedrale era coperta dalle impalcature e il resto degli edifici non era un granché. Me ne ero stata a gingillarmi sul lungomare, scattando qualche istantanea ai trabucchi sul molo, cercando di guardare solo verso il mare, perchè la costa era rovinata da un’edificazione moderna intensiva. Un tipo di fianco a me parlava al cellulare e diceva “Termoli è bella!”, io ho commentato dentro di me “Sì, per uno che viene dalle favelas di Rio de Janeiro”.

Stasera, arrivando al porto, la luce è completamente diversa rispetto a quella di ieri. Il sole è scomparso dietro le nuvole e c’è una luce stanca. Siccome i piedi e le gambe implorano grazia me ne vado in camera a riposarmi. Domani, senza rimpianti, dirò addio al borgo antico di Termoli, rinchiuso nel suo guscio.

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Costa di San Domino

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zona del porto di Termoli al tramonto

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Cala delle arene (isola di San Domino) semideserta

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A bordo dello “Sparviero” bordeggiamo lo scoglio del Cretaccio

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San Nicola: isola fortificata

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San Domino: i Pagliai, i “faraglioni” delle Tremiti, visti da terra

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Isola di San Nicola. Un porticciolo inaccessibile

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Isola di San Nicola. La torre quadrata

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San Domino. Grotta delle Rondinelle.

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San Domino. Entrando “col sedere” nella Grotta del Bue Marino

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Circumnavigando l’isola di San Domino

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San Domino. Grotta delle Rondinelle

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San Domino. Grotta del Bue Marino

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Trabucco di Termoli, macchina da pesca forse inventata dai Fenici

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Veduta da San Nicola sullo scoglio del Cretaccio e isola di San Domino

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Isola di San Nicola. Viottolo a zigzag che porta nella zona disabitata dell’isola: il...

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Isola di San Domino Affacciandosi da Punta Diamante

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Isola di San Domino. Panorama sulle isole di San Nicola e Capraia da Punta Diamante

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Lo sbarco con lo “Sparviero” al porto di San Nicola

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San Nicola. In fondo a Corso Diomede si stagliano la cilindrica torre aragonese e le mura...

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Isola di San Nicola. La facciata della Chiesa di Santa Maria a Mare

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La facciata monocuspide della Chiesa di Santa Maria a Mare, sulla quale si riconoscono...

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Croce greco-bizantina nella Chiesa di S. Maria a Mare

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Interno della Chiesa di Santa Maria a Mare a San Nicola. Soffitto ligneo barocco che...

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Interno della Chiesa di Santa Maria a Mare a San Nicola. Polittico sull’altar maggiore.

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Chiostro a San Nicola

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Isola di San Domino. Punta di Zio Cesare

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Gariga che occupa il pianoro di San Nicola

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Mausoleo dedicato ai prigionieri libici morti nel 1911-’12 a San Nicola

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Mausoleo dedicato ai prigionieri libici morti nel 1911-’12 a San Nicola

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Vista di Caprara dall’isola di San Nicola

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Isola di San Nicola. Il cavaliere di San Nicolò, baluardo costruito direttamente sulla...

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Sentiero sul pianoro di San Nicola

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Vista della brulla isola di Caprara dall’isola di San Nicola

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Isola di San Nicola. Pozzo della Meridiana. Raccogliere l’acqua piovana era l’unica...

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Costa di levante a San Nicola

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Sentiero sull’isola di San Domino

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Il Faro di San Domino, bombardato da Gheddafi

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Faro di San Domino

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Vista della disabitata isola di Caprara dall’isola di San Nicola

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Indicazione dei sentieri sull’Isola di San Domino

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Acqua cristallina del mare delle Tremiti

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Grotte e cavità che si aprono sulla costa di levante di San Domino

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Isola di San Nicola come appare da un punto della costa di San Domino

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Isola di San Domino. Panorama da Punta Diamante

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Isola di San Domino. Cala dei Benedettini

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tramonto a Termoli

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sbucando da uno dei vicoli del borgo antico di Termoli verso la passeggiata a mare

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Isola di San Nicola. Pino d’aleppo serpentiforme alla cala del Sale

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castello di Termoli

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Porto di Termoli: la partenza con “Sorrento Jet” verso le isole Tremiti



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