Il castello fra le nuvole
Questo viaggio, che ha visto come protagonisti due coniugi di mezza età, si è svolto in estate, a cavallo fra i mesi di luglio e agosto. Si è voluta tentare un’escursione a piedi, in montagna, da rifugio a rifugio, della durata di cinque giorni. L’allenamento e la preparazione necessari sono di livello medio; abbastanza impegnativo, ma niente di tecnicamente troppo difficile.
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Il Babbo quest’anno vuole andare in montagna: Alto Adige. Per una volta, lascio che sia lui a organizzare la vacanza. Molto soddisfatto di sé, mi comunica quindi di aver prenotato presso il rifugio Bolzano, sullo Sciliar. Si salirà da Tires. Sì ma, com’è il sentiero? Credo sia legittima la domanda, considerato che purtroppo saranno vent’anni che non andiamo più in montagna seriamente, che non siamo per nulla allenati e che, per soprammercato, ci fa male il ginugìn (il ginocchio N.d.T.)!
Lui interpreta la mia titubanza come mancanza di fiducia e si risente: “Che vuoi che sia? Un giuoco da ragazzi!” Sarà, ma credo che nella vita sia importante sapere, soprattutto quando si va in montagna, quindi cerco di informarmi: rifugio Bolzano, chiamato anche “il castello fra le nuvole”, situato sul punto più alto dell’altopiano dello Sciliar. Salendo da Tires ci si inerpica sul versante destro della valle (sulla cartina le curve di livello sono ravvicinate tanto da destare la più viva apprensione), si scollina, si scende dall’altra parte e poi si risale verso la nostra aerea meta. In totale 1.700 metri di dislivello. Tutto ciò attraversando la gola dell’Orsara (Barenfalle) e in prossimità del Buco dell’Orso (Barenloch). Traggo le mie conclusioni: “Aiuto! Vuole uzzidermi!”
28 luglio
Prima del gran balzo facciamo campo base per una notte presso il Gasthof “Edelweiss” di Tires. Letto modello “Denti di Terrarossa” (certo che come apparecchiano i letti gli altoatesini non c’è nessuno!). Comunque l’accoglienza è calorosa e ospitale. Fin troppo: “E con voi anche le ultime pecorelle son giunte all’ovile”. Sciora Edelweiss, ci faccia il piacere, ci faccia!
29 luglio
Al mattino pioviggina. La sicurezza di Babbino comincia a vacillare: “Mah… adesso piove… forse non è il caso… lassù, chi può dirlo, ci sarà magari pioggia… vento… nebbia… neve grandine bufera tempesta tormenta. E se andassimo a Ravenna?” A Ravenna? Non andiamo a Ravenna ma, seguendo i consigli di Herr Edelweiss che invitano alla prudenza, abbandoniamo, per oggi, il progetto di raggiungere il rifugio Bolzano e ripieghiamo su un’escursione sullo Tschafon fino al Volsegg Spitz, spettacolare balcone affacciato su Bolzano e la valle dell’Isarco. Molto, ma di molto bello. Onde documentare, per ammaestramento delle future generazioni, le nostre vicissitudini, a un certo punto abbiamo l’eccellente idea di fotografarci a vicenda. Se non che, mentre siamo impegnati in questa intelligente attività, passano due tizie tedesche che ci guardano con sufficienza per poi proferire alcune frasi fra cui distinguiamo le parole “das photo”. È oltremodo seccante capire che ti stanno prendendo per i fondelli, ma non poter sapere esattamente in quali termini.
30 luglio
Stamattina un sole vivido e splendente fuga le nuvole residue e ogni possibile scusa. Affrontiamo la Barenfalle. Le isoipse non mentivano: il sentiero, ben segnato e, nei tratti esposti, attrezzato con scale e corde, è però praticamente in verticale. Maremma maiala e bufaiola! Ma non ha ragione di noi e, dopo quattro ore e mezza di inenarrabili sofferenze, giungiamo al rifugio. Inutile aggiungere che i panorami sono spettacolari.
31 luglio
Al mattino ci dirigiamo, godendo dei grandiosi panorami dallo Sciliar, verso l’alpe di Tires. Ma c’è traffico e ci troviamo incolonnati (fra le mucche). Il sentiero, ai piedi dei Denti di Terrarossa e affacciato sul Catinaccio, è bellissimo. Giungiamo all’alpe di Tires mentre il tempo si rimette al brutto. L’idea era di ritornare al Bolzano per la notte e ridiscendere a valle l’indomani percorrendo (ahi, le ginocchia!) la stessa via dell’andata, ma il maltempo ci suggerisce di prendere casa al rifugio Alpe di Tires. Credo di poter affermare che la vita di rifugio non fa (o non fa più) per me. Eccessiva la promiscuità per una signora attempata e in certa misura imborghesita quale oramai sono. Detestabile doversi appostare con aria indifferente dietro un angolo, onde poter cogliere l’attimo in cui riuscire a introdursi proditoriamente in bagno. Irritante dover fare la coda per guadagnarsi il privilegio di una doccia. Docce in cui peraltro non è nemmeno possibile chiudersi a chiave, anzi, al Tires sono addirittura doppie! Troppo per il mio personale senso del pudore. La camera poi è da quattro, da condividersi con una coppia di arrampicatrici tedesche. Che dire di quando, alla sera, le tedesche disponendosi al sonno, il Babbo dà il via a un concertino dei più potenti e meglio riusciti della sua carriera? Che resta da fare, a una povera moglie, se non lasciarsi morire per l’imbarazzo?
1° agosto
Al mattino, ad abbattere ulteriormente il morale mio e del Babbo, provvede il conto: trattamento da rifugio e prezzi da Grand Hotel! Per discendere a valle optiamo per il sentiero che sale al passo del Molignon per poi scendere al rifugio Bergamo (dove ci concediamo torta di grano saraceno e omelette con mirtilli rossi e che ci pare un rifugio più autentico dei precedenti) e da lì in val Tchamin e a Tires. Lungo il percorso abbiamo modo di essere testimoni di una interessante dimostrazione di medicina omeopatica: ad un bimbo in ascesa che si lamenta per il male alle gambe viene amorevolmente consigliato: “Metti dei sassi nelle scarpe e vedrai che il mal di gambe non lo sentirai più”. Non nutro alcun dubbio sull’efficacia di un simile trattamento!
Oltrepassato il rifugio Bergamo il sentiero, visto dall’alto, desta in me qualche preoccupazione. Il Babbo mi consiglia di non guardare a valle, ma esclusivamente dove metto i piedi. Seguo il consiglio con scrupolo, tanto da non accorgermi che il sentiero fa una curva. Mi sto quindi buttando a capofitto, di mia spontanea volontà e con grande convinzione, nel precipizio quando un urlo provvidenziale del Babbo provvede a fermarmi. Il quale Babbo, non più di una ventina di metri dopo, avendo noi intavolato un’accesa polemica sulla valenza della paura (io sostenendo che, su un sentiero senza alcuna difficoltà tecnica come quello, la paura sia l’unico motivo per cui si possa cadere, lui al contrario sostenendo che la paura induce alla prudenza e quindi protegge), già si pente amaramente di quel grido così improvvidamente lanciato. Comunque io resto della mia idea: se, sull’orlo di un dirupo, ti vengono le gambe di ricotta, la tachicardia e ti gira la testa, la paura non ti sta rendendo un grandissimo servigio.
Superata anche quest’ultima prova, eccoci a valle, fieri delle nostre prestazioni montanaro-agonistiche, consolati da una giovinezza evidentemente non ancora del tutto perduta e paghi di paesaggi ed atmosfere di grande maestosità e bellezza. E adesso si va a Ravenna! Ma questa è un’altra storia.
Il paese (Tires)
Tires (Tiers in tedesco), capoluogo della valle omonima, è cittadina altoatesina posta ai piedi del massiccio del Catinaccio. È raggiungibile da Bolzano, con una deviazione all’altezza di Prato Isarco, oppure attraverso il Passo di Costalunga dalla valle di Fassa. Oltre che in automobile, è raggiungibile anche con una linea di autocorriere sia da Bolzano (linea n. 185) che da Vigo di Fassa (linea n. 180 e poi 185).
La sistemazione alberghiera
Gasthof Edelweiss
Albergo a 3 stelle, con ristorante, situato nella frazione di San Cipriano. Noi abbiamo trovato eccellenti sia le camere, sia il ristorante, sia il servizio. Attualmente, per una camera doppia, viene indicato un prezzo di 140 euro.
Rifugio Bolzano
Questa grande struttura molto bella si trova a 2.457 metri d’altitudine, fra i pascoli dello Sciliar, bellissimo altopiano posto al cospetto di montagne favolose quali il Catinaccio, il Latemar, il Sasso Lungo, le Odle, ecc. e sovrastante la verdissima e affascinante Alpe di Siusi. Buono anche il servizio di ristorazione.
Rifugio Alpe di Tires
2.440 metri l’altitudine di questo rifugio posto ai piedi dei Denti di Terrarossa. Luogo meraviglioso, struttura un po’ troppo moderna e pretenziosa per incontrare i nostri gusti. Prezzi, che ora non so indicare con precisione, alti.
Rifugio Bergamo
Il rifugio più antico del Catinaccio (all’interno, la stube originale del 1887), domina la val Tchamin. Ci siamo fermati solo per una merenda, peraltro squisita, ma l’impressione è stata ottima e ci auguriamo di poter tornare per un soggiorno più lungo.