Due amiche, mille passi e una baguette: 3 giorni a Parigi all’insegna dell’amicizia (e di una città da scoprire a piedi)

Ogni viaggio ha una sua storia, un perché tutto suo. Questa volta, la destinazione non è stata scelta a caso, ma col cuore: Parigi è stato il mio regalo per i 50 anni della mia migliore amica Mimma. Dopo anni di viaggi insieme – con famiglie, figli e zaini in spalla – era arrivato il momento di regalarci una fuga tutta per noi due. Mimma non era mai stata nella Ville Lumière (Eurodisney non conta!) e io, in un pigro pomeriggio domenicale, ho aperto il computer e le ho detto: “Scegli la data, per i tuoi 50 anni ti regalo Parigi.” Detto fatto, qualche mese dopo ci ritroviamo entusiaste come adolescenti sul volo EasyJet, pronte per vivere tre giorni da vere parigine (o quasi). Zaino in spalla, atterriamo a Charles de Gaulle e, dopo una mini avventura per capire dove andare, scopriamo l’efficienza di Uber – app consigliata da una collega e subito amata soprattutto per gli sconti per i nuovi clienti.
Indice dei contenuti
Diario di viaggio a Parigi
Giorno 1 – Tour Eiffel, Champs-Elysées, Sacré-Coeur
Primo stop? Ovviamente la Tour Eiffel. Volevo che Mimma la vedesse appena messo piede in città. Imponente, affascinante, la torre ci accoglie in una giornata di sole splendente: le prime foto, i primi selfie, e anche le prime risate. Piccola delusione, ricordavo che un tempo si poteva passeggiare liberamente sotto la Tour Eiffel, oggi invece ci sono transenne, controlli e solo chi paga può avvicinarsi. Abbiamo quindi guardato il monumento da dietro una barriera di plastica e ci siamo ripromesse di tornare e salirci in prossimo viaggio.
Da lì, via verso gli Champs-Elysées, con il navigatore in mano e le gambe già pronte a percorrere chilometri. Sulla strada, un gentile parigino (non è una leggenda, esistono!) ci aiuta a trovare la via giusta, e ci ritroviamo in mezzo ai negozi più lussuosi del mondo – da guardare, ovviamente, senza toccare. Sugli Champs-Elysées ci siamo sentite dive. Con occhiali da sole e passo deciso, abbiamo affrontato le vetrine come due vere parigine. Poi abbiamo capito che quelle vere entrano in quei negozi … noi no. Dopo aver sbirciato borse e gioielli da tre stipendi proseguiamo.
Dopo una sveglia alle 4:30 del mattino, una pausa pranzo era d’obbligo: panino in una brasserie all’aperto, sole in faccia e lo Champs-Elysées come sfondo. Chi l’avrebbe mai detto? Poi via verso l’hotel, finalmente – anche se solo per lasciare gli zaini e imparare ad affrontare la metro parigina. Ripartiamo, questa volta verso Montmartre e la Basilica del Sacro Cuore, una delle mie zone del cuore.
Al Sacré-Cœur ci siamo andate a piedi. Dopo altri chilometri e un navigatore un po’ ottimista, ci ritroviamo davanti alla scalinata. La vista, la luce, la bellezza: un momento da fermare nel cuore (e nel telefono). Mimma, ormai arruolata ufficialmente come mia fotografa personale, immortala i miei famosi salti per i social – con tanto di video e risate infinite. Scelta eroica. Mimma ha iniziato a contare i gradini, ma al 137° ha lanciato un’occhiata disperata al cielo e ha deciso che non valeva la pena sapere quanti mancassero. Una volta in cima, tra panorama e musicisti improvvisati, ci siamo accorte che Parigi dall’alto ha lo stesso effetto del cioccolato caldo: ti scioglie un po’. La nostra ricompensa è stata infatti una crepe, perché noi premiamo la fatica con le calorie. Giriamo tra i negozietti, e acquistiamo due paia di calze con la Tour Eiffel e il mitico Remy del cartone animato Ratatouille, come ricordo indelebile del nostro viaggio.
La giornata si conclude con un calice di vino in un bar tipico, poi di nuovo Uber verso l’hotel – questa volta con sconto incluso, evviva le prime volte! Cena in zona, cameriere simpaticissimo e grandi chiacchiere. Stanche ma felici, torniamo in camera soddisfatte del nostro primo giorno da mademoiselles.
Giorno 2 – Louvre e dintorni
Il giorno dopo inizia con la nostra colazione “malata” – brioche senza lattosio comprate il giorno prima – e caffè preparato in camera. Parigi vista dal nostro bollitore: poesia pura. Seconda colazione in una panetteria vicina (una brioche in due, dai, la dieta ce lo chiede), poi ci prepariamo per il Louvre, che avevamo prenotato strategicamente per le 13:00.
Nel frattempo, giriamo l’area, facciamo foto con il cavalletto mitico di Mimma, e ci godiamo l’atmosfera. L’ingresso al museo è organizzato alla perfezione, e in un attimo siamo dentro. Entrate al Louvre con l’entusiasmo di chi si sente pronta all’arte La Gioconda? Sì, l’abbiamo vista. Piccola, enigmatica, circondata da più telefonini che fan a un concerto. Ho fatto la mia versione: la Monna Mimma, con sorriso misterioso e occhiali da sole
Giriamo tra quadri, statue, reparti egizi, e finiamo quasi per errore in una scolaresca: il prof ci guarda storto, Mimma fa amicizia, si ride di gusto, con una alunna che parlava la nostra lingua. Dopo ben quattro ore dentro il Louvre – sì, quattro ore tra statue senza nasi, quadri con sguardi enigmatici e tentativi maldestri di imitare le pose delle sculture – siamo uscite affamate di cultura… e non solo.
Pausa baguette, poi esploriamo una mostra di moda che ci lascia un po’ perplesse (tranne per un body dorato che sembrava uscito da un video di Madonna). Mimma attacca bottone anche lì, con una simpatica coppia francese: è il suo superpotere.
Appena varcata l’uscita, ci siamo fiondate in un chioschetto lì vicino: Mimma con la sua birra, io con un succo di frutta (giuro, solo per bilanciare gli eccessi futuri). Ci siamo sedute nel parco, osservando il via vai di turisti e parigini, mentre il sole, timido ma determinato, faceva finalmente capolino dietro le nuvole.
A due passi c’era il Musée d’Orsay. Cariche, entusiaste, e ancora ignare dell’orologio, ci siamo dirette verso l’ingresso, chiuso. Letteralmente chiuso in faccia. Era l’occasione perfetta per un altro tuffo nell’arte, ma vabbè, ci siamo fatte bastare la bellezza della facciata.
Dopo ore, stremate ma piene di bellezza e risate, torniamo in hotel. Ma la nostra Parigi non è ancora finita – e nemmeno i nostri salti! Per fortuna Mimma, ormai parigina d’adozione, conosceva ogni angolo del metrò, mentre io… beh, io ero quella che all’andata aveva pagato il biglietto ma si era fatta chiudere fuori. Non chiedete come, ma sono riuscita a entrare grazie a un’uscita laterale aperta da altri. Lo giuro: avevo pagato!
Doccia, cambio d’abito e via: seguiamo l’istinto e finiamo in un localino vicino all’hotel. Atmosfera parigina? Sì. Cena francese? Non proprio. Hamburger, patatine e – per recuperare punti – un tris di dolci tipici. Il bilancio calorico era in pari. O quasi.
Stanche ma felici, ci siamo abbandonate al letto. Perché anche se usi i mezzi, Parigi ti fa camminare. Tantissimo.
Giorno 3 – Parigi nel cuore (e nei piedi)
Dopo una notte rigenerante e una colazione degna di noi (ovvero: brioche “malata”, caffè solubile e un sorriso stampato in faccia), siamo pronte per affrontare il terzo giorno a Parigi. Le gambe un po’ doloranti, i piedi che iniziano a protestare, ma lo spirito… sempre altissimo. E come si dice? Finché c’è Mimma, c’è allegria!
Valigie pronte, super colazione in camera e borse lasciate alla reception: direzione Notre-Dame. Dopo l’incendio, avevo seguito con emozione i lavori di ricostruzione e avevo detto a Mimma: “Vedrai, quando andremo a Parigi sarà riaperta solo per te.” Così è stato. Nonostante i lavori è sempre una signora affascinante
Grazie a lei (la nostra booking master) avevamo i biglietti gratuiti prenotati. Nessuna fila. Entriamo e… wow. Rosoni da sogno, silenzio solenne, e quella bellezza che ti prende alla gola. Mimma accende una candela, io la immortalo in un video.
Camminiamo lungo la Senna, ammiriamo la parte posteriore della cattedrale ancora in restauro, entriamo in negozietti pieni di souvenir con la Tour Eiffel in tutte le taglie. Finiamo col desiderare la stessa maglietta: parte la missione souvenir perfetto.
Poi, dritti verso il Centre Pompidou. Tra fontane colorate e strutture futuristiche, ci scattiamo selfie esilaranti con il bastone e il telecomando che si rifiutava di collaborare.
Io, nel frattempo, inseguivo le migliori location per i miei salti social, con Mimma sempre più esperta nel beccare il momento giusto (e ridere al momento sbagliato). Le foto del terzo giorno? Una più storta dell’altra, ma quanto ci siamo divertite..
La mia amica adocchia una brasserie per la mitica baguette, ma io – testarda – non ho fame. Ma dopo altri chilometri a piedi, cedo anche io. Panino, chiacchiere da cuore a cuore, segreti, risate e qualche confessione. È questo che rende un viaggio davvero speciale: l’amicizia che ti accompagna a ogni passo.
E proprio mentre pensavamo che la giornata fosse finita… sentiamo tamburi, cavalli, e corriamo verso una sfilata lungo la Senna. Cavalieri in divisa, cavalli splendenti, folla ovunque. Non abbiamo capito il perché, ma è stato magico. La scena finale? Le macchine che pulivano la strada dai “regalini equestri”. Solo a Parigi può accadere.
Torniamo in hotel in tempo perfetto. Il nostro Uber ci aspetta. Incastriamo vestiti, souvenir e magliette in uno zaino solo (impresa titanica) e via verso l’aeroporto.
Rivediamo le foto, ridiamo delle mie crisi di fame tardive e delle chilometriche passeggiate imposte a Mimma. Un weekend di bellezza, cultura, pance piene (più o meno), gambe stanche e cuori leggeri. Ah, dimenticavo: volevamo vedere Versailles, ma era chiuso. Motivo perfetto per tornare.
Una cosa è certa: questa Parigi, quella dei nostri cinquant’anni (di Mimma), dei salti, delle calze, delle baguette, dei chilometri a piedi, non la scorderemo mai. ci scambiamo sguardi di felicità: Mimma per il sogno realizzato, io per averglielo regalato. Abbiamo capito che Parigi non è fatta solo per gli innamorati. È fatta anche per le amiche che ridono troppo forte nei bistrot, che si perdono nei quartieri senza Google Maps, che si scattano foto storte davanti ai monumenti famosi.