Cile, terra di emozioni

Quest'anno la scelta del viaggio e' stata combattuta: esauriti i paesi anglofoni, facili e tranquilli, il sudamerica da tempo ci strizzava l'occhio, ma solo il Cile dava le maggiori garanzie di tranquillità e possibilità di essere visitato senza l'ausilio di viaggi organizzati. Così, dopo essere stati ampiamente tranquillizzati su questo...
Scritto da: Carla61
cile, terra di emozioni
Partenza il: 06/11/2003
Ritorno il: 07/12/2003
Viaggiatori: in coppia
Quest’anno la scelta del viaggio e’ stata combattuta: esauriti i paesi anglofoni, facili e tranquilli, il sudamerica da tempo ci strizzava l’occhio, ma solo il Cile dava le maggiori garanzie di tranquillità e possibilità di essere visitato senza l’ausilio di viaggi organizzati. Così, dopo essere stati ampiamente tranquillizzati su questo aspetto, abbiamo organizzato ?a modo nostro? questo viaggio. I problemi -però- appaiono immediatamente, all’organizzazione.. I voli aerei sono pochi e maledettamente cari, ma soprattutto pieni. In tutte le compagnie aeree (Lanchile, Alitalia, e Lufthansa, fra quelle che operano direttamente) i posti sono limitati e bisogna prenotare con molto anticipo. Per ovviare al costo di un volo quasi diretto (solo Lanchile vola diretto su Santiago da Madrid) un’ottima opportunista di risparmio la offre un volo su Lima, Buenos Aires o altre capitali del Sudamerica, eppoi prendere un volo per Santiago da vi. L’impossibilita’ (se non prenotando con grande anticipo) a prendere il volo per l’Isola di Pasqua (alloggi se ne trovano senza problemi, una volta là), operato da Lanchile 3 volte alla settimana e costantemente in ?overbooking?, prenotato dai locali ma soprattutto dai tour operators, che (purtroppo) in Cile dettano legge non solo nell’isola di Pasqua, ma anche nei posti molto turistici. Infatti questo e’ un altro aspetto da tenere ben presente e’ che i cileni sono molto meno indolenti di altre popolazioni del sudamerica, anche se non bisogna mai dare nulla per scontato, ma immedesimarsi in una mentalità dove il turista ?libero? e ?indipendente? e’ ancora considerato quasi con fastidio e il turista organizzato ha sempre la precedenza. Quindi, chiedete sempre ricevute (?boletas?), dichiarazioni, insomma qualcosa di scritto che testimoni (soprattutto) il loro impegno al servizio prenotato da voi (sia una camera d’albergo o sia una bottiglia d’acqua). Questa mentalità e’ molto forte al nord, in verità, (con il suo culmine a San Pedro de Atacama), ma anche al sud siete guardati con ?circospezione?. Non aspettatevi grandi feste, dai cileni: il fatto che voi siate italiani, che veniate dall’ Italia, suscita ben poca emozione: a parte due benzinai (uno argentino) il fatto che fossimo italiani non ha destato il benché minimo commento o interesse. Il sistema viario principale e’ ottimo, ben tenuto ma molto caro, specie le autostrade, da cui non si può derogare: praticamente e’ l’unica strada percorribile da sud a nord, se non ci si vuole avventura in sterrati di non sempre ottima fattura. Ma per contro (in Cile scoprirete che troverete tutto ed il contrario di tutto) vi circola di tutto, dalla bici ultra tecnologica al camion di 60 anni fa. Persino i pedoni, dal momento che i pulmini hanno le fermate in autostrada. Paese pieno di contraddizioni: gli operatori ai supermercati hanno la mascherina, ma praticamente quasi ovunque si può fumare. La maggior parte delle vie cittadine sono a senso unico, e nella maggior parte delle vie e’ impossibile posteggiare: ricordatevelo quando vorrete fermarvi a chiedere un’informazione: pulmini e taxi vi si accoderanno senza pietà. Fare pipì e’ complicato, dato che per strada raramente ci sono stazioni di servizio (e quindi bagni pubblici) e i pochi presenti sono a pagamento, fra i 150 ed i 300 pesos. Come per la benzina, e’ bene sempre approfittare, quando c’e’ un bagno. Il cibo, in generale e’ ottimo, cercate di apprezzare i ristoranti locali anche se la pulizia, molto spesso, lascia a desiderare. Il pesce e’ veramente eccellente, ma anche la carne e’ ottima. Il dramma sono le colazioni… Frutta sciroppata, torte ipercaloriche ed extra dolci, ma anche panini con prosciutto cotto e formaggio tipo olandese (una fetta).Burro e marmellata. UNA bustina di Nescafè, acqua calda con il contagocce. Quasi sconosciuto il latte freddo di frigo, ti portano sempre il latte a temperatura ambiente. Insomma, non aspettatevi colazioni pantagrueliche. 7 novembre, Reñaca. Finalmente in Cile! Quest’anno siamo partiti tardissimo,un po’ per scelta un po’ per aver sottovalutato le richieste di voli per il Sudamerica, perciò ne’ promozioni ne’ business, anche se la Lufthansa su queste rotte ha ottimi aerei e seggiolini spaziosi. Quindi le 18 ore di volo fra Francoforte e Santiago (con sosta tecnica a San Paolo, Brasile) sono passate senza patemi (o quasi…). Arriviamo a Santiago alle 11 ora locale, 4 ore in meno rispetto all’Italia e la temperatura e’ ottima, e trovato il banco del noleggio auto Econorent (prenotato dall’ Italia, e molto valido ed economico, ovviamente consigliato), cambiati un po’ di soldi e prese le chiavi della Subaru Impreza 4×4, ci dirigiamo verso il mare. Valparaiso e Viña del Mar sono le nostre mete, raggiungibili con l’autostrada (a pagamento) 68 distano ca. 130 km da Santiago. E’ decisamente choccante. Valparaiso sorge su un promontorio degradante sul mare interamente ricoperto di case e grattacieli. Anche Viña del Mar oramai ha ricoperto ogni centimetro quadrato di collina e senza alcuna regola grattacieli, case coloniali e strade si susseguono per chilometri. A Valparaiso (collegata da una superstrada a Viña del Mar) convivono modernità e antichità: le 14 funicolari (ascensores) hanno più di 100 anni, e collegano la zona bassa a quella alta, e ovunque auto, taxi e filobus degli anni ’40, in un caos molto “italiano”…

Dopo aver tentato inutilmente di trovare un albergo sul mare (Valparaiso ha solo il porto sul mare, a Viña solo case e palazzoni) ci spostiamo un po’ a nord, a Reñaca, dove troviamo un motel (caro) sull’oceano, uno dei pochissimi. Anche se Reñaca ha una delle più belle spiagge di tutto il Cile. E anche qui l’edilizia sta facendo disastri . E’ relativamente presto, sono infatti le 18 e 30, e per la cena si parla delle 21 ed oltre. Ma dovremo abituarci ai costumi locali: la colazione ci verrà servita dalle 9. Scopriremo dai giornali che Pinochet ha la casa, qui a Reñaca . E proprio in questo giorno si e’ infortunato ad un braccio, cadendo in casa.

8 novembre La Serena. La serata di ieri si e’ conclusa con la cena a lume di candela, nel vero senso della parola, dato che per una guasto ad una centrale elettrica la zona fra Valparaiso e Concon era quasi tutta al buio. Dicono che ogni tanto nei week end succede. Ci svegliamo con calma, dato che il desayuno (la colazione) ci sarà solo alle nove. Poi seguiamo per un pezzo la strada costiera, oltrepassando Concon, Zapallar (la Malibu’ del Cile) e Papudo, paesino a strapiombo con le strade rigorosamente sterrate, ammirando via via pellicani e altarini votivi. Un’altro aspetto del Cile appare drammaticamente via via che maciniamo chilometri: i cani abbandonati. Non sembrano essere messi male, ma sono decisamente troppi. Nessuno li infastidisce, ma sono una presenza costante e triste. Molti sembrano di razza (pastori tedeschi, dalmata) e siamo atterriti al pensiero di trovarmene uno sotto le ruote. Rientrati sulla 5 Norte, il paesaggio offre ben poco, se non colline brulle e altarini votivi, in memoria di qualche incidente stradale che ha causato morti e dolore: sembra che si sia sviluppata un’arte popolare: alcuni sono vere e proprie opere d’arte. Così dopo 300 km di nulla se non di pedaggi, arriviamo a La Serena, che come località di mare sta soppiantando Valparaiso, e capiamo anche il perché. Lungo il litorale nessun palazzone o grattacielo, ma palazzine discrete, e la città a due chilometri verso l’interno, discreta, bella e vitale. Ci fermiamo al Hotel Mar Ensueño e ci buttiamo nella piscina temperata. Ritemprati, ci dirigiamo in città, e posteggiata l’auto facciamo alcuni giri attorno al Mercado La Recova, dove -volendo- si può mangiare (sulla qualità non si discute, ma quanto ad igiene non metterei la mano sul fuoco…). Tornati sulla spiaggia ne approfittiamo per una bella corsetta sul litorale, in compagnia. Sembra, infatti,che correre (anche la bici, specie la mountain bike) sia molto di moda. Ultimamente, infatti, l’obesità in Cile e’ una vera e propria piaga sociale, e molti cileni tentano di rimanere in forma così. Siamo in difficoltà con la lingua, qui l’inglese lo parlano poco e lo spagnolo noi lo mastichiamo ancora meno, e mi innervosisco facilmente, per questo. Tuttavia noi ci sforziamo molto a parlare spagnolo, di certo più di loro a cercare di capirci. La cena però e’ eccellente, al ?Tololo?, uno dei tanti ristorantini sul litorale, che ci delizia con piatti (di pesce) caldi e freddi. I prezzi. Il Cile non e’ economico, di certo non come ci aspetteremmo. Per mangiare (pesce) occorrono sempre dai 20 euro in su a testa, ed anche per dormire la media e’ sui 30 euro. Il Peso Cileno ($, come il dollaro, ma con una sola stanghetta) e’ agganciato al dollaro, e con l’euro ci guadagniamo. Da oggi scopriamo un’altra novità: richiedendo la ?Factura per los Estranjeros? (fattura per gli stranieri) si risparmia l’IVA, il 19% insomma. 9 novembre Taltal. Quest’anno, anche per via delle guide molto lacunose e insufficienti, non avevamo definito un programma, ma se anche lo avessimo fatto, ben difficilmente avrebbe previsto questa sosta. Ci svegliamo (stavolta) presto, e dopo una delle rare colazioni a buffet partiamo decisi, obbiettivo Chañaral, 500 km più a nord. Se non Antofagasta, altri 350 km. Di niente, ovviamente: nessun paese, nessun alloggio. Partiamo ed il Norte Chico ci si presenta: un insieme di colline dapprima viola e gialle, poi rosse, bianche, verdi a seconda dei minerali presenti. O ancora masse rocciose con massi lì a alto della strada, minacciosi… Anche strade costruite a mezza collina… Ma anche piane desolate a perdita d’occhio…Strade battute solo dai camionisti, e rare stazioni di servizio che altro non sono che baracche. Fa caldo, ed i miraggi sono una realtà… Così ci scivolano via Vallenar, Copiapo’, Caldera e Chañaral. E’ presto, e non vale la pena fermarsi qui, quindi proseguiamo. Dopo 80 km c’e’ la deviazione per Taltal, e siamo a corto di carburante, ma sappiamo dalla mappa “Rutas de Chile 2003” della Copec) che di lì a pochi km c’e’ un distributore, essenziale per arrivare ad Antofagasta. Purtroppo un errore di stampa fa si che al km 1122 non ci sia nulla (e nemmeno che ci possa essere sfuggito!), e non volendo rischiare di rimanere a piedi (avevamo un’autonomia di ca. 100 km, contro i 170 che mancavano ad Antofagasta), nonostante riteniamo impossibile che non ci sia il distributore torniamo sui nostri passi a Taltal, dove sappiamo esserci certamente un distributore (sono rari in generale, i distributori di benzina, quindi consigliabile rabboccare sempre il serbatoio!) A Taltal ci si arriva all’improvviso, dopo 22 chilometri di colline e curve, e con essa il mare. Le baracche dei minatori (principale attività qua al nord) convivono con case più moderne, strade asfaltate con sterrate, il mare popolato di pellicani e gabbiani sembra pescosissimo, continuamente, infatti, gli uccelli si buttano a capofitto per catturare pesce. Qui incontriamo uno dei pochissimi gatti cileni…

La gente e’ semplice, nel vestire, quasi modesta, quasi che abbia visto (anzi, di certo) giorni migliori, ma l’attuale presidente, Riccardo Lagos, nativo di Taltal ha previsto finanziamenti per recuperare questo tratto di costa, ancora molto selvaggio e poco conosciuto. Con un colpo di fortuna troviamo un nuovo B&B, gestito da croati, molto bello e pulito. Incredibile, quasi, perché e’ in un quartiere dove sono praticamente solo baracche. Il prezzo e’ basso, e la camera deliziosa. Peccato non accetti carte di credito. Conviene, più che cambiare euro o dollari, fare un prelievo al bancomat, il costo aggiuntivo e’ di appena 2,5 euro. Anche il tasso di cambio e’ onesto. Per mangiare non c’e’ scelta: ?Las Brisas? sul porto. Nonostante il locale sia definibile come ?evitabile? da qualsiasi persona normale, dapprima il loco lessato e poi il congrio fritto con verdure freschissime e’ eccellente. 10 novembre, San Pedro de Atacama. Eccoci di nuovo sulla strada per Antofagasta, e scopriamo l’arcano del distributore. Anziché al chilometro 1122 come indicato dalla guida Copec e’ esattamente 20 chilometri dopo. Superata la deviazione per Antofagasta, lasciamo la 5 Norte per al 25, direzione Calma-San Pedro de Atacama. E’ una strada che collega Calama ed altre piccoli insediamenti alle miniere, noiosissime ma curatissime, costruite per camion e pulmini (i primi per i materiali, i secondi per i minatori) e sorvegliate dai Carabineiros che con i laser controllano la velocità e sono implacabili.

Passata Calama, sede di un grande cementificio (e l’aria e’ irrespirabile) e della più grossa miniera di rame del Cile (e del mondo), Chuquicamata, proseguiamo verso San Pedro. Ammiriamo altri altarini, espressione di un’arte tutt’altro che trascurabile, e la strada che inizia a salire dolcemente, ma ce ne accorgiamo solo dal GPS, che ad un certo punto segna 3428 metri. Poi ridiscende (un po’), in pieno deserto salato (la salar de Atacama), ed il panorama si fa veramente spettrale. Ed ecco San Pedro (ma lo sarà davvero?), una cittadina ?apparentemente? lasciata ai tempi coloniali, quindi strette strade sterrate, muri di fango e poco altro… Nessuna guida aveva preannunciato questo, e noi pensiamo di non essere a San Pedro, o che ci sia una zona nuova…

Macché siamo proprio a San Pedro, e baldanzosi ci dirigiamo verso un dei migliori hotel, dove appena entrati un atrio pulito, lindo e nuovissimo ci accoglie. Alla reception ci informano che l’hotel e’ pieno, e che probabilmente la maggior parte degli hotel sono pieni. Panico, ovviamente. Come sono pieni? Non ci sono feste vicine, e’ il 10 di novembre, un lunedì… Quindi un periodo ?morto?…. Per farla breve con un po’ di pazienza (io stavo gia’ sclerando, in verità) ci trovano un hotel (ma una notte sola) al Tampillo, che non e’ malaccio.

E’ importante sapere che qui non si può posteggiare per strada, e bisogna trovare l’albergo con il parcheggio interno, sennò sono guai. Quindi corriamo a fermarlo, perché (ancora oggi mi sembra un delirio) alla risposta affermativa la ragazza della reception ha buttato giù il telefono (vi posso assicurare che non ha detto ?impegna la camera un attimo? o ?stanno arrivando dei clienti?). Dicevo che non e’ malaccio, come albergo, semplice ma pulito. Scaricati i bagagli, poiché e’ presto facciamo una passeggiata in centro, per capire meglio questo posto e per prenotare i tours. E’ molto caldo, ma secco, inoltre siamo a 2500 metri di altezza, e bisogna ambientarsi. Così dopo aver prenotato 2 tours (uno per il deserto e dintorni, l’altro per i geyser del Taito), e trovato un altro albergo (dove andiamo a confermare la prenotazione) non riusciamo ad andare al museo a vedere le mummie perché mi sono beccata un bel colpo di sole. E tutta tremante mi rifugio sotto le coperte. Poi stando meglio, azzardo un ristorante dove mangiamo male (sebbene la LP ne parli benissimo) ma sono chiaramente sofferente. 11 novembre San Pedro de Atacama. Sono le sette e la macchina e’ bloccata nel cortiletto, e nonostante le rimostranze non posso spostarla. Dovevamo portarla al Katarpe, il nuovo albergo, ma pazienza, farò tutto stasera. Dopo il tour. Io sono ancora un po’ malconcia, e dopo la laguna salada de Atacama (colazione super inclusa!) con migliaia di fenicotteri, raggiungiamo dapprima i 4000m dove scopriamo due splendidi laghetti (sulle cui rive fanno capolino volpi del deserto), poi uno splendido villaggio (Toconao) immerso nel verde in un canalone arido, dove abbiamo incontrato i primi italiani, una comitiva milanese in moto che da San Antonio (porto cileno) stava attraversando la Panamericana per arrivare fino in Perù. Ed infine Socaire, un villaggio indio, uno dei pochi rimasti abitati, dove la chiesa e’ costruita con legno di cactus, il cui taglio e’ ora vietato. La gita in altura mi ha molto affaticata. Anche altri compagni di viaggio (specie i fumatori) sono alle corde, e si devono fermare spesso. Non solo, ma l’aria rarefatta e secca (ma anche l’altura) spacca i capillari del naso, e anche io mi ritrovo con il naso sempre pieno di sangue.

Il ritorno al tardo pomeriggio ci riserva la più amara delle sorprese. Quando, infatti, stavamo pregustando la più dolce delle docce, alla reception del Katarpe l’aria contrita del proprietario ci annuncia che ?poiche’ stamani non ci siamo presentati lui ha dato via la camera?. E quindi non aveva più camere. Cerco inutilmente di spiegargli avevo la macchina bloccata, ma lui fa lo gnorri… Non contando la sera prima che c’eravamo andati, che avevamo preso accordi etc. Che aveva segnato il nome sul computer. Sono fuori di me, e mi trattengo a stento, ma purtroppo non c’e’ nulla da fare, se non tornare al Cosmos Andino (con cui avevamo prenotato i tours) a disdire i tour del giorno dopo se non avessimo trovato un’altra sistemazione. Mi raccomando, se prendete accordi di questo tipo fatevi rilasciare ricevuta scritta, non fidatevi della semplice parola. Sappiate anche che alle 4 nessuno ci avrebbe aperto. Perché il portiere del Katarpe dorme lontano dal portone e non sentirebbe neanche le cannonate. Con molta pazienza, ma evidentemente senza capirci troppo (Martin e’ un bravo ragazzo, ma non aveva capito che eravamo disposti a dormire anche spendendo un bel po’, a quel punto) trova un’altra sistemazione, al Rincòn San Pedrino (per evitarlo: e’ in Licancabur), un posto fetido, che in condizioni normali con penseremmo un attimo a sconsigliarvi, ma dove abbiamo dovuto soggiornare perché sembrava che tutto il mondo fosse a San Pedro de Atacama. Il bagno in camera ce l’abbiamo, ma siamo senza acqua. Dopo lunga trattativa ci abbuona 5.000 pesos (un terzo) e tuttavia ci terranno l’auto in cortile tutto domani. Noi domani dobbiamo partire alle 4 del mattino per i geyser, e cerchiamo di riposare. Ma la rabbia e’ tanta, ed io non riesco proprio. Inoltre il posto e’ un via vai continuo, così chiacchiere, risate, urla e tv non mi fanno riposare. Per di più non ho assolutamente fame, e quindi saltiamo anche la cena. 12 novembre, Tocopilla. Alla mattina l’ennesima (brutta) sorpresa: il nostro letto era abitato da una colonia di pulci, ed io sono stato il loro pasto. Comunque, puntualissimo, Cristian alle 4 ci raccoglie e ci dirigiamo verso i geyser del Taito nell’oscurità totale. Il viaggio e’ lungo, sono ca. 3 ore, ma bisogna essere su presto perché i geyser al pomeriggio sono fumarole e non si apprezzano. Arriviamo in questa vallata, e il freddo e’ ?allucinante?, siamo certamente parecchi gradi sotto zero, e finché il sole non si alza battiamo tutti i denti. Tuttavia ci raccomandano di muoverci con molta calma, qui siamo a 4300 metri e non ci deve essere fretta. Anche di non avvicinarci troppo ai geyser, che possono ingrandirsi all’improvviso. I getti di vapore sono molto caldi, e parecchi turisti si sono ustionati, in passato. Il tour prevede anche un bagno in una piscina naturale, ma noi non abbiamo l’asciugamano e quindi guardiamo solamente. Sulla via del ritorno dai geyser, apprezzando il paesaggio, avvistiamo delle vigogne (vicuña) specie in estinzione. Terminiamo il tour passando per Machuca, altro villaggio indio, a 4015 m di altezza dove incontriamo i lama. Tornati a San Pedro, non ci facciamo pregare e ?scappiamo? (letteralmente!) verso la costa (e ancora tanti altarini). Arriviamo a Tocopilla, dove troviamo un albergo (anche se la vista dalla camera e’ inquietante) ed un buon ristorante. San Pedro può essere un vero paradiso ma anche il peggiore degli inferni: il nostro consiglio e’ di venirci dopo aver prenotato e ricevuto conferma scritta. Per almeno 3 notti, se si vuole vedere tutto (noi non abbiamo visto la valle della Luna). 13 novembre, Iquique. Ci svegliamo con calma e ripartiamo dopo una buona colazione. La strada (recentemente asfaltata, costeggia il mare, e in parallelo la cordillera a volte molto vicina, a volte più distante crea paesaggi suggestivi. In questi 250 km si può apprezzare solo la natura selvaggia, con spiagge sabbiose e montagne spoglie, pochi villaggi di pescatori e qualche miniera. Così poco prima delle 14, valicato una collinona siamo ad Iquique, che e’ una grande città (almeno per i canoni cileni) con una bella baia e lunghe spiagge. Anche qui le case sono state costruite senza alcuna logica, e grattacieli e palazzoni si alternano a belle case coloniali. Dopo aver girovagato alla ricerca dell’albergo ?consigliatissimo? dalla LP (la nostra e’ comunque l’edizione vecchia), per la cronaca e’ il Chucumata, decidiamo per l’Hosteria Cavancha, dato che l’edificio del Chucumata e’ abbandonato. Sarebbe di lusso, l’Hosteria Cavancha, ma come abbiamo imparato, la parola ?lusso? e’ relativa, qui in Cile. Siamo sulla spiaggia, la camera e’ discreta (cara, però), e il bagno (al solito) ben al di sotto delle aspettative. Decidiamo di andare a vedere il ?famoso? El Gigante de Atacama, una scultura rupestre sul fianco di una collina a ca. 100 km da qui. Risaliamo la collina su cui Iquique degrada e passata Humberstone, una città mineraria fantasma, e Huara prendiamo la deviazione per il gigante. Alla nostra sinistra, dopo ca. 20 km dovremmo trovare la collina. Peccato però (senza che nessuno abbia pensato ad un cartello) che stiano rifacendo la strada, e la deviazione (di almeno 20 km) che consente di lavorare al manto senza salti di corsia sia a destra, impedendo di fatto la passibilità di andare a vedere El Gigante. Così dopo un bel po’ di km chiedendo informazioni ad un pulmino impariamo che e’ impossibile andare a vedere El Gigante. Con un certo disappunto torniamo indietro e preferiamo affidarci a ben più materiali visite: la spiaggia, il mare ed una bella scorpacciata di sole. Per una decina di volte cercherò di fare il bagno, cosa che molti locali fanno tranquillamente, ma proprio non ci riesco, l’acqua e’ ca. 17° gradi, ed e’ veramente fredda. 14 novembre, Iquique. Ecco perché noi viaggiamo in questo modo. Non avevamo pensato di restare qui, ne’ tantomeno di arrivare ad Arica. Improvvisando, infatti, e sapendo che fra una settimana dovremo imbarcarci da Puerto Montt (2869 km da qui!!!) la mattina conformiamo la camera per un’altra notte, e in giornata andare a fare un giro ad Arica, ritornando con calma, stasera.

Così dopo un rabbocco ad Iquique (evitate la Esso ad inizio paese, tende a fregarvi, via addebita di più sulla carta di credito, mentre la ?socia? azzera la pompa) e 315 chilometri di buona strada (ma senza distributori e con unico punto di sosta, Cuya, dove i controlli dei Carabineros sulla frutta sono rigidi), e sempre con una paesaggio da favola (oltretutto protetti dalle Presecias Tutelares) arriviamo ad Arica intorno a mezzo giorno. Arica e’ vivacissima, pieno di giovani, bancarelle e negozi, come tutti i punti di frontiera. Eppoi piante (palme) e di verde, insomma un’oasi. Cosiderato, poi , che pioveranno si e no 4 giorni l’anno. Così, dopo un bel giro a piedi per la città (ammirando la Plaza Colon e il Morro de Arica) ritorniamo a Iquique, non prima di aver ammirato una scultura ?desertica?. Così visitiamo Iquique per bene, ammirando il centro, con i bellissimi palazzi coloniali ora in ristrutturazione, e una periferia, povera, semplice, ma non disperata. Ottima la cena a base di pesce al Don Rodrigo.

15 novembre Antofagasta. Ieri abbiamo portato il lavanderia la roba sporca e con poca spesa (600 peso, meno di 1 euro) ci hanno lavato e stirato a mano 8 chili di roba. Lo segnaliamo volentieri, e’ il Lavaràpido di Opisbo Labbe’, perché ha fatto un ottimo lavoro. Decidiamo di tornare a far la litoranea, perdendoci i geroglifici di Pintados, ma preferisco rimanere sul mare piuttosto che farmi parecchi chilometri in più e ancora tanto deserto. Comunque anche sulla litoranea ci sono cose interessanti, come la città fantasma di Cobija ed il monolito del Tropico del Capricorno.

Arriviamo ad Antofagasta, che come tutte le città costiere e’ -comunque- abbarbicata alla collina che la ?difende?, oltre che lunghissima e sfilata sulla costa. Abbiamo voglia di ?trattarci bene?, e puntiamo al miglior hotel, l’Antofagasta, che fa parte della catena Panamericana, affacciato al porto. Il quale impedisce per un gran tratto la vista del mare, anche se qui non sono stati rari i tsunami, quindi anche dove potrebbe essere libero ci sono le barriere protettive. Dopo esserci riposati ne approfittiamo per una visita alla ?Portada?, una formazione rocciosa creata dal mare e dal vento, ed un giretto nella piazza principale, plaza Colon, con una copia in piccolo molto in piccolo e assai meno somigliante del Big Ben londinese e una bella chiesa di San Jose’. La cena al Portillo, stavolta (dopo 7 giorni), necessito di carne, quindi pasteggiamo con un’ottima T-Bone, tipica bisteccona alla griglia e uno spiedino gigante. E -ovviamente- vino cileno rosso, Carmenere, stavolta. 16 novembre, Copiapò. Cominciano i ?tapponi?, ovvero chilometri su chilometri per arrivare a Puerto Montt (agevolmente, comunque) il 22, uno dei pochi appuntamenti fissi del nostro viaggio. Quindi salvo punti altamente spettacolari, quali la ?Mano nel deserto?, o viste mozzafiato, non c’e molto. Ritroviamo il rifornimento ?fantasma? di Agua Verde (che non prende le carte di credito) e tornati sul mare a Chañaral costeggiamo il mare per un po’, poi di nuovo l’interno fino a Copiapò. Purtroppo e’ l’unica strada, e per non annoiarsi conviene fare città differenti in andata rispetto al ritorno. Copiapo’ e’ abbastanza ostica da girare (soprattutto e’ difficile da trovare la via d’ingresso in città dalla 1 Norte), e per trovare questo hotel splendido, La Casona, dobbiamo girare un bel po’. Dopo aver preso la camera, ed ammirato la bellezza di questa casa coloniale adibita ad hotel, con patio fiorito, facciamo un giretto a piedi in centro, e nonostante sia domenica i grandi magazzini e i supermercati sono aperti. La cena, in hotel, e’ semplice ma molto gustosa.

17 novembre, La Serena. Prosegue il viaggio a ritroso, e ritorniamo a La Serena, stavolta ci fermiamo in un altro hotel, nei pressi del faro, LA Serena Plaza, che offre internet in una saletta tranquilla, ed ovviamente gratis. La giornata e’ ventosa e ci limitiamo ad una lunga passeggiata pomeridiana sulla spiaggia e ad una corsetta in serata, prima di un altra ottima cena, ovviamente a base di pesce, cheviche e mariscos.

18 novembre Viña del Mar. Dopo altri 350 chilometri noiosi di autostrada (a pagamento) ritorniamo a Viña del Mar che ci appare meno caotica e più definita, e dopo aver preso alloggio sul mare al vecchio (in rifacimento) hotel San Martin, andiamo direttamente in spiaggia, passando tutto il pomeriggio al sole. Naturalmente tenterò ancora di fare il bagno ma l’acqua e’ troppo fredda (qui e’ sui 15°). Decidiamo dopo lunghe discussioni di cenare in un locale (troppo) turistico, il Delicia del Mar, a pochi passi dall’hotel, e ad una conto salatissimo corrisponde una bassissima qualità del cibo, con una paella riscaldata e gamberi anonimi. Buone solo le ostriche. 19 novembre, Talca. Siamo all’ Hotel Terrabella, il più lussuoso della città. E lussuosa e’ anche la suite con salottino, 2 tv e idromassaggio. Il prezzo e’ -invece- ottimo, 45.000 pesos, ca. 65 euro. Fa molto caldo, e dopo una bella passeggiata in centro ci crogioliamo al sole in piscina, e poi in tarda serata scegliamo il ristorante Ruben Tapia, ottimo.

21 novembre, Puerto Montt. Ieri ci siamo fermati a Temuco, al NUOVO Hotel La Frontera, (precisiamo il “nuovo”). Siamo entrati nella regione dell’ Araucania, zona di Mapuche, la più importante etnia indios rimasta. Ed e’ anche la zona dei laghi, verdissima e molto “mediterranea” alla vista. Sono anche cominciate le piogge (neve sui monti, tanto che hanno chiuso i principali valichi per l’Argentina), dopo tanto sole e aridità. Siamo dunque arrivati a Puerto Montt, dove, da domani ci imbarcheremo per cinque giorni per la crociera alla Laguna de San Rafael. Abbiamo trovato un bel hotel, il Viento Sur, posto in posizione elevata, ed infatti si domina tutta la città. Deliziose le stanze, in stile tedesco. Così dopo una rapida rinfrescata ne abbiamo approfittato per visitare i dintorni, Puerto Varas, sul lago Llanquihue,punto di partenza per una escursione a San Carlos de Bariloche, in Argentina, (mista, aliscafo-autobus). Ritornati a Puerto Montt (che non e’ facile da girare in auto) siamo andati al punto di imbarco Navimag per ritirare i biglietti della crociera (prenotata via internet) e per vedere la caratteristica “Feria Artesanal”, sull’ avenida Angelmo, che finisce nel mercato pesquero (del pesce). La “feria” e’ molto turistica (e gli oggetti sono poco artigianali e molto industriali), il mercato, invece e’ molto vero, e continuamente arrivano barche piene di pesce, che subito viene “lavorato”. Fanno impressone i salmoni, enormi. I cani randagi (ne troverete ovunque, purtroppo) fanno capolini con i gatti per contendersi scarti di pesce. Qui si possono ammirare anche le “collane” di cozze seccate. 22 novembre, in navigazione. Dopo una nottataccia a risolvere i sospesi (dove lasceremo l’auto cinque giorni? Perché il cellulare fa -di nuovo- le bizze? Cosa ci portiamo in barca?), alle 7 e mezzo siamo gia’ in piedi. Il cellulare non funziona, e vabbe’ pazienza. L’auto la lasceremo all’ Eurorent poche centinaia di metri da qui, in valigia poche cose e i problemi sono risolti. Così accompagnati dal meccanico del rent-a-car siamo all’ imbarco a mezzogiorno (ora richiesta le 16.00). Mano a mano che arrivano i nostri compagni di viaggio i dubbi mi si accavallano… Come sarà la cabina? Sarà vero che e’ una cabina con 4 letti ma che occuperemo solo noi? E la nave? Ed il cibo che ci daranno? (3 pasti garantiti ogni giorno…) Dopo la presentazione della crociera da parte del comandante (anche lui non mette certo sicurezza con i suoi 150 chili) ci imbarchiamo sulla nave, la “Puerto Eden”, che, come veniamo a sapere, farà anche servizio merci fra qui e Puerto Aisen, ciò per offrire un prezzo molto buono ed un alta qualità di servizio. I dubbi svaniscono in fretta: la nave e’ molto pulita, la cabina perfettamente arredata (bagno in cabina) e ambiente gioviale e cortese. Alla fine partiamo, e ben presto il ponte si anima di naviganti. In serata, poi, Maximiliano Ramos da gran pigmalione, organizza canti e feste. E non ci si annoia di certo! Peccato per noi che volevamo dormire…

24 novembre, Laguna de San Rafael. La prima notte (tra il 22 ed il 23) la nave ha ballato parecchio, e con la fiesta terminata oltre le 2 abbiamo riposato poco. Nel primo pomeriggio siamo arrivati a Puerto Chacabuco, dove siamo sbarcati e per la modica cifra di 2500 pesos (meno di 4 euro) ci hanno portato ad ammirare Puerto Aisen, tipico villaggio isolato dal resto del Cile (la strada e’ impraticabile per molti mesi l’anno, e comunque sterrata ed instabile), dove l’ordine la pulizia regnano sovrani. Così abbiamo capito l’importanza della nostra nave, che porta merci in queste lande altrimenti irraggiungibili.

Alle 20 ci rimbarcano, e seguendo lo schema dei turni ceniamo per ultimi, stavolta. Le cabine sono divise in 3 centinaia: quelle con il numero 100 sono le migliori, con 4 letti ma con bagno in camera (come la nostra) o privato sul piano e sul ponte superiore. Quelle con il numero 200 sono cabine senza bagno (con 4 letti) al ponte di mezzo, infine quelle con il numero 300 sono solo letti, in un’ unica camerata, a livello basso. Quasi sempre siamo la nostra centinaia e’ la prima a pasteggiare. Ho conosciuto una coppia di americani (nostri coetanei) ed una coppia di pensionati canadesi, con cui, finita la cena, mi sono fermato a giocare a carte.

Stamattina (24) siamo stati svegliati alle 7 dal vocione di Maximiliano che ci ha informato che stavamo entrando nella laguna. Dopo la solita, abbondante colazione (ottimi tutti i pasti durante la crociera) in fretta siamo saliti sul ponte, per ammirare questa meraviglia della natura. Fa molto freddo (del resto siamo fra i ghiacci) e piove, ma l’attesa e’ grande. Ecco che i primi iceberg fanno capolino, così come l’inno cileno, cantato a gran voce dalla maggior parte dei passeggeri. Si, perché la crociera non e’ un’attrazione turistica per stranieri, ma tipicamente una vacanza cilena. I tour operators preferiscono portare i turisti al Torres del Paine, molto più a sud. Ma là non ci sono i ghiacciai….

In questo turno ci sono -tuttavia- molti stranieri, noi, un altro italiano di Ivrea, inglesi, americani, canadesi, e quattro ragazze francesi e diverse coppie di tedeschi, e l’equipaggio e’ molto meravigliato di ciò, oltre che impreparato, dato che le istruzioni sono date in spagnolo e malamente tradotte in inglese. Ma ecco che il ghiacciaio si presenta davanti a noi nella sua maestosità… Pur essendo in regressione (più di un chilometro negli ultimi 3 anni ed oltre 5 in un secolo) e’ molto imponente. Come per i pasti anche per avvicinarci con le lance siamo divisi per numeri, e (per fortuna) a noi tocca il primo turno. Così indossati giubbotti di salvataggio alle 10 e 30 siamo sulle lance in avvicinamento al ghiacciaio. Il ghiaccio e’ molto fitto e di un azzurro incredibile, e spesso dobbiamo aprirci varchi di prua, spingendo a forza il ghiaccio… Piove forte ed e’ ancora più freddo, il mio giubbotto, tuttavia tiene… Quando stiamo per congelare ecco che il nostro accompagnatore stappa il whisky, e passandoci il bicchiere che rimarrà nostro, ci invita a gustarlo con il ghiaccio perenne. Ha anche il succo di arancia, ma non e’ certo la stessa cosa! Siamo tre barche, in questo turno, ed ora ci siamo avvicinati molto al ghiacciaio, e i nostri timonieri si affrettano a legarci assieme: ben presto capiremo. I pezzi di ghiaccio, enormi cominciano a staccarsi dal ghiacciaio formando onde discrete, e così legate le barche rischiamo meno di capovolgersi. Sconvolge il rumore dell’ impatto con l’acqua, e subito il silenzio che ritorna. Dopo una bella doccia gelata sotto una cascata ritorniamo intirizziti e tremanti sulla nave (rimasta alla fonda poco distante), e solo dopo una lunga doccia calda riprendiamo temperatura. Ora, vivendo a stretto contatto con dei cileni, impariamo a conoscerli meglio. Decisamente fra loro sono caciaroni e simpatici, ogni occasione e’ buona per una battuta, un lazzo. Con gli stranieri, salvo eccezioni obbligate (tipo la cabina condivisa con dei tedeschi) preferiscono una rispettosa ammirazione, forse per timidezza ma più probabilmente perché non conoscono lingue straniere.

25 novembre, in navigazione. (Sempre il 24) Grande festa a bordo, ieri sera. La voglia di festa, di divertimento e’ inesauribile. E Maximiliano non si fa pregare… Ma stavolta e’ tutto preparato. La “competenzia” (la competizione) avverrà fra due squadre (alleanze): la Roja (rossa) e la Azul (azzurra). Anche noi stranieri siamo coinvolti, ed equamente divisi. Noi siamo nella Roja, e dovremo cantare “LA BLANCA, LA FLACA, LA COJA, SOMOS L’ALEANZA ROJA!”. Alla fine anche i canadesi canteranno a squarciagola. Poi la competentia, la gara, vera e propria. Davanti ad un folto pubblico (più o meno tutti i passeggeri) ed una giuria severa ogni squadra presentava i propri campioni in ballo, abilità e bellezza. Alla fine risulterà vincente la squadra Azul (capitanata da “El Mismo”, lo stesso, perche’ praticamente hanno fatto loro tutte le prove), ma anche per i perdenti applausi. Ed i nostri amici canadesi vincenti nella manche dei palloncini. Stamattina (25), invece, sveglia alle 6 per prepararci al secondo tour, quello che ci permetterà di conoscere Coihaique, cittadina ben più immersa nella cordillera cilena. Splendidi gli esemplari di Araucano, l’albero locale simile al nostro pino. Ritorniamo alla nave per l’ora di pranzo, dove c’e’ stato il carico di merci ora destinato a Puerto Montt (pecore e mucche) e qualche passeggero in meno, come i nostri amici Kevin e Sharon, che faranno un giro piu’ lungo nei dintorni. 26 novembre, Castro. Ancora una serata in festa, quella di ieri, stavolta con il bingo… Ma il mare e’ mosso, noi siamo sballottati in cabina, loro (i cileni), esultano ad ogni onda…Stamattina abbiamo preparato i bagagli, e prima dello sbarco ci preparano pure il pranzo. Raggiunta in taxi la Econorent che ci ha custodito l’auto, siamo di nuovo motorizzati: in fretta raggiungiamo il traghetto per Chacao, nell’isola di Chiloe, che dista da Puerto Montt una sessantina di chilometri. Ci imbarchiamo ed in mezzora siamo sull’isola. Quest’isola e’ famosa per il clima (infatti dopo giorni di pioggia ritroviamo il sole), relativamente mite, e perché buen retiro di molti scrittori, da Neruda alla Serrano. Purtroppo i lavori in corso (venti chilometri di sterrato a senso unico alternato!!!) ci rovina i piani, e solo in serata siamo a Castro. L’hotel scelto e’ pieno, ma ci indicano l’hostal di fronte, e noi ringraziamo, perché e’ molto carino e con una bella vista. Quest’ isola e’ famosa anche per una decina di chiese in legno protette dall’ UNESCO come patrimonio dell’ umanità e nel nostro giretto per il centro di Castro ne visitiamo una. Poi prendiamo l’auto e andiamo alla ricerca del mercatino artigianale, nella zona del porto, e del ristorante, che però e’ nei dintorni dell’ hotel, Sancho. 27 novembre, Ancud. Abbiamo passato tutta la giornata a visitare l’isola, dapprima le palafitte di Castro, tuttora case di pescatori, poi ci siamo spinti a Quellón, punta meridionale, che offre un bel museo di antichi macchinari contadini, poi siamo ritornati verso nord, fino ad Ancud, dove abbiamo soggiornato all’hotel Ancud della catena Panamericana (pessimo il servizio alla colazione) e mangiato vicino al porto, a Kuranton, il vero piatto locale, il Curanto. E’ un piatto ricco, con maiale affumicato a fette, salsicciotto di maiale, cozze e grosse vongole in quantità, patate, focaccia di mais e purea di orzo. Insomma un po’ complicato da digerire ma molto gustoso. 28 novembre, Valdivia. Ripassati sul continente abbiamo preso la 5 Sur in direzione nord. Dopo una breve sosta nella ridente (ed ordinatissima) cittadina di Frutillar (sul lago LLanquihue) che sorge di fronte al vulcano Osorno. Siamo quindi arrivati (ca. 200 chilometri) a Valdivia, splendida cittadina sul fiume Calle Calle, sede di una grossa università. E difatti e’ nella zona universitaria il nostro hotel, l’Isla Teja, immerso nel verde (faremo anche un salutare jogging). Valdivia e’ molto vitale, sarà anche perché siamo sotto natale, ma c’e’ moltissima gente per strada ed il clima e’ euforico. Ceniamo al Camino de Luna, un ristorante galleggiante, molto carino. 29 novembre, Salto del Laja (Cascate del Laja). Siamo distesi nella suite che si affaccia sulle cascate. E’ proprio un bello spettacolo. Ci siamo arrivati per caso. Dopo essere partiti da Valdivia, stamani, non avevamo idea di dove fermarci. Infatti, dopo una splendida deviazione per Villaricca sull’omonimo lago su cui si affaccia l’omonimo vulcano, e Pucón (molto più simile ad un centro sciistico austriaco) immersi fra boschi immacolati, con (finalmente!) case e hotel in armonia con la natura, superate Temuco e Los Angeles decidiamo di fare la sosta alle cascate. Poi quando abbiamo visto questa camera abbiamo deciso di fermarci. Il posto si chiama Hotel y Hosteria Salto del Laja, ed anche il ristorante e’ gustoso nei piatti ed onesto nei prezzi. A parte qualche Cabañas (bungalows) e un paio di altri hotel e ristoranti la zona e’ completamente immersa nel verde, e molto bella. 30 novembre, Santiago. Siamo gia’ qua, a 400 chilometri da Santiago, e non abbiamo idea (a parte un paio di giorni a Santiago) di cosa fare… Ci sono tante mete, in verità, ma nessuna che veramente ci attiri. Visitiamo Curico, la cui plaza (de Armas, ovviamente) secondo la LP e’ una delle più belle del Cile (vero), eppoi di nuovo in auto, pedaggio dopo pedaggio, in un Pronto Copec, oltre che fare benzina ci gustiamo un hot dog, che e’ da quando siamo arrivati che lo desideriamo…

Ma alle 16 siamo alla periferia sud di Santiago. Decidiamo di attraversarla e di andare in montagna, a Farellones, la Cortina di Santiago. Santiago e’ in ristrutturazione e più volte, nonostante ci sia un’autostrada che l’attraversa da sud a nord rischiamo di perderci: infatti per i lavori di allargamento i cartelli sono stati tolti e solo con il GPS riusciamo a non perderci. Non sarebbe un grosso problema, infatti Santiago non e’ come le altre città sudamericane, la periferia non sono così degradata, ma e’ comunque fastidioso perdersi in una grande città… Più per caso che per altro comunque troviamo la strada giusta e cominciamo a salire dolcemente. Il “Camino de Montaña” diventa da incubo, trentanove tornanti stretti (e innumerevoli altre curve) e senza protezione (per fortuna non e’ stagione…) ci portano in due ore in un paesaggio da favola in mezzo ai monti. Siamo a Farellones, e vorremmo fermarci ma il prezzo esorbitante richiestoci dal primo albergo (gli altri erano molto nascosti) ci fanno recedere dal proposito e così dopo un breve giro torniamo a Santiago. Infatti avevo adocchiato un motel poco prima di imboccare la strada di montagna, ed infatti ci fermeremo qui. Anche se lontanissimi dal centro. Purtroppo il ristorante e’ pessimo, e mangiamo veramente male.

2 dicembre Viña del Mar. Contrariamente ai nostri canoni, stavolta abbiamo abbandonato la meta finale per rifugiarci al mare… Ieri, 1 dicembre, abbiamo passato una giornata stupenda nel centro di Santiago, vedendo molti negozi e monumenti che finora avevamo visto e conosciuto solo in tv. A parte l’approccio con il traffico, Santiago e’ una bellissima città, molto più tranquilla e assai meno pericolosa di altre. L’avenida O’Higgins ha cinque corsie per parte, ma le 3 a destra sono riservate e divise da spartitraffico ai mezzi pubblici e al centro ci sono dei giardini. Impossibile posteggiare, dunque, se non in una laterale. Ma per svoltare bisogna immettersi nelle corsie riservate, centrando l’apertura dello spartitraffico e girare quasi immediatamente in una laterale. Difficile da raccontare ed ancora più complicato da mettere in pratica, anche per la carenza cronica di parcheggi. Comunque troviamo un parcheggiatore abusivo che ci fa posteggiare in parcheggi riservati agli insegnanti di una scuola e speriamo bene…

Così a piedi, finalmente possiamo andare a vedere i luoghi storici di Santiago, la Moneda, e gli altri famosi edifici teatro del golpe del 1973, e la zona commerciale, pedonale, a pochi metri. Fa molto caldo, ma siamo molto eccitati, e nonostante la stanchezza gireremo molto (e a piedi), anche visitando le classiche “ferie artesanales”. Dopo aver confermato il volo di ritorno all’ ufficio Lufthansa, tenteremo di andare sull’isola di Pasqua, ma purtroppo non ci sono posti. E neanche nel lussuoso hotel di Viña del Mar, l’hotel del Mar, e così dovremo trovare un’altra soluzione. Oggi, invece (2 dicembre) siamo partiti verso il mare, ma prima passeremo in aeroporto per prendere accordi con il rent-a-car per la restituzione, e per trovare un hotel nei paraggi dove spendere l’ultima notte, dato che il volo e’ alle 7 del mattino. La signorina dell’ Econorent molto gentilmente ci prenota la stanza, e molto più tranquilli ci dirigiamo a Viña del Mar. Sulla 5 norte ci sono una serie di graziosi alberghi, e noi ne troviamo uno a 41 dollari. Abbiamo fatto un gran bel giro in centro (che non avevamo ancora visto) e poi siamo andati alla spiaggia. Stasera abbiamo cenato a base di carne (ottima) dal Gancho, ristorante argentino, Il 3, invece, abbiamo seguito le indicazioni della LP e siamo andati a Concon, in uno dei ristoranti che costeggiano il mare… Ottimi e abbastanza economici., Il 4 di nuovo a Viña e sulla San Martin, il lungomare, alla Parilla, carne ottima anche qui. Non prima di aver fatto una salutare corsetta di un’ora. 5 dicembre, aeroporto di Santiago. Dopo tre stupendi giorni di sole, siamo pronti per ritornare al freddo e buio dell’inverno italiano. Questo hotel, il San Pedro de Almago, e’ nuovissimo, offre internet gratis, e piscina. Il ristorante (per fortuna) e’ eccellente, in parte a buffet e con una scelta di un piatto caldo su tre. E la sala della colazione e’ aperta dalle 4 del mattino.



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