Faccia da bronzo, corpo da colosso: sul lago Maggiore c’è la più grande statua d’Italia, 35 metri dedicati al “supereroe” della Chiesa
Digiunava, e, se proprio decideva di mangiare, non superava un pasto giornaliero; eppure, era alto più di un metro e ottanta, contraddistinto da una corporatura robusta, e sorretto da un tono possente e vigoroso. Una condizione fisica da fare invidia ai migliori vichinghi, con i quali, però, il cardinale Carlo Borromeo non aveva nulla a che spartire. La figura del “Sancarlone” – questo il nome del colosso a lui dedicato, e che, dal 1698, torreggia sulla vetta del Monte Arona – si intreccia con uno dei periodi più turbolenti della Chiesa, e, in generale, dell’Occidente europeo: il Concilio di Trento.
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In nemmeno cinquant’anni di vita, il Borromeo assiste a un mondo che cambia – da poco entrato nell’Età moderna, inaugurata dalla Scoperta dell’America –, attraversa la grande peste milanese del 1576-1577, e si rende protagonista del moto di riforma più grande e risonante che l’Europa ricordi.
Insomma, una vita vissuta sulla cresta dell’onda, sempre e comunque da attore principale e mai da figurante, coadiuvata da una tempra e un carattere invidiabili; questi, forse, gli attributi che hanno permesso al Sancarlone di far parlare di sé già da quando era in vita, così come di uscire illeso dagli svariati attentati inferti alla sua persona.
Una storia affascinante, che potrebbe tuttavia non bastare a giustificare l’erezione di un colosso di 35 metri in suo onore; andiamo allora a dare un’occhiata un po’ più da vicino.
Agli sgoccioli del Concilio di Trento: il ruolo di Borromeo
Il ruolo di Carlo Borromeo nella chiesa cattolica è tale che anche nella capitale austriaca Vienna gli è dedicata una chiesa, la barocca Karlskirche
Una memoria scolastica come un’altra – alla stregua dell’Infinito di Leopardi o della Presa della Bastiglia –, il Concilio di Trento resta, almeno a livello nominale, nei ricordi dei tanti studenti che, a un certo punto, fra i banchi liceali, si sono imbattuti nel capitolo di storia dedicato a Martin Lutero e al protestantesimo.
Le porte del Concilio, che, già dal 1547, vola da Trento a Bologna, si aprono ufficialmente nel dicembre del 1545, con degli intenti chiari e precisi: contrastare il movimento anticattolico e antiromano – ricordate, le famose 95 tesi affisse alla cattedrale di Wittenberg? – propugnato e portato avanti da Martin Lutero, padre del luteranesimo, e, più in generale, del protestantesimo.
Le idee principali del teologo tedesco? Indubbiamente più dure, rivoluzionarie e accattivanti di tutte quelle nate, qualche secolo prima, in seno ai vari ordini mendicanti.
Per Lutero, a grandi linee: la salvezza è un dono di Dio, dunque, l’intercessione della Chiesa non serve a un bel niente; l’uomo riceve la salvezza “per sola fede”; la vendita delle indulgenze, in parole povere, quella condizione in cui la Chiesa garantisce l’annullamento dei peccati dietro pagamento di un’”offerta” in denaro, è uno scandalo da contrastare e abolire.
Come si posiziona il Sancarlone in questa situazione così burrascosa? Fu davvero così determinate, a tal punto da dedicargli una statua? Sì, beh, le carte in regola ci sono tutte.
Il centro storico di Arona, la “città di San Carlo”
Se è vero che, come detto, la figura del Borromeo intervenne solo agli sgoccioli del Concilio – nel 1545, infatti, aveva appena 7 anni – è vero anche che il suo apporto fu davvero notevole; non solo, infatti, in netto contrasto con le tesi luterane, egli fece il punto sull’importanza della messa come massima espressione del sacrificio di Cristo, ma, soprattutto, diede vita e rese operative delle scuole di formazione per sacerdoti e presbiteri, i famosi seminari.
A tutto ciò dobbiamo aggiungere un dato fondamentale: il Concilio di Trento, archiviato nel 1563, fu riaperto l’anno successivo proprio dal Borromeo, che, quindi, ebbe modo di confermare le decisioni e i provvedimenti a favore della Chiesa di Roma.
Un vero e proprio “campione della fede” dunque, uno dei protagonisti e dei guerrieri della Controriforma, la reazione che significò il tutto per tutto del cattolicesimo contro Lutero e il sorgere di quella che, nei secoli successivi, sarebbe diventata una delle più celebri e praticate declinazioni del cristianesimo: il protestantesimo.
Il Colosso sul Monte Arona: ecco il celebre “Sancarlone”
Insomma, ora vi sarete convinti; il Borromeo se l’è proprio meritato un colosso da fare invidia a quello di Rodi. E poi c’è la ciliegina sulla torta, che giustifica anche i 35 metri.
Non penserete infatti che, per diventare un modello della Controriforma cattolica, il Sancarlone non si sia fatto più di qualche nemico; questa, in soldoni, la motivazione che, nel corso degli anni – soprattutto quelli successivi al Concilio –, lo espose a svariati attentati alla sua persona: preso a bastonate dall’Ordine dei frati minori; minacciato con spade e offeso dai chierici delle chiese milanesi; raggiunto alla schiena da un colpo di archibugio, l’antenato del moderno fucile. Eppure, niente, lui sempre in piedi, più forte, temprato ed energico di prima.
Fu proprio una beffa del destino – un po’ come capitò al celebre condottiero Pirro, ucciso da un sasso lanciato da un’anziana signora –, a mettere ko il Borromeo; niente di più che una febbre. Possiamo concludere dicendo che, in quanto “uomo di ferro” in vita, si vedeva necessario dedicargli un colosso che fosse quantomeno in rame!
Basterà salire sulla vetta del Sacro Monte ad Arona, in terra piemontese e terra natale del nostro protagonista, per ammirare questa maestosa statua, tuttavia, c’è da dire, nonostante la grandezza, dotata di un’eleganza una plasticità non indifferenti.
L’autore è Giovanni Battista Crespi, e il colosso è lì dal 1698; pensate, un caso abbastanza sui generis e che la dice lunga: Carlo Borromeo fu dichiarato santo neanche trent’anni dopo la sua morte.