Se non siete mai stati in Valle d’Aosta, queste 8 meraviglie ve ne faranno innamorare

Dal Forte di Bard al Monte Bianco alla scoperta di 8 splendidi luoghi della Valle d'Aosta
se non siete mai stati in valle d'aosta, queste 8 meraviglie ve ne faranno innamorare
Partenza il: 07/06/2017
Ritorno il: 10/06/2017
Viaggiatori: 3
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Dal Forte di Bard al Monte Bianco, i luoghi splendidi pullulano in Valle d’Aosta, ma in questa breve vacanza estiva col nostro piccolo Leonardo ne abbiamo scelti e visitati otto. Come ho già accennato nell’introduzione la Valle d’Aosta è ricca di meraviglie. Sono talmente tante che scoprirle tutte in quattro giorni è davvero impossibile, così noi ne abbiamo scelte otto, forse le principali, ma di certo non le sole. Le altre, a malincuore, le rimandiamo alla prossima visita che speriamo non tarderà ad arrivare.

Forte di Bard, la “porta d’accesso” alla Valle d’Aosta

forte di bard

È d’obbligo iniziare con il Forte di Bard, portale di accesso a questa splendida regione alpina nonché prima attrazione del viaggio. Il panorama migliore sul suo eccezionale complesso si ha provenendo da Aosta, quindi vi consiglio di uscire dall’autostrada e di percorrere la strada statale fin dopo la rupe su cui è aggrappato. In tal modo potrete accostare comodamente l’automobile e ammirare il forte nella sua possente interezza.

La rocca ha origini antiche per via della sua posizione strategica. Nel XIII secolo passò sotto il controllo della famiglia sabauda e nella sua lunghissima storia l’episodio di maggiore importanza è di certo l’assedio del 1800 quando le truppe di Napoleone avanzarono sino a Bard scontrandosi contro l’esercito austro-piemontesi. La resistenza durò 14 giorni dopo i quali fu firmata la resa. Demolito da Napoleone, il forte nel 1830 fu riedificato da Carlo Felice di Savoia ma il declino di Bard era ormai segnato. Dopo poco tempo fu degradato a prigione e poi a deposito di munizioni. Ciò che ammiriamo oggi è il frutto di un recente e accurato restauro.

Il forte si sviluppa lungo il fianco ripido di uno spuntone di roccia collocato nel mezzo della stretta vallata, nel punto iniziale della Valle d’Aosta e dove questa si stringe a imbuto. I diversi livelli sono collegati fra loro da ascensori panoramici all’avanguardia, una sorta di cabine di vetro scorrevoli su rotaie che permettono al visitatore di ammirare il paesaggio sottostante durante la salita. Noi abbiamo scelto di raggiungere la cima senza fatica e poi di scendere a piedi pian piano lungo il percorso panoramico per godere della vista sul forte e i suoi dintorni.

Bard è composto da vari livelli. L’Opera Carlo Alberto è la porzione più ampia e occupa la sommità della rupe. Si sviluppa intorno alla grande piazza d’armi circondata da un porticato e ospita il Museo delle Alpi e le prigioni. Più in basso s’incontra l’Opera Vittorio, a seguire l’Opera Mortai e infine l’Opera Ferdinando con il museo delle Fortificazioni e delle Frontiere. Ci sarebbe voluta una giornata intera per visitare tutto con l’attenzione che merita ma non avendo molto tempo a disposizione abbiamo optato per l’ultima attrazione citata. Il museo è suddiviso in tre sezioni e illustra la storia delle fortificazioni delle Alpi Occidentali e delle frontiere. Cosa ci è piaciuto? I plastici bianchi delle tante fortezze disseminate nella Valle d’Aosta, gli spezzoni di importanti film di guerra, i veri cannoni, i soldatini utilizzati per rappresentare celebri battaglie e la riproduzione di soldati in dimensioni normali e talmente accurate da sembrare reali. Per tutte le informazioni utili sul Forte di Bard consultate il sito internet: www.fortedibard.it.

Conclusa la scoperta della rocca ci addentriamo nel borgo omonimo adagiato ai suoi piedi e stretto tra la rupe e la montagna. Si tratta di un piccolo gioiello ricco di storia in cui si trovano testimonianze del passaggio dell’uomo a partire dalla preistoria fino al risorgimento. Oggi è un luogo tranquillo, pulito, animato dalle botteghe e dai ristorantini, e protetto. Basti pensare che ben 25 delle sue case sono state dichiarate dei monumenti e passeggiando per l’unica via centrale se ne capisce il motivo. La cura con cui sono state mantenute è commovente, per non parlare poi delle fontane, qui divenute delle sculture in onore della preziosa acqua con tanto di targa. Vi voglio riportare le semplici parole lette su una di queste: ‘non sempre la rarità di una cosa la rende preziosa; ogni giorno della tua vita hai bisogno di me… qual è il tuo ringraziamento?’.

Castello di Fénis, il più famoso della Valle d’Aosta

castello di fenis

Proseguiamo il nostro viaggio addentrandoci sempre di più nella Valle d’Aosta e giungiamo in un paesino disposto su un altopiano prativo assolato e bordato dai boschi. Qui, sopra una bassa collinetta, si ergono le eleganti mura del Castello di Fenis, la seconda meraviglia valdostana. La cinta muraria esterna merlata, le grosse torri quadrate e le torrette cilindriche lo fanno sembrare uscito dalla malinconica fiaba della ‘Bella addormentata’, eppure Fenis è reale, magnifico e imponente.

Le origini rimangono un mistero, solo a partire dal XIII si sono trovate testimonianze dell’esistenza di un castello ma è dal 1330, anno in cui cade nelle mani della signoria di Aimone di Challant, che la sua storia decolla nei panni di residenza reale e non come fortezza dagli scopi bellici. Guardandolo infatti si apprezza la signorilità della struttura, per nulla adatta a sostenere cruenti combattimenti. Solo alcune accortezze come le caditoie e le alte mura in pietra rievocano pensieri militari, ma utilizzate soltanto nel caso di estrema difesa. E’ la lunga dinastia dei Challant ad apportare sostanziali modifiche alla struttura originale. Loro ampliarono, riallinearono i livelli interni, abbassarono l’altezza delle stanze esistenti per ricavare un nuovo piano, affrescarono. Portarono avanti tutta una serie di costosi interventi al fine di rendere il castello una residenza lussuosa e accogliente. Come la storia insegna dopo il periodo di fervore e grandezza arrivò il declino, cominciato nel XVIII secolo a seguito di anni di apatia. Fenis conobbe diversi proprietari tutti troppo oberati dai debiti per cambiarne le sorti. Venne così degradato a casa colonica finché nella seconda metà del 1800 passò allo Stato Italiano. Da qui comincia un nuovo capitolo della sua odissea caratterizzato da decenni di restauro che lo hanno trasformato nell’importante monumento medievale oggi visitabile.

Cosa ci ricordiamo della visita al castello? Di certo gli enormi camini nelle varie stanze e gli splendidi affreschi della cappella. Di alcune parti di questi ultimi sono rimaste solo le sagome disegnate perché le lamine d’oro/argento che un tempo le ricoprivano sono state rubate. Di notevole impatto visivo è pure lo splendido cortile con la scala semicircolare affrescata circondata da un loggiato in legno. Tra le figure dipinte spicca San Giorgio che salva la principessa colpendo a morte il drago. Nel vano della cisterna dove venivano raccolte le acque piovane è conservato un bel carro in legno finemente intarsiato utilizzato probabilmente durante le feste. Al castello le otto maschere apotropaiche scolpite in sasso sugli angoli alti delle torri regalano un alone di misticismo in quanto erano considerate una sorta di amuleto in grado di allontanare gli spiriti. Per saperne di più consultate il sito internet di Fenis: www.comune.fenis.ao.it/cfe/index.cfm/castello-di-fenis.html.

Ormai è sera ed è ora di raggiungere il nostro albergo Le Relais de la Grandze a Doues, un villaggio balcone sulla Valpelline a poco meno di 1200 metri di altitudine e distante circa 15 chilometri da Aosta. La struttura è semplice ma accogliente e offre la possibilità di usufruire della mezza pensione, opzione molto comoda per noi che abbiamo un bimbo di quattordici mesi al seguito.

La seconda giornata in Valle d’Aosta ci accoglie con un sole splendente in un cielo limpidissimo. Binomio perfetto per scoprire quello per cui questa regione autonoma è famosa in tutto il mondo: le montagne.

Courmayeur e il Monte Bianco, il lato esclusivo della montagna

monte bianco

Se si percorre l’autostrada, Courmayeur sembra dietro l’angolo. È l’ultima ‘roccaforte’ italiana prima del confine con la Francia ed è una mondana località turistica soprattutto durante la stagione invernale. Non ci restiamo molto, giusto il tempo di acquistare un paio di panini e gettare uno sguardo sulla via pedonale che, essendo fuori stagione, appare spoglia e solitaria. L’obiettivo è invece la vicina Val Ferret, terza meraviglia della nostra vacanza.

La vallata si sviluppa ai piedi del massiccio di sua maestà il Monte Bianco ed è attraversata da uno dei rami della Dora Baltea. Qui la natura è la vera e unica protagonista. Una stretta strada asfaltata percorre la vallata in tutta la sua considerevole lunghezza e offre degli scorci spettacolari su alcune delle più belle cime, vicine o oltre i quattromila metri, e ghiacciai del Monte Bianco. Molte sono le aree di sosta attrezzate così come i sentieri e i rifugi. Vorremmo metterci a correre lungo uno di quei tracciati ma con un figlio piccolo al seguito ci accontentiamo di passeggiare in uno dei tratti pianeggianti buttando un occhio su Leonardo e l’altro sulle vette innevate davvero spettacolari. Agli amanti del trekking consiglio di pianificare almeno un paio di giornate in val Ferret al fine di scoprire più sentieri e scorci possibili offerti da questo estremo/incredibile angolo della regione.

Funivia Skyway Monte Bianco, una delle più alte d’Europa

skyway monte bianco

E dopo una rilassante passeggiata in Val Ferret con tanto di pranzo al sacco decidiamo di vedere da vicino la famosa funivia Skyway Monte Bianco, quarta attrazione del viaggio, per lo meno la stazione di partenza in località Pontal, Courmayeur. Si tratta di un’opera di ingegneria all’avanguardia inaugurata nel 2015 e capace di condurre gli avventurieri affamati di ghiaccio e di scenari mozzafiato sino ai 3466 m s.l.m. di Punta Helbronner, nel cuore del massiccio del Monte Bianco. Dai primi tornanti della strada che conduce in Val Ferret abbiamo potuto individuare la struttura in cemento e acciaio, aggrappata alla roccia e con tre bracci protesi nel vuoto, di Punta Helbronner e ci siamo immaginati lo spettacolo visibile da lassù.

La nostra è rimasta una fantasia perché con Leonardo non potevamo certo salire fino a quella esorbitante altezza. C’è però la stazione intermedia di Pavillon a 2200 metri adatta anche ai più piccoli con tanto di ristorante, shopping area, giardino botanico Saussurea e persino una cantina. I costi non sono proprio contenuti ma è normale per usufruire di un’opera di tale portata. Noi ci siamo limitati a guardare dal basso lo spettacolo del ghiacciaio della Brenva all’imbocco della Val Veny in località Pontal. Quando saliremo sulla Skyway sarà per raggiungerne il punto più alto e non per fermarci a metà perché sarebbe come se qualcuno ci impedisse di mangiare solo una parte del nostro dolce preferito. Torneremo quando nostro figlio sarà più grande, questa è una promessa. 

Cascate di Lillaz, l’oasi bagnata della Valle d’Aosta

cascate di lillaz

Nel pomeriggio salutiamo lo spettacolo offerto dal massiccio del Monte Bianco per tuffarci nel Parco Nazionale del Gran Paradiso e più precisamente tra i rinfrescanti spruzzi delle Cascate di Lillaz, la nostra personale quinta meraviglia della valle d’Aosta. Si trovano a Cogne, o meglio nel paesello vicino di Lillaz, e per raggiungerle bisogna percorrere in auto una vallata molto profonda e suggestiva, immersa nei boschi prima e nelle pinete poi, e punteggiata di fiumi e cascatelle. Su questa attrazione c’è poco da dire se non che è davvero fresca e spumeggiante, da gustare da vicino in particolare durante le calde giornate estive quando le goccioline gelate avvolgono piacevolmente il viso e inumidiscono i vestiti. Fotografarla poi inondata dal sole con tanto di arcobaleno è proprio un incanto.

Notevole è pure il contesto naturale dove si collocano le cascate. D’altronde ci troviamo nel Parco Nazionale più antico d’Italia, costituito nel 1922 per merito della donazione di Vittorio Emanuele III di Savoia della propria area di caccia. Prati fioriti circondano le case in pietra e legno e ricoprono gli ampi fondovalli chiusi dagli alti picchi innevati: un sogno di cui abbiamo la fortuna di fare parte. Anche questa seconda giornata si conclude con l’abbondante cena al ristorante dell’albergo Le Relais de la Grandze. Poi una passeggiata per Doues e quindi a letto presto. Bisogna ricaricare le pile se si vuole continuare ad esplorare la valle d’Aosta.

La terza mattinata si sveglia con un cielo coperto e una temperatura piuttosto fresca. Condizioni ideali per scendere dalla montagna e girovagare per Aosta senza soffrire troppo il caldo.

Aosta, la “Roma delle Alpi”

aosta

La scoperta della sesta attrazione di questo viaggio, Aosta, inizia tra i locali e i negozi della pedonale via de Tillier nel centro storico cittadino che conduce all’ampio rettangolo di Piazza Emile Chanoux su cui si affaccia l’elegante edificio del municipio. Il vociare allegro delle persone anima il capoluogo e si mischia ai profumi dolci delle pasticcerie e a quello fragrante dei panifici. Proseguiamo senza fretta fino alle rovine romane buttando l’occhio nell’area museale a cielo aperto da una viuzza secondaria. Non entriamo a visitarle, preferiamo gironzolare sul selciato ammirando dall’esterno case e chiese.

Una di queste è la Collegiata di Sant’Orso le cui origini risalgono al V secolo. Raccolto e sereno è l’adiacente ambiente del chiostro romanico del XII secolo esaltato dalla bellezza dei capitelli istoriati rappresentanti, oltre alle scene religiose, racconti popolari e vicende della collegiata stessa. Accanto a essi la massiccia torre del campanile in pietra anch’essa del XII secolo è abbellita da trifore e quadrifore, mentre di fronte sorge il piccolo edificio dell’ex chiesa di San Lorenzo trasformato in aule museali. Fino a settembre ospiterà la mostra a ingresso gratuito ‘la montagna fotografata, la montagna scolpita’ con fotografie e sculture particolarmente espressive e simboliche di Gianni Masi e Dorino Ouvrier. Torniamo indietro ripercorrendo il principale percorso pedonale nel centro storico per ammirare l’ultima attrattiva del capoluogo valdostano: la Cattedrale di Santa Maria Assunta, col suo fastoso portale adornato di colonne, statue e dipinti.

Aosta ci è sembrato un centro urbano a misura d’uomo, pulito e ordinato, una sorta di piccolo scrigno in cui tutti possono trovare l’arte, la cultura e il divertimento preferiti.

Castel Savoia, il più amato dalla Regina Margherita

castel savoia

Dopo una mattinata in città decidiamo di addentrarci nella profonda vallata di Gressoney, che insieme a quella di Cogne è la più lunga della regione, per lasciarci ammaliare dalla magia di Castel Savoia, la nostra settima meraviglia.

La punta delle sue torri circolari si innalzano verso il cielo come i larici e gli abeti dietro cui si nascondono. La fortezza rivestita in pietra grigia è infatti avvolta dalla pineta e ai suoi piedi si estende un giardino roccioso ricco di specie botaniche. Percorrendo il viale ombreggiato pare di entrare in un altro mondo, una realtà incantata dove da un momento all’altro potrebbero sbucare principesse in carrozza, cavalieri sul proprio destriero e servitori frettolosi indaffarati nelle loro faccende. In effetti se fossimo venuti agli inizi del Novecento, anno in cui è stato edificato il maniero, avremmo incontrato la Regina Margherita di Savoia seduta nella veranda con la splendida vista sulla catena del Monte Rosa a sorseggiare un tè e con una cameriera al proprio fianco pronta a esaudire i suoi desideri. Fu Margherita di Savoia, moglie di Re Umberto I, a volere il castello ispirandosi per l’esterno ai modelli del Medioevo. Tuttavia all’interno preferì dotarlo di sistemi all’avanguardia per quel periodo come il riscaldamento a termosifoni, l’elettricità, i bagni confortevoli e le finestre molto grandi attraverso le quali accogliere la luce del giorno.

Appena si entra è impossibile non rimanere a bocca aperta al cospetto dello scalone in legno curvilineo autoportante su cui trovano posto aquile e grifoni intagliati. Sollevando ancora un po’ lo sguardo si è abbagliati dai dipinti dei soffitti a cassettoni che proseguono anche sulle pareti. Ricorrente è lo stemma dei Savoia, lo scudo rosso con al centro la croce bianca.

Grazie alla presenza della Regina Margherita di Savoia Gressoney si sviluppò turisticamente divenendo una delle mete preferite dai nobili. La sovrana adorava la vallata, i suoi costumi e soprattutto le sue montagne. Proprio l’amore verso queste ultime la portò a raggiungere nel 1893 la capanna Regina Margherita sulla punta Gnifetti del Monte Rosa a oltre 4500 metri di altitudine, costruita in suo onore. Fotografie dell’epoche e la particolare slitta su cui sedeva la monarca durante la salita sono visibili nel castello a testimonianza dell’impresa. L’anno successivo però la morte del barone Luigi Beck Peccoz, a cui lei era molto legata, durante una traversata verso Zermatt condizionò a tal punto la sovrana da non farle più scalare il massiccio. Preferì rimanere nel fondovalle a godere del fresco offerto dalle pinete e dalle acque terse del fiume Lys proprio come abbiamo fatto noi, assaporando le ultime ore di luce di quest’altro pomeriggio in Valle d’Aosta.

Cervinia e il Monte Cervino

cervino

Ottava e ultima meraviglia della vacanza è sua maestà il Cervino a cui dedichiamo la mattinata prima di rientrare in Valtellina. I suoi 4478 metri di altezza non sfigurano ma nemmeno strabiliano accanto alle catene montuose del calibro del Monte Rosa e del Monte Bianco con le quali è costretto ‘a convivere’. In verità è la sua forma piramidale a renderlo unico tra i giganti e celebre in tutto il mondo.

Una delle viste più suggestive sul Cervino è quella dal piccolo lago Blu, nelle cui acque limpide si specchia vanitoso con tutta la propria imponenza. Un chilometro circa più avanti la deserta località turistica di Cervinia, a 2050 metri di altezza, ci da il benvenuto. Sino alla fine di giugno impianti, alberghi, ristoranti e negozi sono quasi tutti chiusi e questo ci delude un po’. Essendo capitati di sabato, durante il fine settimana, pensavamo di salire con la funivia ai 2550 metri di altitudine di Plan Maison per godere da vicino della vista sulle vette e i ghiacciai. Peccato, lo sfrutteremo come uno dei tanti motivi per tornare.

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