Namaste Nepal!

Da Kathmandu a Pokhara, con tappa a Bandipur, visitando Bhaktapur, Pashupatinath, Patan, ed un trekking tra villaggi sperduti di quattro giorni, che doveva essere "soft"...
Scritto da: alepaschi1123
namaste nepal!
Partenza il: 01/02/2020
Ritorno il: 13/02/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Giorno 1: Il nostro viaggio inizia da Arbus, il piccolo paese in Sardegna dove viviamo, e prosegue infinitamente attraverso il primo volo per Roma da Cagliari, scalo a Doha, ed infine, dopo 19 ore di travaglio, arriviamo nel piccolo aeroporto di Kathmandu. Il nostro contatto dall’ostello è già fuori che ci attende, ed assieme a lui ci immergiamo nel caos Nepalese: ci si supera in qualsiasi situazione stradale, non importa se il semaforo è rosso o se dalla parte opposta arriva un tir: se si va più veloci di chi si sta davanti , si ha diritto di sorpasso, mi è sembrata quasi una legge non scritta ma che tutti ci tengono a rispettare. Arrivati nel nostro quartiere, Thamel, stanchi per il viaggio, giusto il tempo per una passeggiata esplorativa, ci buttiamo a letto nella nostra camera glaciale ma felici all’idea che siamo all’inizio della nostra avventura.

Giorno 2: Kathmandu la mattina ci ha dato una impressione fortissima, siamo usciti di buon ora, e ci siamo subito incantati nell’osservare il risveglio della città. Agli ingressi dei negozi bruciano un incenso, hanno un vasetto dove poggiano dei fiori, quasi tutti gli angoli delle strade sono composti da dei tempi o altari dove i passanti possono fare una piccola preghiera e suonare la campana, un suono che sarà ovunque in qualsiasi città o villaggio dalle quattro del mattino ogni giorno. Da Thamel, andiamo diretti a Durbar Square. Dopo aver pagato l’ingresso (tutte le Durbar Square delle città, hanno un costo d’ingresso). Purtroppo i danni del terremoto del 2015 sono ancora presenti, con la maggior parte dei tempi in restaurazione, ma la piazza non ha perduto il suo fascino: man mano che il sole sorge, è stupendo sedersi nei gradini e osservare le persone, i sorrisi, continuare a cercare angoli e scorci da fotografare. La mattina passa veloce e cosi come il pomeriggio, che impegniamo interamente a perderci tra un vicolo e una strada, fino a che non arriviamo ai piedi del tempio di Swayambhunath, un complesso Buddista famoso oltre che per i suoi innumerevoli scalini, per le scimmie che un po ovunque ti corrono incontro o curiose ti guardano, speranzose forse di ricevere un biscotto o del cibo. Attenzione però: non lasciate incustodite fotocamere e cellulari, sono pronte a fregarvele da sotto in naso!

Giorno 3: Il terzo giorno decidiamo di spostarci a Bhaktapur, ed anche li una volta in Durbar Square e poggiato i bagagli nel miglior alloggio di tutta la nostra vacanza, scendiamo in strada alla ricerca di un pranzo decente (impresa difficile in Nepal, ve lo assicuro), e visitiamo la piccola cittadina stupenda e ben tenuta, un gioiello! Da non perdere oltre piazza Durbar, è la Pottery square: è la zona della cittadina dove i lavori di vasellame portano avanti una tradizione centenaria. Realizzano vasi, piatti, oggetti in ceramica che vengono posti al sole per asciugarsi, e sono pronti alla distribuzione e al commercio. Fermatevi a ammirare da vicino il lavoro, chiunque di loro sarà disponibile a mostrarvi come fanno e orgogliosamente saranno in posa per una fotografia!

Giorno 4: Oggi decidiamo di recarci in un altro paese davvero piccolo, in strada per Pokhara: Bandipur. Ci si arriva chiedendo all’autista di farvi scendere a Dumre (direzione Pokhara appunto), e da li in taxi si sale, si sale, verso un paese fantastico, immerso nella montagna e con delle viste paradisiache, che iniziano a farmi capire perché il Nepal è associato alla natura. Sparito lo smog di Kathmandu, li respiri aria pura, il cibo è più salutare, le persone sembrano vivere più rilassate. Insomma, Bandipur è un ottimo posto per fermarsi a rilassarsi una sera con un buon libro, un tè, e aspettare dalla veranda dell’ostello il tramonto.

Giorno 5 al giorno 10: Dopo il nostro arrivo a Pokhara, una breve esplorazione della città, ultime definizioni per il trekking che ci aspetta ( lo abbiamo prenotato dall’Italia ), fissiamo l’orario di partenza dall’hotel per le 7 del mattino, e sbrigate le pratiche di ingresso per l’aerea di Annapurna siamo pronti alla nostra scalata. Si parte da un piccolo borgo di nome Hille, e finiremo tra alcuni giorni a Syalui Bazar. Durante la camminata in questi giorni passeremo dai circa 1200 mt iniziali, fino a un massimo di circa 3200 mt, e ragazzi, se non siete abituati un po si sentirà la fatica. Il primo giorno è sfiancante, è solo salita con gradini che non finiranno più, e anche se la temperatura è di poco sopra i 5 gradi, non tarderai a stare a maniche corte, e rimpiangerai di averti portato nello zaino coca cola e patatine, anche quei due o tre kg in più sono macigni per chi come noi è davvero amatoriale. La prima notte la passiamo ad Ulleri, la seconda notte a Ghorepani, dove siamo pronti con la nostra sveglia alle quattro del mattino, a salire lungo il sentiero che ti porta al punto panoramico per ammirare l’alba che piano piano illumina tutti gli 8000 mt dell’Annapurna, e li uno spettacolo indescrivibile illumina il nostro viso. Non si pensa più ai meno sei gradi, alla voglia incontenibile di un cappuccino con brioche, alla necessita di una doccia calda. Ti godi davvero il momento, ti godi veramente lo spettacolo. Dal terzo giorno in poi, è più semplice con praticamente piccole salite, e molte discese. Finalmente! Abbiamo pensato. Ed invece no, gli scalini a scendere, sono pesanti quanto quelli a salire, sopratutto con il ghiaccio che ci ha accompagnato fino a Tadapani, spesso e volentieri è più una buona idea scivolare con il sedere, che provare a stare in piedi. Questo trekking ci ha fatto conoscere dei posti e delle persone uniche, passeggiato in infinite foreste di rododendri innevati, così affascinanti che anche dopo dieci foto ti pareva non fosse mai abbastanza. Ti ha fatto apprezzare il calore della stufa a legna la sera a cena, assieme a chissà chi ma in quel momento eravamo come se fossimo tutti amici da una vita. Ti ha fatto sentire orgoglioso di avere avuto l’idea di portare dietro un sacco a pelo, mai cosa più bella è stata dormire al caldo in una stanza dove la mattina, l’acqua sul comodino della tua borraccia era diventata ormai un pezzo di ghiaccio. Ci ha fatto conoscere Tana, la nostra guida, che ci ha stressato e interrogato tutto il trek sui nomi delle montagne, sulle altitudini, sulle parole Nepalesi di uso comune che non riuscivo a memorizzare ma che ora ricordo perfettamente. E quel Namaste, che tutti ti dicono e che finisci per dirlo anche tu, anche se incroci un italiano a Kathmandu. Insomma, ti arricchisci tantissimo.

Giorno 11: Tornati a Kathmandu, ci mancano solo due cose da visitare, che abbiamo lasciato alla fine: Patan e il tempio di Phashupatinat. Come prima cosa decidiamo di vedere una delle maggiori mete degli Induisti, Phashupatinat. Non ci è permesso entrare nel tempio principale in quanto non siamo Induisti, ma possiamo girovagare tranquillamente per tutte le altre aree. Li abbiamo assistito a un funerale Induista, con cremazione del defunto. E stato molto strano, suggerisco a chi è un po impressionabile, di non andare o meglio non rimanere a guardare, l’odore che c’è nell’aria è molto forte, e la scena che si presenta davanti altrettanto. E stata una esperienza incredibile. Vi prego non fate video, non è una attrazione turistica: sono funerali, va rispettata la persona defunta e sopratutto i famigliari, che non avranno di certo piacere a essere immortalati come si fa davanti a un quadro. La sera andiamo a Patan, ormai inglobata alla capitale. Presenta però una anima tutta sua, e ragazzi, la più ben tenuta Durbar che abbiamo visto. Aver visto l’accendersi delle luci e il tramonto su quei tempi e stato toccante, emozionante, una goduria per noi e per le fotocamere. Anche li ci perdiamo tra viuzzole e piccoli tempi, fino a che, entriamo nella residenza della Kumari di Patan. Lei non è altro che la dea vivente per gli Hindu. è una bambina che viene eletta tra tantissime altre, dopo una rigida selezione. Essa rimarrà Kumari fino a che non si presenterà nel suo corpo il primo segno di sangue, che la farà passare quindi essere una terrestre non più una dea, quindi perderà immediatamente i suoi privilegi e tornerà a vivere dai suoi genitori. Scopriamo con sorpresa che a Patan, in alcuni momenti dell’anno, la Kumari riceve alcune persone per delle visite. A differenza di Kathmandu dove vive in totale isolamento, la Kumari di Patan accetta che gli si faccia visita, e da una finestrella ci indica e le signore al piano sono felicissime di farci scalzare, e salire nella sua stanza dove lei è seduta, in attesa di vederci, ci chiama a se e ci dona quella che presumo sia una specie di benedizione, ovvero il comune puntino in fronte. Ancora abbiamo difficoltà a capire come si possa mettere una bambina cosi piccola in una situazione cosi difficile, ma è una usanza e tradizione che pensiamo però vada rispettata, ci sono donne che passano la loro vita al servizio delle Kumari, e quindi meritano rispetto. Ultimo giorno: l’ultimo giorno a Kathmandu procede in totale relax, tra una passeggiata ed un tè, dagli ottimi Momo al formaggio a una limonata, si è fatta ora di tornare all’aeroporto, per ritornare nel nostro piccolo paese di partenza, carichi e consapevoli che il Nepal, in fondo in fondo, per l’appunto, è una grande figata.

Namaste!

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