Tour in Nepal e Capodanno con vista Annapurna
26/12/18 – 05/12/19
Partecipanti: io e Franca
Cambio valuta: 1000 NPR ~ 8 €
Prologo:
Non avendo tempo per organizzarci un viaggio autonomo, buttiamo un occhio sul web e cerchiamo qualche tour (a piccoli gruppi) con partenza dopo Natale e compatibile con le vacanze scolastiche. Troviamo interessante un Tour in Nepal in gruppo (max 16 persone) proposto da viaggigiovani.it che ha ancora 3 posti. Nonostante la ragione sociale ammettono anche noi vecchi.
Il Tour costa sui 1750€ (incluse le tasse Apt) a cui si dovranno aggiungere ancora circa 200€ per qualche pasto, souvenir, ecc.
Mercoledì 26 Dicembre 2018
I bagagli sono pronti. Abbiamo raccolto un po’ di indumenti da bambino da portare in Nepal. Abbiamo telefonato a viaggigiovani per sapere se si potevano portare 2 colli entro il peso da imbarcare, ma ci hanno detto che c’è solo un collo a testa (tra l’altro da 30 kg e la cosa sembra un po’ strana). Ma visto quanto ci hanno detto prendiamo solo poche cose e le cacciamo in valigia. Alle 13:45 si parte da casa per Malpensa. Arriviamo al solito parcheggio GP Parking alle 15:30 (46€ per 11 gg.) e alle 15:50 siamo ai banchi della Turkish Airline. C’è già qualcuno del gruppetto in attesa e nel giro di poco ci sono quasi tutti. Sembrano simpatici. Andiamo al check-in. Per curiosità quando prendiamo la carta d’imbarco chiediamo se c’è il vincolo di un solo collo a testa. Non c’è nessun vincolo. Quindi quelli di viaggigiovani ci hanno dato un’informazione sbagliata e ai bambini nepalesi arriverà molto poco. Alle 19:00 l’A330-300 si stacca dal finger, vagola oltre 20 minuti per l’aeroporto e finalmente decolla.
Giovedì 27 Dicembre 2018
Il volo da Istanbul parte in perfetto orario e arriva a Kathmandu con mezz’ora di anticipo. Poi inizia il delirio. Sull’aereo ci hanno dato il consueto modulino per l’immigrazione. Scesi dall’aereo accediamo ad un salone in cui ci sono dei terminali dove devi inserire gli stessi dati del modulo compilato in aereo. Dopodiché viene stampato un biglietto da allegare al modulo compilato e ci si mette in coda dietro ad una caterva incredibile di persone. Quando finalmente arriviamo allo sportello, paghiamo 23€ a testa per il visto (si paga cash in moltissime valute). Con la ricevuta del pagamento si va in un’altra coda per far mettere il visto. W la burocrazia! Noi abbiamo fatto in fretta. Gli altri che erano più indietro si sono piantati perché ad un certo punto gli impiegati allo sportello sono andati a pranzo e nessuno li ha sostituiti. Così siamo usciti dall’aeroporto dopo 2 ore e un quarto dall’arrivo. Fuori c’è Kabindra che ci aspetta. Arriva un minibus che in teoria in un quarto d’ora ci porterà all’hotel. Peccato che la previsione non tenga conto del traffico spaventosamente intasato. Saliti sul minibus ci mettono al collo una collana di fiori di tagete in segno di benvenuto. Mentre andiamo la guida introduce il Nepal. Grande metà dell’Italia, circa 30 milioni di abitanti prevalentemente montuoso. Per nepalesi fino a 1500 m sono quote basse, poi collina fino a 3500, montagna fino a 5500, poi alta montagna. Dopo 5500 m non ci sono più rifugi. I trekker d’alta quota dormono in tenda. La prima impressione dai finestrini del minibus è che la capitale del Nepal sia scassatissima, inquinatissima e polverosissima (impressione poi confermata girando per le strade). In mezz’ora siamo finalmente all’hotel Manang. Piuttosto rustico. A noi danno una camera al 5° piano ma l’ascensore è ROTTO!!!! Gli venisse! La camera è abbastanza basic e la pompa di calore sembra non funzionare. A forza di tentativi finalmente parte. L’acqua calda è giusto tiepida, ma tanto visto che fa freddo non viene voglia di fare la doccia. Però è pulito e il letto molto comodo. Meno male. Ci diamo una sistemata veloce e poi a piedi verso Durbar Square.
Il traffico di Kathmandu, prevalentemente causato da moto, è spaventoso. Nel centro storico ci sono monumenti che prima del terremoto del 2015 dovevano essere una meraviglia. Purtroppo qualcuno è pressoché completamente distrutto e gli altri lesionati. Qualcuno non troppo, qualcuno invece molto. Kabindra ci dice che ci sono stati terremoti fortissimi nel 1734, nel 1834 e nel 1934. Si aspettavano il prossimo nel 2034, ma ha anticipato al 2015. Tra i vari edifici in cui è possibile entrare c’è il palazzo della dea bambina (Kumari). Per il ruolo di dea bambina viene selezionata una bambina di 3-4 anni che viene chiusa in questo palazzo fino a quando non le capita di perdere sangue (il primo menarca o anche semplicemente un taglio farebbe decadere il titolo). La bambina non può assolutamente uscire dal palazzo (uscirà definitivamente solo dovesse perdere sangue), ma per fortuna può ricevere visite e vedere la TV. Giusto per non impazzire. Terminato il giro del centro storico andiamo a cena in un bel ristorante fuori dal centro. Durante la cena si è esibita una compagnia di musicisti e ballerini. Purtroppo la stanchezza ha reso la serata meno piacevole. Sarebbe stato meglio lasciare libera la serata e organizzare la cena con lo spettacolo la sera successiva. Poi finalmente il letto!
Venerdì 28 Dicembre 2018
Dormito fino alle 8:30. Poi dopo una colazione abbastanza poco attraente ci raduniamo nella hall per consegnare alla guida una fotografia perché Ghale Gaun è già considerato percorso trekking e bisogna segnalarlo per sicurezza. Così potremo bullarci di aver fatto trekking in Nepal. Espletata questa formalità, con il nostro minibus andiamo spediti (si fa per dire) a Patan, un sobborgo di Kathmandu a 7 km dal nostro hotel. C’è un traffico talmente intasato che ci mettiamo quasi un’ora. Patan è a maggioranza buddista, e ci sono templi sia induisti sia buddisti. Anche qui il terremoto ha fatto parecchi danni. Per fortuna però meno che a Kathmandu. Abbiamo visitato il tempio della dea Kalì e il tempio d’oro. Bellissimi. Poi la guida ci ha portato a vedere il laboratorio di un artigiano che produce “campane tibetane”, cioè delle ciotole di varia grandezza realizzate con leghe particolari di metalli. L’artigiano ci ha raccontato di essere apparso su Rai 1 in un programma di Piero Angela in cui raccontava che queste campane possono essere usate a scopo terapeutico sfruttando le vibrazioni prodotte con dei martelletti. Ovviamente al termine della presentazione è inevitabile la proposta di acquistare come souvenir una o più campane. Si pranza su una terrazza e poi si parte col minibus per andare a vedere lo “stupone” (Boudhanath), cioè uno stupa gigantesco. La cupola misura 38 m di diametro ed è alta 43 m. Qui facciamo un giro completo intorno a livello strada e poi un altro al primo livello (rigorosamente in senso orario). Avremo protezione per qualunque cosa. Poi visita ad una scuola di pittura Thangka, cioè di dipinti sacri e mandala, che si conclude con la proposta di acquistare i dipinti. Così come per le campane, la visita è stata interessante, anche se con finalità commerciali. Abbiamo poi un po’ di tempo libero, così ne approfittiamo per vedere lo stupone dall’alto andando in un bar con terrazza sul tetto. Giusto per prendere una consumazione alla veloce chiedo un caffè espresso. Ottimo, meglio che in certi bar italiani. Poi si riparte e si va a vedere il crematorio (Tempio di Pashupatinat). Un sito aperto 24h 7/7 in cui i cadaveri vengono bruciati. Al nostro arrivo (purtroppo era già abbastanza buio, c’erano due pire che ardevano e un gruppo di persone che stava preparando la salma per il rito della cremazione. Nonostante stessero bruciando dei corpi umani non c’era il minimo odore. La guida ci ha spiegato che questo è dovuto ai vari kg di burro usati per facilitare la combustione. Per la cremazione i parenti devono acquistare 250 kg di legna e qualche kg di burro spendendo circa 40000 NPR (circa 300 euro). La giornata turistica è terminata. Per cena il gruppo si è diviso essendoci diversi interessi gastronomici. Noi siamo andati al Forest and Plate. Un ristorante di cucina prevalentemente vegetariana. La zuppa di noodle vegetariana era buona, invece il piatto misto nepalese aveva alcuni sapori abbastanza strani. È stato comunque curioso assaggiarli anche se non ho idea di cosa ho mangiato. Prezzi irrisori. Abbiamo speso 11€ in 2 per 3 piatti e una birra Everest grande. Poi in camera a fare i bagagli.
Sabato 29 Dicembre 2018
Sveglia alle 6:30. Colazione (oggi è meglio di ieri ma sempre niente di che). Alle 7:30 raduniamo i bagagli, li caricano sul tetto del minibus e alle 8 si parte. Alle 8:05 siamo già piantati nel traffico. Si attraversa Kathmandu viaggiando a singhiozzo su una strada in gran parte sterrata e piena di buche profonde, schivando camion, pullman, moto, bici, pedoni, carretti, ecc. Usciti da Kathmandu la strada è asfaltata e scende a fondo valle ripida e piena di curve. Dopo 2 ore abbiamo fatto circa 60 km. Poi la strada migliora e viaggiamo un po’ più spediti. Sosta in una elegante stazione di servizio con distributore arrugginito e WC apocalittico. La benzina costa poco meno di 1€/litro che per i redditi nepalesi è un salasso. Procediamo indomiti fino al Parco Nazionale del Chitwan. Il nostro autista sembra che sappia dove andare, ma ad un certo punto vediamo che si ferma a chiedere informazioni. Torniamo indietro per un bel pezzo e finalmente trova il Maruni Lodge. Le camere sono dei bungalow abbastanza spartani, ma puliti e ben riscaldati. Qui i pasti sono compresi. E meno male perché è abbastanza isolato. Dopo pranzo partiamo a piedi e facciamo una sosta in un villaggetto di case fatte di paglia e fango. Ci sono dei bambini a cui regaliamo matite colorate, pennarelli, ecc. e loro sono contenti come pasque. Poi entriamo nel parco e camminiamo lungo un sentiero francamente abbastanza poco interessante. È un sentiero in un bel bosco, nulla di particolare. Passiamo nel centro di allevamento degli elefanti dove queste povere bestie sono tenute alla catena. Ci dice la guida che durante la giornata sono usati per portare i turisti e alla sera li legano. Sul finire del sentiero, quando il sole è ormai tramontato, finalmente vediamo ad una distanza abbastanza ridotta, ma ampiamente di sicurezza un enorme rinoceronte bianco e poco oltre due coccodrilli, uno dei quali è un bestione enorme. Si torna in hotel. Prima di cena assistiamo ad uno spettacolo di danzatori e percussionisti molto bravi. Cena, chiacchiere e poi in camera.
Domenica 30 Dicembre 2018
La colazione non è un granché, ma pane, marmellata e tè ci sono. Alle 9 si parte per un giro in canoa sul fiume. La canoa è manovrata tipo gondola. Il vogatore sta in piedi su una piccola pedana a poppa e spinge la canoa con una pertica. L’imbarcazione dà l’idea di non essere molto stabile, per cui stiamo tutti seduti immobili sulle panchettine. Come ci si muove un po’ ondeggia in modo inquietante. Lungo le sponde del fiume ci sono molti uccelli e qualche coccodrillo. Terminato il giro, senza naufragare, partiamo a piedi per i sentieri sperando di vedere qualche animale selvatico. Si intravede tra l’erba alta e un po’ lontano un pezzo della testa di un rinoceronte che sventola le orecchie. Continuiamo e ad un certo punto i nostri accompagnatori vedono qualcosa. Ci fanno fermare e vanno a vedere. Poi ci fanno segno di avvicinarci piano e in silenzio. Raggiunte le guide vediamo a una cinquantina di metri un bestione di rinoceronte che mangia le foglie di un arbusto. Dopo qualche minuto che lo osserviamo in silenzio questo comincia a fissarci e le guide ci dicono di andarcene senza correre e senza far casino. Essere osservati da un rinoceronte mette un po’ a disagio. Proseguiamo il giro e c’è un altro rinoceronte. Ma è troppo vicino al sentiero e quindi potenzialmente un po’ pericoloso, così una delle guide facendo rumori vari con due bastoni riesce a farlo allontanare e proseguiamo. Verso la fine del giro ci imbattiamo in un pitone che se ne stava tranquillo e beato all’ombra di un cespuglio. Come finale a sorpresa, per riuscire a tornare al lodge abbiamo dovuto guadare il fiume levandoci scarpe e calze e rimboccando i pantaloni. Nessuno del gruppo è stato mangiato dai coccodrilli. E questo fa piacere! 😀
Pranzo alla veloce e poi a fare il giro nella giungla a dorso di elefante. Ci siamo posti un po’ il problema se fosse etico far portare all’elefante circa 300 kg sulla groppa (si sale in 4). Poi fatte varie considerazioni abbiamo concluso che per avere buone probabilità di vedere animali selvatici da vicino fosse la soluzione migliore. E in effetti abbiamo visto i rinoceronti a pochi metri di distanza e anche un cucciolino con la sua mamma. Poi abbiamo visto cervi, coccodrilli e uccelli vari. Il giro è durato un’ora e mezza. Un po’ scomodo stare in 4 nella portantina, ma ne vale la pena. Spero che l’elefante nella prossima reincarnazione faccia una vita comoda e felice. Se la merita.
Lunedì 31 Dicembre 2018
Alle 9:15 si parte. Dato che sul minibus fa abbastanza freddo chiediamo di accendere il riscaldamento. Peccato che questa funzionalità non sia implementata nel minibus. Vabbè. Tra un po’ il sole ci scalderà. Poiché ci stiamo dirigendo a Bandipur che è nella zona dell’Annapurna, Kabindra ci fornisce qualche informazione sui trekking. Per accedere alla zona trekking bisogna presentare il modulo con la foto (quello fatto da Kabindra a Kathmandu). Per l’area a bassa quota (fino a 2500 m.) si paga una tassa di 25$, per i campi base (fino a 5500 metri) 45$, per le spedizioni agli 8000 si deve pagare una tassa di 70000$ (settantamila) e la quota comprende l’assistenza degli sherpa. Dopo un’oretta di viaggio facciamo una sosta ad uno pseudo ponte tibetano. Pseudo perché è in acciaio con tiranti laterali e traballa poco o nulla. La cosa più interessante della sosta è stata la scuola elementare vicino al ponte. C’è l’edificio, ma la lezione si svolge fuori al sole. La maestra è seduta sulla sedia e i bambini (una decina) sono seduti su delle stuoie nel prato. Si riparte. Il viaggio procede su una strada asfaltata, ma abbastanza tortuosa e strapiena di camion che vanno adagio e fan venire la pecola. Ogni tanto il nostro autista si lancia in sorpassi apparentemente da brivido, ma in realtà deve esserci un tacito codice di comportamento per cui quando si vede qualcuno che viene contromano si rallenta per lasciargli finire il sorpasso senza strombazzare e maledirlo. Finalmente alle 12:30 siamo a Bandipur, ma la strada che porta al nostro hotel (Bandipur Mountain Resort) è chiusa perché stanno preparando per la festa di fine anno. Probabilmente in real time hanno assunto qualche sherpa che si carica tutti i nostri bagagli e ce li porta all’hotel mentre noi ci portiamo il bagaglio a mano per poche centinaia di metri. La vista dalla camera dell’hotel è straordinaria. Cime da 7500-8200 metri della catena dell’Himalaya. Prima operazione: mettere in frigo il prosecco comperato a Malpensa che, sbatacchiato per molti chilometri, rischia di esplodere se non lo stappiamo ben freddo. Lo consegniamo fiduciosi al personale dell’hotel (vedi oltre) e andiamo a pranzo. Il menù consiste più o meno delle solite cose. Oggi però come dessert ci sono delle ottime frittelle di mela. Dopo pranzo partiamo per andare al paesello medievale. Per strada ci sono quattro bimbetti a cui regalo dei pennarelli e sono contenti come delle pasque. Tempo 10 secondi e sbucano dal nulla altri bambini e i 12 pennarelli spariscono in un amen.
Arriviamo al paese. Molto carino. Una bella strada pedonale lastricata piena di piccoli negozi. Non ci sono monumenti che si possano visitare. Ci limitiamo quindi a girare per le viuzze. Vediamo un piccolo cantiere edile in cui lavorano uomini e donne. Alcune donne trasportavano delle pesantissime gerle piene di ciottoli per fare il calcestruzzo. Una vita ben dura. Rientrati in camera ci godiamo lo spettacolo dell’Himalaya al tramonto. Alle 20 iniziano le operazioni di preparazione dell’Aperol Spritz. Quando siamo andati a prendere il prosecco ci siamo accorti che l’avevano sì messo in frigo, ma il suddetto frigo era spento. Per fortuna fa abbastanza freddo e quindi va bene così. Ci hanno servito come cena di fine anno una cena nepalese, cioè più o meno le stesse cose che mangiamo ad ogni pasto. Con un po’ di chiacchiere tiriamo fino alle 22, poi andiamo a fare un giro per vedere come festeggiano la fine dell’anno i nepalesi. Un po’ come tutti; cioè mangiando, bevendo e ballando. Ci sono griglie ovunque su cui sfrigolano spiedini e gruppetti di persone che ballano in strada. C’è un’atmosfera festosa. Verso le 23:30 rientriamo e tagliamo i panettoni, a mezzanotte si fa il brindisi con l’Amaro Montenegro (unica bevanda disponibile) e poi a dormire.
Martedì 1 Gennaio 2019
L’alba sull’Himalaya è stata purtroppo una delusione. C’è molta foschia e quando il sole è sorto da un’oretta in basso c’è un mare di nebbia. Dopo una colazione poco soddisfacente paghiamo il pranzo e la cena di san Silvestro (circa 6€ a pasto) poi si caricano i bagagli sul minibus e si parte alla volta di Ghale Gaun; la parte “avventurosa” del viaggio. Col nostro minibus arriviamo a Besishahar. Il minibus deve parcheggiare. Sul bordo del marciapiedi c’è seduta su uno sgabello una signora. L’autista si avvicina in retromarcia con molta cautela per non urtare la signora che non accenna a schiodarsi dal suo posto (“l’assistente di bordo” dà indicazioni con i colpi sulla carrozzeria). Calma nepalese. Facciamo pranzo, mettiamo i bagagli nel deposito, prendiamo il minimo indispensabile e proseguiamo con le jeep per Ghale Gaun. Due ore per fare 21 km sballottati come su un otto-volante su una strada sterrata tutta a curve e larga un metro più della jeep. Ad un certo punto abbiamo incrociato un minibus che veniva in senso contrario e per riuscire a passare è stata necessaria una notevole abilità di entrambi gli autisti. Finalmente arriviamo a destinazione (altitudine 2050 m). Ghale Gaun è un centro abitato fuori dal mondo fatto di baracche e qualche abitazione in muratura con capre e galline che girano per le stradine. Al parcheggio c’è il comitato di accoglienza che, a scopo benaugurale, ci appiccica sulla fronte un po’ di riso (invece della polvere rossa) e ci mette al collo una collana di fiori di tagete. Ci assegnano le nostre baracche. A noi ne tocca una molto fatiscente fatta di assi di legno e lamiera. Senza alcun tipo di riscaldamento e oltretutto piena di spifferi. Confidiamo che i sacchi a pelo termici che ci hanno fornito funzionino. Questa simpatica sistemazione hotelliere prevede il bagno condiviso con gli ospiti della baracca adiacente (Moira e Lorenzo). Tale bagno condiviso è una baracca con una turca vicino alla porta di ingresso e più avanti una tazza con sedile rotto. Per pulire la turca c’è un bidone di acqua e succhiellino. Il problema non è dover condividere il bagno con altri; il problema è il bagno! La famiglia che ci ha dato la baracca ha un bambino vestito con una giacchettina leggera, braghe corte e scalzo. Gli regaliamo un cappottino imbottito, un berretto di lana, una maglia di lana da femmina (ma non si formalizza) e un paio di calzettoni di lana taglia 36. Le calze di lana gli arrivano a metà coscia. In tutta questa disastrosa situazione, scopriamo che hanno una connessione wifi che funziona benissimo, 5 tacche di segnale GSM e smartphone da sballo. Evidentemente oggi le priorità sono queste. Si muore di freddo, ma connessi. Non ci aspettavamo certo un hotel, ma speravamo in una sistemazione tipo rifugio di montagna. La signora che fa da manager alle due baracche ci offre un tè bollente, che fa molto piacere vista la temperatura freschina. La curiosità è che è piuttosto piccante perché sembra, dal sapore, che aggiungano alle foglie di tè alcune spezie tra cui il pepe. Non ci lasciamo prendere dallo sconforto e andiamo sulla cima di una collinetta ad ammirare ad una ventina di km in linea d’aria le cime himalayane (per arrivarci da qui ci vogliono circa 10 giorni di trekking su e giù dalle montagne, dice Kabindra). Purtroppo l’Annapurna è coperto da una nuvola. Scendendo andiamo a vedere la scuola e poi ci intratteniamo con quattro bimbetti a cui regaliamo un po’ di cose. È incredibile come siano davvero contenti di ricevere dei piccoli regali. Si è fatta l’ora dell’aperitivo e ci ritroviamo tutti nella baracca dove ci sono Paoletta, Valentina e Alessandra e ci scoliamo l’Aperol avanzato. Poi si va a cena a gruppetti presso le famiglie. E anche stasera le stesse cose che cominciano un po’ a stufare. Si mangia in una sala ovviamente non riscaldata e per migliorare le cose con le porte spalancate. Dopo cena ci riuniamo di nuovo tutti insieme nella baracca dell’aperitivo che ha meno spifferi per fare un po’ di “effetto stalla” e scaldarci un minimo. La temperatura è sui 2-3 gradi sia fuori sia dentro la baracca. Poi torniamo nella nostra e ci infiliamo nel sacco a pelo vestiti con giacca a vento e berretto di lana. Dopo un po’ si comincia ad avere una temperatura consona alle funzioni vitali.
Mercoledì 2 Gennaio 2019
Nonostante la temperatura gelida siamo sopravvissuti alla notte. Il sacco a pelo era bello caldo, comunque mettere questa tappa nel giro invernale per ben due notti non è una grande idea (giudizio condiviso da una larga parte del gruppo). A gennaio fa troppo freddo. Oltretutto in paese non c’è uno straccio di posto riscaldato dove poter passare qualche ora prima di andare a dormire. Oggi la colazione è omelette senza sale e due piadine. A parte essere insipida, si è poi rivelata pure abbastanza indigesta. Ci ritroviamo verso le 9 e partiamo per un giro a piedi della zona. Si percorrono mulattiere da cui si vedono panorami di montagna che non sono così diversi da quelli delle Alpi e quindi non particolarmente interessanti. La cosa gradevole è la temperatura. Bella giornata di sole. Poi ci si ferma per pranzo (anche oggi riso e lenticchie – cominciano ad uscire dalle orecchie). Dopo pranzo altro giretto per il paese con visita al museo, una stanza di 30 mq. in cui sono raccolti un po’ di oggetti e attrezzi del ‘900 della vita comune di Ghale Gaun. Poi non si sa davvero più cosa fare. Si cerca di stare ancora un po’ al sole, ma verso le 16 comincia a velarsi e la temperatura scende. Si cerca di far passare il tempo con qualche chiacchiera seduti fuori, visto che le baracche sono minuscole. Ma ad un certo punto non se ne può proprio più per il freddo. Il tempo non passa. Nel pomeriggio sono arrivati alcuni nepalesi che, da quanto abbiamo capito, sono funzionari pubblici che si occupano di controllare i trekking. Invece di essere alloggiati nelle baracche loro stanno in alcune stanze in muratura (probabilmente fredde pure quelle, ma almeno senza spifferi). Ci troviamo per un aperitivo a base di birra e poi ognuno va presso la propria baracca per la cena. A cena mangiamo noi e i funzionari nepalesi negli stessi tavoli al freddo come sempre e con le porte spalancate (ma perché?!?!). A noi portano il solito piatto con minestra di lenticchie, un po’ di riso bollito, un cucchiaio di patate cotte fredde, salsa piccante e un cucchiaio di verdure verdi amare. A loro portano una montagna di riso bollito, un po’ di verdure una scodella di una zuppa brodosa che mettono in comune. Prendono un paio di mestolini di questo brodo lo mettono sul riso, poi cominciano a girare il tutto nel piatto con le mani. Se la consistenza non è soddisfacente, aggiungono poco alla volta del brodo continuando a rimestare con le mani. Quando il pastone ha una consistenza giusta cominciano a fare delle pallottoline con le mani e se le cacciano in bocca. Si scofanano almeno tre etti di riso a testa. Poi finito di pulire bene il piatto vanno a lavarsi le mani e le asciugano in asciugamano dal colore indefinibile probabilmente appeso lì dal paleolitico. Moira è riuscita a far accendere un fuoco nel cortile così riusciamo a scaldarci. Tra l’altro arrivano intorno al fuoco pure vari nepalesi. Quindi anche a loro fa piacere il caldo. Mentre ce ne stiamo lì a contarcela vediamo arrivare attratto dal fuoco pure un poliziotto. Ora, il fuoco è conosciuto sin dall’età della pietra. Possibile che qui a Ghale Gaun abbiano avuto bisogno che chiedessimo di accenderlo per scaldarsi un po’ pure loro? Alle 21.30 la legna è finita. Ci sono solo più le braci e così ce ne andiamo nella nostra gelida baracca. Speriamo di dormire. La sveglia è puntata alle 6.30 perché domani il trasferimento a Kathmandu sarà lungo. In ogni viaggio qualcosa non va bene. In questo è la tappa a Ghale Gaun. Come tappa è interessante, però si sopporta una sola notte. Magari in ottobre o a marzo che è più caldo e non ancora in periodo monsonico è rilassante. A gennaio no.
Giovedì 3 Gennaio 2019
Alle 6.30 sveglia. Per uscire dal sacco a pelo ci va molto coraggio. Comunque non se ne può fare a meno. Ci laviamo come i gatti con l’acqua gelata, poi ci facciamo una colazione leggera autogestita per via del viaggio in jeep che ci aspetta. Alle 7.30 si saluta la signora che ci appiccica un po’ di riso sulla fronte e ci dà una nuova collana di tagete e poi alle 7.50 si parte. Dopo un’ora e mezza di scrolloni e testate contro la carrozzeria siamo a Besishahar dove ci aspetta il nostro minibus con i bagagli già caricati. Alle 10 si parte. I km per arrivare a Kathmandu sono circa 170 e l’arrivo è previsto per le 17 (inclusa una rapida sosta pranzo). Una velocità media abbastanza bassa. Kabindra ci consegna gli attestati timbrati e firmati che abbiamo fatto trekking nell’area dell’Annapurna. Così possiamo bullarci tronfi con amici e parenti che non sanno che abbiamo fatto giusto una passeggiata con un centinaio di metri di dislivello e bighellonato per il paese. Così come all’andata anche al ritorno la strada è intasata di camion e bus (ma cosa avranno mai da trasportare in continuazione?). L’autista è ammirevole per la sua serafica calma in mezzo ad un traffico da far sclerare. Visto che a Kathmandu c’è il ristorante Naulo dove i piatti vengono consegnati da dei robot, abbiamo fatto prenotare da Kabindra e dato che il suddetto Kabindra non si fida troppo della nostra abilità a girare da soli per Kathmandu fa passare il minibus davanti al ristorante e ci fa vedere dov’è. Finalmente completamente sfatti arriviamo alle 17 all’hotel Manang. All’andata non sembrava un granché, oggi al ritorno dalle baracche di Ghale Gaun sembra il Ritz di Place Vendome. Mega doccia bollente per levare l’afrore di due giorni senza lavarsi e poi via verso il ristorante Naulo con la sicumera di chi conosce Kathmandu come le sue tasche. Meno male che abbiamo prenotato perché poco dopo che siamo arrivati si è riempito come un uovo. I tavoli sono schermi touch screen con cui si fanno le ordinazioni. Poi, con la massima calma nepalese, dei robot antropomorfi portano i piatti. Visti all’opera c’è qualche miglioria da apportare al software. Infatti, quando il robot arriva al tavolo bisogna spostare i bicchieri se no li butta giù. Idem quando si gira per andare via. C’erano solo due robot che giravano per la sala e un paio di volte si sono scontrati e un cameriere umano è intervenuto prima che buttassero i vassoi per terra. È stata una cena insolita e abbiamo mangiato bene evitando pure la stufiusa cucina nepalese.
Venerdì 4 Gennaio 2019
Alle 9.15 partenza. Dopo pochissimi chilometri e circa mezz’ora di traffico intasato siamo al tempio delle scimmie. Un complesso dove buddismo e induismo si mescolano e in cui vivono varie centinaia di macachi. Lo stupa buddista ha la bellezza di 2500 anni circa. Poi si riparte, altro intasamento e arriviamo per mezzogiorno a Bhaktapur. Si fa pranzo in un ristorante in terrazza al sole. Io prendo i mo-mo (ravioli nepalesi) un po’ indigesti. Poi visita alla città dove Bertolucci ha girato “Il piccolo Buddha”. Anche qui il terremoto ha fatto molti danni. Si visita Durbar Square, il palazzo delle 55 finestre, la pagoda di Thaumadi Square, il tempio Balkumari, la piazza dei vasai e il tempio del pavone. Poi si gira un po’ per la città con i mo-mo che girano sullo stomaco. Tra i numerosi negozi ne ho visto uno che vende pesci secchi dentro ai sacchi come i legumi e i cereali. Visto che i mo-mo stanno ancora girando per l’apparato gastrico, per cena prendiamo una coppa gelato alla vaniglia (neanche male). Quattro parole e raccolta mance per driver e guida: 25€ a partecipante per ciascun driver e 30€ per la guida (cioè si aggiungono 80€ a testa di spese al viaggio, ma era scritto nelle condizioni contrattuali). Cifre che, moltiplicate per 16, sono circa lo stipendio mensile di un operaio nepalese (stando a quanto ci aveva detto Kabindra). Poi a dormire con la sveglia puntata alle 6.30. La vacanza è finita.
Sabato 5 Gennaio 2019
Ore 8 partenza col minibus, consegna mance a bordo, 8.30 in aeroporto, foto ricordo, check in e paziente attesa del volo. Il volo KTM-IST viaggia con un vento contrario di 200 km/k e il tempo di volo è di 8 ore e 20’ (contro 6 ore e 40’ dell’andata). Inoltre arriva pure con 35’ di ritardo. Per dare una mano a sveltire le cose ci fanno rifare il controllo bagaglio in modo anche minuzioso. Per fortuna hanno aperto moltissimi check point. Arrivo a MXP in anticipo. Controllo passaporti rapidissimo. Al ritiro bagagli ci salutiamo e speriamo davvero di rivederci. Abbiamo condiviso questo viaggio con persone allegre, divertenti, socievoli e questo ha consentito di goderci una piacevolissima vacanza.
Spese a persona:
Pacchetto tour: 1750 € (incluse tasse Apt)
Pasti non compresi e mance varie: 200
Note
La gente va in giro in ciabatte (molti anche scalzi), ci sono bambini che lavorano invece di studiare, stanno al freddo, molta gente vive nelle baracche (ma con parabola sul tetto di lamiera), hanno dei mezzi di trasporto malandati, però hanno tutti smartphone modernissimi.
Nepalesi, popolo gentile. La gentilezza infatti è alla base della filosofia di vita nepalese. Non abbiamo mai visto nessuno irritarsi in mezzo ad un traffico a prova di pazienza infinita.
Sul nostro minibus c’era un tizio che aveva la funzione di aprire la porta, di pulire il parabrezza con uno straccio quando si appannava, di aiutare a caricare e scaricare i bagagli sul tetto del minibus, di dare indicazioni all’autista quando c’era un punto stretto per cui si passava a malapena e aveva anche la funzione di “sensore radar di manovra umano”. Infatti quando il minibus doveva fare manovre questo scendeva e dava dei colpi sulla carrozzeria che avevano un significato tipo “vieni pure” o “stop”.
In Nepal chi guida la moto ha l’obbligo di indossare il casco (e lo mettono tutti), invece il passeggero no (?!?!?). Qual è la logica? Mistero.
Diversi bar fanno il caffè espresso che è buonissimo (costo 100-120 NPR)
La polvere. Tantissima e ovunque.