Sardegna mordi e fuggi
L’indomani infatti, la nostra prima tappa sarà la spiaggia di Is Arutas: è una bellissima spiaggia lunga alcune centinaia di metri; qui il mare è trasparente con colori che vanno dal verde all’azzurro intenso. In realtà è conosciuta come la “spiaggia dei chicchi di riso”, perchè qui non c’è sabbia, ma granelli di quarzo che hanno sfumature dal rosa al verde, al bianco candido. Siamo sulla costa occidentale della Sardegna, non molto distante da Oristano, ma sembra di essere in qualche spiaggia caraibica. Non c’è nessuno, non è ancora piena stagione ed è bellissimo godersi pienamente sole, mare e spiaggia senza dover dividere niente con altri. Facciamo una bella passeggiata lungo la riva, bagnandoci appena i piedi: l’acqua è ancora un po’ fredda di primo mattino e bisogna aspettare l’ora più calda per fare il bagno. I miei amici sono un po’ più temerari ed osano bagnarsi, ma io non vado oltre i piedi. Peccato, un bagno qui in quest’acqua cristallina l’avrei fatto proprio volentieri! Magari torneremo, chissà! Ci spostiamo ora verso il golfo di Oristano e precisamente a Tharros. Stiamo per entrare in questo sito archeologico risalente all’età romana che fu un porto molto importante, situato in un punto strategico. Ma proprio per questa caratteristica, la città divenne meta di scorribande dei vandali e dei mori africani, per cui il porto perse pian piano la sua importanza e la città venne spostata più internamente, in zone più sicure. Così sorse Oristano, costruita in gran parte con materiali portati via da Tharros. Ora ci sono poche rovine ed a guardia di ciò ecco la Torre di San Giovanni, da cui si ammira la splendida vista sul mare e sui resti, sul promontorio, sulla costa e sul mare azzurro. Il colore del mare è indescrivibile: i nostri occhi sono persi in questo azzurro che man mano sfuma in altre tonalità incredibili. Stiamo proprio bene insieme, mentre ci gustiamo le bellezze della natura e questa breve vacanza è molto rilassante e piacevole! Un’altra bella serata ci aspetta con del buon pesce che gusteremo ancora una volta a casa dei nostri amici. Quindi andiamo a dormire al piccolo albergo “Montiruju”.
Questa mattina, dopo una buona colazione, raggiungiamo i nostri amici a casa e tutti insieme andiamo a Isola Rossa, una bellissima località turistica e balneare davanti il golfo dell’Asinara. In questo piccolo paese abitano soprattutto pescatori, che si godono lo splendido panorama delle scogliere di granito rosso che caratterizzano questa zona e che quindi danno il nome a questa parte della Sardegna. I contrasti di colori sono unici ed il mare qui è particolarmente pescoso, prestandosi anche alla subacquea. Troviamo una caletta riparata e decidiamo di prendere un po’ di sole, mentre i nostri uomini si improvvisano pescatori provetti di polpi: si stanno impegnando molto, ma credo che questa sera dovremo nuovamente fare una tappa in pescheria, se vorremo cucinare dei polpi! Ed infatti, dopo tanta fatica, rieccoli con due trofei, ma solo due, anche se sono molto soddisfatti ed esibiscono le loro prede neanche fossero due piovre giganti! Per il giorno dopo abbiamo deciso per un bel tuffo nella storia: a Palau prendiamo il traghetto per La Maddalena e dopo una breve traversata sbarchiamo sull’isoletta. Intanto cominciamo subito con una bella passeggiata per le stradine di questo paesino, che vive soprattutto di turismo. Qui c’è una delle spiagge più belle di tutto l’arcipelago: Cala Coticcio, conosciuta anche come “Thaiti”, per la sua sabbia bianca e sottile ed il mare cristallino. Questa spiaggia è raggiungibile via mare molto semplicemente, mentre via terra è più complicato perchè c’è un percorso di due chilometri. Io però vorrei che fosse salvaguardata, per non arrivare allo sfacelo di altre spiagge come è accaduto per Budelli, che solo troppo tardi ci si è accorti del disastro arrecato dai turisti indisciplinati e vandali. Attraversiamo un lungo ponte per raggiungere Caprera: alla pineta, ci fermiamo per uno spuntino, e dopo aver mangiato, da bravi “turisti per caso”, raccogliamo tutte le cartacce in un sacchetto di plastica che abbiamo l’accortezza di gettare in un cestino. Ci guardiamo intorno soddisfatti: non c’è traccia del nostro passaggio! Adesso andiamo a visitare la casa di Garibaldi. Con 5 euro di spesa a persona, entriamo nel compendio garibaldino e subito ci troviamo nel giardino. Al centro c’è un maestoso pino che venne piantato da Garibaldi il giorno della nascita della figlia Clelia. Il grande busto marmoreo dell’eroe cattura subito la nostra attenzione ed è il soggetto principale delle nostre foto. Dentro la casa non è possibile fotografare e noi rispettiamo questo divieto, mentre attraversiamo l’atrio in cui è sistemata la bandiera dei reparti d’assalto e quella uruguaiana. Segue poi la camera matrimoniale di Garibaldi e di Francesca Armosino, quindi le camere dei figli Manlio e Clelia. Quest’ultima trascorse qui la sua vita fino alla morte avvenuta nel 1959. La cucina è piuttosto modesta, ma qui noi signore rimaniamo affascinate dagli antichi utensili: il girarrosto, la zangola per fare il burro, il bollitore, il mortaio ed altri bellissimi oggetti in rame, che tanto vorremmo avere nella nostra cucina. Il tinello è detto anche “sala dei cimeli”: stampe, fotografie e dipinti adornano le pareti, mentre su un tavolo c’è il plastico di sughero del sito dove fu combattuta la battaglia di Solferino nel 1859. La stanza più importante è però quella in cui il nostro eroe morì: qui Garibaldi volle essere portato pochi giorni prima di morire, perchè poteva vedere fuori. Quando morì, il figlio Menotti fermò l’orologio alle 18.20 del 2 giugno 1882, e così è rimasto. Qui sono esposti i testamenti del generale, che espresse il desiderio di essere cremato. Uscendo dalla casa, ci dirigiamo verso le tombe di famiglia. Il desiderio di Garibaldi di essere cremato non fu rispettato, ed il suo corpo venne imbalsamato ed ora riposa sotto un masso di granito grezzo. Accanto le tombe delle figlie Rosa e Anita, Clelia e Teresita, e quella della moglie Francesca Armosino. Più solenne è quella che raccoglie le spoglie di Manlio, dono della Marina. Proseguiamo e sotto una tettoia troviamo le barche dell’eroe e del figlio Manlio. Con questa barca, Garibaldi poteva coprire in poco tempo il tratto di mare che lo separava da La Maddalena, mentre con l’altra barca il figlio si cimentava in regate. E’ stata una visita molto interessante, un tuffo nella storia di questo personaggio di cui dobbiamo essere orgogliosi e fieri. Dopo questa parentesi culturale, ci vuole un po’ di relax in spiaggia: la Spiaggia del Relitto fa proprio al caso nostro. Ci si arriva dopo un bel tratto a piedi, ma ne vale la pena: la sabbia bianca e sottile è una sua caratteristica, assieme alla presenza sulla riva di uno scheletro di una nave antica che trasportava carbone. Rimane ben poco, ma tuttavia è suggestivo fare il bagno vicino a questo relitto e soprattutto non mancheranno le fotografie a ricordo di quest’altra bella giornata di sole, mare e caldo. Ci tratteniamo un bel po’, fin quasi al tramonto, quando è ora di ripercorrere indietro la lunga strada fino alle macchine. Per il giorno dopo abbiamo in mente un’escursione fino a Stintino, una zona estremamente turistica e caotica. Ci dirigiamo alla bellissima spiaggia della Pelosa, che raggiungiamo con qualche difficoltà perchè c’è tanta gente e tante macchine. Troviamo un parcheggio a fatica, ma comunque siamo arrivati: in luglio ed agosto è decisamente peggio e non ci si può avvicinare, tanta è la gente che sceglie questo posto per la villeggiatura! Siamo decisamente su una delle spiagge più belle della Sardegna, con la sua sabbia bianca e l’acqua trasparente. Certamente non abbiamo nulla da invidiare alle spiagge tropicali! La spiaggia è piccolina, con alcuni tratti rocciosi, ma è decisamente spettacolare. E la sua originalità è completata dall’avvicinarsi della “barcarella”, cioè un pattino adattato a bancarella del mare, che vende un po’ di tutto e che attira l’attenzione dei bagnanti. La barcarella si arena dolcemente sulla riva e la gente si avvicina incuriosita. Di fronte alla spiaggia si trova un isolotto con la Torre Aragonese della Pelosa, che risale al 1578 e che fu edificata a difesa della costa. L’isolotto è raggiungibile a piedi dalla spiaggia attraverso un guado naturale. Poco oltre c’è l’Isola Piana, usata come pascolo per il bestiame ed ora è proprietà privata. Trascorriamo una bella giornata ad abbronzarci in completo relax e al tramonto ci avviamo verso casa per il solito barbecue che completerà questo giorno. Domani si ritorna a casa ed anche questa volta abbiamo qualcosa di piacevole da ricordare, specialmente perchè questi brevi giorni li abbiamo trascorsi con i nostri migliori amici e quindi potremo ricordare insieme le belle giornate trascorse in questa meravigliosa isola italiana.