Capodanno a Malta

La nostra decisione di trascorrere quasi una settimana a Malta in pieno inverno ha suscitato molti commenti ironici, del tipo: “Cosa ci sarà mai da vedere in tutti quei giorni?”. Le due isole dell’arcipelago infatti sono molto piccole ma gli spunti interessanti sono molteplici e ci hanno consentito di riempire le nostre giornate. I...
Scritto da: mapko64
capodanno a malta
Partenza il: 26/12/2007
Ritorno il: 01/01/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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La nostra decisione di trascorrere quasi una settimana a Malta in pieno inverno ha suscitato molti commenti ironici, del tipo: “Cosa ci sarà mai da vedere in tutti quei giorni?”. Le due isole dell’arcipelago infatti sono molto piccole ma gli spunti interessanti sono molteplici e ci hanno consentito di riempire le nostre giornate. I viaggiatori di una volta amavano svernare nel sud dell’Europa e Malta è di fronte all’Africa; in questo caso però i nostri disegni per un capodanno al caldo non hanno avuto successo! Abbiamo trovato un tempo pessimo che solo l’ultimo giorno ci ha concesso alcune ore soleggiate. Il telegiornale maltese ha annunciato che erano ottanta anni che non si verificava una situazione meteorologica del genere, frutto dell’incrocio fra l’aria calda africana e quella fredda europea. Abbiamo soggiornato sempre alla Valletta raggiungendo le varie località con i bus che partono davanti al City Gate. Malta è percorsa da una fitta rete di autobus, vivacemente dipinti di giallo, che arrivano ovunque e costituiscono una delle note pittoresche della visita. Spesso si tratta di vecchie vetture con le forme degli anni cinquanta e sessanta. La capitale è una città particolare sia per la sua storia che per la sua posizione. E’ stata fondata dai Cavalieri nel cinquecento dopo il Grande Assedio turco ed è frutto di un disegno unitario, con le strade che s’incrociano rettilinee, lungo la strategica penisola collocata tra le insenature del Porto Grande e del Porto di Marsumetto. Nel seicento è stata arricchita dai Cavalieri con sontuosi edifici barocchi, primo fra tutti la cattedrale di San Giovanni. Il ricordo della dominazione dei Cavalieri, dalla donazione di Carlo V alla cacciata operata da Napoleone, è ancora forte e ha lasciato un’impronta in tutta l’isola. Una particolarità di Malta sono i suoi siti preistorici: a Malta e Gozo si trovano i più antichi edifici costruiti dall’uomo e sono state ritrovate sorprendenti statuette, spesso raffiguranti “signore grasse”. La visita dell’Ipogeo, interamente scavato nella roccia, è sensazionale. L’altra attrattiva dell’isola è la cittadella di Mdina, interamente costruita in globigerina, la chiara pietra locale. Racchiusa dalle mura, riporta alle atmosfere di altri tempi con le carrozze che percorrono i vicoli curvi per limitare la gittata delle frecce. La seconda isola dell’arcipelago, Gozo, è ancora più piccola; gli abbiamo dedicato una giornata intera visitando la cittadella di Vittoria, devastata dai turchi nel cinquecento e molto suggestiva per le sue architetture siculo normanne. A Malta un aspetto negativo è costituito senz’altro dall’intensa presenza umana. La densità di abitanti è una delle più alte in Europa: La Valletta ormai forma un unico grande agglomerato urbano con i paesi circostanti e il litorale nord è assediato da un’intensa edificazione rivolta al turismo balneare. Per godere i paesaggi naturali bisogna spostarsi sulla rocciosa costa meridionale oppure sull’isolotto di Comino. Ed ora il diario di viaggio.

Mercoledì 26 dicembre: Roma – La Valletta Un volo diretto Alitalia ci porta in un’ora e mezzo da Roma a Malta; dall’aeroporto raggiungiamo La Valletta con l’autobus numero otto. Tramite internet, abbiamo prenotato sei notti al Gran Harbour Hotel, affacciato sul Grande Porto, a due passi dalla cattedrale. Dopo un rapido spuntino al Caffè Ranieri, iniziamo la visita della città. La Valletta sorge sulla penisola che si protende tra il Grand Harbour e il Marsamxett Harbour, fondata secondo un progetto unitario. Arrivati a Malta, i Cavalieri si erano stabiliti a Birgu, l’attuale Vittoriosa, ma il Grande Assedio del 1565 da parte dei turchi dimostrò quanto fosse pericoloso lasciare sguarnito il monte Sceberras sull’altra sponda del Grand Harbour. Il gran maestro Jean de la Vallette, grazie ai finanziamenti affluiti da tutta Europa dopo la prestigiosa vittoria, decise di fondare una nuova città che avrebbe poi portato il suo nome. Furono realizzate poderose fortificazioni e una dettagliata pianificazione urbanistica stabilì i minimi dettagli, compreso l’obbligo per le case agli incroci di abbellire l’angolo con nicchie e statue, visibili ancora oggi. Nel seicento e settecento, l’Ordine impreziosì la città con una serie di gemme barocche conferendole quell’aspetto che le ha fatto meritare il titolo di patrimonio mondiale dell’umanità, nonostante i gravi danni inferti dai bombardamenti dell’Asse durante le seconda guerra mondiale quando ospitava il quartier generale degli Alleati nel Mediterraneo. Una particolarità delle case della Valletta, ma anche di tutta l’isola, sono le gallarijas, le verande colorate di legno che chiudono i piccoli balconi. Dalla stazione degli autobus, lasciato il quartiere di Floriana, si entra nella città vecchia, superando la linea dei bastioni attraverso il City Gate, triste costruzione del dopoguerra che ha sostituito l’antica porta. La Piazza della Libertà con gli scarsi resti dell’Opera House distrutta dai bombardamenti e alcuni centri commerciali, non rappresenta certo un ingresso trionfale ma da essa parte Republic Street, asse principale che attraversa tutta la penisola fino al forte Sant’Elmo. Sulla strada affacciano splendidi palazzi e chiese barocche, mentre angeli luminosi contribuiscono a sottolineare l’atmosfera natalizia. Raggiungiamo per prima la Co-Cattedrale di San Giovanni, massimo monumento dell’isola e tempio dei Cavalieri. La facciata rinascimentale, equilibrata e sobria, non sembra presagire il trionfo barocco dell’interno. La visita a pagamento è accompagnata da un’audio-guida. La vasta navata centrale è coperta da una volta a botte, affrescata da Mattia Petri con episodi della vita di San Giovanni Battista. Il pavimento è una stupefacente e ininterrotta sequenza di oltre 400 pietre tombali di Cavalieri, in marmi policromi, una vera meraviglia. Le cappelle laterali sono dedicate ciascuna a una delle otto Langue in cui era diviso l’Ordine, le otto punte della croce di Malta. Nella loro decorazione i cavalieri dei vari paesi fecero a gara per realizzare la cappella più sontuosa, collocandovi le tombe dei propri gran maestri e ricoprendo le pareti con ricami di stucchi. Nella cappella d’Aragona due monumenti funebri sono davvero grandiosi: quello del gran maestro Ramon Perellos è sorretto da due figure marmoree di schiavi, un turco e un moro, mentre quello di Nicolas Cotoner poggia su un fascio di spade, scudi e cannoni. Purtroppo le cappelle più vicine all’altare maggiore non possono essere visitate come anche la Cripta dei Gran Maestri. Le sorprese però non sono finite: nell’Oratorio di San Giovanni sono conservate due magnifiche tele del Caravaggio, l’imponente Decapitazione di San Giovanni Battista e il piccolo San Girolamo. Nel museo annesso sono esposti antifonari miniati e un ciclo di sontuosi arazzi fiamminghi. Lasciata la cattedrale, proseguiamo fino a Republic Square, dove la statua della regina Vittoria è nascosta da ombrelloni e tavolini del caffè Cordina. Poco oltre si apre la vasta Palace Square, dominata su un intero lato dalla mole del Palazzo del Gran Maestro. Come per la co-cattedrale, la facciata è austera e imponente, in contrasto con la ricchezza dell’interno. Superati un paio di cortili, si raggiunge l’Armeria, una corposa esposizione di oggetti d’arme, ospitata nelle vecchie stalle dopo che l’armeria originale al primo piano è diventata la sede del Parlamento. I pezzi più pregiati sono l’armatura damaschinata del gran maestro Wignacourt e la corazza indossata da La Vallette. Al primo piano, la visita è limitata alle cinque state rooms. Nonostante l’illuminazione insufficiente, non si può non apprezzare la loro ricchezza. S’inizia con i magnifici arazzi Gobelin della Sala del Consiglio che raffigurano scene esotiche del nuovo mondo, proseguendo con la Sala del Consiglio Supremo nella quale una serie di affreschi raffigura episodi del Grande Assedio mentre un’intera parete è occupata dalla galleria di legno di una nave dell’Ordine. Nella Sala degli Ambasciatori il gran maestro de l’Isle-Adam riceve le chiavi di Mdina mentre nella Sala Gialla gli affreschi mostrano i Cavalieri a Gerusalemme insieme ai Templari, riconoscibili per la loro “divisa al negativo” (bianca con la croce di Malta rossa). Retrocedendo su Republic Street, raggiungiamo il Museo Archeologico ospitato nel Auberge de Provence. Da molti anni è aperta solo una piccola sezione al pianterreno, dedicata al neolitico. Alcune statuette sono vere opere d’arte, forse le più antiche al mondo. Si inizia con la fase di Ghar Dalam (5000 a.C.), seguita dal periodo di Skorba con le prime figurine femminili dell’isola. Durante la fase di Zebbug (4100-3800 a.C.) inizia la pratica delle tombe collettive. Segue poi l’epoca dei grandi templi, dai primi a Ggantija (3600-3300 a.C.) fino a quelli di Tarxien (3000-2500 a.C.). A questo periodo appartengono i reperti più belli, degno completamento alla maestosità delle architetture che ammireremo i prossimi giorni. Un altare tutto bucherellato, proveniente da Hagar Qim, ha la forma di un piccolo edificio a quattro facce con nicchie. Il fregio con una processione di animali dalle lunghe corna, inframmezzati da un grasso maiale, è stato ritrovato invece nei templi di Tarxien, come anche le lastre con decorazioni a spirale. Segue la sezione più bella, dedicata alle figure femminili. Molte statuette rappresentano “signore grasse”; le teste erano separate dal corpo e intercambiali, per questo molte sono andate perse. Le signore di Hagar Qim siedono con le gambe piegate di lato, hanno mani e piedi piccoli ma cosce e braccia adipose. A Tarxien è stato ritrovato un frammento di un’enorme statua, con le grosse caviglie che spuntano dalla gonna plissettata. Due piccole statuette ritrovate nell’Ipogeo sono veramente particolari: una figurina senza testa, sdraiata a faccia in giù su un letto rappresentato con tanto di gambe, e la meravigliosa “Sleeping Lady”. La donna dorme accovacciata su un fianco in una posizione molto naturale, sopra un letto con una specie di basso materasso. La piccola testa poggia su un cuscino, le braccia sono tonde, una ripiegata con la mano dietro il cuscino, i fianchi sono enormi, dalla gonna spuntano le caviglie. L’altro pezzo forte dell’esposizione è la “Venere di Malta” in argilla rivenuta a Hagar Qim: senza testa, sfoggia un grosso seno, un sedere tondo e una schiena modellata molto bene. Una serie di rappresentazioni di falli completa il tema della fertilità, così caro alle civiltà primitive. E’ interessante notare che non è stata trovata nessuna statua di personaggi maschili, anche se molte rappresentazioni catalogate come “signore grasse” sono in realtà prive di caratterizzazione sessuale. La sera ceniamo con una pizza nel ristorante La Cave, vicino all’auberge di Castiglia.

Giovedì 27 dicembre: La Valletta – Mdina – Mosta – La Valletta La mattina facciamo colazione al sesto piano dell’albergo; la vista spazia sul Grand Harbour, con le penisole di Vittoriosa e Senglea proprio di fronte a noi. Le varie località maltesi sono collegate da una capillare rete di autobus che partono dalla piazza davanti al City Gate. I mezzi, dipinti di giallo acceso, sono molto pittoreschi: in molti casi le loro forme (se non la fabbricazione!) risalgono agli anni cinquanta e sessanta del novecento. Spesso si viaggia con la porta aperta, anche perché a volte non c’è proprio! Per la nostra prima gita in bus raggiungiamo le antiche città di Rabat e Mdina, al centro dell’isola. Sin dai tempi antichi costituirono il principale centro abitato di Malta e fino all’invasione araba formavano un unico insediamento, protetto da una cerchia di mura costruita dai bizantini (che si estendeva fino alla chiesa di San Paolo a Rabat). Gli arabi invece restrinsero le fortificazioni, creando l’attuale separazione tra Mdina (in arabo “medina” significa città murata) e Rabat (in arabo “sobborgo”). L’accesso a Mdina avviene attraverso il Main Gate, in fondo al ponte di pietra che scavalca il fossato asciutto, oggi occupato da un aranceto. Subito si è proiettati in una dimensione fatta di palazzi di calcare giallo e stretti vicoli nei quali irrompono carrozze trainate da cavalli. Mdina è soprannominata la “città silenziosa”, per la sua scarsa popolazione e l’assenza di traffico a motore. Nella piazzetta che si apre superata la porta, sulla destra sorge il Palazzo del Gran Maestro, edificio barocco insolitamente preceduto da un cortile. Triq Villegaignon è l’asse principale, sul quale si affacciano sontuosi palazzi. Addentrandosi nei vicoli laterali si è riportati invece ad atmosfere medievali; la loro curvatura serviva per limitare la gittata agli arcieri. La cattedrale di San Paolo, affacciata su una larga piazza, con la sua mole domina la cittadina ed è sicuramente il monumento più significativo, simbolo del potere ecclesiastico contraltare di quello dei Cavalieri rappresentato dalla co-cattedrale della Valletta. Le due torri campanarie e la cupola ottagonale, sopra l’elevazione della rocca, annunciano Mdina già molti chilometri prima. All’interno il pavimento è ricoperto da lastre tombali. Nella piazzetta che si apre sulla fiancata destra, il Seminario ospita il Museo della Cattedrale. Al piano terra è conservata una bella raccolta di monete, attraverso la quale è possibile seguire la storia di Malta. S’inizia con i cartaginesi, proseguendo con il periodo romano, rappresentato dalla successione di tutti gli imperatori; una moneta di Costantino reca la lupa con Romolo e Remo. Seguono poi i bizantini, i normanni, gli angioini e gli aragonesi. Una moneta di Castiglia rappresenta Ferdinando e Isabella di profilo, uno di fronte all’altra. Terminano la rassegna, le monete dei Gran Maestri e della regina Vittoria. Tra gli oggetti di arte sacra esposti al primo piano, si distinguono un calice del XII secolo e la copertina medievale di un libro con rilievi di santi in stile bizantino. Il grande Polittico di San Paolo rappresenta episodi della vita del santo legati a Malta (il miracolo della vipera, la guarigione del padre di Publio) e il martirio a Roma. In mezzo Paolo troneggia con la spada e un libro; sotto San Pietro tra Sant’Agata con i seni tagliati e Santa Caterina con la ruota. Una pala del XV secolo rappresenta la dormitio verginis, tema caro ai cristiani ortodossi, con l’angelo che taglia le mani all’ebreo che vuole toccare la Madonna. Una stanzetta conserva, infine, una splendida raccolta d’incisioni su legno e cuoio di Durer. Tornati su Triq Villegaignon, raggiungiamo palazzo Falson, in stile siculo normanno. La sua visita, accompagnata da una dettagliata audio-guida, conduce attraverso le sale e gli arredi di una dimora nobiliare. Tra le curiosità esposte mi colpiscono una cintura di castità con i “fori” dentati, una grande nave d’argento, utilizzata come segnaposto a tavola, e un orologio che reca solo dieci ore, fabbricato all’epoca della rivoluzione francese quando il giorno fu diviso in dieci ore di duecento minuti. Triq Villegaignon termina in Bastion Square, chiusa dal bastione settentrionale, a picco sulla parete verticale di roccia. Il panorama si apre su gran parte dell’isola ma la giornata nuvolosa e l’intensa edificazione non lo fanno apprezzare più di tanto. Dopo un pranzo veloce ma sostanzioso al Fontanella Tea Garden (pastizzio con ricotta, ftyra con tonno e torta al cioccolato), usciamo da Mdina per visitare Rabat, il quartiere oltre le mura. Un edificio neoclassico, costruito attorno ai resti di una villa romana, ospita il Museo di Antichità Romane. Al suo interno si conservano i bei mosaici pavimentali della villa. Al centro del pavimento dell’atrium sono rappresentate due colombe che bevono a una fontanella, tema popolare nei pavimenti musivi romani che lo ripresero da un disegno di Sosos a Pergamo. La rappresentazione, molto delicata, è circondata da un labirinto geometrico colorato. Il pavimento di un’altra stanza è formato da piccole losanghe di marmi colorati che danno l’impressione di cubetti, creando un bell’effetto prospettico tridimensionale. Nel museo sono esposte anche alcune statue rinvenute nella villa, tra cui una dedicata all’imperatore Claudio, e frammenti di mosaici a tessere piccole che rappresentano maschere teatrali. Percorrendo Triq San Pawl ci addentriamo nel cuore di Rabat, raggiungendo la piazza centrale dove sorge la chiesa di San Paolo, costruita sopra una grotta nella quale secondo la tradizione il santo sarebbe vissuto nei tre mesi trascorsi a Malta. Una lapide ricorda la visita di papa Giovanni Paolo II. L’antica tradizione cristiana di Rabat è confermata dalle catacombe scavate nel sottosuolo, al di fuori della vecchia cerchia di mura. Rinunciando alla visita di quelle intitolate a San Paolo, ci limitiamo alle catacombe dedicate a Sant’Agata. La bella e virtuosa giovane, insidiata dal governatore di Catania, fuggì a Malta ma al suo ritorno in Sicilia le furono tagliati i seni e non riuscì a sfuggire al martirio. La visita inizia scendendo in una cripta, piena d’interessanti affreschi (i più antichi risalgono al 1200); molti sono dedicati a episodi tratti dalla vita della santa. Si percorre poi una piccola sezione delle catacombe, passando attraverso stretti corridoi con tombe a baldacchino e pareti piene di loculi e arcosolii. La camera più suggestiva presenta una nicchia affrescata con due colombe (simbolo dell’anima) e due vasi di fiori (simbolo della vita eterna), davanti a una grande conchiglia (simbolo del cielo). Terminata la visita di Rabat, facciamo una puntata al Ta’Qali Crafts Village, che ospita in vecchi capannoni laboratori artigianali, a quest’ora in gran parte chiusi, differentemente dai negozietti. Una specialità maltese sono le filigrane d’argento e così approfitto dell’occasione per un regalo a Stefania. Dopo lo shopping, sfruttiamo l’autobus numero 65 diretto a Sliema per raggiungere Mosta, dove l’unico motivo dì interesse è il Mosta Dome o Rotunda: costruito nell’ottocento, sfoggia una delle cupole più grandi d’Europa. L’edificio a pianta circolare è chiaramente ispirato al Pantheon di Roma e all’esterno, nonostante la mole, presenta una certa grazia. Ripreso l’autobus raggiungiamo la costa a nord della Valletta, una delle zone a più intenso turismo balneare dell’isola. Superata St. Julian con la sua baia, ci fermiamo a Sliema, affacciata sulla sponda del Porto di Marsumetto opposta alla Valletta. Gli alti edifici e la concentrazione di negozi, conferiscono al quartiere quel carattere commerciale che tanto piace ai giovani maltesi. La Tower Road d’estate è una piacevole passeggiata lungomare ma oggi è spazzata dal vento. Tornati alla Valletta, esploriamo le strade a nord di Palace Square. Davanti al teatro Manoel, uno dei più antichi d’Europa tuttora in uso, si affolla la gente per il prossimo spettacolo, mentre la chiesa di Nostra Signora di Monte Carmelo è piena per la messa. Gli altari sono addobbati, oltre che dalle consuete stelle di Natale, anche da strane piante dall’aspetto d’insalata verde. L’enorme cupola, ricostruita nel dopoguerra, è un elemento inconfondibile nel panorama della città.

Ceniamo a base di pesce al Cocopazzo: zuppa, pesce spada e tonno.

Venerdì 28 dicembre: La Valletta – Hagar Qim – Vittoriosa – La Valletta Dedichiamo la mattina a un’escursione sulla costa sud di Malta, sfruttando il giro circolare dell’autobus 38. La prima sosta è a Blue Grotto. L’autobus ci lascia al bivio che scende verso il paese di Wied Iz-Wurrieq, in corrispondenza di un belvedere sul grande arco di roccia che si staglia in basso sul mare. Nonostante la giornata grigia, lo spettacolo naturale è affascinante. Malta è famosa per i suoi templi preistorici megalitici; una passeggiata lungo la statale alta sulla costa, ci porta fino al complesso di Hagar Qim, dove, sgradita sorpresa, scopriamo che il sito è chiuso poiché si stanno approntando delle tettoie di protezione (delle quali per la verità non si vede ancora alcuna traccia). Non ci resta quindi che contemplare il complesso dall’esterno della recinzione. Il tempio di Hagar Qim (3000-2500 a.C.) è racchiuso da un imponente muro circolare, formato da grandi massi, nel quale si apre il portale trilite. Sulla destra dell’ingresso è stato impiegato il più grosso monolite dei templi maltesi, lungo sette metri e pesante venti tonnellate. La statuetta della Venere di Malta, che abbiamo ammirato al museo della Valletta, proviene proprio da questo tempio. Un sentiero in discesa ci porta fino ai templi di Mnajdra (2800-2500 a.C.), considerati i più affascinanti dell’isola. Purtroppo possiamo ammirali solo dall’esterno, anche se, percorrendo tutto il recinto, riusciamo lo stesso a farci un’idea delle costruzioni. Si tratta di tre templi affiancati ma distinti, disposti a semicerchio intorno a un unico cortile. Il tempio orientale è il più piccolo e peggio conservato ma gli altri hanno resistito abbastanza bene alle ingiurie del tempo e ai recenti atti vandalici dei cacciatori. Il tempio centrale è formato da due grandi camere ovali su livelli diversi, mentre quello meridionale è quasi “intatto”, essendo crollato solo il tetto. Attorno alla sala centrale, si aprono camere più piccole separate da passaggi decorati con lastre. Dalla costruzione spuntano pietre più alte, dall’aspetto di menhir. Il tempio ha un orientamento est-ovest quasi perfetto e durante gli equinozi all’alba i raggi del sole attraversano il trilite d’ingresso illuminando il santuario interno. Il sito è affascinante anche per la sua splendida posizione, affacciata su una costa rocciosa. La pioggia rende il paesaggio ancora più selvaggio; in mezzo al mare spunta nella foschia la massa rocciosa dello scoglio di Filfla mentre sulla costa si staglia un arco roccioso. Terminata la visita, nonostante la pioggia resistiamo alle tentazioni di un tassista di passaggio e facciamo ritorno alla Valletta con l’autobus 38. Nella piazza davanti al City Gate ci sfamiamo ai chioschi acquistando pastizzi, fagottini ripieni di ricotta o purè di piselli, e mqaret, pastelle fritte piene di datteri. Nelle celle sotto i bastioni, durante la seconda guerra mondiale, gli inglesi installarono il quartiere generale della flotta mediterranea, ma le Lascaris War Rooms che ospitano una mostra dedicata al tema sono chiuse. Raggiungiamo quindi la Biblioteca Nazionale, in piazza della Repubblica. Nella sala centrale del palazzo neoclassico, pareti di alti scaffali pieni di libri e una riproduzione dell’atto di donazione con il quale Carlo V cedette l’isola ai Cavalieri, in cambio della consegna di un falcone all’anno. Il pomeriggio raggiungiamo Vittoriosa, l’antica Birgu, che insieme a Senglea e Cospicua forma il complesso delle Tre Città sulla sponda del Grand Harbour opposta alla Valletta. Insediandosi a Malta, i Cavalieri decisero di stabilirsi proprio a Birgu, situata su una penisola difesa dal forte Sant’Angelo. Durante il Grande Assedio del 1565, la cittadina riuscì a resistere in modo quasi incredibile alla grande armata turca e per questo fu ribattezzata Vittoriosa. Ancora oggi l’accesso avviene attraverso le poderose Tre Porte, la prima sormontata da un fregio con due cannoni incrociati. Superate le mura, subito raggiungiamo il Palazzo dell’Inquisitore, un grande edificio barocco che ospitò il tribunale e le prigioni dell’Inquisizione. All’interno il piccolo cortile ha arcate gotiche a sesto acuto; al piano terra si trovavano le celle destinate ai prigionieri mentre quello nobile ospitava la residenza dell’inquisitore. Una sala reca i blasoni dei settantatre inquisitori di Malta. Da Piazza della Vittoria, cuore del quartiere, ricostruita dopo la seconda guerra mondiale, raggiungiamo il lungomare dominato dalla mole del Museo Marittimo. L’esposizione ripercorre la storia della navigazione dai tempi antichi (fenici e romani), fino ad oggi, passando per le galee dei Cavalieri e la flotta inglese. La punta della penisola, protesa verso La Valletta, è interamente occupata da Forte Sant’Angelo; restituito ai Cavalieri di Malta e non visitabile, si erge come una poderosa e impressionante roccaforte. Non ci resta quindi che tornare sui nostri passi e raggiungere il pittoresco Collacchio. Passeggiando per i tortuosi vicoli del vecchio quartiere dei Cavalieri s’incrociano gli auberges delle varie lingue dell’ordine, spesso cadenti. Le case in pietra presentano le caratteristiche verande maltesi e sono movimentate dalle decorazioni natalizie: molte finestre espongono presepi mentre vasi con piante rallegrano i vicoli. La sera alla Valletta, ceniamo in un pub, il Trabuxu, con il ricco “platter”, piatto misto con formaggi, salumi, insalata e frutta, seguito da un Christmas pudding.

Sabato 29 dicembre: La Valletta – Gozo – La Valletta La giornata è dedicata alla visita di Gozo, seconda isola dell’arcipelago maltese. Il tempo è ancora pessimo e spira un forte vento. Prima di partire telefono quindi alla “Gozo Channel” per verificare che i traghetti partano regolarmente. Un viaggio sul bus 45, attraverso la costa settentrionale di Malta intensamente edificata, ci porta in un’ora fino a Cirkewwa, punto d’imbarco per Gozo. Il traghetto è affollato di turisti, molti dei quali partecipano a gite organizzate in pullman. La navigazione dura solo mezzora e costeggia l’isolotto di Comino, situato nel braccio di mare tra Malta e Gozo. Il mare è calmo ma il tempo nuvoloso non consente di apprezzare il paesaggio, in particolare le acque cristalline della Blue Lagoon di Comino. Sbarcati a Mgarr, nonostante la ressa troviamo subito il bus per Victoria, centro principale dell’isola. Anche a Gozo i bus sono vecchi e pittoreschi ma di colore grigio e rosso. L’isola è molto più piccola di Malta e arriviamo presto a destinazione. Il bus per Xaghra parte solo tra mezzora e ne approfittiamo per un giro nella parte bassa della cittadina, la vecchia Rabat che nell’ottocento assunse il nome di Victoria in onore della regina inglese. Passeggiamo per le stradine, affacciandoci nella chiesa di San Giorgio, fino alla piazza di San Francesco, con l’omonima chiesa. Una corsa in bus di appena dieci minuti ci conduce a Xaghra, dove si trovano alcune delle maggiori attrazioni dell’isola. Per primi visitiamo i templi megalitici di Ggantija. Costruiti intorno al 3600 a.C. Sono le strutture più antiche al mondo edificate dall’uomo. Si tratta di due templi circondati da un muro fatto da enormi massi sapientemente incastrati. Visitiamo per primo il tempio maggiore, formato da due sale, la seconda trilobata, per un totale di cinque absidi, due per lato e una in fondo. Tra gli elementi caratteristici figurano una serie di fori per le libagioni, i fregi a spirale nell’abside destra della prima sala e l’altare trilite nell’abside sinistra della seconda sala. Il secondo tempio, più piccolo, è formato sempre da due camere ma manca l’abside in fondo sostituita da una nicchia. Terminata la visita, raggiungiamo un antico mulino costruito nel settecento e oggi trasformato in museo. Le pale di legno della costruzione in pietra giganteggiano sullo sfondo di un cielo sempre più scuro. All’interno, oltre a un’esposizione dedicata ai mestieri tradizionali, è ricostruita la pittoresca abitazione del mugnaio; salendo una scala a chiocciola si raggiunge la grande macina in pietra. Una passeggiata di una ventina di minuti ci porta fino alla grotta di Calipso, nient’altro che un maleodorante anfratto nella roccia nel quale la ninfa avrebbe tenuto prigioniero Ulisse per sette anni. La vista su Ramla Bay invece è molto bella, con la sabbia della spiaggia intensamente arancione. Il custode delle Vecchie Prigioni di Victoria ci spiegherà che nei giorni di bel tempo si può ancora scorgere il muro sottomarino costruito dai Cavalieri per impedire gli sbarchi dei pirati turchi. Tornati in paese, raggiungiamo Piazza Vittoria, dominata dall’imponente chiesa parrocchiale. Sulla piazza si affacciano diversi locali, tra cui l’Oleander, consigliato dalle guide, dove finalmente ho l’occasione di mangiare il coniglio, tipico piatto maltese. Mentre godiamo i piaceri della tavola, si scatena un vero e proprio nubifragio. Tornati a Victoria, ci dedichiamo a visitare Il Kastell, la minuscola ma affascinante cittadella collocata su uno sperone roccioso che domina la città. Per primo raggiungiamo il piccolo Museo Archeologico, ospitato in edificio con un bel balcone in pietra. In una saletta sono esposte due meravigliose opere neolitiche, provenienti da un santuario sepolcrale nelle vicinanze dei templi di Ggantija, lo Xaghra Stone Circle. Una statuetta raffigura due corpulente “gemelle” sedute su un “divano”; indossano gonne gonfie da cui spuntano le caviglie tonde. Una delle due tiene in grembo una figurina, l’altra una coppa ed è priva di testa. Ancora più misteriose sono nove statuette, probabilmente usate per culti sciamanici, con le teste finemente scolpite. Sei hanno visi umani, due in particolare con grossi labbroni e belle acconciature, collocati sopra “impugnature” senza i dettagli del corpo. Altre tre sono ancora più strane: una testa umana è collocata su una colonna, un’altra su due “gambe”, mentre la testa di una specie di cinghiale selvatico, con tanto di zanne, su un palo. L’esposizione del museo prosegue con altri pezzi interessanti: una pietra tombale reca un’iscrizione cufica del XII secolo, altre risalgono al Medio Evo (secondo una leggenda una sarebbe dedicata a un cavaliere francese al seguito della crociata condotta da Luigi IX contro Tunisi, morto in seguito a un naufragio). Una lapide del 1551 ricorda un gozitano che preferì uccidere la moglie e i due figli piuttosto che farli cadere in mano ai turchi. Al primo piano una sala ospita anfore e resti dell’epoca romana, insieme allo scheletro di un uomo trovato a Comino sepolto frettolosamente sotto i resti di un’anfora (III-IV secolo) e a medaglioni di marmo con maschere teatrali di profilo dalle alte acconciature (I secolo). La Cattedrale con la sua mole domina tutta la cittadella. La sua visita è a pagamento, corredata da una prolissa audio-guida. L’interno presenta un bel pavimento coperto da lastre tombali formate da marmi colorati, mentre i pilastri sono coperti da panni di velluto rosso. L’elemento più curioso è senz’altro la cupola “finta”: la mancanza di soldi impedì la realizzazione di una cupola e per questo venne eseguito un grande affresco sul soffitto che desse l’illusione della sua presenza. Il museo della cattedrale contiene oggetti di carattere religioso di scarso interesse. La pioggia continua battente e quindi non ci resta che completare il giro dei musei, sfruttando il biglietto cumulativo. Nelle vecchie prigioni il custode parla un ottimo italiano e ci illustra la storia del carcere. Ne approfitto anche per chiedergli una sua impressione sull’imminente avvento dell’euro e non ci nasconde le preoccupazioni per un possibile aumento dei prezzi. Nelle celle si conservano numerosi graffiti, spesso di velieri nei quali i remi, i fori per i cannoni oppure gli alberi servivano per contare gli anni di prigione. Il museo del Folklore è ospitato in una vecchia dimora medievale, dallo stile siculo normanno; l’interno è un vero labirinto di sale, scale e cortili, nei quali sono esposti attrezzi utilizzati nei lavori del tempo passato. Nel museo di Scienze Naturali, si conservano tra gli altri un esemplare della più grossa conchiglia del Mediterraneo, un granchio gigantesco e una piccola bandiera di Malta portata sulla luna dagli americani e poi restituita ai maltesi. La pioggia insiste battente ma ci facciamo coraggio e decidiamo di fare un giro lungo le mura. Gran parte della cittadella fu ridotta a un ammasso di rovine quando nel cinquecento i pirati turchi guidati da Dragut uccisero o rapirono l’intera popolazione di Gozo. Oggi i muretti cadenti, invasi dai fichi d’india e dominati sullo sfondo dalla mole della cattedrale, formano un quadro suggestivo. Tornando a passeggiare per i vicoli non si può non rimanere stupiti dai palazzi medievali in pietra chiara. Ormai però è tempo di cercare un luogo asciutto e tornare a Malta. Durante la traversata di ritorno ce ne stiamo al coperto ma appena sbarcati si scatena un nuovo nubifragio. Un’altra ora di bus ci conduce alle otto alla Valletta. Per consolarci del tempo infame di oggi, ci concediamo la cena più lussuosa del viaggio, nel Palazz, un locale a due passi da Piazza della Repubblica. Stefania sceglie zuppa di fagioli e stufato di coniglio, io preferisco il pesce e mi servono un intero pagello. Innaffiamo il tutto con una bottiglia di Marsovin, ottimo vino locale.

Domenica 30 dicembre: La Valletta – Tarxien – Marsaxlokk – La Valletta Una corsa con l’autobus 27 ci porta fino a Paola, a pochi chilometri dalla Valletta, dove sorgono due interessanti siti preistorici. L’incredibile ipogeo Hal Saflieni può essere ammirato solo partecipando a una delle visite guidate, organizzate ogni ora e limitate a dieci partecipanti. Per questo motivo ci siamo prenotati con un mese di anticipo sul sito dell’Heritage Malta. L’organizzazione è ottima: ogni visitatore riceve un’audio-guida mentre luci soffuse e intermittenti contribuiscono all’atmosfera. S’inizia con un filmato che racconta la storia della scoperta, avvenuta casualmente all’inizio del novecento durante la costruzione di una casa. L’ipogeo fu realizzato tra il 3600 e il 2500 a.C. E ospitò circa 7000 sepolture, con una media di sole sette inumazioni all’anno; il complesso fu scavato generazione dopo generazione, ricavando nuove stanze le une dalle altre. Si tratta dell’episodio più antico di quella “architettura al negativo” che avrebbe trovato altri momenti di popolarità nella storia dell’arte, ad esempio nella Cappadocia dei monaci orientali. Terminata la proiezione, passiamo al primo livello, situato un tempo all’aria aperta e caratterizzato da una serie confusa di resti. Un trilite simboleggiava probabilmente il passaggio verso il mondo ultraterreno. Molto più interessante è la visita del secondo livello, al quale si scende attraverso una scala a chiocciola. Si percorre una serie di camere scavate nella roccia, utilizzate per sepolture collettive. Nella Stanza dell’Oracolo sul soffitto si distingue ancora il dipinto dell’albero della vita mentre in una nicchia la voce rimbomba in tutto il complesso. Il Sancta Sanctorum è la camera più elaborata, con una parete concava con nicchie e porte che si aprono su camere più piccole mentre il soffitto imita una copertura di lastre di pietra. Quest’ultimo elemento è molto interessante poiché riprende le coperture dei templi megalitici, oggi scomparse. La Sala Principale, la più grande, ha una forma ovale con triliti e pareti levigate. La visita è affascinante ed è ammirevole lo sforzo effettuato, anche grazie ai finanziamenti dell’Unesco, per la preservazione del sito. Dopo un’occhiata alla monumentale parrocchiale di Paola, raggiungiamo i templi neolitici di Tarxien, purtroppo ormai quasi soffocati dagli edifici moderni della città. Si tratta degli ultimi templi megalitici costruiti a Malta, tra il 3000 e il 2500 a.C., e per questo i più elaborati. I grandi massi sono lavorati in modo da assumere forme squadrate e regolari. Il complesso è formato da tre templi. La visita inizia attraversando il massiccio portale del tempio meridionale. Nell’abside destra della prima camera è stata scoperta la più grande “signora grassa” dell’isola (l’originale è al Museo della Valletta mentre in loco si trova una copia). La statua è conservata solo fino all’altezza della gonna ma un tempo doveva raggiungere i due metri e mezzo di altezza. Nell’abside opposta si trovano blocchi di pietra decorati con motivi a spirale e una processione di capre inframmezzate da una scrofa. Dalla seconda sala un passaggio conduce al tempio centrale, formato da tre sale ovali. Solo la prima però è visitabile e per le altre ci si deve accontentare del bel colpo d’occhio sull’infilata dei portali. Nell’abside sinistra si trova un grande bacino monolitico mentre da quella destra si accede a un piccolo ambiente con un bassorilievo che rappresenta due tori e una scrofa. Usciti dal tempio dall’abside destra, gettiamo un’occhiata sugli scarsi resti del tempio orientale. Nella piazza di Paola riprendiamo l’autobus 27, proseguendo fino al capolinea di Marsaxlokk. Il villaggio si affaccia su una baia protetta, con le colorate imbarcazioni dei pescatori all’ormeggio. Si tratta dei tradizionali luzzu, molto dei quali recano dipinto l’occhio di Osiride. La svettante ciminiera di una centrale incombe inquietante a un’estremità della baia ma l’attenzione è attratta dal pesce fresco in vendita nelle bancarelle sul lungomare. Dopo un po’ di struscio i gitanti della domenica sono inevitabilmente attratti dai ristoranti che si allineano sul lungomare. Scegliamo il Matthew’s, affollato di locali, ordinando due tipici piatti maltesi di pesce, il polipo e il lampuki, una specie di sgombro servito ricoperto da una salsetta saporita. Dopo pranzo facciamo ritorno alla Valletta; il tempo sempre inclemente c’invita a infilarci nel Museo delle Belle Arti, ospitato nella Casa dell’Ammiragliato, un palazzo barocco con una sontuosa scalinata bianca. La pinacoteca presenta opere di diversa qualità, tra le quali mi colpisce il Ritratto di Signora di Jan Van Scorel: raffigura molto bene l’immagine di una donna infuriata, con le mani serrate per la rabbia e una sguardo carico di disprezzo che incute paura!! Alcune sale sono dedicate a grandi tele di Mattia Preti, autore degli affreschi della volta nella co-cattedrale. Terminata la visita, raggiungiamo gli Hastings Gardens, situati proprio dietro i bastioni. Da qui le fortificazioni alte quasi cento metri sono impressionanti mentre la vista spazia sul Marsamxett Harbour (il porto di Marsumetto), con il forte Manoel sull’omonima isola e il porticciolo nel Msida Creek, pieno di yacht. Proseguendo la passeggiata ci dirigiamo verso la punta, esplorando i quartieri a sinistra di Republic Street. Raggiungiamo la Cattedrale Anglicana, dominata dallo svettante campanile a guglia e l’Auberge d’Aragona, il più vecchio di Valletta. Siamo nel quartiere di Manderaggio, fino agli anni sessanta un vero bassofondo e, ancora oggi, molto degradato con edifici in rovina. Mentre passiamo, un’anziana signora cala una cesta da un balconcino per portare su la spesa. Finalmente raggiungiamo la punta della penisola, interamente occupata dal forte Sant’Elmo, purtroppo chiuso ai visitatori. Durante il Grande Assedio del 1565, La Valletta ancora non esisteva e il forte era l’unica costruzione della penisola. I suoi difensori resistettero ben quattro settimane ai continui bombardamenti, causando molte perdite all’armata turca e ritardandone notevolmente le operazioni. Tornando verso l’albergo ci fermiamo a visitare la chiesa dedicata al Naufragio di San Paolo. L’ingresso è su un vicolo laterale; l’interno barocco è molto ricco, con il pavimento pieno di lastre tombali. In una cappella sono conservate due importanti reliquie: un osso del braccio di San Paolo e una metà della colonna sulla quale il santo fu decapitato, dono del papa (l’altra metà si trova alle Tre Fontane a Roma).

Lunedì 31 dicembre: La Valletta – Dingli Cliff – Mdina – Senglea – La Valletta Iniziamo la giornata visitando la Sacra Infermeria. I Cavalieri di Malta nacquero come ordine ospitaliero e mantengono questa tradizione ancora oggi. Il loro ospedale alla Valletta era uno dei più avanzati al mondo e i pasti erano serviti ai pazienti con posate d’argento. Purtroppo l’edificio è stato distrutto durante la seconda guerra mondiale; ricostruito nel dopoguerra, è diventato un centro conferenze e ospita negli scantinati un’interessante esposizione dedicata alle vicende della Sacra Infermeria. Un celebre chirurgo era in grado di rimuovere i calcoli con un intervento di soli due minuti e mezzo, particolare non trascurabile in un’epoca precedente all’avvento dell’anestesia. La Sala Grande, lunga più di 150 metri, ospitava i letti dei malati. Raggiunto il City Gate, ancora una volta optiamo per una gita in bus: questa volta prendiamo il numero 81 che ci porta fino alle Dingli Cliff. Le scogliere si estendono per diversi chilometri lungo la costa meridionale, superato il paesino di Dingli. Raggiungono l’elevazione più alta dell’isola, 250 metri, ma il dirupo verso il mare è interrotto da un pianoro intermedio, interamente coltivato. Solo in qualche punto si scorgono le chiare pareti verticali che precipitano nelle acque. Una passeggiata lungo la strada piena di buche ci porta alla torre radar, circondata da pecore al pascolo, e alla cappella di Maria Maddalena. Improvvisamente il tempo migliora si aprono squarci di sereno e spunta il sole. Era ora dopo tanti giorni di pioggia e cielo sempre coperto! Allietato dalla luce del sole, il paesaggio si fa più bello, con l’isolotto di Filfla al largo e il panorama sul resto dell’isola: nelle vicinanze si nota il Verdala Palace sopra la macchia verde dei Buskett Gardens, unico bosco dell’isola, mentre in lontananza si scorge La Valletta, con la cupola della chiesa del Carmine e il campanile a guglia di quella anglicana. Un cartello vicino alla cappella ricorda che in questa zona sono stati scoperte misteriose tagliate, “solchi di carri” paralleli che spesso finiscono nel nulla, probabilmente lasciati da qualche primitivo mezzo di trasporto. La comparsa del sole ci spinge a fare una puntata alla vicina Mdina. A Rabat, in un bar su Triq San Pawl, plachiamo la fame acquistando ottimi pastizzi appena sfornati, ripieni di ricotta o di purè di piselli. Mdina è piena di turisti e i suoi palazzi in pietra chiara sono esaltati dal contrasto con il cielo, finalmente blu intenso. Facciamo una sosta al Fontanella Tea Garden dove insieme alla fantastica torta al cioccolato apprezziamo il panorama sull’isola soleggiata. Tornati alla Valletta, tutto ci appare più allegro. Ancora una volta passiamo davanti all’Auberge di Castiglia, il palazzo più bello della città. Al centro della facciata il sontuoso portone è sovrastato dal busto del gran maestro Pinto de Fonseca, circondato da armi e stendardi. Il panorama dagli Upper Barakka Gardens si pare sull’altro lato del Grand Harbour con le penisole di Senglea e Vittoriosa. Ormai si avvicina l’ora del tramonto ma decidiamo ugualmente di fare una puntata a Senglea: l’autobus numero 3 ci lascia nella piazza al centro della penisola, dalla quale raggiungiamo la punta occupata dal giardino di Gnien Il-Gardjola. Siamo sul lato opposto del Grand Harbour e questa volta la magnifica vista è sulla Valletta di fronte, sul porto a sinistra e sull’imboccatura dell’insenatura a destra. All’incrocio dei bastioni c’è un fotogenico posto di guardia esagonale: sulle pareti si alternano i bassorilievi di un occhio e di un orecchio, a significare che i cavalieri erano sempre vigili. Prima di lasciare Senglea, che conserva il carattere di paese nonostante ormai sia fagocitata dall’agglomerato urbano della capitale, diamo un’occhiata alla chiesa di Nostra Signora della Vittoria. E’ in corso la messa mentre in una cappella si trova una venerata statua di Cristo piegato sotto il peso della croce. Nella piazza dell’autobus un bar reca una targa con i direttori della banda musicale dall’ottocento fino a oggi. E’ l’ultimo dell’anno ma per cena non abbiamo problemi: raggiungiamo il Sasha nella nostra strada preferita per i ristoranti. Termino in bellezza i pasti maltesi con i bragioli, involtini ripieni di carne tritata, uova e pan grattato. Per festeggiare il nuovo anno raggiungiamo il Pinto Warf, conosciuto anche come Valletta Waterfront. La vecchia zona portuale è stata trasformata in un animato punto di aggregazione, con i vecchi magazzini che ospitano ristoranti e discoteche. C’è un grande affollamento e tutta l’isola sembra essere qui convenuta anche per festeggiare l’entrata nell’euro che a mezzanotte diventerà la moneta ufficiale. Per l’occasione è stato allestito un bancomat dal quale il primo ministro farà la prima transazione. Allo scoccare della mezzanotte dall’imbocco del Grand Harbour sono sparati i fuochi di artificio mentre tutti si affollano attorno al primo ministro per scattare una foto. Unica nota stonata la pioggia che è tornata protagonista, dopo la pausa del pomeriggio.

Martedì 1 gennaio: La Valletta – Roma Sull’autobus per l’aeroporto, l’autista distribuisce i nuovi biglietti con il prezzo in euro scritto a caratteri grandi e quello in lire maltesi in piccolo. Il volo parte puntuale alle 11:30 e prima dell’una siamo già a Roma.



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