I viaggi di Kocci: NEW YORK

L'avventura inizia ai primi di giugno, quando scopro una tariffa di volo eccezionale Milano-New York (298 euro A/R, volo diretto con Alitalia). Mi dico che è da pazzi non approfittarne, e così...approfitto! Mi sono organizzata, ho prenotato tutto da sola tramite internet (dall'hotel alle attrazioni, dai teatri ai ristoranti). Ho cercato di...
Scritto da: koccinella28
i viaggi di kocci: new york
Partenza il: 27/09/2009
Ritorno il: 06/10/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
L’avventura inizia ai primi di giugno, quando scopro una tariffa di volo eccezionale Milano-New York (298 euro A/R, volo diretto con Alitalia). Mi dico che è da pazzi non approfittarne, e così…Approfitto! Mi sono organizzata, ho prenotato tutto da sola tramite internet (dall’hotel alle attrazioni, dai teatri ai ristoranti). Ho cercato di informarmi, ho acquistato una guida e letto tanti racconti di viaggio, e soprattutto -data la grande quantità di cose da vedere- ho “stilato” un programmino (una specie di tabella di marcia che durante i miei dieci giorni mi avrebbe consentito di perdermi il meno possibile).

In generale, direi che l’impatto con New York è particolare. A me è sembrato di essere entrata in un film: il caos, decine di taxi gialli, le luci, i colori. Una scena vista moltissime volte dallo schermo, così lontana dalla nostra realtà eppure così familiare. Siamo proprio qui, piccole formichine tra milioni, al centro di un mondo che ha significato speranza in passato per i nostri connazionali emigranti, e che -pur con tutte le contraddizioni del caso- non ha mai cessato di essere modello cui attingere. A New York non ti senti straniero: la maggior parte delle cose che noi utilizziamo nel quotidiano passano da qui. Ma c’è una cosa profondamente differente: la forma mentis. Così “cheap”, “easy”, disinvolta, recettiva, stravagante, zero barriere mentali, in un luogo che offre qualsiasi tipo di stimolo, qualsiasi tipo di attività, un multiculturalismo impensabile altrove: tutto il mondo è qui rappresentato, ogni Paese ha qui la sua fetta di comunità. Decine di lingue diverse! Una ricchezza impareggiabile. Tuttavia New York non è il paese dei balocchi: ha tanti contrasti, e a dispetto dell’atmosfera luccicante è una città rigorosa, che sprizza efficienza da ogni angolo.

27 settembre Ragazzi!! Che storia, sono a New York! Sono le 3.39 del mio primo giorno qui e non riesco a dormire (per la serie: il fuso orario non mi tange 🙂 E così inizio il racconto di viaggio. Ehehe, 9 ore di volo + 3 di attesa in aeroporto non ci hanno stesi, e così ci siamo catapultati a vedere quest’ottava meraviglia del mondo, il centro del centro, il cuore pulsante: TIMES SQUARE. Usciti dalla metro lo spettacolo che ci si è parato davanti è stato grandioso e vertiginoso: un mix inebriante di colori sgargianti, luci accecanti e rumori metropolitani; una fetta di umanità brulicante al cospetto di edifici giganteschi, insegne luminose intermittenti che al primo sguardo ti disorientano. Sembra di essere dentro a un film, o al luna park, o a las vegas, è qualcosa che ti seduce ma allo stesso tempo ti lascia smarrito. Ci incamminiamo seguendo il flusso di gente. Il profumo di hot dog e manicaretti fritti ci avvolge. Ai lati delle strade, venditori di qualsiasi cosa. Ristoranti, fast-food stracolmi e teatri si susseguono senza soluzione di continuità. E’ la 42esima strada, la “regina” del Theatre District. Signori, benvenuti a Broadway.

Faccio foto in lungo e in largo, non è difficile cogliere lo spirito di queste strade.

Decidiamo di fare il nostro primo pasto americano, e decidiamo di dare l’onore al famoso “Carnegie Deli” (nominato da tutte le guide, definito “la quintessenza dei locali newyorkesi”. Ecchessaramai? Entriamo. Bel localino piccolo e affollato, camerieri indaffaratissimi, atmosfera accogliente e casalinga. Prendiamo l’omelette tipica della casa, con l’american cheese e le french fries. Mamma mia ragazzi, credo mi rimarranno sullo stomaco ancora per parecchie ore! Porzioni troooppo troooppo abbondanti, e cose trooppo trooppo pesanti. Buoni sì, ma mattoni che ti stendono. Portate che ne basta la metà (metà degli ingredienti, soprattutto). Però andateci almeno una volta: è un’americanata culinaria. Abbiamo anche dato la nostra prima mancia…Eh sì, questa mancia americana obbligatoria…Che assurdità. Ho letto che se dai il 10% è inaccettabile; se dai il 15 % è appena accettabile, il 20% son tutti contenti. Bah!! Ma vi devo parlare dell’hotel! Bellissimo!! Ho fatto proprio la scelta giusta. Hotel NEWTON, 2528 Broadway, un 3 stelle che per quanto mi riguarda di stelle potrebbe averne anche 4! Avevo letto che era uno dei migliori della sua categoria, e in effetti lo è. Nuovissimo, pulitissimo, comodissimo e attrezzatissimo. Alla metro vicinissimo! Né una crepa, né una mattonella rotta, né una macchia sulla moquette. Camera spaziosa, letti grandi e comodi, lenzuola candide, forno, frigo, bollitore, televisore piatto, ferro da stiro, asse da stiro, specchio grande, bagno accogliente e tantissime luci. Siamo nell’Upper West Side, accanto a Central Park, a due passi da Harlem da un lato, e a due passi dalle casette di Madonna, John Lennon, Dustin Hoffman e Marylin Monroe. Erano (o sono) tutti qui. E anche noi siamo qui, per 8 notti, per 371 euro a testa tasse escluse.

Comunque qui la gente è proprio americana! Non stupitevi se vedete donne coi bigodini in testa che vanno in giro, o se in ogni stazione metro c’è un concerto o un gruppo di ballerini giamaicani improvvisati. Troppo divertente e folcloristico. Inutile dire che l’atmosfera cosmopolita è tangibilissima, e ciò si vede soprattutto nei vagoni della metropolitana (che a New York è un’istituzione): in due ore mi è passata davanti la varia umanità, dal giamaicano disinvolto all’affarista giapponese, dall’operaio turco al cameriere ispanico, dal ragazzo nero rappettaro ai fidanzati cinesi, dalla texana trash al grassone americano, e molto altro. Ora chiudo e dormo, che domani c’è la Statua della Libertà.

28 settembre Ragazzi! Che mal di gambeee!! E che male al lato B!!! Oggi è stata giornata super-intensa. Prima tappa: Liberty Island, ossia la Statua della Libertà. Devo dire che mi ha un po’ deluso, la immaginavo più grande, più “maestosa”. Poi cavoli che sfortuna: l’ascensore per salire fino in cima era fuori servizio , e così ci siamo beccati non so quante centinaia di gradini a piedi, ripidi e in scala a chiocciola (dove caracollare eventualmente giù era un gioco da ragazzi). Che fatica…Alla fine siamo giunti fino alla corona (che era stata chiusa al pubblico dopo l’11 settembre ed è stata riaperta solo due mesi fa). Vi dirò…Una mezza delusione anche lì…La corona non è altro che un angusto stanzino di 1 metro per 1 metro, con finestrelle chiuse da cui non si poteva nemmeno scattare una foto decente, bah. In compenso dal basamento della Statua si possono fare belle foto dello skyline di Manhattan e della Statua stessa.

Molto molto bella e suggestiva è invece Ellis Island, l’isoletta della speranza, per decenni in passato punto di accoglienza per milioni di immigrati che rincorrevano il sogno americano. Ora è un museo (Museo dell’Immigrazione). Prendetevi un’audioguida e vedrete che sarà interessantissimo e a tratti commovente. Ci sono testimonianze del passato e anche moltissimi oggetti dell’epoca (abiti, bauli e valigie, scritti, ecc..). Sono presenti anche delle postazioni in cui si ha la possibilità di sapere se qualcuno dei propri antenati passò di lì. Io ho trovato tanti Franco, ma non erano miei parenti. Il bisnonno prese baracca e burattini e scappò a Buenos Aires. Comunque, a parte la digressione familiare… andate a Ellis Island, andate e andate.

Al nostro ritorno sulla terraferma siamo corsi a vedere quel che rimane del World Trade Center, ossia un enorme cantiere a cielo aperto, con tante gru e operai indaffarati. Che strano vedere quell’enorme buco tra i grattacieli, e che strano (seppur in realtà giusto e normale) vedere come la zona sia trafficatissima, brulicante di vita, migliaia di lavoratori e di auto passano accanto all’enorme buco fangoso e sembrano ignorarlo. Non è così, certo, ma la vita è andata avanti, va avanti.

Già che c’eravamo, siamo entrati all’adiacente World Financial Center, un enorme complesso elegantissimo e sofisticato, sede di importanti compagnie finanziarie, negozi esclusivi e ristoranti alla moda. L’atrio è stupendo: pavimenti in marmo rosa, ampie gradinate, soffitto in vetro e tantissime palme gigantesche che conferiscono al tutto un’atmosfera esotica. Abbiamo preso un gelatino da Bella Ciao (che di italiano aveva solo il nome ma non la qualità) e ci siamo seduti anche noi all’ombra della palma Per cena siamo andati alla Bonne Soupe, un bistrot carinissimo e nominato dalle guide. Ve lo consiglio! Atmosfera bohemien , divanetti in pelle e luci soffuse, e soprattutto cibo buono (provate le crepes). Il costo è alla portata di tutti e qui la mancia si dà volentieri.

Poi abbiamo fatto un salto sulla Fifth Avenue, la Quinta Strada: qui tra un emporio di Armani e una boutique di Chanel sorge un grosso cubone di vetro con una mela bianca illuminata. E’ la Apple, decine di computer di grido e decine di persone connesse. Completamente gratuito.

Poi, stanchi, siamo tornati a cuccia e siamo stramazzati sul letto.

29 settembre uuuu!! Giornata frenetica! oggi abbiamo macinato kilometri!! I miei poveri piedi hanno sofferto parecchio. E il mio fondoschiena duole più che mai (meglio così: almeno smaltiamo i piattoni assurdi che ci propinano).

Ci siamo svegliati presto intenzionati a veder l’alba dal Ponte di Brooklyn…L’alba non l’abbiamo vista, comunque non importa, è stato bello lo stesso. Già sul presto il ponte era attraversato da un buon numero di lavoratori mattinieri frettolosi, ciclisti e fanatici dello jogging. Il mio amico maratoneta ha trovato pane per i suoi denti, e io sono stata libera di fotografare in lungo e in largo questa meraviglia architettonica e i panorami (tra l’altro c’era un ventaccio! lì le correnti beccano in pieno, portatevi un paraorecchi). Ecco, diciamo che attraversare il ponte è un buon inizio di giornata: andata e ritorno con passo spedito si fanno più o meno in 30 minuti (ma se ci si ferma per le foto allora i tempi si dilatano parecchio). Percorrete poco più di 2 km (andata + ritorno).

Adiacente al Ponte c’è il Southstreet Seaport, la zona portuale di New York, ristrutturata e molto carina, con navi ormeggiate, bel panorama e tanti negozietti. Fate una visitina al Pier17 (molo17) che è sede di un centro commerciale carino ed economico.

Poi siamo corsi a Wall Street! il centro dei mercati finanziari mondiali: Borsa, banche , uffici, bandiere americane. Qui si trova appunto la Borsa (“New York Stock Exchange”) chiusa al pubblico e contornata da transenne e da decine di uomini della sicurezza.

Vicinissimo c’è la Federal Hall (il luogo in cui giurò George Washington come primo presidente USA. Sul luogo esatto sorge la sua gigantesca statua.

Poco più in là c’è la Federal Reserve Bank, la banca delle banche, autorizzata a emettere valuta (ho letto , pensate, che qui -5 piani sottoterra- sorge la cassaforte più grande del mondo, con oro di provenienza internazionale protetto da porte di 90 tonnellate!) Usciti da questa zona, avevamo un certo languorino, e così ci siamo fiondati in un altro locale: Katz’s Deli (nominato da tutte le guide), un’altra americanata che vale assolutamente la pena di vedere. Ambiente carinissimo (è la tipica tavola calda americana). Da questo locale è passata parecchia gente famosa, presidenti USA, sindaci di New York, star dello spettacolo e dello sport, e qui è stata girata la famosa scena del film “Harry ti presento Sally”. Il locale era stracolmo ma abbiamo finalmente assaggiato i blintzes, tipiche crepes americane dal gusto tra il dolce e il salato. Non mi hanno entusiasmato, ma provatele comunque (c’è la variante al formaggio, o formaggio e frutta- ma badate che qui il concetto di formaggio è un po’ strano) Dopo pranzo è stata la volta della celeberrima Chinatown, allegra accozzaglia di colori, odori, negozietti pacchiani e insegne colorate. Nell’insieme non dà una grande impressione di igiene, ma comunque sia la si deve buttare sull’analisi sociologica: qui i cinesi sono una moltitudine e si espandono sempre di più, isolato per isolato. E’ una città nella città.

Poi abbiamo cercato -con il lanternino, è il caso di dirlo- le 2 strade in croce che costituirebbero Little Italy. Trovate! Che dire, Little Italy è uno scherzo, di italiano c’è ben poco, diciamoci la verità: il tutto si riduce a una fila di ristoranti (Ristorante La Nonna, Pizzeria Da Gennaro, Caffè Palermo, Caffè Sorrento, Sicilia bella, ecc..).. Ma chi gestisce non è mica tanto italiano. E anche la qualità dei cibi non dev’essere proprio italiana. Parola di gelato.

Per dare una parvenza di italianità i negozietti espongono cannoli siciliani e magliette del napoli, e per sottofondo la cara loretta Goggi urla maledetta primavera…

Usciti dal trambusto di queste vie corriamo in hotel a metterci in ghingheri: Broadway ci attende! Con il musical “HAIR”!! Ragazzi, che dire…Fantastico!! uno spettacolo superbo, al di sopra delle aspettative. Attori giovani di grande talento, nulla a che vedere con gli scimmiottamenti di casa nostra. Qui la stoffa c’è eccome, il pubblico era coinvolto, io ero incantata, incollata lì per 2 ore a bocca aperta. Luci, musiche, balli di grande impatto: sensazionale. Già “Hair” in sè è il re dei musical. Sicuramente lo conoscete (è quello delle musiche Aquarius” e “Let the sunshine in”, famosissimi). Nato negli anni ’70 , parla delle proteste e dei movimenti studenteschi di quegli anni, e lancia anche ai giorni nostri un messaggio sempre attuale: NO WAR. La versione che ho visto io ha avuto grossi riconoscimenti di critica (giudicato il miglior “musical-revival” dell’anno). Meritatissimo. Peccato solo che fosse vietatissimo far foto…

Per concludere la serata siamo andati a mangiare all’Empire Diner, altro localino imperdibile citato dalle guide. Molto carino e particolare: è un vagone di pullman ristrutturato e adibito a ristorante. Ho assaggiato il bagel, altra specialità (una specie di panino-ciambella ripieno di crema al formaggio e salmone, buonissimo).

30 settembre Oggi Greenwich Village! Il quartiere giovane, universitario, dinamico, no grattacieli e sì tanto verde. Molto bellino. Attorno alla New York University si sviluppano parchi, viali alberati, graziose casette in mattoncini, ristorantini, tanta gioventù per le strade. Peccato che quel giorno ci fosse un freddo assurdo.

Camminando camminando, abbiamo scoperto un ristorantino israeliano, pensate un po’! “Hummus Place”, sapori nuovi per noi, hummus e felafel, gradevoli direi. E anche l’ambiente non era mica male. E poi il cameriere un po’ tontolone..Hihihi, che ridere Poi dopo pranzo siamo andati alla ricerca di un negozietto di cui avevo letto grandi cose, nascosto tra i vicoletti del Greenwich Village (e così con questa scusa abbiamo girato per tutto il quartiere). Eccolo il negozietto! “Magnolia Bakery”, dove la cheesecake è più buona! Ehehe, uno stanzino affollato di golosi! Abbiamo preso la nostra mini-cheesecake e il banana pudding. Che ve lo dico a fare, strabuoni!! Poi abbiamo ripreso a camminare alla ricerca di un altro “tesoro” del Greenwich Village: la casa dei Robinson!! Il telefilm!! Ve lo ricordate? Cliff, Claire, Rudy, Vanessa, Theo, Denise…Era bellissimo! Ecco, al numero 10 di St. Luke’s Place c’è proprio la casa dove fu girato il telefilm (anche se la maggior parte delle scene furono girate a Brooklyn). Che emozione sedersi su quei gradini davanti a casa!! Dopo l’emozione ci siamo fiondati in hotel a metterci in ghingheri ancora una volta. Seratona ad Harlem! Meta: il mitico Apollo Theater! La “mecca” per i talenti jazz del passato (James Brown, Aretha Franklyn, Duke Ellington, Billie Holiday e altri), nonché il primo palcoscenico del piccolo Michael Jackson con i Jackson Five.

Ragazzi che teatro! Tappeti rossi, lampadari enormi, alle pareti foto e poster delle leggende della musica. E che spettacolo! Dovete sapere che al mercoledì lì si tengono le “Amateurs Night”, ossia serate che per decenni hanno sfornato talenti. In pratica si tratta di “sfide” (tipo “Amici di Maria De Filippi, anche se il paragone è davvero un po’ azzardato). E insomma c’è chi canta, chi balla, chi suona…E il pubblico partecipa alla grande, e con gli applausi o con i fischi determina il successo o l’insuccesso di un’esibizione (un po’ come la Corrida di Corrado). C’erano ragazzi veramente bravi nell’hip hop, e dovevate vedere come il pubblico fosse coinvolto! Era presente soprattutto la comunità nera (pochi turisti), tantissimo entusiasmo tra le file. Anche qui purtroppo era vietato far foto, ma qualcosa mi è scappato. Se andate a New York fateci un salto, ne rimarrete affascinati.

1 ottobre Oggi è stata una delle giornate più intense. Abbiamo visitato il Palazzo dell’ONU, il famoso Palazzo di vetro. Molto molto interessante e istruttivo, ve lo consiglio. Le visite non si possono prenotare via internet, quindi dovete essere là al mattino appena aprono, alle 9.30. Attenzione perché ci sono restrizioni, nel senso che è ammesso solo un tot. Di visitatori al giorno. La visita in sé non dura molto, solo 45 minuti, con guida nelle varie lingue.

Si vedono parecchie sale, tra cui quella dedicata ai doni che le varie Nazioni hanno regalato all’ONU (sculture, affreschi, costruzioni particolari, ecc, che hanno come tema la pace), poi la sala dedicata agli obiettivi che l’ONU si propone di realizzare (temi quali povertà, alfabetizzazione, mortalità infantile, maternità, salute, sviluppo, e molti altri).

Abbiamo poi visitato la sala dedicata al disarmo, dove erano esposte –tra le altre cose- anche alcune mine anti-uomo (è incredibile come possano essere verosimilmente scambiate per sassi, o peggio, per giocattoli…Non a caso i più colpiti sono proprio i bambini.

Una delle sale più affascinanti è sicuramente quella che ospita l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove si trovano le postazioni di tutti i vari Stati membri (che siedono davanti a turno, in ordine alfabetico secondo estrazione).

All’interno del Palazzo si trova anche un bellissimo negozio dove si trovano gli oggetti tipici di ciascuna Nazione appartenente all’Onu.

Nel giardino accanto all’entrata si trova una delle opere d’arte che più mi hanno colpito: è la scultura della “Non-violenza”, donata dal Lussemburgo nel 1988: rappresenta una pistola con un nodo che la avvolge. Molto bella.

Nei pressi dell’Onu si trova uno degli edifici più eleganti di New York, il Chrysler Building, con la sua caratteristica guglia in acciaio, costruito negli anni ’30 per la famosa casa automobilistica.

Sempre nella stessa zona si trova il “Daily News Building”: il nome magari non vi dice niente, ma…Ricordate Superman?? Ehehe, ecco, questo è il famoso edificio che compariva nel film. Nell’atrio si trova un enorme mappamondo, il più grande del mondo, mentre linee di bronzo sul pavimento indicano le principali città del mondo e la posizione dei pianeti.

Ma l’edificio che più mi ha impressionato in questo quartiere è stato sicuramente il Grand Central Terminal, ossia la stazione ferroviaria della città. Bellissima, mai visto una stazione così. Enorme, lussuosissima, un vero gioiello che vede transitare migliaia di persone ogni giorno. Grandi scalinate, ambienti enormi, arcate , lampadari, e tanti negozi e ristoranti.

E dove siamo andati a pranzare oggi? Ehehehe, siamo andati in un posticino ben nascosto all’interno di un lussuoso hotel (Le Parker Meridien)…Dove, tra le tende dell’enorme atrio, si trova un gioiellino : il Burger Joint, dove si gusta l’hamburger più buono di New York. Andateci! E’ una vera scoperta! Ed è totalmente differente e informale rispetto all’ambiente lussuoso che lo circonda al di là delle tende! Dopo pranzo abbiamo fatto un giro sulla Fifth Avenue, la strada più esclusiva. Ehehe, siamo andati nel negozio di giocattoli più grande del mondo! Fao Schwartz!! Paradiso per i bimbi (e anche per noi. Quasi quasi mi vergogno, ma io ero incantata e mi sono comprata un bel gallinaccio colorato e morbido e un diabolico vampiretto…Mi facevano troppo ridere! E poi ho scovato Monciccì!!! Hihihihi. Poi c’erano tutti i reparti possibili e immaginabili, distribuiti in vari piani (dalle Barbie ai pupazzi Disney, dai bambolotti ai giochi tecnologici, ed anche un enorme reparto di dolci).

Dopo Fao abbiamo proseguito a sud sempre sulla Fifth Avenue e siamo giunti da Tiffany, la mitica gioielleria. Eh…Vi lascio immaginare cosa ci fosse lì dentro…Gioielli che abbagliavano, commessi-modelli bellissimi che facevano l’inchino, e soprattutto…Non c’erano prezzi!! :fischietto.Gif: HIhihihi!! Si spaventavano a metterli. Ma io alcune cose le conoscevo già perché avevo guardato sul sito…Ehehe…Poverino il mio futuro marito! Bene, accanto a Tiffany c’è la Trump Tower, opera del magnate Donald Trump, ex marito della signorona Ivana Trump (che ha sposato –tra gli altri- anche certi giovanottoni ridicoli di casa nostra…Beh, se seguite il gossip lo saprete meglio di me, e se non lo seguite, meglio ancora . Insomma questa torre è un inno all’opulenza e allo spreco…Sì, bella quanto volete, ma un’offesa alla povertà. Marmi rosa ovunque, cascate, piante, specchi enormi, ristoranti esclusivi e boutique inaccessibili. Piani e piani di lusso…E ancora più su uffici e uffici …E ancora più su appartamenti (anche quello di Sophia Loren)…Ma lì non si poteva andare… Poi è stata la volta del gigantesco complesso del Rockfeller Center, ma erano in corso lavori e così non ci siamo attardati più di tanto.

E infine, verso sera siamo entrati nel gigantesco emporio M&M’s, miliardi di confettini colorati al cioccolato, e moltissimi gadgets, di tutto e di più.

E dove siamo andati a cenare? Ehehehe, stavolta è stato il turno dell’indiano, nel quartiere di Little India, appunto. Ristorante “Milon”, uno dei locali più bizzarri e kitch che io abbia mai visto. Stranissimo e bellissimo! Lungo e stretto, soffitto stracolmo di luci e lucine, pupazzetti, decorazioni floreali (se fossimo stati alti 1.80 saremmo stati delle lampadine ambulanti anche noi. Comunque davvero originale, ragazzi indiani cordialissimi e cibo buono! Samosa, pakora, naan, masala…Ehehehe…Prrr!!!

2 ottobre Oggi i miei piedi sono messi proprio male, ma con una medicazione “di fortuna” riesco a stare in piedi (anche se zoppico un po’). Andiamo al Lincoln Center for The Performing Arts, un enorme complesso dove spettacoli di danza, musica e teatro si combinano. L’edificio principale è costiruito dal Metropolitan Opera House (sede dell’American Ballet Theater), poi sulla destra si trova la Avery Fisher Hall (sede della New York Philarmonic), e sulla sinistra c’è il New York State Theater (sede del New York City Ballet). Purtroppo c’erano lavori in corso, e non abbiamo potuto visitare il centro come avremmo voluto.

Altra meta del giorno è stato Central Park, il bellissimo enorme polmone verde di New York.

Innanzitutto devo dirvi che sul lato ovest del parco sorgono le case più lussuose della città,le residenze più prestigiose. Il palazzo più fotografato è senza dubbio il Dakota Building, dove visse John Lennon (e dove tuttora vive la vedova Yoko Ono).

Proprio nel tratto di parco davanti al palazzo si trova lo Strawberry Fields (“campo di fragole”), un giardino a forma di lacrima che è stato il tributo di Yoko Ono alla memoria di John Lennon. Per questo giardino arrivarono doni da tutto il mondo: uno di questi, un mosaico raffigurante la parola IMAGINE (forse la più famosa canzone di Lennon) proviene da Napoli.

Sempre nelle vicinanze di Central Park sorgono altri lussuosi condomini: il Majestic e il San Remo (tra i suoi famosi inquilini, Dustin Hoffman e Diane Keaton, mentre Madonna fu rifiutata dal consiglio dei condomini).

Central Park è incantevole. Laghetti, colline, prati piantumati con oltre 500.000 alberi, aree gioco, campi da tennis, piste di pattinaggio e zone destinate a ogni sorta di passatempo. C’è chi fa jogging, chi va in bici, chi va in carrozza, chi fa picnic.

Uno dei punti panoramici più belli è la zona attorno al Bow Bridge, un delizioso ponticello in ghisa.

Un altro punto molto bello è la piazza dominata dalla Bethesda Fountain, con la statua “Angeli delle acque”). Il nome Bethesda si riferisce all’angelo biblico della pozza di Bethesda, a Gerusalemme.

Altro incantevole punto è il Conservatory Water, un laghetto che ospita gare di modellini di barche.

Inoltre questo laghetto è molto amato dai bambini perché sulle sue rive sorgono due famose statue: Alice nel Paese delle Meraviglie (col Bianconiglio e il Cappellaio Matto, delizioso), e poi la statua di Hans Christian Andersen raffigurato mentre legge “Il brutto anatroccolo” (“The ugly duckling”). Queste statue sono sempre piene di bambini che si divertono a scalarle.

Alle 16 siamo corsi ad acculturarci al MOMA, il Museo di Arte Moderna (che contiene una delle più complete collezioni di arte moderna del mondo). Molto bello, sei piani espositivi uno più interessante dell’altro, con opere che vanno dai classici postimpressionisti fino all’arte moderna e contemporanea, dal design alla fotografia e alla cinematografia. Era davvero affollato (al venerdì, dalle 16 in poi, si entra gratuitamente, quindi vi lascio immaginare che calca ci fosse).

Sono rimasta un po’ delusa perché le opere del mio amato Kandinski erano momentaneamente assenti, però in compenso ho potuto vedere altre meraviglie. Eccone alcune:”Notte Stellata” di Van Gogh, “Les demoiselles d’Avignon” di Picasso,”La danse” di Matisse.

Dopo aver acquistato qualche poster di rito, siamo andati a cenare al ristorante peruviano “Pio Pio” (così, uno a caso. Cucina strana ma gradevole, sapori nuovi per noi.

3 ottobre Oggi purtroppo è stata una giornata un po’ così. Evidentemente il mio stomaco si è ribellato a tutti i pasticci che gli ho dato, e così sono stata a letto col mal di pancia e il malumore quasi tutto il giorno.

Al mattino siamo andati solo alla Columbia University, una delle più antiche università americane, con più di 20.000 studenti nel campus.

Poi in camera fino a sera, e quando mi sono ripresa un po’ siamo andati a vedere qualche localino famoso e qualche grattacielo illuminato.

Tra i locali siamo stati all’APT (di cui avevo letto mari e monti, ma si è rivelato una delusione. Quindi non ne parlo nemmeno: non andateci). Invece dovete andare assolutamente al 230 Fifth!! Bellissimo!! Si trova appunto sulla Fifth Avenue, tra la 26 e la 27 Street. Ventesimo piano di un elegante grattacielo, vista panoramica stupenda sull’Empire State Building e su tutta New York!! Splendido: ci sono due livelli: giù ci sono divani eleganti, luci soffuse, tappeti e statue; al piano di sopra invece c’è la terrazza, ancora più bella, con enormi piante, tavolini, candele, e una vista superba. Un consiglio: andate sul presto, anche verso le 9 di sera, perchè altrimenti dopo si popola troppo e non trovate posto. Altra cosa: c’è una rigorosa selezione all’ingresso, vi squadrano dalla testa ai piedi e se non siete supereleganti non vi fanno entrare perchè “rovinereste l’immagine del locale”…Ussignurr!!!! Va beh…Comunque l’ingresso è gratuito. Si può bere e mangiare. Noi non potevamo che assaggiare il tipico cocktail di New York…Il Cosmopolitan! (mamma mia, com’era forte! ha fatto effetto dopo 2 minuti.. Ho cominciato a vederci meglio..Hihih Beh, su, dopo siamo andati a vedere il mitico Flatiron Building (che però , che sfiga: proprio quella sera non era illuminato!). E’ il mio edificio preferito in assoluto, è particolarissimo e differente dagli altri grattacieli. E’ costruito su un angolo di strada (a spigolo, diciamo) e ha una forma triangolare, ricorda quasi un ferro da stiro. Tra l’altro fu uno dei primi grattacieli di New York, e fu costruito nel 1903 (all’epoca era l’edificio più alto del mondo).

Ovviamente non poteva mancare l’appuntamento con l’Empire State Building!! Il grattacielo più alto di New York, una vista notturna impareggiabile. Venne inizialmente progettato con 86 piani, ai quali successivamente venne aggiunto un pennone di 46 metri (che ora è di 62 metri e trasmette programmi tv e radio nella città e in altri 4 Stati). I visitatori salgono all’ 86*°piano dove c’è la piattaforma di osservazione che dà su Manhattan.

Ma vi dò qualche curiosità: -l’edificio fu costruito al ritmo di 4 piani la settimana; -l’armatura è costituita da 60.000 tonnellate di acciaio; -dieci milioni di mattoni; -6.500 finestre; -365.000 tonnellate è il peso dell’edificio; -9 minuti e 33 secondi è il record nel percorrere i 1575 gradini fino all’86°piano, durante la gara annuale detta “Empire State Run-Up” -l’Empire è anche un parafulmine naturale e viene colpito fino a 500 volte l’anno; gli osservatori sono chiusi durante i temporali; -la sua apparizione più famosa si deve al film “King Kong” del 1933, dove il gigantesco gorilla combatte contro i caccia.

4 ottobre

E finalmente è arrivata la domenica della messa ad Harlem! Cori gospel e tutto il resto! Corriamo felici verso l’Abyssinian Baptist Church, ma il nostro entusiasmo si spegne subito quando, all’ingresso, una donnona di viola vestita ci comunica le sue scuse e ci suggerisce gentilmente di riprovare la prossima domenica perchè la chiesa è “full”, piena. E sì, ciao…La prossima domenica…Ma vaff… Meno male che avevo una chiesa “di riserva”. Correndo dispertamente siamo arrivati alla Canaan Baptist Church.

Una coda tremenda, ma siamo riusciti a entrare e goderci finalmente questa benedetta messa gospel. Uno spettacolo unico, dovevate vedere!! Non è assolutamente una funzione religiosa come la intendiamo noi, è un teatro, un concerto, una gran festa. Pittoresca, avvolgente, colorata. Tutto si è fatto, tranne che parlare di religione. Signorotte nere grasse, elegantissime e kitch, che cantavano e ballavano. Che tipe!! Mi è sembrata come una grande famiglia: la comunità nera è molto unita, orgogliosa e fiera, ma anche tanto accogliente verso noi turisti.

Cori gospel bellissimi, tuniche rosse e nere dalle splendide voci. Nulla a che vedere con quanto accade nelle nostre chiese. Un momento che mi ha stupito è stato quando il prete (o pastore, o reverendo che dir si voglia) ha detto qualcosa e alcune persone si sono alzate in piedi. Per loro è scattato un bellissimo coro di “Happy Birthday to you”, come se si fosse tra amici,appunto. Altro momento carino è stato quando ci hanno accolti ufficialmente: il pastore ha chiesto “Who comes from Norway? Stand up!” E i norvegesi presenti si sono alzati in piedi. “Who comes from France?” E i francesi si sono alzati. E così via. Quando è stato il turno dell’Italia ci siamo alzati noi. Insomma, quando i turisti erano ormai tutti in piedi, è scattato un altro coro gospel e tutte le signorotte nere, grosse e sorridenti che ci circondavano si sono voltate verso di noi e ci hanno stretto la mano, e con larghi sorrisi ci hanno detto “Welcome Thank you for coming! God bless you!”. E’ stato molto bello, non me lo aspettavo.

Peccato solo che non si potessero far foto…Sono riuscita a farne una, ma il guardiano mi ha beccato e ha sclerato Poi…Brunch da Sylvia’s, il mitico ristorante di cibo soul, il cibo degli Stati del Sud. Affollatissimo e carino, musica dal vivo con voci black eccezionali. La cantante cantava tra i tavoli e chiedeva a tutti “Where do you come from?” e se ad esempio uno rispondeva “Italy” lei ritmando rispondeva “Uuu!!! Italy is in the house!! YEAH!!!”HIHihih, troppo forte!! Pittoresco.

Poi a un certo punto è arrivata tra i tavoli una vecchietta curatissima, ma camminava con difficoltà. Era proprio lei: Sylvia’s! la donna coraggiosa che negli anni ’60, con tutte le difficoltà e le discriminazioni razziali che c’erano, era riuscita -partendo da zero- ad aprire un’attività (allargandosi poi con gli anni).

Ora il locale ha una grande fama (lo trovate anche su internet). Alle pareti c’erano foto con personaggi famosi passati di lì, tra cui Clinton, Magic Johnson e attori di soap opera. E poi -da quanto ho capito- lì ci lavorano anche figli e nipoti, un’azienda a conduzione familiare insomma.

Purtroppo c’è stata una nota stonata, dovuta sicuramente alla grande folla che c’era. Avevamo ordinato ma i nostri piatti non arrivavano mai…Tanto che ci siamo resi conto che quanto ci spettava era andato a finire su un altro tavolo…Comunque dopo un’attesa infinita il nostro “Fried Soul Chicken with Special Sylvia’s Sauce” è arrivato. Il manager si è scusato per il disagio, ci ha fatto pagare la metà e ci ha offerto il dessert gratis. Poi piccolo giro per le strade di Harlem…

…E poi saltino da Macy’s, il centro commerciale più grande del mondo. Mamma mia, che delirio. No, no, non fa per me. C’è di tutto e di più, ma che mal di testa! Piani immensi, scale mobili che non finiscono più. Come se fosse un nostro centro commerciale, ma moltiplicato per 10.

Non ci siamo trattenuti più di tanto perchè avevamo già la serata prenotata al Birdland, un locale esclusivo, leggenda della musica jazz.

Ambiente molto elegante, tappeti rosso, tavolini impeccabili, luci soffuse, grande atmosfera…E davanti a noi l’orchestra: la “Chico O’Farrill orchestra” (jazz afro-cubano, che ritmi!) Bravissimi davvero, hanno dato il massimo. Proprio una bella serata per concludere il nostro soggiorno a NewYork.

5 ottobre Oggi si parte. Uffa, questi giorni sono volati troppo in fretta… Sfrutto la mattinata a disposizione per un ultimo giretto senza pretese. Ultima connessione alla Apple, ultime cartoline, ultime spesucce e via, all’una meno un quarto lo Shuttle passa a prenderci puntuale per trasportarci al JFK.

Bye bye New York, and see you soon!



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