La Spagna settentrionale

Paesi Baschi, Cantabria, Asturie e Galizia... un viaggio fra città, natura e fari
Scritto da: Paolo Vittori
la spagna settentrionale
Partenza il: 03/04/2013
Ritorno il: 10/04/2013
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €

03-04-13 Mercoledì: Roma-Santander-Plentzia 111 km

In occasione del master di nostra figlia, decidiamo di andare a trovarla e, insieme, di visitare la Spagna settentrionale che ancora ci manca. Faremo i Paesi Baschi, la Cantabria, le Asturie, la Galizia, un pezzo della Castiglia-Leon e ancora la Cantabria e i Paesi Baschi.

La partenza per Santander comincia male, prendiamo il trenino per Ciampino alle 8.21 ma arriva alle 8.42 quando il bus per l’aeroporto è già partito. Con 4 ragazzi, anche loro a terra, prendiamo due taxi a 5 euro/pax. Saliamo in aereo. I posti a pagamento non sono disponibili, pur non essendo stati prenotati. La loro occupazione dipende dal supervisor. Alle 10.02 chiude il portellone e partiamo. Viaggio tranquillo. In aeroporto, personale gentile della Hertz ed operazioni rapide. Ci offrono un upgrade dell’auto ed un’assicurazione supplementare che gentilmente decliniamo avendone una personale che vale per tutto l’anno ed il cui costo si ammortizza dopo 2-3 noleggi. Alle 13.20 partiamo con 24616 km a serbatoio pieno.

Da consegnare il più vuoto possibile, secondo il contratto. C’è un caldo boia e il sole picchia. Il cartello stradale sull’autostrada Santander Bilbao indica caffè bagni e benzina, usciamo per bisogni e facciamo 2 km fino ad un paesino ( ma qui gli autogrill non esistono?) e poi rientriamo in autostrada. Arriviamo alle 14.30 a Plentzia in pieno centro Paesi baschi, gente tosta e di cuore, indipendenti e fieri. Sono loro che hanno tenuto testa ai Romani, sono loro che hanno sconfitto l’esercito di Carlo Magno. E comunque non sono spagnoli né nei modi di fare né nei caratteri somatici. Facciamo un giro per la città e saliamo sulla collina che chiude a sinistra la spiaggia al cui centro ce il Centro Marino. Cerchiamo poi un ristorante ma è tutto chiuso e ripieghiamo sul solito cinese aperto 24/24 h. Menu x 3 persone 36euro, 42 con le birre. Comincia a piovere a dirotto. E non ci resta che rincasare nell’appartamento di Minù e delle colleghe che per Pasqua sono ritornate ai paesi di origine.

04-03-13 Giovedì: Plenztia-Cueva del Castillo-Gijon-Oviedo 314 km

Partiamo tarda mattinata, costeggiamo Bilbao ed imbocchiamo la A8 e dalla quale usciremo a Solares in direzione Puente Viesgo per visitare la Cueva de Castillo, grotta preistorica con pitture rupestri, visto che quelle più famose di Altamira sono chiuse per motivi conservativi e non vogliamo vedere solo il virtuale e poco verosimile museo. Ci fermiamo a Pomaluengo dopo aver percorso 165 km, al ristorante La venta di castaneda. Appena si entra, il ristorante appare di semilusso con menu da circa 40 euro/persona. Dopo una rapida lettura dello stesso ed una altrettanto veloce uscita dal locale, il gestore, che scrutava le nostre mosse, ci ferma e ci indica una porta anonima in fondo al locale. Entriamo e ce tutto uno stuolo di gente chiassosa e festosa che mangia e beve allegramente. Entriamo anche noi. Un primo, un secondo di pesce ed una mela cotta ci costa 36 euro in tre. Dopo pochi km siamo alla Cueva del Castillo. Parcheggiamo la macchina prima dello sbarramento della strada in salita che porta alla grotta e, fatti 200 m a piedi, arriviamo alla biglietteria dove con 3 euro a testa (no sconti se non per bambini e ragazzi) alle 13 facciamo l’ultima visita della giornata. È una visita privata in quanto siamo solo noi 3 accompagnati da una guida molto esperta, forse un antropologa che, con un discorso molto interessante e soprattutto lentissimo, in spagnolo, ci porta alla scoperta dei graffiti sulle rocce che venivano fatti o con l’ossido di ferro (rosso) o col polverino di carbone (nero) con la sola illuminazione del fuoco. Ci sono animali fra cui l’Uru, ormai estinto, il daino, il cervo, e decine di mani forse a marcare il territorio o come pratica rituale religiosa. Le mani non venivano imbrattate e quindi spalmate sulla roccia, ma si metteva la mano pulita sulla roccia e si soffiava poi sopra la polvere che ne delineava i contorni. La guida ci spiega che l’uomo di Neanderthal dipingeva sul suo corpo ma non sulle pareti mentre quello di Cromagnon anche sulle pareti come forma di espressione artistica. Però su un disegno rosso, con la tecnica degli isotopi hanno trovato che il disegno risale ad un epoca in cui viveva il Neanderthal per cui delle due: o anche il Neanderthal era acculturato e disegnava sulle rocce, oppure il Cromagnon comincia molto prima di quel che si pensava. La scoperta è del giugno 2012 ci dice l’antropologa. Continuiamo, in perfetta solitudine, con la guida, alla scoperta della grotta fra salite e discesa col solo obbligo di non andare per conto nostro e di non appoggiarci alle pareti. Saliamo e scendiamo percorsi in pietra a volte asciutti a volte no, date le piogge dei giorni scorsi. Ci sono enormi stalattiti e forme strane delle rocce, con colori che vanno dal rosso al verde. Alcune pitture non sono immediatamente riconoscibili e ce bisogno dell’aiuto della guida che ci fa vedere i contorni delle figure. Usciamo soddisfatti per aver visto, se non le più famose, almeno grotte vere. Ci dirigiamo decisamente, mediante la A8, che riprendiamo a Torre la Vega, a Gijon, nelle Asturie, dove arriviamo dopo 165 km in 1 h e ½. Parcheggiamo al centro, gratis, anche se la sosta gratuita inizia alle 18 e visitiamo la città che è molto bella, ariosa, con una bella spiaggia inglobata nella città. Andiamo a vedere la rocca in alto e poi, visto, che le terme romane sono chiuse, ripartiamo per Oviedo via autovia.

Usciamo prima di Oviedo, alla Corredoria, un quartiere periferico, dove paghiamo 70 euro la tripla al Hotel IDH Angel (o casa Angel). Ordinata e moderna la stanza, buono il bagno e la doccia. Il parcheggio è possibile, free, alle spalle dell’hotel il cui garage costa 8 euro/notte. La sera andiamo in una sidreria li vicino e con 7 euro ci portano la sidra, il vino fatto dalle mele, una bottiglia da 1L a testa e una porzione abbondante di calamari molto morbidi e buoni. Vediamo per la prima volta come servono la sidra: portando la bottiglia il più in alto possibile, il bicchiere all’altezza dello stomaco e facendo cadere il vino dall’alto, per mescolarlo meglio con l’aria, dicono. Un pò di vino cade per terra, ma, in genere, sono molto bravi nel fare centro. Andiamo via con una bottiglia di sidra, essendoci scolati le prime due.

05-04-13 Venerdì: Oviedo-Capo Vidio-Luarca 130 km

Pioggerella fitta fitta e cielo grigio. Alle 10.30 partiamo per la scoperta dell’Oviedo preromanica, non molto frequente e così ben conservata nel resto dell’Europa e testimoniata da 4 chiese. L’ordine di visita ci consentirà di ottimizzare gli spostamenti. La prima è San Julian de los Prados, patrimonio Unesco (visibile fino alle 13, da fine Aprile fino a settembre anche 16 alle 17.30, biglietto 1,20 €, domenica chiuso). La chiesa è al centro di Oviedo (c/Velasquez) in un isola pedonale dove siamo costretti ad entrare, non orientandoci, fino a parcheggiare davanti ad un officina che ci dice di stare tranquilli che polizia non se n’è mai vista da quelle parti. La chiesa è un gioiellino e vale il viaggio. E’ del 848 dc, l’anello mancante fra il mondo romano e il medioevo. L’interno è tutto affrescato da case, templi, elementi vegetali, rigorosamente simmetrici, come tutte le espressioni artistiche e civili romane. Nessuna immagine religiosa in stile cristiano-bigotto. Facciamo qualche domanda alla custode che è contemporaneamente guida e bigliettaia ed è quando è in quest’ultima veste che facciamo qualche foto di nascosto, altrimenti vietate. Giriamo attorno alla chiesa per ammirarne le forme.

Andiamo poi sulla collina fuori Oviedo (Avenida los Monumentos, segnalato) per vedere Santa Maria del Naranco (in basso) e San Miguel de Lillo (in alto) che distano 100 m l’una dall’altra e che, fino ad aprile sono visibili fino all’una. Cominciamo con San Miguel, davanti alla quale parcheggiamo, pur in presenza di strisce gialle da passo carrabile, (chi vuoi che ci sia a quest’ora e di questi tempi ?), ma facciamo i biglietti nella chiesa inferiore, dove la solita unica guida, custode, bigliettaia sta per finire una visita guidata. Cominciamo con quella superiore che è di una semplicità stupenda, anche qui con elementi e simmetria romani. La chiesa era più grande prima, ed occupava il piazzale davanti all’abside che è più recente, mentre dell’ ‘800 sono i rilievi all’interno. Con la stessa guida vediamo la chiesa in basso, anche questa molto bella per lo stile, specie del loggiato sopra l’entrata. Le due chiese sono gestite privatamente e la guida spiega bene ed è interessante la storia che racconta, per quanto non tutto lo spagnolo riusciamo a capire. Quando percorriamo la salita per riprendere la macchina, da un auto della polizia un poliziotto ci apostrofa per il parcheggio fasullo “se un camion vuole parcheggiare, come fa ?”. E ha ragione, ma finisce tutto con un cazziatone

Andiamo quindi alle 14 al centro di Oviedo e dopo aver lasciato la macchina in un garage (Longaria, al centro) a pagamento (4,20€ per 3-4 ore) in quanto il parcheggio è impossibile, passeggiamo e poi andiamo alla Sidreria Tierra Astur, fidandoci della Lonely, e facciamo bene. Tre menu fissi, a 34.32 con bevande incluse, ma la qualità lascia un po’ a desiderare anche se apprezziamo sia il locale molto rustico che il cibo, servito in scodelle di legno, rustiche, proprio come se fossimo pellegrini del ‘600. Più che i sapori buoni, ci interessano le sensazioni culinarie ambientali forti. Partiamo da Oviedo che ci è piaciuta meno di Giyon per l’ariosità che le conferisce il mare. Vale solo il preromanico.

Andiamo a San Esteban de las Cruces, un paesino a 7 km a sud di Oviedo, per vedere l’ultima chiesa preromanica, S. Maria de Bendones alla quale si arriva svoltando a destra in una ripida discesa e che si vede solo da fuori in quanto l’interno è visibile solo la domenica quando viene il prete (la curia) a fare la messa. Vediamo in questa occasione il primo horreo, magazzino esterno alla casa e sollevato da pilastrini per evitare che i topi si arrampichino e facciano man bassa. Alcuni horrei hanno due croci sul tetto, perché la divinità scoraggi i roditori ed anche questo discende dal mondo romano dove i Penati erano proprio le divinità preposte alla conservazione delle provviste alimentari.

Alle 17 lasciamo Oviedo per Cudillero a circa 62 km da Oviedo, ma non prima di aver fatto il pieno per il quale mettiamo 46,88 L di benzina (più dei 45 L riportati sul libretto: eravamo quasi a secco!).

Cudellero è carina e l’oceano incombente e rumoroso, le casette colorate del porto incastonate nella montagna, sono una visione inaspettata. Parcheggiamo, gratis, e ci facciamo un giretto nel paesino dove compriamo anche un pò di frutta, mele a 1€/kg, e due scatole di gallette. In una frutteria nche gli aranci a 50 €/kg. Saliamo fino in cima al paese e ci prendiamo un dolcetto. Il tipico paesino di pescatori, che si sono trasformati in ristoratori e commercianti di chincaglierie per turisti. Uscendo dalla città, ci fermiamo, in curva, a contemplare l’oceano con una macchina dietro di noi che pazientemente aspetta. Passa l’immancabile polizia che ci fa un secondo cazziatone ma nulla di più. Chiediamo umilmente scusa e spariamo dalla loro vista.

Andiamo poi al faro di Capo Vidio, dove arriviamo dopo una trentina di km, passando per Artedo e San Martin de Luina.Alle 20.30 ce ancora luce e siamo al faro. Siamo noi soli con l’oceano in tempesta sotto di noi. Non camminiamo attorno al faro perchè la stradina è stretta senza protezione e sotto ce lo strapiombo. Ci godiamo il mare e le onde che vogliono portarsi via le rocce. Facciamo una breve passeggiata fuori pista alla sinistra del faro dove un sentiero va verso il mare e poi risale. Dopo Capo Vidio andiamo verso Ribadero, ma, non si sa perché, non prendiamo l’autostrada ma una via interna, la N632, piena di curve e dopo ½ ora abbiamo fatto solo 10 km. È buio e occorre andare piano. In genere, evitiamo l’autostrada per meglio immergerci nel paesaggio, ma questa volta potevamo farne a meno. Passiamo Ballotta, Cadavedo e Villademoros, cerchiamo alloggio in una locanda sulla strada ma è tutto pieno e ci consigliano di guadagnare Luarca. Così facciamo. A Luarca, interpelliamo 3 hotel e la scelta cade su l’’hotel Rico, nella piazzetta dove cadiamo pesantemente addormentati nella tripla a 60 € (50 doppia + 10€ per letto aggiunto), molto ben riscaldata perché fa un freddo boia: 5-6 °C.

06-04-13 Sabato: Luarca-Ribadeo-Capo OIrdegal-Fruxeira-Ares 290 km

Sono le 9.40 e si conferma la pigrizia dell’equipaggio. È vero che siamo in vacanza però…! Facciamo colazione con latte e biscotti e ci dirigiamo senza ulteriori indugi a Ribadeo per vedere la spiaggia delle cattedrali (playa as catedrais) dove la minima bassa marea è alle 8.30 però stando li per le 11, pensiamo che si potrà ancora passeggiare. Alle 10.30 siamo a Ribadeo, parcheggiamo in alto e scendiamo subito sulla spiaggia. Camminiamo fra guglie e pareti di roccia incombenti che ricordano i 12 apostoli dell’ocean road australiana. Non riusciamo a spingerci molto in avanti sulla spiaggia perchè la marea inizia a montare e raggiungerà il picco alle 14.30. La sensazione è molto bella: la spiaggia è chiuso da altissime pareti di roccia mentre le onde si infrangono sulla spiaggia. Nel mare formazioni rocciose strane. Ritorniamo sui nostri passi e, fra burroni nella roccia e visioni fantastiche dell’oceano, camminiamo sul bordo del burrone. Pochissima gente in giro. Minù si avvicina in modo improponibile al bordo delle rocce e ci fa disperare: vengono a noi le vertigini per lei. Il sentiero passa sopra un ponte naturale per cui abbiamo l’oceano a sinistra e a destra l’acqua che entra in una insenatura naturale dove si sono anche formate due grotte. Andiamo via verso le 13 quando ormai l’acqua ha invaso tutta la spiaggia. Invece di proseguire lungo la strada della costa, interna e tutta a curve, prendiamo l’autostrada che piega verso sud per uscire, poi, a San Saturnino che ci porterà a Capo Ordegal. Il navigatore non riconosce l’autostrada, evidentemente recente, pre-crisi, e ci aiutiamo con la cartina. Vediamo cantieri chiusi, piloni sospesi nel cielo completamente abbandonati e tocchiamo con mano che la crisi deve essere forte.

Usciamo a San Saturnino e andiamo verso nord in mezzo ai boschi. Ci fermiamo a Carino, al ristorante ‘A Cepa’, vicino all’hotel Cantabrico, poco prima del Capo e mangiamo benissimo, tre porzioni di calamari con la cipolla, vino bianco e peperoncino più una porzione di polpo alla gallega, una bottiglia di bianco, un acqua minerale e due dolcetti per 52,20 € in tre. Non male. Verrà etichettato come migliore ristorante del viaggio. Andiamo poi verso Capo Ordegal, ma leggiamo sulla Lonely che c’è un sentiero che porta al Capo attraverso i boschi. Nulla di più falso, la strada si inoltra in campagna ma poi arriva ad un bivio non segnato. Scorgiamo una cappella e dentro ce un signore che sta pregando. Avendo fretta di raggiungere il faro lo distogliamo dalla meditazione e ci facciamo indicare la strada, in salita, che riporta sulla strada asfaltata, tanto valeva farla subito. Continuiamo a piedi e dopo una discesa si arriva al faro del Capo. Anche qui, il panorama, il rombo dell’oceano che è in burrasca, ci stringono il cuore. Da rimanere ore a scrutare il mare. Dal faro, spediamo Minù con una coppia di spagnoli, nemmeno tanto disponibili, a riprendere la macchina e ripartiamo per le Rias altas. Alle 18 stiamo partendo da Capo Ordegal e ritorniamo sulla costa Galiziana.

Poco prima di San Miguel vediamo un sacco di pale eoliche e alle 19, dopo 40 km, arriviamo alla spiaggia di Villarube che è una distesa di enorme di sabbia, poi c’è la bassa marea e quindi il mare si allontana di almeno 200 m dalla spiaggia e lascia laghetti dappertutto. Davvero particolare. Vediamo il mare in lontananza e ci avviciniamo fino alla linea di costa. In mezzo al mare si vede un faro e sulla destra una collina con i tipici alberi alti, stretti e con dei ciuffi di foglie sulla sommità. Da Villarubera alla spiaggia di Fruxeira ci sono 18 km e arriviamo a 20.30 dove c’è la solita magnifica scogliera. Peccato le nuvole che oscurano il sole per cui niente tramonto anche oggi. Andiamo verso Mugardos, a nord di A Coruna, perché abbiamo letto sulla guida che fanno il polpo con una ricetta tutta loro. Ma a Mugardos non c’è albergo e, essendo tardi, ripieghiamo verso Ares, fregandocene della ricetta speciale. Ad Ares alloggiamo all’hotel Porta do sol del Gruppo Villa de Ares che per 45 € ci dà la tripla e restiamo a mangiare nello stesso albergo, dopo aver parcheggiato agevolmente. Come al solito, la stanza è moderna efficiente ed essenziale.

07-04-13 domenica: Ares-Capo Nariga-Capo Roncudo-Punta da Insua- Capo Villan-Lurido-Capo Tourinan- Capo Fisterre-Pereirina

Fatta colazione nel più che onesto albergo, alle 10 partiamo per il sud verso A Coruna dove però non ci fermiamo perché a parte la torre di Hercules sulla costa, e tante ne troveremo, non c’è nulla. Meglio andare alla Costa do Morte. Oggi è la giornata dei fari galiziani. Si comincia col faro di Nariga. Come al solito piove ma, alla fine, saremo contenti perché pioggia, cielo minaccioso, oceano in tempesta e vento sono il contorno migliore per visitare il faro, per antonomasia ultimo baluardo contro la forza dell’oceano. Alla partenza siamo invischiati in un dedalo di viuzze ma poi miracolosamente imbocchiamo l’autostrada. Paghiamo il pedaggio 2,90 allo svincolo di Coruna, e poi 85 € 200 m dopo. Boh. Altro pedaggio 1.95 € all’uscita di Caballo. È un’autopista (autostrada) e non un’autovia (superstrada). All’uscita 34 ci dirigiamo verso nord. Smette di piovere ma il sole è sempre coperto. Alle 12.20, dopo 120 km, arriviamo al faro di Nariga, chiuso, dopo aver percorso stradine sconosciute al navigatore e aiutandoci col mare e con l’intuito. Stradine impossibili dove due auto non possono passare. Tutto attorno a noi fiori gialli e pale eoliche ferme. Vento impressionante al faro di Nariga e non sempre si individua la direzione del vento al momento dei bisogni causando scene biasimevoli e… fastidiose. Rocce zoomorfe granitiche e lisce ci spingono a individuare gli animali. Un orso, un’aquila. Un posto bellissimo. I cespugli sono morbidissimi e ci divertiamo a rimbalzarci sopra. Il faro pare un monumento funebre a 3 piani, fatto di marmi da un architetto, un mirador, una piattaforma e il terzo per i servizi. Mi stacco dalla compagnia e vado alle spalle del faro dove la costa è alta ma discendibile. Scendo e arrivo fino all’ultimo scoglio lambito dalle onde, oggi più che mai furiose. So che sto correndo un rischio, ma la simbiosi con l’oceano è indescrivibile. Pare di stare in un’altra dimensione. Riguadagno il suolo sicuro e intanto la pioggia e il vento aumentano e ci spazzano via.

Ce ne andiamo verso Punta Roncudo a 20 km dal faro precedente dove arriviamo alle 13, le coste sono basse e si può andare fino al mare. Anche qui il faro è chiuso e le onde si infrangono sulla costa bassa. Ci sono varie croci sugli scogli: sono i pescatori morti durante la pesca, anche dagli scogli con la fiocina causa onda anomala. Anche qui le rocce sono basse e ci avviciniamo al mare il più possibile.

Alle 13.40 partiamo da Capo Roncudo e ci dirigiamo verso Punta da Insua che sta vicino a Laxe e dista 24 km. Alle 15 siamo a Lexe e andiamo in un ristorantino, O’ salvavidas, dove prendiamo una porzione di calamari e una porzione di polpo alla gallega con bottiglia di vino, pane e 3 boccali di birra e spendiamo 31 euro. Partiamo da Lexe direzione faro Punta da Insua inoltrandoci in stradine strettissime del paesino. Siamo al faro di Capo da Insua, la spiaggia è bianchissima e ci sono delle sculture. Tutta la costa è costellata da croci e stavolta ci ricordiamo il film la tempesta perfetta dove nel paesino degli USA nord orientali avevano fatto una scultura per ricordare i pescatori caduti in mare. Anche qui, come un mantra, l’incessante boato dell’oceano e delle onde spumeggianti che si infrangono sugli scogli.

Alle 15.40 partiamo per Arou, posta fra Camelle e Camarinas. Continua la costa Do Morte. Camelle è a 18 km da Laxe. Troviamo il bivio per Arou, verso il mare. Attraversate le stradine di Arou, inizia una strada sterrata paradisiaca costruita a 5 metri dal mare che qui è calmo, senza nessuna traccia antropica. Rocce lisce e rosate e non piove più. Ci viene voglia di fare il bagno in una baietta, ma l’idea di doverci vestire e rivestire ci fa desistere. Poco dopo ci fermiamo ed andiamo a rendere omaggio alle 172 vittime del vascello inglese the Serpent sepolte in un cimitero vicino alla costa, che naufragarono nel 1890. Solo 3 si salvarono. Nel 1890-1896 venne costruito il nuovo faro che rimpiazzò quello vecchio che tanto male aveva funzionato.

La strada arriva a Capo Villan. Dopo 5-6 km di strada sterrata e piena di buche e acqua di cui non si sa la profondità, si arriva ad un incrocio per capo Villan dove ce il faro. Le rocce della costa sono rosa. All’incrocio andiamo a destra e mancano 7 km ma la strada e migliore. (A sinistra si andrebbe a Camarinas che è meglio collegata col faro). Alle 18 siamo a Capo Villan, che è preceduto da un casermone che pare un castello. Vicino c’è un’insenatura col mare turchese. Vediamo le formation rochas indicate da un cartello. Poi visitiamo il museo del faro nel cui corridoio ci sono 3 riquadri che riportano le centinaia di incidenti capitati da queste parti negli ultimi due secoli, con tanto di data e di tipo di nave coinvolta. Tutte le navi passavano per questo tratto di mare pericoloso. Sono visibili anche le antiche lampade a filamento e una lanterna col cristallo spesso almeno 8 cm. Il nome è Costa do Morte perché si dice che da qui partisse Caronte per andare nel regno dei morti o perché i Fenici, per mantenere il monopolio, dicevano che era mortale addentrarsi da queste parti. L’ultimo grande naufragio fu quello della petroliera Prestige nel 2002. Il museo è comunque magico e aleggiano storie terrificanti e di morte in mezzo alle vecchie attrezzature e ai pannelli illustrativi.

Da Capo Villan andiamo a Camarinas, da una strada bella, e direttamente a Mursia dove c’è Punta da Barca e poi a Capo Tourinan. Mancano 27 km a 25846 e sono le 18.45. A 25868 km siamo alla spiaggia di Lurido a 2 km dal centro di Noxia verso l’interno, siamo soli, dopo che 4 ragazzi in macchina, vanno via. Il parcheggio è vicino alla spiaggia. La spiaggia è semicircolare. Ci avventuriamo verso una parte della spiaggia dove sfocia un fiume che proviene dalle colline circostanti. Dopo 25 km da Lurido arriviamo al faro di Tourinan, in modo un po’ rocambolesco perché il navigatore si disperde in un dedalo di viuzze di cui non ci fidiamo e da cui dove non si vedeva neanche il mare. Il tempo è nuvoloso e non vedremo il tramonto neanche oggi. Ce ne andiamo a Cabo Fisterra, la nostra ultima tappa marina della costa galiziana. Sono le 21. Sfruttiamo le ultime luci ma fa buio subito. Troviamo a tentoni il km 0 del percorso di Santiago dove una foto ci immortala. C’è un ristorante sopra la collina, ma non ce nessuno. A Cabo Fisterra c’è solo il km zero, per il resto si può trascurare. Riprendiamo verso Cee dove alloggiamo all’hostal Pereirina, al paese di Pereirina, un agglomerato di case, 40 euro tripla con bagno in camera, come avevano fatto altri viaggiatori di TpC. Bella stanza, ma un po’ fredda. Andiamo a mangiare al ristorante O’ Cruzeiro, lì vicino, uscendo dalla pensione a destra poi ancora a destra e dopo un po’ sulla sinistra: per una porzione di polpo, due di churracco di manzo, con 2 pezzi di carne, 4 birre e un’acqua paghiamo 27 euro. Andiamo a dormire perché domani ci aspetta Santiago. Ci dicono di lasciare la chiave in stanza perché domani, lunedì, gli uffici sono chiusi.

08-04-13 Lunedì: Pereirina –Santiago de Compostela-Lugo-Taramundi 310 km

Alle 9.40 con la pioggia partiamo per Santiago da Compostela (70 km). Mai visto un acquazzone simile. In genere, ci fidiamo più della segnaletica che del navigatore perchè ci sono molte strade nuove che non conosce. Ma questa volta lo seguiamo e ci fa fare 20 km in più. La superstrada ci porta a Santiago da CEE sulla AC552, al bivio di Berdoia siamo sulla ac441 e poi l’ac546 e ac544 dritti a Santiago dove arriviamo a 26019 km alle 10.45 e ci mettiamo 20 minuti per percorrere la periferia. Dopo vari giri per cercare un parcheggio libero, lasciamo la macchina in un parcheggio sterrato-argilloso proprio sotto la ferrovia, riconoscibile dai piloni rossi… se piove, non ci consentirà di uscire visto che già è pieno di pozzanghere invalicabili. Ci annotiamo la via per il ritorno che è la Rua Romero Donallo, vicino al distributore della Repsol e cominciamo a salire verso il centro storico. Alle 12 entriamo nella cattedrale dove c’è la messa. Sono l’opposto di quanto si possa dire religioso e pio, anzi, ma questa chiesa mi fa un certo effetto e non so se dipenda dal pellegrinaggio, che so… che si fa e di cui ho consapevolezza, però sento molto misticismo, anche il prete che celebra la messa, mi sembra un uomo di fede. E’ come se Santiago fosse al confine di due dimensioni diverse, il terreno e qualcosa che va oltre, non necessariamente religioso, ma trascendente. Questa è l’impressione cha fa anche agli altri che sono comunque più pii di me. Le strade sono stranamente silenziose, dopo l’allegro vociare di Gijon e di Oviedo, pur essendoci molte persone, ma che non sono turisti, propriamente detti, ma viandanti, pellegrini, camminatori che arrivano qui in modo modesto e semplice, discreto. Ispira religiosità, devozione, rispetto dell’assolto. Ci sediamo in prima fila, ma di lato per assistere alla messa. La messa la fa un prete spagnolo, un uomo di fede, coadiuvato da un lettore, forse tedesco in spagnolo e da un prete italiano che nella sua lingua legge. Una cantante dalla voce soave intona a volte un salmo. Do

Po circa un ora la messa è finita e giriamo per la chiesa che si visita gratuitamente, vediamo anche la colonna all’ingresso con le sculture che i pellegrini usavano toccare e che si sono di conseguenza consumate.Il butafumeiro, il famoso turibolo che viene fatto oscillare sulla testa degli astanti, è li ma è fermo. Lo metteranno in funzione venerdì prossimo in occasione dell’arrivo di un gruppo di pellegrini. Usciamo dalla chiesa e gironzoliamo per la città. Poi andiamo alla ricerca di un ristorante consigliato dalla Lonely, O dezaseis, ma i prezzi sono cari e ripieghiamo verso un altro verso piazza Cervantes che però non troviamo. Disperati ed affamati, andiamo alla casa del Xantar nella Rua da Troya numero 10. Ottimo!! Con 30 euro in 3 abbiamo 2 zuppe fagioli con pezzetti di merluzzo, una parigliata di insalata funghi bacon e peperoni e 3 costolette di agnello con patate lesse, condite con salsa di cipolle, pane grattugiato e margarina. Poi anche 3 dolci molto buoni crema di limoni con castagne e torta di santiago fatta con le mandorle. Ancora, 2 birre estrella de galizia e una bottiglia di acqua, incluse. Nei 30 euro è compresa l’IVA che versano allo stato quindi loro ci guadagnano 8 euro/testa. Conviene sempre prendere il menù fisso, che consente 2-3 scelte, se quello che offrono piace, perchè le stesse cose, in qualità e quantità, si trovano nel menù alla carta ma costano anche 10-11 euro. Questo ristorante sarà la nostra palma d’oro di tutto il viaggio. Rifacciamo la strada in discesa lasciandoci a sinistra la stazione ferroviaria, che prima non avevamo notato e dove è esposto un bel vagone tipo belle epoque.

Alle 15 ci dirigiamo verso Lugo (103 km) dove alle 17 arriviamo. Sbagliamo strada anche ora, perché invece di puntarci direttamente, andiamo a nord, lambiamo Betanzos e poi giriamo verso sud percorrendo 130 km. Siamo a Lugo alle 17.45. Il tempo sereno ci consente di fare la passeggiata sopra le mura romane dove si incontra di tutto, biciclette, mamma con la carrozzina, persone che corrono, bambini che giocano gente che passeggia e chiacchiera, insomma un luogo di ritrovo a 10 metri di altezza. Le mura, accessibili liberamente da molti punti, sono molto ben conservate e fatte di scaglie di roccia cementate, non di mattoni cotti, sono molto spesse e ogni 10 metri ce un torrione che sporte dal muro ed è leggermente bombato. Con 75 km raggiungiamo Taramundi che è paesino carino dove andiamo in un appartamento, Casa Paulino al centro del paese, con due bagni due stanze e cucina a 49 euro. E’ di uno spagnolo che parla bene l’italiano e che ha lavorato in svizzera dove ha fatto i soldi in e poi, tornato in Spagna, ha costruito l’albergo. Ci dice che Taramundi è l’unico paese in spagna dove si pratica il turismo rurale. Spendiamo 16,50 € per la cena, preparata artigianalmente dalla moglie mentre la figlia serve birra al banco. E’ la sistemazione più economica. A Taramundi vediamo ce anche il museo dei coltelli e dei merletti ma data l’ora tarda, sono chiusi. La mattina dopo vediamo il museo del mulino, che si trova a breve distanza dal paese ma apre alle 10-10.30, ma il prezzo alto (4 €) ci avrebbe sconsigliato dall’andarci.

090413 Martedì Taramundi-Plenztia 447 km

Alle 10.40 scriviamo Canga de Onis sul navigatore, a 200 km da Taramundi, perché il tempo è bello e possiamo andare sui Picos de Alpes. Alle 12.10 siamo sulla strada dei picos, alle 13.20 siamo a Rionda e poi a Cangas de Onis che è la Cortina di queste parti. Donne ingioiellate ed abbronzate sedute ai tavolini di bar serviti da camerieri impeccabili, aria di ozio e di lusso. Questo ispira Cangas de Onis che rimane ben al di fuori della crisi. Unica cosa degna di nota è un bel ponte, detto Puente Romano ma che non lo è (forse le fondamenta). Imbocchiamo decisamente la N625 e comincia un paesaggio verde e rigoglioso, con monti con picchi aguzzi ed innevati, perennemente costeggiato, a destra o a sinistra dal Rio Sella, un fiume piccolo ma impetuoso che ha scavato un canyon tra i monti e che pare molto adatto a fare rafting. Siamo a 300-350 m sul livello del mare come ci indica il navigatore, eppure siamo sui monti. Proseguiamo quindi verso la gola detta Desfiladero de los Beyos. La strada è minuscola e ce problema per fare passare due macchine, una ci sfiora e per poco non ci porta via lo specchietto ma per il resto, siamo soli fra Canga de Onis e Oseya, nostra destinazione finale. La strada è davvero un capolavoro di ingegneria come recita la Lonely. Sulla strada ci sono sassi poco rassicuranti. Dopo un po’ passiamo sotto un tunnel di almeno 60-70 m scavato nel granito dove, all’entrata e all’uscita c’è una rete con sopra un sacco di massi caduti. Non arriviamo a Oseya, perché dopo il tunnel la strada diventa normale, ma torniamo indietro per goderci questa piccola ed emozionante avventura con il fiume al lato e la parete rocciosa che ci sovrasta. Ripassiamo per Cangas de Onis e ci dirigiamo, via N634, sulla costa e mettiamo il navigatore per Vicente de Barquera, dove arriviamo per le 15. Il paesino è molto carino dall’alto, arrivando in macchina perché ce un lungo ponte che oltrepassa un fiordo che penetra verso l’interno. A Vicente de Barquera chiediamo del ristorante Las Folia, segnalato da viaggiatori di TpC, ma è solo una rosticceria. Ci spostiamo poi a Camillas, lì vicino c’è il palazzo costruito da Gaudì, l’unico fuori dalla Catalogna, ma visto che il biglietto costa molto (6 euro a testa) rinunciamo a vederlo, tanto a Barcellona ne abbiamo visto molti. Comunque, non si vede nemmeno da fuori perché la biglietteria sta fuori dal parco dove si trova il palazzo. Altri seguono il nostro esempio. Andiamo poi a Santillana del mar, paesino perfettamente ricostruito secondo lo stile medievale. Da vedere, almeno per rendere omaggio allo sforzo ricostruttivo. Il paese è rigorosamente isola pedonale (le auto si lasciano fuori delle mura) ed è piacevole passeggiare per l’acciottolato e vedere i palazzotti con i balconi in legno aggettanti sulla strada. Unica deviazione, i negozietti di chincaglieria sparsi dappertutto. Vendono di tutto (anzi vorrebbero farlo) cioccolati artigianali e salumi. Pochissimi turisti, ma una bella passeggiata. Bellissima la chiesa in fondo alla strada, ma non paghiamo i 3 euro che ci chiedono per visitarla (ingresso sulla sinistra), basta vederla da fuori. Evitiamo anche il museo della tortura che costa 3.90 €. Partiamo poi per Plentzia, tappa finale del nostro bellissimo viaggio, dove accompagneremo nostra figlia e passeremo la notte divertendoci a guardare la bassa marea di sera (barche in seccoa) e quella alta la mattina (barche pienamente operative).

10-04-13 Mercoledì: Plenzia-aeroporto Santander km 135

Con 26926 km il 100413 siamo all’aeroporto di Santander dove finisce la nostra avventura in Spagna. Potevamo ancora fare 58 km, secondo il computer di bordo, per cui, considerando 15 km/L lasciamo nel serbatoio 4 L cioè circa 6 euro che regaliamo alla Hertz. Tutto a posto per l’imbarco dove controllano accuratamente il volume delle valige, ma non il peso. Arriviamo a Ciampino in perfetto orario. Il viaggio è finito, ma non per noi. Abbiamo ancora le foto da scaricare, il filmino da montare e il racconto da scrivere su TpC da cui abbiamo attinto tante informazioni che dobbiamo, in un modo o nell’altro, restituire.

Ultime riflessioni

La polizia non si vede quasi mai e puoi fare tutto quello che si ritiene non eccessivo, anche se contrario alla legge. Gli spagnoli fanno tutto in misura, sanno che non possono eccedere, altrimenti verrà applicata la legge, ma entro certi limiti si può fare tutto. In tal modo la polizia può non essere sempre presente, visto che le infrazioni non creano un vero e proprio allarme sociale.

Mangiare: prendere sempre il menù fisso dopo essersi accertati che le scelte sono gradite. D’altra parte non è che ci sia una scelta vastissima con la carta e i piatti sono sempre gustosi e abbondanti.

Abbiamo trascurato A Coruna e Vigo perché industriali. La birra migliore è la Estrella di Galizia, il piatto di calamari fritti costa 10 €, il polpo alla gallega 11-12 € ma le porzioni sono abbondanti e fanno per due. Per l’acqua bevevamo quella del rubinetto.

Spagnoli: persone cordialissime e tranquille, sempre prodighi di informazioni e disponibili.

Aereo: Ryanair da Ciampino a Santander, spesa 135, 98 € in due A/R.

Auto: Hertz a 96 € per 7 giorni dal sito Ryanair, ma non sempre conviene. Abbiamo percorso 2310 km, spendendo 160 € di benzina e consumando 153 L di carburante ad un consumo medio di 15 km/L, arrivando a velocità di 130-140 km/h in autopista quando il tempo e il traffico, scarso in generale, lo permetteva. La furbata della riconsegna del serbatoio vuoto, si può bypassare perché l’elettronica delle nuove auto consnete di tenere sottocontrollo i km ancora percorribili con la benzina residua, quindi uno può pianificare il rifornimento e riportare l’auto in riserva spinta. La benzina è costata nella fascia: 1.470-1.503 €/L. Il pieno iniziale, alla Hertz che applica uno sconto, è costato 1.453 €/L.

Parcheggiare al centro delle città si può, ma non potendo ci sono moltissimi garage a pagamento. L’apporto di una cartina, da comprare il loco, è utile, e necessario in quanto ci sono molte strade nuove che il ns navigatore (aggiornamento 2009) non conosceva e comunque con la cartina si pianificano meglio gli spostamenti.

Budget: Abbiamo speso 1300 € complessive (ca 430 €/ persona) non facendoci mancare niente che non servisse.

Tempo: È piovuto praticamente sempre dal 4 al 9 aprile, noioso per vedere le città, ma per nulla negativo per la natura e i fari della Galizia, dove il brutto tempo aumenta la drammaticità del vento e dell’oceano oltre a rendere spettrale e misteriosa la zona del faro.



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