New York, New England e un bimbo di un anno e mezzo.

Un viaggio on the road adatto ai bambini al di sotto dei 36 mesi
Scritto da: alice s.
new york, new england e un bimbo di un anno e mezzo.
Partenza il: 17/08/2011
Ritorno il: 29/08/2011
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Salve a tutti i turisti per caso e in particolare ai turisti per caso genitori (sia per caso che non). In questo diario di viaggio oltre a descrivere i luoghi che ho visitato intendo dare un po’ di consigli pratici su chi ha la (splendida e folle) idea di partire per un lungo viaggio intercontinentale on the road con un pargolo under 36 mesi al seguito. Mentre pianificavo il viaggio mi chiedevo se fosse un’idea azzardata o fattibile quella di partire con il nostro bimbo di 16 mesi e cercavo disperatamente informazioni, ma non ho trovato nulla di nulla. Sono giunta a due conclusioni: o le persone che decidono di fare un lungo viaggio con un bimbo piccolo al seguito sono pochissime oppure non hanno il tempo di scrivere reportage perché stanno inseguendo loro figlio che cerca di mangiare la coda del gatto. Alla fine ho fatto comunque l’azzardo e ho scoperto che è fattibile ed è per questo che ora (dovessi impiegarci una settimana a farlo) e vi racconterò tutto quello che ho imparato. Il viaggio aereo. Noi siamo partiti con la Continental. Avevamo prenotato il volo tramite Lufthansa e ci avevano promesso il pasto baby, ma poi in aeroporto abbiamo scoperto che Continental non lo offre. Per fortuna avevo dei biscotti nella borsa e in più ha mangiucchiato un po’ da noi, poi ci siamo fatti dare del latte sull’aereo e quindi è stato a posto. Per i bimbi sotto i 2 anni non è previsto un posto a sedere per loro, ma se sono sotto i 12 chili possono usufruire di una culletta che viene posizionata sulla parete di fronte a determinate file di posti. Il nostro bimbo (Enea) in realtà al momento del viaggio era di 12,5 chili, ma abbiamo mentito perché odia stare a lungo in braccio e sarebbe stato un incubo. Per avere il posto culla abbiamo telefonato alla compagnia aerea un paio di mesi prima del volo e ce lo siamo fatto prenotare, vi consiglio di fare lo stesso, per noi è stato indispensabile. Il viaggio in sé è abbastanza stressante, ma fattibile. Su 9 ore ha dormito 3 ore circa, per il resto del tempo ha camminato avanti e indietro, guardato fuori dal finestrino, giocato con dei libricini che gli avevo portato, smangiucchiato e fatto arrabbiare le hostess 60enni.

Il fuso orario. La reazione di Enea è stata una sorpresa. Era estasiato da new york ed è stato sveglio fino alle 3 di notte italiane!!! Non era mai successo. Lì a New York erano le 9 quando si è addormentato e in realtà di lì a poco ci siamo addormentati tutti. Meglio di così non potevamo sperare. Siamo atterrati a New York alle 13,30 ora locale all’aeroporto di newark, da lì abbiamo preso un autobus per 15 dollari (enea non ha pagato) che ci ha portato a Grand Central station. Comodissimo. Approfittatene, appena usciti dall’aeroporto invece di andare verso la stazione dei treni seguite l’insegna Ground Trasportation, troverete un banco dove comprare i biglietti e avere tutte le info che vi servono.

L’hotel e i trasporti. Quattro giorni a manhattan senza mai prendere la metropolitana, si può! La metro di New York è molto vecchia e affollata, con il passeggino sarebbe stato un delirio così abbiamo scelto un hotel a midtown (affinia shelburne hotel) che abbiamo comprato con un’ottima tariffa su booking (prenotate l’hotel di new york con molto anticipo se volete risparmiare!) e da lì abbiamo macinato tantissimi chilometri, dall’upper side fino a battery park, andando in lungo e in largo.

Come tappa per il nostro primo pomeriggio a new york avevamo bisogno di qualcosa di vicino ma capace di tenerci svegli: lo shopping! Ci siamo diretti spediti al rockfeller center dove c’è uno dei nostri negozi preferiti: Anthropologie (date uno sguardo al sito per capire il nostro entusiasmo http://www.anthropologie.eu/europe/page/home) e poi non paghi dello shopping siamo saliti sul top of the rock, al 68esimo piano di uno dei grattacieli del rockfeller center… una vista che non vi sto a dire. Dopo di che, ritorno in hotel e nanna.

Il cibo A new york trovare del cibo sano da dare al vostro bimbo non sarà un problema, la città è nel pieno della moda salutista e ovunque ci sono catene di cibo bio o healty food. Per la merenda noi facevamo tappa fissa da jamba juice che fa degli smoothies di frutta fresca buonissimi e c’è n’è uno in ogni strada della città. Enea è diventato ghiottissimo di quella roba, ora mi tocca comprare un frullatore. Per il latte abbiamo spesso approfittato di starbucks. Per chi non c’è mai stati, lì dopo che prendi il caffè vai a un bano dove ti scegli cosa mettere nel caffè e ovviamente c’è anche il latte, che noi abbiamo più volte versato nel biberon. Nessuno ci ha detto niente, gli americani sono gentili coi bimbi.

Il secondo giorno ci siamo diretti a Chelsea a vedere il quartiere delle gallerie d’arte e il meatpacking district, un quartiere alla moda in questo momento. Non mancate di fare un giro sull’high line se passate da quelle parti. È una vecchia ferrovia che era destinata ad essere abbattuta ma degli architetti coraggiosi hanno presentato un progetto di parco cittadino molto innovativo ed è stata salvata. Ci sono tantissime piante coltivate in modo tale che sembrino selvatiche e abbandonate, panche e acqua per rinfrescarsi. Lì abbiamo trovato un tizio che vendeva ghiaccioli di frutta fresca bio fatti in casa, una delizia.

Il terzo giorno invece abbiamo visitato uptown, central park e il museo di storia naturale. Questo è un posto perfetto anche per i bimbi piccolissimi che possono correre in giro e vedere gli animali impagliati senza correre il rischio di fare danni. Enea lì dentro è letteralmente impazzito, correva estasiato da una teca all’altra, chiamava le persone e gli indicava le cose, non riuscivamo a fermarlo. Quando siamo usciti di lì è crollato nel passeggino, tutto sudato e sfinito.

A proposito di sudore, anche gli americano sono dei pazzi dell’aria condizionata. Fuori 30 gradi, dentro 12. Portate sempre una maglia per il pupo (anche per voi), meglio se con il cappuccio.

Abbiamo pranzato nel museo, ma lì è stato l’unico posto di new york pieno di junk food, tutto molto grasso e malsano, perciò se potete evitate.

Nel pomeriggio abbiamo visitato il whitney museum, un posto incantevole, con mostre temporanee molto interessanti. (qui devo fare un punto, abbiamo evitato il moma e il met, e abbiamo preferito circuiti e gallerie più alternative, è una scelta, ma credo che anche i grandi musei siano fattibili coi bimbi) Nel withney Enea è stato nel passeggino, lì sarebbe stato un problema farlo andare in giro visto che c’erano anche diverse istallazioni, ma per fortuna si era stancato ben bene tra il museo di storia naturale e central park per cui non è stato un problema.

Il quarto giorno ci siamo dati all’up town. Il financial disctrict, il nuovo grattacielo in costruzione nel world trade center e poi il battello per ellis island e la statua della libertà. Miss liberty ci siamo accontentati di vederla dal mare mentre siamo scesi a visitare il museo di ellis island, che è molto toccante perché racconta la storia che hanno vissuto le centinaia di migliaia di persone che migravano in america all’inizio del secolo scorso. Anche qui per il bimbo tutto ok, è andato in giro e ci ha fatto stancare parecchio, ma siamo sopravvissuti. Al Washington square garden ha avuto parecchi incontri con degli scoiattoli socievoli e si è divertito parecchio.

Ricapitolando New York: tante ore di camminata, tanto cibo sano, tanti pannolini cambiati nei bagni delle catene dei fast food, tante corse per i corridoi dei musei, passeggino usato come carrello per lo shopping, Enea che dice hi e bye a tutti, gente affettuosissima con Enea(ovunque si fermavano a parlargli anche se lui non capiva una parola) cani affettuosi ( devo fare un appunto sulla questione. Enea ama i cani ma difficilmente i padroni i italiani lo lasciano avvicinare, forse temendo la reazione del cane. In america invece sono tutti molto ben disposti e quando la gente vedeva l’entusiasmo di enea avvicinava i cani, lui li accarezzava felice, loro lo annusavano e io ero contenta di gustarmi la scena.). Bilancio: positivissimo.

La mattina del quinto giorno abbiamo noleggiato l’auto e ci siamo diretti nel new england, non prima di aver sbagliato imbocco dell’autostrada. Abbiamo noleggiato l’auto alla hertz con il seggiolino e il navigatore ma all’inizio ancora non eravamo praticisissimi.

Prima tappa Newport, Rhode Island. Qui ci sono tutte le case dei ricchi, le cosiddette Mansion e alcune sono anche visitabili, se non fate come noi. E già, siamo arrivati lì, ma dal parcheggio dle visitor center ci siamo diretti al centro città (che non è niente di che) invece che sulla scogliera che guarda verso l’atlantico, nel frattempo si è fatto buio e ci siamo persi il meglio. In questo neanche la guida era chiara, l’abbiamo capito solo dopo, per cui ricordatevelo: dal parcheggio risalite verso il cliff! Non andate al porto!!! In serata siamo arrivati nel nostro alloggio, un b&b a New Bedforf, Massachussets, luogo non turistico ma molto bello che noi abbiamo scelto perché ci abitava Melville (infatti abbiamo dormito nella casa che fu di sua sorella, in un quartiere che sembrava uscito da Piccole Donne).

Lì facciamo una colazione buonissima e tutta bio e partimao subito per il Cape Cod dove ho realizzato il sogno di una vita… Il cape cod è bellissimo e merita di sicuro più di un giorno di viaggio (è il mio unico rimpianto), ma noi avevamo una meta precisa e non abbiamo indugiato: dovevamo raggiungere Provincetown e imbarcarci per il whale watching. Arriviamo lì in tarda mattinata e andiamo subito a comprare il biglietto per la mini crociere che dura tre o quattro ore in media. Per fortuna troviamo posto, ma sull’ultima nave, quella che salpa alle 17. Nel frattempo mangiamo in un clam shack. (un posto tipico dove fanno i lobser roll e le famose vongole fritte tipiche della zona, e qui col cibo inizia un po’ la nostra deriva….) Poi andiamo in spiaggia dove enea decide di tuffarsi per inseguire le anatre! E così abbiamo fatto anche questa… fortuna ho fatto in tempo a denudarlo prima che si bagnasse del tutto perché era inarrestabile. In ogni caso avevo con un munsero sufficiente di cambi, ho usato i vestiti che gli avevo tolto per asciugarlo e poi l’ho rivestito con vestiti puliti, io mi sono alzata i pantaloni e mi sono bagnata fino alle ginocchia per stargli dietro. L’acqua era fredda ma devo dire che se avessi avuto il costume un bagno me lo sarei fatta anche io. La guida in questo non era stata per niente chiara, stando a quello che diceva l’acqua era troppo fredda per fare il bagno, ma se l’ha fatto un bimbo di 16 mesi, per quanto spericolato possa essere… Finalmente si fanno le 5 e inizia l’avventura più bella, che per quanto mi riguarda vale il viaggio fin lassù… Le balene sono animali stupendi, se fai silenzio puoi sentire il loro canto e sono sicura che il mito delle sirene nasce da qui. Ne abbiamo visto tante, hanno saltato, sbuffato, mostrato le splendide code e una ci è passata sotto la barca. Lì ho realizzato le dimensioni mastodontiche, arrivano fino a 18 metri!!! Enea ci ha fatto la grazia di dormire per quasi tutto il tempo, quindi mentre noi eravamo sul ponte a fare foto e a gridare di meraviglia lui era nel suo passeggino dentro la cabina a farsi cullare dalle onde. Si è svegliato giusto in tempo per vedere due balene e con mia grande sorpresa appena gliele ho indicate le ha subito individuate e si è appassionato. Poi ha passato tutto il tempo eccittato a correre avanti e indietro, a indicare ogni gabbiano e ha fatto amicizia con dei bimbi più grandi, li abbracciava e loro si divertivano e ridevano. La sera siamo tornati a new bedford felici, ma mi sono pentita di non aver prenotato una notte a Provincetown, è pazzesca e bellissima e c’è un’atmosfera molto serena e rilassata. È una città gay friendly, piena di colori e gallerie. Il giorno seguente abbiamo visitato New Bedford, città che è stata molto ricca in passato grazie alla caccia alle balene e che ora possiede il porto che più si arricchisce grazie alla pesca in tutta la costa altlantica statunitense. Il vecchio quartiere acciottolato è molto suggestivo e ti puoi immaginare i marinai che si imbarcavano, poi abbiamo visitato il museo dei balenieri e infine abbiamo mangiato qualcosa in un pub irlandese molto accogliente. Prima di lasciare la città siamo stati in un centro commerciale dell’antiquariato. Loro lo chiamano antiquariato, ma somiglia di più a roba di mercatino delle pulci, cosa di cui siamo pittosto appassionati. (Tutto il new england è pieno di questa roba e ci abbiamo speso un sacco di tempo e di dollari). Nel pomeriggio siamo partiti alla volta del Maine, destinazione Portland non senza una sosta a Kittery, città degli outlet.

L’hotel di Portland è accogliente e abbiamo una bellissima vista su tutta la Casco Bay, Portland è bella, tranquilla e ricca di storia, ma non ci soffermiamo troppo e partiamo verso la costa centrale del Maine, ricca di insenature e penisole che si allungano nel’oceano per decine e decine di chilometri. Visitiamo la Pemaquid penisola alla cui estremità c’è un piccolo e bellissimo faro, facciamo una passeggiata sulle rocce, vediamo anatre in formazione che volano sulle nostre teste e poi ripartiamo per il nord del Maine. Il nostro hotel è a Castine, un piccolo paesino di pescatori, sperdutissimo, che non so nemmeno come mi sono ritrovata a prenotare due notti lì. La verità è che è vicino all’Acadia National Parc (altra meta regina del nostro viaggio) ma allo stesso tempo è autentico e riservato e nonostante i chilometri in più che facciamo nella deviazione per raggiungerlo si rivela una scelta interessante. L’ non c’è veramente nulla da fare, se non contemplare la natura e il silenzio, il b&b dove dormiamo d’altro canto è molto bello.

La mattina seguente dopo aver girato per un’oretta a Castine e aver comprato un po’ di pane, pomodori e formaggio a un piccolo mercatino locale ci dirigiamo all’Acadia National Park. Abbiamo deciso di non girare per il parco in macchina (volendo c’è un giro che si può fare in auto) ma di darci alla natura e prendere l’autobus che giura per il parco, ne passa uno uno ogni mezz’ora. Una scelta azzeccatissima e consigliatissima. La nostra prima fermata è stata il cliff sull’ocano. Abbiamo lasciato il passeggino a bordo strada con la speranza di ritrovarlo al ritorno, ma la tentazione di avventurarsi nel sentiero sulle rocce era troppo forte… (siamo dei pazzi, lo so) Il mio compagno si è messo Enea a cavalcioni sulle spalle e siamo andati. Siamo stai premiati: alla fine della scogliera, in un posto piuttosto remoto, abbiamo avvistato una foca che sbucava dall’acqua. Troppo emozionate. Trovato un punto panoramico ma “comodo” abbiamo fatto il nostro picnic coi prodotti presi a castine. Abbiamo ripreso l’autobus e questa volta ci siamo fermati al Jurdan Pond un bel lago di montagna con tutto un sentiero che ci gira intorno e che sembra veramente uno di quei luoghi che immagini abitati dalle fate e dai folletti. Il bello di questo parco in effetti è offre i paesaggi più variegati, la spiaggia, la scogliera a picco sull’oceano, i boschi, i laghi…. Ognuno trova quello che fa al caso suo e non c’è un posto più affollato di altri. (a proposito di folla, apro questa parentesi. La guida ci aveva terrorizzato, aveva parlato di hotel strapieni e strade affollatissime, motivo per cui avevo prenotato tutto con largo anticipo già dall’Italia. Ora, sarà la crisi, non lo so, ma noi pur essendo nel pieno della stagione non abbiamo mai trovato code o troppa gente e tutti gli hotel a cui siamo passati davanti esponevano il cartello vacancy, per cui era tranquillamente possibile partire all’avventura.. L’unico neo è che un sacco di posti per dormire non accettano i bambini, è assurdo lo so ma non avete idea di quante mail di rifiuto ho ricevuto dai b&b per questo motivo…) Finita la nostra visita al parco scoppia un acquazzone e facciamo appena in tempo a prendere l’ultima corsa dell’autobus nel parco. Facciamo rientro a Castine e ci beviamo una birra al bar del b&b. Il giorno seguente splende di nuovo il sole e ripartiamo per il new hempshire, abbiamo prenotato a north conway, nelle green montain. Ovunque sulla strada è pieno di cartelli che mettono in guardia dall’attraversamento delle alci ma non non ne vediamo neanche l’ombra, in compenso avvistiamo un’aquila dalla testa bianca. Arriviamo troppo tardi per fare un sentiero e decidiamo di andare all’echo lake. È stata una buona scelta, non c’è quasi nessuno e il lago ha una carattestica magica, un’eco incredibile da cui prende il nome. Puoi gridare qualsiasi cosa e le montagne di roccia alle spalle del lago te la restituiranno solo dopo qualche secondo e con una chiarezza incredibile. Fa un certo effetto sentire la propria voce che rimbomba tra le montagne. Anche qui enea ha voluto farsi il bagno, non c’è stato verso di trattenerlo. Questa volta però avevamo i costumi in macchina, così li abbiamo presi e ci siamo fatti il bagno tutti, anche se l’acqua era piuttosto freddina anche qui.

La sera facciamo il bagno tutti e tre nella piccola vasca riscaldata che c’è nel giardino del nostro b&b. È bellissimo, ci siamo solo noi e un mucchio impressionante di stelle nel cielo sopra la montagna.

Intanto si diffonde la notizia dell’uragano Irane su new york, la prima reazione è di ridarella isterica, sembra di essere in un film apocalittico, poi viene fuori che hanno chiuso tutti gli aeroporti e siamo preoccupati per il rientro, ma dopo duemila telefonate ci riorganizziamo e la Continental dice che ci faranno partire lunedì pomeriggio.

In mattinata, il giorno dopo, partiamo per il Vermont. Questo stato ha più mucche che esseri umani stando alla nostra guida e non stentiamo a crederlo visto il ridicolo numero di case che si incontrano attraversandolo. È pieno di laghi e fiumi, dei paesaggi ampi e tranquilli. Nel pomeriggio visitiamo il Vins, Vermont Istitute of natural science. Un centro di recupero per rapaci, da cui partono anche un paio di sentieri. Ne facciamo uno (non molto ben tenuto a dire la varità) ma anche qui siamo fortunati, avvistiamo un bellissimo airone mentre si alza in volo dallo stagno.

Il giorno dopo si vede subito che la tempesta tropicale portata da Irene non ci darà tregua e non possiamo far altro che buttarci in tutti i mercatini di antichità della zona (che qui non sono all’aperto ma dei veri e proprio negozi, spesso enormi in grandissimi capannoni.)

Arriva il momento di tornare a new york. Visto l’uragano ancora in corso decidiamo di tenerci nell’interno, ma per fortuna l’audacia ha la meglio e arriviamo fino a manhattan. In seguito abbiamo scoperto dai tg che ci sono stati molti più danni nell’interno dove eravamo noi, e dove tra l’altro non se li aspettavano, che a new york dove regna una calma surreale. La hertz è chiusa e non possiamo restituire la macchina, per cui la dobbiamo tenere un giorno in più (poi ce lo faremo scalare) e ne approfittiamo per spostarci in macchina anche la sera. La città è vuota e bella, ci capita di parcheggiare addirittura a Times Square!

Nell’ultima mattinata a new york splende il sole, facciamo un po’ di giri per soho, un po’ di shopping e poi molto per tempo andiamo in aeroporto, consapevoli che per il dopo uragano ci sarà una gran confusione. Il nostro volo è in overbooking e ci offrono 400 dollari a testa per non partire, ma dobbiamo rientrare a lavoro e siamo costretti a rifiutare. Nel viaggio di ritorno Enea è più scalmanato dell’andata, perché in America si è sbizzarrito e non lo ferma più nessuno, ma finalmente dopo 4 ore di volo crolla anche lui e io di seguito. Qui termina il nostro viaggio, spero di avervi convinti che un viaggio coi bimbi piccoli è possibile e loro si divertono quanto e più di noi. Mi sa che i piccoli hanno una capacità di adattamento che tendiamo a sottovalutare ed enea mi ha sorpreso in più situazioni, basta non essere troppo apprensivi. Certo, ci sono attività alle quali bisogna rinunciare, ad esempio nel new englan è pieno di kajak. Poi ad essere onesta in questo reportage ho omesso certi dettagli, tipo: enea stava mettendo i canini per cui faceva la popò liquida in continuazione (scusate la descrizione, ma i genitori mi stanno capendo), nei lunghi spostamenti in macchina diventava nervoso e spesso l’ho tolto dal seggiolino e mi sono messa dietro con lui a giocare, ci sono mancati quei momenti rilassanti dei viaggi, quando ti fermi in un bar e ti godi tranquillo una birra o un caffè, perché con un bimbo così piccolo la parola “tranquillo” si usa raramente. (non dovrei dirlo, ma non vedo l’ora che arrivi all’età del nintendo ds). Ma volete mettere tutto questo con la gioia di vedere Enea che dice hi e bye-bye?



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