Tre amici, tre moto, una tenda… strade bianche, occasione per rivivere emozioni passate

Percorsi, itinerari, alla fine strade, fatte quasi senza fermarci, col desiderio muoversi in continuazione, come se dovessimo arrivare a un appuntamento atteso da oltre un anno
Scritto da: tretracce
tre amici, tre moto, una tenda... strade bianche, occasione per rivivere emozioni passate
Partenza il: 01/09/2012
Ritorno il: 09/09/2012
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €
Niente birra… Solo un sorso di grappa per illudersi di avere un po’ di calore. Le ultime braci del bivacco, ardono ancora e mi fanno tardare un po’ prima di raggiungere gli altri in tenda.

E allora ne approfitto per rivivere le sensazioni dei giorni passati.

Un viaggio emozionante che a detta di qualcuno era da “pensionati”… E che invece noi, abbiamo affrontato con l’entusiasmo di sempre. Questa volta la traversata prevedeva la partenza dal mare e l’arrivo a Bardonecchia, percorrendo strade bianche… La Via del Sale, la Via dei Cannoni, l’Assietta, la salita allo Jafferau.

Percorsi, itinerari, alla fine strade, fatte quasi senza fermarci, col desiderio muoversi in continuazione, come se dovessimo arrivare ad un appuntamento atteso da oltre un anno.

Guardo la fiamma intensa che sembra parlarmi e il suo scoppiettio mi riporta a Molini di Triora.

Dopo un bel percorso sull’asfalto liscio e fluido, finisce la strada e comincia lo sterrato. Quando stai per staccarti, è inevitabile chiedersi “Cosa sto facendo? Dove sto andando?” Ma l’esitazione è veramente breve. Un ultimo sguardo tra di noi, gli irrudicibili, e poi il piede sinistro spinge piano la leva del cambio in basso… La prima entra dolcemente, e rilasciando la frizione la moto si muove. Dopo pochi metri nuovamente il piede cerca la leva e questa volta la solleva sempre con la stessa delicatezza, quasi sfiorandola: la seconda entra… Apri… Terza… E i nostri vecchi monocilindri, un XT 600, un Kavasaki 650 e un Aprilia 600 cominciano a salire. Anche loro con i loro chilometri accumulati negli anni, ma sempre fedeli e affidabili.

Per fare lo sterrato come si deve, abbiamo sgonfiato leggermente le gomme per aumentare l’aderenza. Così lo slittamento è ridotto e le ruote addentano la strada facendo sparire all’improvviso le paure. Il cuore ricomincia a battere regolarmente, tranquillo, e siamo pronti ad affrontare questa nuova sfida. L’aria s’insinua nel casco, accarezza il viso… Tenere la maschera sul volto sarebbe come “far l’amore vestiti”…. Non sarebbe possibile cogliere queste sensazioni uniche e irripetibili. Sensazioni che volano nell’aria e tornano preponderanti portate dalla fiammella del bivacco.

La Via del Sale… I tornanti si snodano sotto le gomme tassellate portandoci sempre più in alto e distanti da tutto e da tutti! Solo noi, i compagni di sempre, ad un anno dall’ultimo viaggio importante e qualche capello bianco in più ma sempre con la stessa voglia di stare insieme e di rimetterci in gioco. Sempre pronti ad osare e a spingerci al limite, divertiti quando leggiamo negli occhi degli altri, negli occhi di chi resta e ci vede partire, sempre la solita domanda: “Ma cos’altro volete inventarvi alla vostra età?!”.

I motori cantano nel silenzio della montagna, Cima della Valletta, Cima Ventosa, Colle del Signore, Colle della Boaria, Colle di Tenda… Corriamo in salita… Prima, seconda, terza piena, immersi nei pensieri e nel profumo dei pini, dell’erba, dell’aria solo nostra sentendo che tutto quello che ci circonda è solo nostro e non potrebbe essere diverso perchè ci fa stare bene.

Ancora un sorso di grappa bianca secca quasi dura, dura come il volto dei margari incontrati sulla Gardetta. Il viso scavato dalla fatica, dalla solitudine dei luoghi ma anche dal vento e dal sole. Uomini che guardano con diffidenza, che osservano sottecchi, mentre ci fermiamo per un po’ all’ombra del muro della malga.

Davanti a noi solo le Alpi… La strada si srotola verso il fondo valle e sembra essere buona, veloce.

Gli occhi che prima ci guardavano con sospetto si spostano sulle tre moto. La diffidenza poco alla volta cede il passo alla confidenza e ci ritroviamo a parlare di passaggi forti che incontreremo lungo la strada, di guerre, questi sono gli ultimi testimoni di fatiche e sofferenze patite dai loro nonni. E probabilmente non avremmo potuto incontrarli se non lì, nei luoghi a cui appartengono da sempre. Loro e noi tre… Il paesaggio era notevolmente cambiato oramai, ne facevamo parte anche noi… Non più turisti di passaggio o semplici spettatori passivi ma tre uomini che lo vivevano insieme a loro.

Altro fumo sale verso il cielo stellato e si perde. Sale in alto come la strada che porta al forte dello Jafferau.

Quando si cominciamo ad avere chilometri di sterrato nelle braccia, si sente quella bella fatica. Quella che ti spinge poi a scaricare lo zaino che ti sei portato dietro, anche quando pensi di non farcela ad arrivare in cima. Dietro ad ogni curva c’è un nuovo paesaggio, una nuova immagine da scoprire, guglie rosse e brune, un nuovo traguardo da raggiungere, una nuova sfida da vincere.

La strada sale e peggiora. E salendo iniziano i problemi: rocce spaccate e taglienti come lame. Il vecchio Pegaso perde olio dall’ammortizzatore, la catena non sembra troppo tirata. Le moto urlano la loro fatica mentre arrancano, e intanto si arriva fino ai 2750 m. dello Jafferau. Finalmente mettiamo i piedi a terra, non distanti da alcune mura completamente diroccate. I resti del vecchio fortei. Quello che rimane è un ammasso di pietre. Lo sguardo si estende su Bardonecchia, la Guglia Rossa, la Valle Stretta in lontananza. Alle spalle la Valle Fredda. Solo il silenzio è in grado di cicatrizzare la ferita procurata dall’urlo del motore durante la salita. Quel silenzio sottile però, è rotto solamente dal fischio delle marmotte e da quello del vento che si insinua tra le pareti decadenti.

Si decide di scendere direttamente dalle piste direzione Bardonecchia, una linea retta giù dalla montagna.

Ci spacchiamo le braccia, la forcella è difficile da tenere… le pietre la portano dove vogliono loro… le braccia fanno male.In piedi sulle pedane, prima… seconda. La nostra fatica è tutt’una con quella della moto.

Ancora un sorso di grappa, uno sguardo alla brace che si sta spegnendo e alla tenda in cui loro stanno già dormendo e da cui proviene il loro respiro profondo. L’atmosfera è intima e difficile da esprimere a parole. Devi esserci per capire.

Proprio come quella sera lungo la strada dell’Assietta.

Le prime stelle, attraversavano le nuvole che salivano dal fondo valle e cominciavano ad affacciarsi annunciando l’arrivo del buio.

Il rumore della pietra sopra il picchetto della tenda, il vento che accarezzava il telo della tenda, unico suono sempre uguale dal deserto alla montagna. Un piccolo fuoco brillava davanti al bivacco come se fosse la nostra stella…

Quella che ci tiene legati, uniti nella notte fredda e silenziosa tra i monti… I pensieri volano lontano, ognuno con i suoi che fa volare in parti diverse, per gli altri irraggiungibili, quasi seguendo i lapilli del fuoco. Siamo insieme ma in questi attimi siamo soli, soli come solo la montagna è in grado di farti sentire.

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