Tre giorni nella Sicilia di Montalbano meno conosciuta
È facile perdersi tra la miriade di tour dedicati a Montalbano offerti nella zona di Ragusa, meta siciliana molto ambita dai fan di Andrea Camilleri.
Io, lo ammetto, ero forse una delle poche persone a non aver seguito le gesta del commissario Montalbano, ma il mio compagno, un po’ più appassionato di me, nel 2020 ha proposto di inserire questa deviazione nella nostra vacanza per lo più marittimo-gastronomica a spasso per la Sicilia (ci siamo spostati in auto, ed è stata sicuramente la scelta migliore, non amando pianificare le cose nei dettagli, o troppo in anticipo).
Così, come faccio prima di ogni viaggio ma con una motivazione in più, mi sono immersa nell’atmosfera che avremmo assaporato sfogliando le pagine di La forma dell’acqua, il primo libro della serie, seguite subito dal film Il cane di terracotta, così da avere un assaggio delle due diverse forme di narrazione.
E poi, la scoperta: la casa di Montalbano, location iconica dei film, è affittabile, a un prezzo un po’ elevato ma tutto sommato accettabile, per vivere questa esperienza in alta stagione (noi abbiamo pagato 340 € per 2 notti a fine agosto prenotando a luglio inoltrato). Il B&B è composto da quattro camere da letto, un salone comune, e ovviamente, la magnifica terrazza sulla spiaggia, dove ogni mattina viene servita la colazione.
Un po’ per fortuna, un po’ perché probabilmente era la più cara e quindi l’ultima rimasta, abbiamo soggiornato in quella che, a mio parere, è la camera più bella della struttura, con un affaccio a 180° su Punta Secca, nell’estremo sud della Sicilia. In più, l’aggiunta in camera di un ombrellone e due sedie sdraio è stato un extra molto gradito.
Il primo giorno siamo arrivati giusto il tempo per goderci un aperitivo in terrazza al tramonto che definire suggestivo è riduttivo.
Per cena volevamo restare fedeli al tema mangiando da Enzo a Mare, il ristorante preferito del commissario, ma non aveva ottime recensioni, quindi abbiamo optato per il Pappappero (food&drink), a due passi dal B&B, dove ho mangiato la pasta alla Norma più buona della mia vita.
E, per finire, c’è cosa più bella che addormentarsi cullati dal rumore delle onde? Forse, solo risvegliarsi con quello stesso rumore.
Purtroppo, in quei giorni il mare a Punta Secca era un po’ mosso e, per via del fondale basso, risultava torbido e piuttosto pieno di alghe. Nonostante l’acqua non fosse estremamente agitata, la gente del posto ci ha sconsigliato di fare il bagno perché le onde nascondevano diversi affioranti vicino a riva. Quindi, invece di emulare la nuotata mattutina di Montalbano, ci siamo limitati a un piccolo tutto, ma è stato comunque un ottimo risveglio.
A dirla tutta, siamo rimasti delusi dalla colazione. Non posso dire se la colpa sia stata esclusivamente delle restrizioni dovute al Covid ma, rispetto a tutte le altre colazioni fatte in Sicilia, questa è decisamente quella che ci è piaciuta meno (merendine e marmellate confezionate, e un paio di cose da un forno vicino che però non ci hanno fatto impazzire).
Non potendo godere troppo del mare sotto casa, abbiamo deciso di spostarci alla spiaggia di Sampieri, a Scicli, proprio ai piedi della famigerata Mannara (ovvero la ex Fornace Penna). Niente sentieri dissestati per arrivarci, ma i resti della fabbrica erano esattamente come me li ero immaginati. Non essendoci molto da vedere, non era invasa dai turisti, e questo ha resto l’atmosfera ancora più suggestiva. C’è da dire che la fabbrica dismessa è ridotta piuttosto male e, nonostante molti si addentrino tra i corridoi ormai privi di soffitto, mi sentirei di sconsigliarlo.
La meraviglia più grande, però, è stato il furgoncino che vendeva panini cunzati e birre fresche a due passi dal mare. Una mattinata splendida, condita da un salto a una meta decisamente più gettonata: il commissariato di Vigata, ricavato in due stanze del Municipio di Scicli. Per entrare si paga il biglietto: 3€ solo per il set del commissariato, 6€ se si vuole aggiungere la Stanza del Questore di Montelusa, sempre nel Municipio di Scicli.
Abbiamo concluso la giornata con un ultimo bagno al tramonto e una cena da asporto in terrazza.
L’ultimo giorno siamo partiti piuttosto all’avventura, sempre per cercare di stare lontani dalle folle dei tour organizzati.
Di nuovo un po’ per caso, un po’ per fortuna, avevamo letto che la grotta de Il cane di terracotta esiste davvero, si chiama Grotta delle Trabacche, ed è visitabile. Arrivarci non è stato affatto facile, perché non era segnalata in quasi nessuna guida ed è stato difficilissimo trovare indicazioni (almeno così era nel 2020 – ora il parcheggio per la grotta è segnalato su Google Maps), ma ne è valsa la pena, perché è stato proprio questo a rendere tutto più magico.
Abbiamo seguito passo passo le istruzioni trovato in un post di Tripadvisor (Recensione di Federica B) e, dopo un paio di svolte sbagliate, siamo arrivati a uno spiazzo dove in effetti si intravedeva quello che una volta poteva essere un cartello turistico bruciato dal sole come tutto il terreno circostante.
Da lì partiva una serie di sentieri puntellati di cancelli per gli animali, tutti privi di lucchetti o serrature. Con un certo timore di venire colpiti alle spalle dai pallini di una lupara, abbiamo cominciato ad avanzare controllando di tanto in tanto le indicazioni del post come fosse una mappa del tesoro.
In mezzo a tutto quel giallo, quel caldo e quel silenzio, sembrava veramente di essere in un film di quelli girati con il filtro giallo per dare l’idea dell’arsura. È sembrato un po’ di tornare indietro nel tempo.
E poi, dopo circa mezz’ora, quando ormai stavamo per rinunciare e tornare indietro, sulla nostra sinistra, è comparso un cancello. Era chiuso, ma anche questo con un chiavistello senza lucchetto che serviva semplicemente a tenere fuori gli animali. Una volta aperto ci siamo sentiti davvero Indiana Jones sulla porta di un tempio perduto.
La piccola grotta, una catacomba risalente al IV secolo d.C., è composta da due camere, ed è esattamente come compare nel film.
Tutta questa emotività legata a una piccola grotta tutto sommato di “poco” interesse può sembrare esagerata, ma in fondo mi emoziono per le piccole cose, e passare mezza giornata nella natura alla ricerca di un tesoro mi ha fatto tornare bambina.
Una volta tornati alla macchina, siamo ripartiti per la tappa successiva della vacanza.
Abbiamo lasciato quei luoghi con un po’ di amarezza per non essere riusciti a vedere altri posti magnifici come la Grotta Mangiapane, ma in fondo è un po’ come lasciare delle cose a casa di qualcuno per avere una scusa per tornarci.