On the road tra Las Vegas & Grand Canyon

22/10 - Volo Orlando - Dallas (Texas) - Las Vegas (Nevada); giro per Hotel: Aladdin; Paris; Bellagio; New York New York; Excalibur; 95 south fino a Searchlight Sveglia alle 4 del mattino in punto. Preparativi veloci e via sul taxi prenotato da ieri notte per l'aeroporto di Orlando. E dire che c'eravamo appena l'altro ieri... Il nostro volo parte...
Scritto da: Ivanweb
on the road tra las vegas & grand canyon
Partenza il: 22/10/2004
Ritorno il: 26/10/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
22/10 – Volo Orlando – Dallas (Texas) – Las Vegas (Nevada); giro per Hotel: Aladdin; Paris; Bellagio; New York New York; Excalibur; 95 south fino a Searchlight Sveglia alle 4 del mattino in punto. Preparativi veloci e via sul taxi prenotato da ieri notte per l’aeroporto di Orlando. E dire che c’eravamo appena l’altro ieri… Il nostro volo parte alle 6.55 verso Las Vegas con scalo a Dallas. All’aeroporto di questa mitica metropoli del Texas, di cui non si può non ricordare l’omonimo telefilm, sostiamo diverse ore prima di ripartire all’1.30. Il fuso orario qui è di meno un’ora rispetto alla costa Est. Nella nostra attesa, abbiamo modo di osservare una consistente differenza nei personaggi americani, rispetto a quelli visti ieri in Florida. Senza neanche dover andare in città, abbiamo numerosi e valorosi esempi del texano ‘tipico’ di fronte ai nostri occhi: cappello da cowboy, camicia a quadri a maniche lunghe rigorosamente dentro i jeans, stivaloni a punta luccicanti, camminata larga tipica di uno che, oltre ad essere americano, passa la maggior parte del suo tempo a cavallo. A proposito di scarpe luccicanti, pare una moda da queste parti farsele lustrare per benino seduti su una sedia. Esiste proprio questo mestiere: il lucidatore di scarpe… Tra i vari texani qualcuno si distingue anche per l’atteggiamento ricorrente da “sputo”. Va e viene a intervalli regolari di fronte a noi seduti nelle poltroncine e lascia il suo ricordino nel cestino dei rifiuti. Lo fa con classe, bisogna ammettere che almeno non sporca per terra… Il volo da Dallas a Las Vegas dura due ore e mezza, e qui nel Nevada ci sono altre due ore di fuso orario in meno da considerare. Ormai non ci capiamo più niente, è già il quarto che cambiamo in tre giorni… Poco prima di atterrare, abbiamo modo di ammirare dal finestrino lo spettacolare panorama che il deserto ci offre. All’aeroporto, notiamo invece che si vedono benissimo i mega hotel a tema dello Strip (la via più importante) di Las Vegas, che paiono proprio vicinissimi. Recuperiamo i bagagli e ci dirigiamo con apposita navetta verso la Alamo per affittare l’auto. L’autista è a dir poco un esaltato, già solo a guardarlo in faccia. Durante il tragitto intrattiene poi un colloquio da classico film di un marine in missione. Purtroppo per lui, sta trasportando solo passeggeri comuni e non il presidente… La fila per prenotare l’auto è lunga, ed Erika e Francesca aspettano un bel pò prima di arrivare alle trattative, mentre io e Ste ci riposiamo e cerchiamo di procurare qualche depliant e cartina stradale. Una volta tornate, ci dirigiamo verso i parcheggi all’aperto eccitati come bambini, con Erika che salta fuori con la notiziona del fuoristrada al posto della berlina: costa solo 10 dollari in più, ne vale la pena! Purtroppo per noi, dopo aver controllato il contratto e il prezzo finale, i conti non tornano: ci sono 100 dollari in più del previsto! A questo punto spulciamo le varie clausole, e scopriamo che la differenza di prezzo è data dal secondo guidatore, cioè Erika, che ha età inferiore ai 25 anni. Questo però non è stato precisato, visto che l’offerta presa comprende un secondo guidatore gratuito. Torniamo dunque all’ufficio per un bel complain (ci siamo già molto americanizzati!), e dopo accurate spiegazioni viene sistemato tutto, facendo il cambio del secondo guidatore con il mio nominativo. Adesso il prezzo finale è di 256 dollari per cinque giorni con assicurazioni, chilometraggio illimitato e secondo guidatore. Così va meglio: bisogna sempre controllare ogni virgola del contratto! Usciamo nuovamente che si son fatte le 16.00, molto più tardi del previsto. Scegliamo la nostra Chevrolet Trail Blazer bianca 4×4. Proprio un bel fuori strada, comodo, spazioso per i bagagli e ben accessoriato. A Francesca l’onore di svezzarlo e condurci per le vie di Las Vegas! In men che non si dica raggiungiamo lo Strip ed iniziamo ad assaporare le meraviglie di questa città: passiamo da Sud verso Nord incrociando la piramidona nera del Luxor, dove alloggeremo l’ultima notte di questa tappa nell’Ovest degli States. Uno dietro l’altro si susseguono una serie di personaggi quali il leggendario motociclista in pelle nera sulla Harley Davidson che scorrazza con la sua banda, e i vari hotel a tema come l’Excalibur con il suo fiabesco castello, il Tropicana, l’MGM (ad oggi il più grande con ben 5.000 camere!), il New York New York con l’inconfondibile profilo di Manhattan in miniatura (si fa per dire), e l’Aladdin con il suo stile persiano, dove decidiamo di fermarci. Lasciamo l’auto negli sconfinati parcheggi multipiano e proseguiamo a piedi. Iniziamo con l’entrare all’interno dell’hotel, che si rivela un vero e proprio villaggio con strade e negozi creati a tema. Non solo, persino il cielo azzurro con le nuvole è finto e si rimane a bocca aperta da quanto appare realistico! Questa sì è una vera americanata… Scendiamo al piano terra al nostro primo casinò, dove giochiamo qualche puntata con le slot machine senza vincere nulla. Capita giusto di vincere qualche credito in più per tirare ancora un paio di volte la manovella. Mi trovo sorpreso per il fatto che nella maggior parte delle slot hanno ormai sostituito la classica leva tanto divertente con un noioso tasto da premere: che gusto c’è così? Ovviamente è più comodo e più veloce, si può premere a ripetizione come fanno molti senza stancarti il braccio, ma si finiscono anche prima i soldi e senza suspance: non hanno insegnato agli americani che le cose troppo comode sono anche piatte? Per fortuna alcune slot utilizzano ancora entrambi i metodi, per cui opto senza indugiare sulla manovella! Ci sono anche molti tavoli con roulette e giochi con le carte, ma li lasciamo ai più esperti. Usciamo dall’Aladdin e ci dirigiamo più a nord verso il Paris, passando sotto la perfetta copia della Torre Eiffel a grandezza naturale, che inizia ad illuminarsi. Una veloce toccata e fuga anche in questo casinò e poi dritti al Bellagio, dove assistiamo alla fine dello spettacolo delle fontane. Niente paura, lo ripetono ogni mezz’ora. Ne approfittiamo così per visitare anche questo hotel, che presenta un lusso sfrenato in ogni angolo in cui si guardi intorno. Torniamo alle fontane e prendiamo i posti in prima fila. Lo spettacolo è diverso dal precedente, poichè cambia la colonna sonora e gli zampilli delle fontane vanno appunto a ritmo di musica. E’ davvero suggestivo e ben realizzato, anche se, avendo visto quello della Fontana Magica a Barcellona a febbraio, devo dare qualche punto in più a quest’ultimo per fascino e colori. Scendiamo a sud costeggiando il New York New York e scorgiamo l’incredibile montagna russa che passa attraverso i grattacieli: wow che panorama ci deve essere da lassù in corsa! Entriamo nei meandri di questo hotel, scoprendo un’altro mini villaggio con le tipiche strade interne della metropoli, proprio come si vede nei film! C’è anche il teatro dove si esibisce il Cirque du soleil in Zumanity: quanto mi piacerebbe vederlo ma non c’è proprio il tempo!! E chissà quanto andava prenotato in anticipo… Proseguiamo verso l’Excalibur, dove approfittiamo del buffet da 15 dollari per consumare una deliziosa e abbondante cena. Funziona proprio come ho letto in tutti i racconti: si paga un tot fisso e si mangia a volontà, con piatti e cucine di varie nazionalità. Ovviamente, c’è il refill dove andare a riempirsi il bicchiere delle più svariate bevande. E’ ora di tornare all’auto nel parcheggio dell’Aladdin de iniziare il tragitto verso il Grand Canyon. Percorrere lo Strip è proprio come entrare in un film, ma va ben oltre. Il fascino di tutte le luci, i cartelloni pubblicitari, i casinò e questi mega hotel: è tutto fatto ad hoc per confondere lo sguardo e la mente, e far entrare il visitatore in una sorta di estasi compiaciuta. E non si riesce a resisterne. Qualcuno dice persino che nei casinò aumentino l’ossigenazione dell’aria per provocare euforia, e non mi stupirebbe affatto: questi americani sono capaci di tutto! Lasciamo Las Vegas prendendo la 95 south verso Needles, che si congiunge alla Interstate 40. Ma, considerata la stanchezza, preferiamo fermarci più o meno a metà tragitto in uno sperduto motel alla Psycho nella cittadina di Searchlight (che forse è poco più di un paesino visto che non è segnata neanche nella cartina…). La camera è bella spaziosa ma un pò fredda. La temperatura in Nevada non è certo quella della Florida! Accendiamo un’antica e tradizionale stufetta e ci prepariamo per il lungo viaggio di domani…

23/10 – 95 south per Needles (California); Interstate 40 east (ex Route 66, Arizona); Grand Canyon South Rim: Mother Point; Hopi Point; Tusayan Partiamo verso le 9 proseguendo per la 95 south fino a Needles. Alla luce del giorno le cose appaiono tutte meravigliose e si scorgono i tipici paesaggi da film western con villaggi sperduti di pochi abitanti, circondati dal deserto di terra del tipico colore che va dal giallo al marrone al rosso, ricoperto di cespuglietti verdi. Mancano solo i cactus per completare il quadretto. La strada è ad una sola corsia per senso di marcia e prosegue per molti tratti drittissima per lande desolate. Sconfiniamo dal Nevada e, anche se per un breve tratto, siamo ora sul suolo della California, dove si trova appunto Needles. Sostiamo per la colazione in un rustico locale del luogo, con gli immancabili camionisti dei giganteschi Tir di Terminator e gente di passaggio. E’ una cittadina strategica visto che qui passa la leggendaria Route 66, oggi ribattezzata per un tratto Interstate 40. Sembra ancora tutto finto e non riesco a credere di trovarmi in questi posti che rappresentano il mito dell’Ovest degli States. Rileggo il racconto del caro Leandro di www.Cisonostato.It, anche lui partito da qui per arrivare al Grand Canyon: sono oltre 400 nostri Km di bella strada che vanno fatti, la meta non è affatto vicina come sembra dalla cartina! Imbocchiamo senza indugi la I 40 east a due corsie per senso di marcia che entra dopo poche miglia in Arizona. Osservo emozionato come un bambino il panorama dal finestrino, fotografando e riprendendo tutto nei tratti salienti. Nonostante la I 40 sia una strada grossa e trafficata (ci sono tir da tutte le parti!), sempre dritta, e il paesaggio possa essere considerato a tratti molto uguale, per turisti come noi che lo osservano per la prima volta è una grande dose di adrenalina! Tutto è così nuovo e diverso dai luoghi che abbiamo visto finora nei nostri viaggi in Europa e nell’Est asiatico. Una scena da non dimenticare è quella che capita di frequente percorrendo in auto la strada parallela a quella dei binari qualche centinaio di metri a lato: quando passa il treno merci, corre quasi alla stessa velocità e appare fermo sullo sfondo dei monti mentre il deserto scorre sottostante a 75 mph. Se ci fosse la locomotiva a vapore, sarebbe davvero come tornare indietro nel tempo di qualche secolo. Dopo aver superato Kingman e Seligman, paesini quasi inesistenti, ci fermiamo per la benzina a Williams, che appare un dimenticato villaggio western. Come in tutti i distributori negli States, si entra dentro il market, si paga il tanto che si vuole mettere alla pompa, e ci si arrangia in self-service. Erika e Francesca ci spiegano i trucchi per non fare figuracce nelle stazioni di servizio americane, tipo come si aziona la pompa (che non è sempre uguale o scontato come sembra), come usare eventualmente la carta di credito, quanta benzina calcolare. Da Williams lasciamo la I 40 e svoltiamo sulla 64 north, dove iniziano ad apparire i cartelli del Grand Canyon – South Rim, che ne indica la parte che rimane a Sud. Esiste infatti anche la parte Nord, ad una quota più elevata e difficile da raggiungere, praticamente dall’altra parte del “grande buco”. Nonostante in linea d’aria sia a soli una ventina di Km più a nord del South Rim, ci vuole un giro ad anello di oltre 350 Km per raggiungerlo in auto e possibilmente avere un fuoristrada. In alternativa, si può attraversare il canyon da parte a parte con uno dei trekking più belli al mondo (il Bright Angel trail) che scende a valle sul Colorado e poi risale. Un vero sogno per tutti i grandi camminatori, che richiede discreta preparazione per i forti dislivelli, la lunghezza (diversi giorni di camminata), le asprezze del terreno e del clima. Peri più pigri, si può scendere anche a dorso di mulo, pagando ovviamente una cifra non da poco (oltre $ 200). Il vero problema poi è che per trovare i posti per dormire a valle, che sono pochi, bisogna prenotare molti mesi in anticipo. Continuiamo il nostro tragitto salendo di quota per entrare nella Kaibab National Forest in un paesaggio completamente modificato, con la bellissima foresta di alberi ad alto fusto in alcuni tratti parzialmente ricoperta con spruzzi di neve: fa freddo! Sorpassiamo anche Tusayan, cittadina nevralgica vicinissima all’ingresso del parco, il quale raggiungiamo in pochi minuti. Essendo già le 15.00, diamo per scontato di tornare anche domani e quindi siamo ‘costretti’ a comprare la tessera annuale dal costo di $ 40 per auto, esattamente il doppio di una giornaliera da $ 20. E pensare che con $ 50 si può fare la tessera per ingresso illimitato a tutti i parchi nazionali degli States! Percorriamo qualche miglia ed ecco spuntare il classico panorama da cartolina di fronte a noi: talmente incredibile da sembrare finto, quasi un fotomontaggio… Parcheggiamo poco a lato del Mother Point, il primo e quindi più gettonato punto panoramico di osservazione, e scendiamo ad ammirare attoniti questa maestosità della natura. E’ tutto sproporzionato in misure e grandezza ed iniziano a spuntare macchine fotografiche e videocamere a più non posso! Mi sforzo di riflettere e ricordare gli appunti del corso di fotografia i quali dicono che questa è la classica situazione davvero difficile per fare realmente delle belle foto. Dico così perchè a primo istinto si inizia a premere a caso il pulsante di scatto presi dall’eccitazione, tanto sembra tutto bello. Poi a casa ci si accorge di avere 50 foto tutte uguali che non rendono affatto ciò che si è visto. Cerco allora di concentrarmi su soggetti che diano le dimensioni tipo umani e piante, con una giusta luce e ombre particolari, oppure scattare dei bei primi piani con i quali un giorno potrò davvero dire: io ci sono stato ed ero là!!! Raggiungiamo il balcone di Mother Point costeggiando l’orlo del burrone. E’ piuttosto frequentato ma mi aspettavo in realtà molta più gente. Non mi aspettavo invece tutto questo freddo ma, del resto, siamo a oltre 2.200 metri di altitudine! Un’altra cosa che mi spiazza del tutto è il trovarmi la foresta che arriva fino all’orlo del Canyon e scende anche giù fin dove è possibile arrampicarsi: chissà perchè, pensavo che la parte Sud del Grand Canyon fosse un’area desertica…

Mentre guardo a bocca aperta l’immenso panorama, accentuato dai 1.800 metri di dislivello tra me e qualche metro più avanti, metto a fuoco il fatto che in realtà ciò che sto ora osservando è una briciola di tutto l’insieme. Ripenso ancora al Bright Angel che attraversa il Grand Canyon da Sud a Nord, quindi nel tratto in cui la larghezza varia dai 6 ai 30 Km, mentre la vera estensione di questo monumento millenario è da Ovest a Est per qualcosa come 450 Km: due volte la Sardegna, pazzesco! Il tempo passa velocissimo e dobbiamo affrettarci. Proseguiamo in auto per il Grand Canyon village e sostiamo in un punto di ristorazione all’interno, che pare una baita di montagna, per un pranzo veloce. Poi scendiamo un tratto a piedi fino al punto di partenza del bus che porta verso Hermits Rest a ovest, a visitare una serie di punti panoramici chiusi al traffico delle auto. Facciamo in tempo a salire proprio sull’ultimo autobus, molto spartano e con ammortizzatori inesistenti, che si arrampica in una stretta stradina asfaltata costeggiando l’orlo del Grand Canyon. Per una bella vista del tramonto, l’autista consiglia di fermarsi ad Hopi Point, dove infatti scendono tutti i turisti, tra cui anche noi. Il calar del sole colora da una parte le pareti di un magico rosso, mentre dall’altra crea un suggestivo controluce con un’atmosfera di foschia. E’ un evento meraviglioso alquanto difficile da spiegare o descrivere. Scattiamo le nostre foto a volontà e prendiamo il pulmino di rientro, prima di arrivare allo stato di congelamento fisico! Una volta raggiunta l’auto usciamo dal Grand Canyon village a buio fatto scorrendo con stupore un enorme alce che attraversa tranquillo la strada. Dopo pochi minuti di strada siamo a Tusayan per cercare alloggio. Senza pensarci troppo la nostra scelta ricade sull’Holiday Inn, una discreta catena di motel presente in tutti gli U.S.A., che alla cifra di $ 120 offre una bella quadrupla spaziosa e confortevole. Non è un prezzo basso ma neanche esagerato, considerato la tale vicinanza ad una delle meraviglie naturali del mondo.

Per la cena facciamo un giro in auto per il paese fino a trovare una steak house molto carina e dai prezzi accettabili. All’interno c’è anche un bello shop con articoli artigianali e locali. C’è da attendere troppo per il tavolo e così ci spostiamo da un’altra parte. Un altro bel localino tipico e carino, dove consumiamo uno squisito aperitivo e un lauto pasto.

Rientrati al motel, la brillante idea di alzarsi all’alba, considerata uno dei momenti più belli insieme al tramonto per vedere il Grand Canyon, viene automaticamente scartata per la stanchezza e il gelo della notte, per il quale non siamo adeguatamente attrezzati…

24/10 – Grand Canyon South Rim: Hermits Rest; trail da Hopi Point a Mohave Point; Navajo point; Desert View; 89 North per Page Una bella colazione continentale al motel, dove consultiamo le decine di depliant che possono interessare, e via di volata nuovamente al casello di ingresso del Grand Canyon. Il ranger all’ingresso non ci chiede neanche la tessera appena ci guarda in faccia: si ricorda di noi da ieri… Gli dobbiamo aver fatto una bella impressione da italiani simpaticoni! Parcheggiamo l’auto ed entriamo nel Market plaza per le prime necessità alimentari e di shopping: dobbiamo fare la collezione di cartoline e magneti! Poi scendiamo come ieri a prendere il bus percorrendo diverse miglia sull’orlo del canyon fino al punto estremo di Hermits Rest. Da qui si gode un altro stupendo panorama nel punto più ad Ovest visitabile turisticamente del Grand Canyon – South Rim. Una bella passeggiata per respirare appieno l’aria limpida e frizzante di montagna e per fare altri acquisti in una vera e propria baita adibita a punto di ristoro. Riprendiamo il bus che al rientro sosta solamente in due punti, tra cui la nostra fermata al Mohave Point. Da qui, seguendo i consigli del viaggio di Leandro, ci incamminiamo a piedi verso il primo punto più a est dove abbiamo assistito ieri al tramonto: l’Hopi Point. Vale la pena farsi questa passeggiata per tantissimi motivi. Innanzitutto, già solo camminando a piedi sull’orlo del Grand Canyon si aprono paesaggi incredibili visti da una prospettiva diversa dei soliti punti panoramici e in modo molto più isolato. Sembra infatti strano, ma basta fare pochi passi e la gente si volatilizza nel nulla, dando finalmente un senso di maggiore intimità nell’osservare questo spettacolo della natura. Il sentiero è lungo appena 1,3 Km e non presenta dislivelli, per cui si percorre con calma in 30 minuti, fermandosi spesso e volentieri per scattare le doverose foto. Inoltre, è uno dei pochi punti dove si riesce a scorgere molto bene il verde fiume del Colorado, artefice primario della millenaria erosione di questa roccia arenaria. In ogni caso, tutto l’orlo del Grand Canyon può essere percorso a piedi con i trail segnati e son sicuro che meritano tutti di essere visti. Ci vorrebbe solo un bel pò di giorni per percorrere tutte queste distanze.

Una volta all’Hopi Point, riprendiamo l’autobus fino al village dove sostiamo per il pranzo. Mentre stiamo ordinando i nostri cheesburger, Erika ha un leggero senso di mancamento con nausea e capogiri. In pochi minuti una americanata da vero e proprio film si inscena davanti ai nostri occhi. Arriva la signora col bicchiere d’acqua e zucchero; arriva il paramedico con due braccia alla Swarzy che porta due borsoni giganteschi di attrezzatura medica e inizia a tempestare di domande la povera Erika, con tanto di taccuino per prendere appunti; arrivano i veri medici che sembrano più che altro ranger con tanto di fodera e pistola, pronti a portarla in elicottero al pronto soccorso più vicino… Un’esagerazione tremenda! Tant’è che dopo aver preso il bicchiere d’acqua Erika stava già molto meglio, ma come dirlo a questi annoiati che non aspettano altro tutto il giorno che un occasione per esaltarsi a fare gli eroi?? parte gli scherzi, tanto di cappello per efficienza e tempismo…

Possiamo finalmente lasciarci andare al pranzo alle 15.00 passate, dopodichè ci spostiamo in auto verso Mother Point, da dove parte la deviazione della 64 east che porta a Desert View. Sono parecchie miglia che si possono percorre verso l’altro lato del Grand Canyon – South rim, in un bellissimo paesaggio che scorre tra la foresta di Kaibab sulla destra e l’orlo dell’abisso rosso sulla sinistra. Sostiamo al Navajo Point per ammirare il panorama che presenta una grandiosità totalmente diversa dai punti panoramici più a ovest. Qui il canyon si allarga e lascia ampio spazio al Colorado. Poco più in là arriviamo a Desert View, ultimo punto prima che la strada lasci il parco. Ultimo e per me più bello, perchè del tutto inaspettato. Mentre il paesaggio ‘classico’ di Mother Point lo si vede in tutte le riviste, cartoline e documentari vari, questo di Desert View è molto meno ‘scontato’ ma altrettanto affascinante e mozzafiato. Entriamo a visitare la torre, che rappresenta il punto più alto del South Rim, e assistiamo al stupefacente tramonto, molto più bello di quello visto ieri ad Hopi Point. L’intera parete verticale si colora prima di un giallo acceso e poi di un rosso fuoco: magnifico! Finito lo spettacolo ci diamo dentro con qualche acquisto nel solito negozietto di shopping all’interno della torre stessa. Infine, torniamo all’auto e proseguiamo per la 64 verso Cameron a 30 miglia di distanza. Nel mentre che usciamo dal parco, paesaggi bellissimi scorrono sotto i nostri occhi. Dopo diverse miglia, quasi a buio fatto, troviamo una artigianale e sperduta bancarella ad un lato della strada deserta. Siamo entrati infatti all’interno della riserva indiana. Ci fermiamo subito a curiosare e via ancora con altro shopping! Gli oggetti sono molto carini, originali e ben fatti, come non portarne qualcuno a casa comprato dagli indiani stessi? Mentre le ragazze proseguono i loro acquisti sfrenati in questa bancarella a lume di candela, io osservo attonito il panorama durante il calar dell’oscurità. C’è un’atmosfera magica intorno a tutto questo indescrivibile… Oltre la bancarella si estende una prateria semi-desertica e alcune crepe ‘secondarie’ del Grand Canyon. Mi viene voglia di correre ed andare là per vedere quanto siano profonde! Una volta a Cameron, la strada devia per la 89 nord scenic byway, che è per l’appunto una strada considerata dagli americani stessi panoramica. Purtroppo per noi è già buio e ne perdiamo lo splendore, per lo meno fino al tratto per Page dove giungiamo verso le 20.00. Nonostante sia questa una cittadina di passaggio obbligatoria per arrivare a luoghi che nulla hanno da invidiare al Grand Canyon per bellezza e maestosità, ci rendiamo presto conto che di turisti se ne vedono ben pochi. Per essere più precisi, le strade sono deserte e sembra di essere a Twin Peaks… Troviamo alloggio al Travel Lodge, altra catena di motel molto diffusa negli U.S.A. A prezzi vantaggiosi e con ottime camere. La nostra costa addirittura $ 45 in tutto, che diviso in quattro viene un’inezia… Alla reception approfittiamo per chiedere informazioni sul depliant che cita il tour per l’Antelope Canyon. Io e Stefania sappiamo che è bellissimo perchè l’abbiamo visto in più riviste di viaggi e foto, leggendo anche diversi racconti. Ce n’è uno domani mattina dalle 9.30 alle 11.00 e lo prenotiamo subito! Usciamo quindi per andare a cenare che sono le 21:15. Ahi Ahi, già troppo tardi per trovare qualcosa! Alla prima steak house ci dicono che è tutto chiuso. Andiamo allora in un altro pub dove il barman, vestito da cowboy con cappello, stivali e cinturone, ci conferma che anche la sua cucina è già chiusa. Nel giro di pochi minuti facciamo il giro per le strade deserte di Page e rimane una sola unica alternativa: il Mc Donald’s! Che tra l’altro è ugualmente deserto e chiude fra un quarto d’ora, cioè alle 22:00 in punto! Una signora un pò ansiosa ci serve e si ingarbuglia un pò con le ordinazioni. Stiamo chiedendo solo 4 panini del resto… E in più ne esce fuori con la storia che i panini sono solo 3 perchè il quarto, che è anche l’ultimo, è ‘damaged’. A questo punto non possiamo che sorridere provando a pensare le varie condizioni e possibilità per il quale un panino possa essere considerato ‘damaged’!!? Alla fine riusciamo a cenare e la signora ci regala anche 4 apple pie per scusarsi, mentre la cameriera delle pulizie appare ogni tanto all’angolo con aria indifferente per vedere se abbiamo finito. Lo vogliamo capire che sono le 22:00 ed è tardissimo?? è ora di andare a letto!! Che serata indimenticabile…

25/10 – Antelope Canyon tour; Lake Powell (Utah); 89 per Kanab; 9 west e Zion N.P.; Interstate 15 south per Las Vegas (Nevada) hotel: Stratosphere Tower, Luxor, Venetian Dopo una continental breakfast al Travel Lodge, ci spostiamo di pochi metri sulla strada principale che attraversa Page per raggiungere la sede dell’Antelope Canyon tours. Arriviamo alle 9:15 e abbiamo un quarto d’ora di tempo per saldare il conto (in tutto la gita viene $ 28 a persona) e comprare qualche cartolina. Alcune sono vere e proprie foto su carta lucida che paiono inverosimili e fiabesche. Possibile che sia davvero così bello? Credo proprio di sì, perchè foto simili le abbiamo viste anche in una rivista di viaggi poco prima di partire. Di fronte alla sede ci sono diversi mezzi parcheggiati per i tour. La nostra guida indiana ci fa accomodare su un enorme giant truck, alto con delle gigantesche ruote e aperto sul retro con i sedili al centro. Durante il tragitto fa un freddo cane ma è divertentissimo! Il paesaggio è straordinario. La cittadina di Page è posta in una conca ai piedi dell’immenso Glen Canyon da cui è stato creato artificialmente il Lake Powell, mentre dall’altra parte si estende il territorio desertico, oggi riserva indiana, con bizzarre forme di rocce rosse che fuoriescono dai cespugli della piana circostante. Questa è la vera Arizona come l’ho sempre immaginata! Il giant truck entra in una strada sterrata e il paese scompare alle nostre spalle per dare il meglio di questo paesaggio. Le uniche cose che stonano tremendamente sono quelle tre enormi alte fumarole che appartengono a qualche industria e non certo alle capanne degli indiani… Ci fermiamo per il pass del canyon e proseguiamo il tragitto ancora per qualche minuto, mentre il panorama diventa sempre più singolare. Qua la roccia ha la consistenza della sabbia, che vuol dire fango alle prime piogge, piccoli e grandi canyon creati da un giorno all’altro dal nulla, erosione frenetica che modella ogni cosa. E così è stato infatti anche per l’Antelope Canyon, il cui ingresso appare stretto e per niente maestoso. La guida fa un veloce discorso in inglese, raccomandando di non perdere il gruppo, di stare attenti ai serpenti e altre cosuccie del genere… All’interno, questo stretto canyon rivela il meglio di sè stesso e di ciò che madre natura possa genialmente creare dalla friabilità del terreno. Le forme sono davvero irreali, tondeggianti, con colori incredibili delle pareti appena qualche raggio di luce oltrepassa la stretta fessura, lassù molto più in alto delle nostre teste. Qualche tratto risulta molto buio, qualche altro meglio illuminato, sempre e solo esclusivamente da luce esterna. Non c’è alcun artefatto umano per fortuna, il canyon è lasciato interamente al naturale senza alcuna modificazione per agevolare i turisti. Il tragitto è più lungo di quel che pensassi e molto tortuoso, ma sempre semplice perchè il terreno è del tutto pianeggiante. Non ci sono sassi, nè pietre o rocce, nè piante o forme di vita: solo le pareti dell’Antelope. Bellissimo ed emozionante, è davvero da rimanere a bocca aperta. Si esce dall’altra parte in un ambiente ancora estremamente desertico, con alcuni cespugli sulla roccia rossa che regalano un contrasto forte e magnifico col cielo azzurro e limpidissimo dell’Arizona. La guida ci lascia una mezz’oretta per passeggiare liberamente e poi torniamo indietro nuovamente per il canyon. Possiamo dunque risalire nel nostro giant truck e tornare a Page alle 11:00 in punto. Passiamo una mezz’ora per una passeggiata tra i caratteristici negozietti locali, poi prendiamo l’auto per dirigerci all’uscita del paese verso il Lake Powell. Attraversiamo quasi subito il ponte che dà sull’imponente diga con cui è stato possibile creare questo che è il lago artificiale più grande al mondo. Il fatto di aver riempito un canyon che nulla ha da invidiare per dimensioni a quello più “grande” e famoso che tutti conosciamo, rende questa opera metà naturale e metà umana, ma di sicuro estremamente notevole e stupefacente. Il colore della roccia desertica gialla contrasta nettamente con quello azzurro dell’acqua e le dimensioni sono da capogiro: migliaia di chilometri di coste frastagliate che si possono raggiungere in barca in pieno deserto…! Dopo alcune foto in prossimità della diga, prendiamo una deviazione della 89 che costeggia il lago e seguiamo per diverse miglia questo tragitto costellato di paesaggi indimenticabili e superbi, sostando in alcuni punti panoramici. Ci sono alcuni resort e pontili per le imbarcazioni che dimostrano che in alta stagione questo è un posto molto turistico e frequentato. Alcune cartoline mostrano tra l’altro posti bellissimi raggiungibili solo in barca, tra cui il Rainbow Bridge, il più grande arco naturale al mondo di roccia. Sono disponibili anche tour di una giornata intera che devono essere stupendi, ma noi non abbiamo tempo a sufficienza, anzi, siamo già in ritardo per rientrare a Las Vegas entro stasera. Archiviamo dunque anche il Lake Powell come una delle più belle meraviglie naturali mai viste finora, e proseguiamo sulla 89 scenic byway attraversando subito il confine tra Arizona e Utah. Raggiungiamo la cittadina di Kanab alle 14:00, giusto per uno spuntino veloce in un Pizza Hut. Ancora un lungo tratto della 89 nord e poi una sosta per la benzina in un agglomerato di case sperdute tra i monti, dove troviamo un caratteristico e singolare negozietto artigianale da far west, con tanto di cinturoni, cappelli da cowboy, stivali, fodere per le pistole e artefatti indiani. Deviamo per la 9 ovest che porta alla Zion, percorrendo una strada con varietà e bellezza di panorami da far venire la pelle d’oca. Mentre guido mi rendo davvero conto che questo è il tipo di viaggio e di paesaggi grandiosi che mi aspettavo di vedere negli States. Ci sarebbe da fermarsi in mille punti per fare fotografie e godere di questo spettacolo, ma il tempo stringe ed è diventato il nemico più brutto e fastidioso che si possa avere in vacanza. Costeggiamo per lungo tempo una catena montuosa ancora dalla classica roccia rossa fino ad arrivare all’ingresso dello Zion National Park alle 17:00 in punto. In realtà siamo notevolmente spiazzati dal trovarci i caselli di fronte, poichè dalla cartina stradale sembra che la 9 costeggi il parco ma non che ci entri proprio dentro! Chiediamo informazioni alla sbarra della biglietteria dicendo che il nostro scopo era arrivare a Las Vegas e non entrare allo Zion, ma l’alternativa è davvero poca: pagare i $ 20 per attraversare 10 miglia dello Zion, o ritornare a Kanab perdendo un sacco di tempo e prendere la parallela della 9 verso Sud (la 59) che ce ne costerebbe, arrivati a questo punto, forse anche di più di benzina! Non ci pensiamo due volte e sganciamo i $ 20 di ingresso (per auto) che, in fin dei conti, sono appena $ 5 a testa. Il problema non sono i soldi ma il fatto che abbiamo fretta e la visita allo Zion non era preventivata e, come da manuale, non si può non attraversare una meraviglia della natura senza fermarsi a fare delle foto. La serata di baldoria a Las Vegas inizia ad allontanarsi a scapito dello Zion… Ma mai decisione migliore potevamo prendere obbligata dal destino. Questo parco va molto oltre le aspettative in ciò che ho visto in foto o descrizioni al suo riguardo. La strada stretta che lo percorre è semplicemente un gioiello. Si districa tortuosa tra paesaggi ancora una volta strabilianti, totalmente diversi da quelli visti nel Grand Canyon, nell’Antelope Canyon, nel Lake Powell e nell’Arizona in genere. Il particolare che risulta più incredibile è la concentrazione di bellezza e diversità di ambienti che si susseguono curva dopo curva senza interruzione: non c’è un solo metro che può apparire piatto o noioso e viene da fermarsi ovunque con l’adrenalina a mille per fare foto ed esplorare meglio anfratti, piccoli canyon, rocce colorate con forme arrotondate e fiabesche, a tratti deserte e a tratti ricoperte da foresta. Ovviamente la strada stretta permette di fermarsi solo in apposite piazzole, altrettanto piccole e massimo per un paio di auto. L’unica cosa che possiamo fare è andare il più piano possibile per poter rimanere a bocca aperta il più tempo possibile… Più o meno a metà strada imbocchiamo un singolare tunnel lungo tre quarti di miglio, totalmente buio con alcune finestre laterali che danno sullo strapiombo della montagna. All’uscita si scende velocemente su un vallone con vertiginosi tornanti, in uno dei quali ci fermiamo per ammirare il panorama dalla piazzola. Si vedono tutti i finestroni che abbiamo percorso nel tunnel e l’imponente parete del monte, mentre un enorme uccello nero simile ad un corvo osserva curioso la nostra auto. Proseguiamo ancora a valle in un paesaggio nuovamente stravolto, che pare si modifichi con la stessa facilità con cui si clicca un tasto sul computer per cambiare da una foto all’altra, e arriviamo in prossimità di un ponticello a tramonto quasi fatto. Sostiamo anche qui, incuriositi da ben 5 fotografi appostati e pronti a scattare con un’attrezzatura da capogiro: macchine professionali digitali e non, un cavalletto che deve pesare più di me e una borsa grande quanto la mia valigia piena di obbiettivi e roba varia… Urka questi sono professionisti seri! In confronto la mia Canon Eos 300D, reflex da 6 Mpx appena uscita, mi sembra un giocattolino! Restiamo ancora più incuriositi nel cercare di capire il perchè di tanta attenzione poichè, seppur vero che il panorama da entrambi i lati del ponte è puramente da cartolina, con gli alberi in foglie dai tipici colori autunnali e il fiume che scorre in mezzo ad una natura rigogliosa, è pur vero che i colori sono ormai spariti del tutto col sole nascosto dietro i monti sovrastanti. E poi perchè tutti rivolti nella stessa direzione? Mentre facciamo le nostre di foto, arriva la risposta chiara e limpida. Poco prima del tramonto, il sole raggiunge un’altezza particolare colorando di un magnifico rosso le pareti verticali dei monti sullo sfondo: semplicemente indescrivibile lo scenario che si presenta di fronte ai nostri occhi e l’emozione dei dieci minuti successivi in cui avviene tutto ciò. Arriviamo all’uscita del parco, di fronte ad una torre con la scritta “Zion N.P.” in un’area dove si campeggia, con l’ultima cartolina mozzafiato ancora regalata dai colori accesi delle montagne. Costeggiamo un recinto di bufali grandi, ciascuno, due volte una nostra mucca, e proseguiamo finalmente al buio, liberi da tentazioni di altre meraviglie da vedere, verso Las Vegas. La vista della cittadina St. Gorge, tra le luci della notte dall’alto della strada mentre scendiamo velocemente di altitudine, appare come una metropoli dopo aver visto i villaggi far west del deserto. Da qui la Interstate 15 lascia lo Utah e rientra in Nevada, conducendo dritti a Las Vegas in circa un’ora. Tra i giganteschi svincoli della rete stradale (proprio come si vede nei film) entriamo nello Strip, stavolta dalla parte nord, che non abbiamo visto al nostro arrivo pochi giorni fa. Anche se siamo stanchissimi, ci fermiamo subito per questioni logistiche alla Stratosphere Tower, hotel che offre con questo monumento una visione stupenda della città dall’alto e della vallata desertica dove sorge. Non abbiamo considerato però la fila da fare per salire sulla torre, che fa perdere un bel pò di tempo. L’ascensore che sale in alto è talmente veloce da far invidia, per il vuoto che si sente sullo stomaco, alle montagne russe più disperate… C’è quasi da stare male! Il panorama che si gode è il migliore della città, con le accecanti luci che si estendono a perdita d’occhio. Più di tutte merita chiaramente la visione dello Strip con i pacchiani e singolari hotel a tema, che visti da quassù sembrano quasi piccoli… Torniamo sullo strip che dobbiamo attraversare per intero dove il Luxor, dalla parte opposta a Sud, ci aspetta con una camera quadrupla prenotata per $ 140. Nonostante siano solo cinque miglia, ci vuole una bella mezz’ora buona per camminare con tutto questo traffico. Quasi quasi si fa prima a piedi… Inoltre risulta difficoltoso arrivare al parcheggio, dal momento che bisogna fare uno strano giro per il Mandala Bay. Dopo un altro quarto d’ora, per portare le valigie dal parcheggio alla reception, passando tra l’altro all’interno del labirintico casinò, (le distanze sono enormi anche negli hotel!!!) abbiamo finalmente le chiavi della nostra camera ma non abbiamo invece più tempo per riposare. Sono le 23:00 passate e dobbiamo affrettarci a cenare. La nostra stanza è al quarto piano della piramidona nera, la quale è costruita in maniera da accogliere le camere su tutto il perimetro e le pareti (quelle al vertice sono le suites), mentre all’interno si trovano il casinò, il cinema, i ristoranti, le attrazioni, le statue con tanto di palme, la reception e tutto ciò che fa sembrare questo, come tutti gli altri hotel, una città nella città. Non possiamo neanche provare l’inclinator, l’ascensore trasversale che porta ai piani superiori, perché funziona solo per le camere sopra i primi piani: che delusione! L’orario ci tradisce e i buffet, a quest’ora, sono tutti chiusi. Rimediamo perciò in una steak-house all’interno del Luxor stesso. Una cena discreta ma niente di eccezionale paragonata ad altre steak dove siamo stati. Ci spostiamo in auto ai parcheggi del Venetian, più o meno a metà altezza dello Strip, ma anche qui le attrazioni sono già finite: non possiamo vedere che una piccola parte di Piazza San Marco con le gondole vuote. Tocca passare il tempo nei rovinosi casinò di rito nella speranza di una vincita! Cosa che avviene raramente e per cifre ridicole. Non è serata fortunata al gioco oggi… I pochi crediti che si aggiungono comunque permettono di prolungare il tempo di gioco e divertirsi un pò di più. Una volta esausti, torniamo al Luxor a riposare, dopo una giornata intensissima. Tra l’altro, oggi è anche il mio compleanno: 30 anni festeggiati in maniera indimenticabile tra paesaggi mozzafiato e questa leggendaria città unica al mondo! 26/10 – Las Vegas – Dallas (Texas)- Orlando (Florida); Kissimme Una veloce colazione al Luxor, identico sia di giorno che di notte visto che all’interno non entra uno spiraglio di luce dalle vetrate nere (ma forse è fatto apposta per perdere la concezione del tempo) e via al lontanissimo parcheggio multipiano con le valigie. Un paio di miglia e siamo già all’aeroporto dove riconsegniamo l’auto alla Alamo alle 11:00. Il volo parte alle 15:50 percorrendo lo stesso tragitto dell’andata, con scalo a Dallas. Per via delle tre ore di fuso orario, arriviamo ad Orlando alle 23:00 passate. Affittiamo un’auto per me e Stefania per tutti i giorni rimanenti del viaggio, dove faremo il giro ad anello della Florida. Scegliamo sempre la Alamo, ma rimaniamo un pò sorpresi per il prezzo. Nonostante grazie ad Erika e Francesca, ormai esperte delle procedure, riusciamo ad avere un buono sconto sul totale iniziale, mi sembra comunque molto più caro del prezzo che mi ero immaginato provando a prenotare da internet con Expedia prima di partire. In ogni caso, prendiamo una Chevrolet Cavalier, considerata in categoria standard, a due porte, con un bagaglio giusto per le nostre valigie e zaini vari, discretamente accessoriata e confortevole. L’importante è che ci sia l’autoradio col Cd per la musica! Alloggiamo a Kissimme al Comfort Inn in una camera da $ 66 a notte, riaccompagniamo Erika e Francesca nei loro alloggi dei resort Disney, e possiamo finalmente andare a dormire pensando al nostro nuovo viaggio: Florida on the road! Il viaggio continua su questo sito in Florida on the road tra parchi, mare e lamantini!



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