Lago Trasimeno

Tra medioevo e silenzio
lago trasimeno

Giorno uno

Un anfiteatro collinare che ne incornicia la superficie, una estensione che spazia fra parchi e borghi tanto da farne il lago più esteso dell’Italia peninsulare. È il Trasimeno, pittoresco specchio d’acqua che può vantare addirittura tre discusse ipotesi sulla sua origine. Il lago Trasimeno è sicuramente uno dei tanti luoghi dove il tempo non basta mai per poterlo visitare interamente.

Da posizione agiata nei pressi di Panicale, uno dei borghi più famosi d’Italia, con la famiglia alloggio in un appartamento il cui nome sembra già il simbolo di antiche residenze. “La Pietraia”. Affacciati alle finestre e immersi nel verde degli ulivi circostanti, il panorama non manca di instillare un incantevole sobbalzo nel nostro petto e rimaniamo un tempo imprecisato a perderci nel suo spazio infinito riempito di monti, boschi e rive dai colori variegati. Il complesso abitativo, oltre all’edificio nel quale risiediamo noi, comprende un’altra casupola. Chiedo al gentilissimo padrone di casa informazioni e scopro che entrambe possono godere del servizio piscina e sono abitabili anche da persone singole.

La fame, si sa, è il motore di ogni scoperta e i nostri stomaci in questo momento sembrano desiderosi di avventure culinarie. È giunto il momento di scoprire il cibo locale dell’Umbria. Approfitto ancora una volta del titolare che ci ospita per carpirgli notizie su cosa possono offrire i paraggi in termini gastronomici. Il sole scotta in questo giorno d’estate e la fresca grotta del un ristorante consigliatoci, offre un lieto sollievo.

Ben presto ci addentriamo nel borgo e giungiamo laddove siamo stati indirizzati. Si tratta del “Masolino“, un luogo di ristoro che ci accoglie a Panicale e placa amabilmente i nostri appetiti anche per la cortesia di chi ci lavora. Il posto sembrava avere una storia qualsiasi, come tanti altri, senza un particolare passato perché di generazione in generazione, era sempre stato usato per lo scopo di servire cibo. Ma se si dice che la fortuna sia cieca, è ormai certo che l’intraprendenza non sbagli mai un colpo e difatti, proprio quando stavamo cedendo alla delusione di non poter scoprire niente di più, il cameriere ci ripagò della curiosità delle nostre continue domande. Finito il lauto pasto a base di piatti tipici, ci viene offerta la possibilità di entrare nella grotta del ristorante e carpire meglio la sua storia, fatta di segreti pontifici discussi al suo interno dai vescovi del 1300.

Intrigante è la particolarità sonora della sua costruzione, fatta in modo tale che si senta ogni più piccolo rumore che proviene dalla strada ma nulla di ciò che si dice al suo interno esce da quell’anfratto. Sazi di pancia e di cultura, i saluti con il personale non solo ci sembrano un atto dovuto, ma un chiaro esempio di quella fratellanza che accomuna tutto il mondo quando si siede a tavola. Non sappiamo se potremo rivedere ancora una volta queste pareti di roccia divenute ristorante, ma il calore che riceviamo in cambio delle nostre mani che si agitano come segno di addio, fa nascere il desiderio di volerci lasciare con un arrivederci.

Lasciando il borgo, ci risuonano nella testa le trame di chissà quali arditi pensieri possano essere rimasti intrappolati tra le sue mura e ci accingiamo finalmente ad affrontare la prima tappa. Castiglione del lago. Uno dei tanti piccoli comuni che si affacciano sullo specchio d’acqua che da vita alla valle. Piccole stradine con case in pietra che si fanno proteggere dalla vecchia fortezza con annessa antica dimora di tutti i marchesi fino all’ultimo duca Fulvio II Alessandro che vi morì nel 1647. Situata nel centro storico della cittadina umbra, arrivarci e notala è estremamente semplice. Ma la meraviglia è anche composta nel perdersi tra le vie che portano alla fortezza.

Piccoli negozi dove mi fermo a rimirare l’artigianato locale e a scambiare impressioni con chi li gestisce, minuscoli bar dove godo delle parole carpite di sfuggita dagli avventori, sono una delicata occasione per sentirsi appartenere per un attimo a quel posto.

Il borgo di Castiglione del Lago possiede anche una particolarità esemplare. È stato infatti progettato tenendo conto della simbologia esoterica del numero 3 secondo una consuetudine diffusa nell’architettura e urbanistica del tempo. In esso infatti si trovano tre porte, tre chiese ed è di questa sua struttura che è facile parlare con chi ci abita. Che ci scambi idee sulla Santissima Trinità o sulla suddivisione sociale del periodo medievale caratterizzata da clero, nobili e contadini, entrambe le riflessioni portano sempre ad un’unica conclusione. La matematica è sempre stata presa sul serio da queste parti.

Giunti davanti al Palazzo a forma di elle, vi entriamo per comprare i biglietti. La visita permette di entrare nelle sale di questa unica piccola “reggia” esistente in Umbria, per ammirare le bellissime stanze, molte delle quali sono affrescate con temi mitologici ed esoterici. Tanti pittori si sono succeduti alle richieste dei duchi del Trasimeno, non senza differenti problematiche. Su tutti si ricordino le quattordici tavole preparatorie conservate in Inghilterra preparate dal Pomarancio e dagli innumerevoli stemmi familiari a cui Salvio Savini venne ordinata la creazione.

L’appartamento che fu dei duca di Castiglione del Lago, è ubicato tra il seminterrato ed il piano nobile. Ed è questo che stuzzica la mia curiosità. Ancora una volta ci viene ricordato come l’esoterismo fosse presenza costante della vita del borgo, tanto da condizionare anche il duca Fulvio II Alessandro. Egli infatti, fece progettare tre stanze segrete proprio sotto la sala del trono. Locali dove si organizzavano riunioni private, assai ambite, con i più noti letterati ed artisti perugini.

La visita fra corridoi dell’edificio occupa quasi la metà del pomeriggio che ci resta e si conclude tra i nostri passi che risuonano nella Rocca del Leone, la cui torre triangolare, voluta da Federico II di Svezia, è collegata al palazzo ducale da un suggestivo camminamento in pietra con feritoie che permettono di crogiolarsi dell’incanto di tutto il lago Trasimeno.

Mentre lasciamo il borgo i colori di un tramonto che sembra dipinto da antiche mani di famosi pittori umbri, salutano lo sparire di questo primo nostro giorno.
La notte e il suo silenzio sono un chiaro invito a prepararsi per le scoperte del secondo giorno.

Giorno 2

L’alba è già sorta da un po’ e non resta che percorrere l’itinerario che ci eravamo prefissi per un weekend indimenticabile sul Trasimeno. Torniamo così a Castiglione del Lago, ma non per i suoi edifici. Questa volta vogliamo imbarcarci in un giro panoramico del lago con arrivo in uno dei tre piccoli promontori naturali di terra che spuntano dalle acque.

Ai punti di imbarcadero per traghetti presso il porticciolo turistico, si possono comprare i biglietti per salire su una delle motonavi che solcano le profonde acque del lago. Non ci sono molti battelli che portano alla destinazione che abbiamo scelto e ci conviene essere puntuali al momento dell’imbarco. Il rischio è quello di aspettare più di un’ora l’arrivo del mezzo di trasporto seguente. Quando partiamo, spruzzi di schiuma sfiorano il battello sul quale ci troviamo per raggiungere l’Isola Maggiore, l’obiettivo che ci siamo prefissi di visitare per questo secondo e ultimo giorno.

L’idea per una possibile escursione, può anche essere quella di andare a vedere cosa rimane della presenza di San Francesco che abitò l’isola per un piccolo lasso di tempo della sua vita da pellegrino. Mezz’ora di navigazione sono una splendida occasione per sentire tutta la serenità di un lago placido le cui rive pullulano di vita. L’indaco predomina dentro alle nostre pupille rischiarando un paesaggio tutt’altro che monotono. L’Isola, invece, è tutto un susseguirsi di stradine in terra battuta fra ulivi, lecci, pini e pioppi. Un vero assaggio di pura clorofilla e un piccolo luogo di rinfresco dal battente sole d’estate.

Sbarcati su quel lembo di terra, oltre un piccolo paese con vari ristoranti, ci inerpichiamo su promontori fino a raggiungere la chiesa e il convento voluti dai frati francescani a ricordo del periodo in cui San Francesco d’Assisi si fermò in solitudine per lunghi giorni a meditare. Dal promontorio che domina quel tratto, questa antica costruzione in sassi che si frappone al cammino è completamente avvolta in un silenzio che mi lascia inebriato.

La totale assenza umana è dovuta al fatto che secoli dopo che i francescani se ne andarono, il marchese Giacinto Guglielmi di Civitavecchia, acquistò convento e chiesa annessa, per trasformarlo in castello privato. Purtroppo, a seguito di lavori di restauro mai portati a termine, ora giace su quel miscuglio di erba e terra in un totale stato di abbandono. La sensazione che mi fa provare quella costruzione e quella di un gigante dimenticato.

Ridiscendiamo la piccola altitudine per raggiungere nuovamente la riva di quel lago che sembrava davvero abbracciare tutto questo gigante di terra e alberi che si ergeva dalle acque.

Passiamo di fronte alla Casa del Capitano del Popolo detta “dell’antico orologio”. La costruzione è la residenza estiva dei notabili in capo all’amministrazione locale. Lungo il cammino si incontrano anche Palazzetto medievale (casa dove abitò lo scultore-incisore isolano Gildo Bartocci), la chiesa di San Francesco, la chiesa di San Michele Arcangelo (interamente decorata con affreschi di artisti ignoti), la chiesa di San Salvatore (con la facciata che riporta lo stemma dell’imperatore Federico Barbarossa) e lo scoglio di San Francesco. È questo forse il luogo più mistico di tutta l’isola. Secondo la tradizione infatti, il santo vi si recava spesso come luogo meditativo.

Ma l’isola non è solo parte di una storia antica. Ultima immagine che ci rimane scolpita nel cuore, è una lastra incontrata lungo la via principale. Via Guglielmini è l’unica strada abitata dell’isola e racconta del passato eroico dei suoi abitanti. Nel giugno del 1944, un gruppo di soldati nazisti, effettuarono saccheggi e rastrellamenti in cerca dei partigiani. Ma sull’isola vi abitavano anche degli italiani di razza ebrea che, per evitare di farli deportare, vennero fatti nascondere per tre giorni all’interno del castello Guglielmi. Il prete della comunità di allora, Don Ottavio, convinse i pescatori dell’isoletta a trasportarli su quella parte di riva del lago ormai liberata dagli inglesi. Fu così che, durante la terza notte, a bordo di cinque barche, essi vennero condotti al vecchio molo del paesino di Sant’Arcangelo e presi in consegna dai britannici. A ricordo di quei pescatori e di quella notte, quella lastra riposta date e nomi di quella vicenda.

Con ancora quella dolce sensazione di umanità che si aiuta nel momento del bisogno, ci ritroviamo all’imbocco del piccolo porticciolo. Ed è giusta l’ora di pranzo. Se capita di visitare l’isola durante la stagione turistica estiva, il troppo via vai di persone, rende necessaria una preventiva prenotazione per poter mangiare ad uno qualsiasi dei molteplici ristoranti che si trovano lungo via Guglielmini. Noi, ovviamente, da sprovveduti, siamo ben lungi dall’averlo fatto e non ci rimane altro da fare che optare per una struttura in legno vicino al luogo dove siamo sbarcati. Un chiosco che rappresenta la nostra opportunità per assaggiare le specialità locali da street food.

Arrosticini, panini alla porchetta e del formaggio locale, accompagnano i languori dei nostri stomaci, mentre accaldati turisti bagnano caviglie e ginocchia immergendosi dalle rive balneabili.

Ne approfitto per saziare anche gli occhi e godermi qualche pensiero che mi sorge guardando questo piccolissimo borgo di circa 15 anime appena. Composto da albergatori, ristoratori e pescatori, in esso la vita sembra scorrere lentamente tra le pietre che compongono gli alti muri delle abitazioni. Lungo la via principale avevo notato delle placche appese ai lati delle porte di numerose abitazione e, forse, i tanti messaggi che si leggono su di esse, sono stati creati apposta per far intuire al visitatore il pensiero degli abitanti proprio su questo loro modo di vivere un po’ isolato.

Aspettiamo l’arrivo del battello che ci riporterà a Castiglione del Lago per far giungere al termine questo piccolo assaggio di Trasimeno. Con ancora i deliziosi sapori del lauto pasto concluso da poco, scorgiamo il moderno ammasso di metallo che ci ospiterà ancora una volta sulle sue panchine. Il viaggio di ritorno ci fa riscoprire la certezza di voler ritornare a scoprire cos’altro ha in serbo il lago per noi semplici viaggiatori.

Acqua, terra e cielo non hanno mai smesso di farci sentire la loro pace, offrendoci quella sensazione di simbiosi che andrebbe portata sempre con sé in ogni luogo.

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