Gujarat – Caleidoscopio di emozioni
E proprio visitare luoghi come l’India fa risaltare gli enormi contrasti tra la bellezza dei paesaggi naturali e dei monumenti storici e le condizioni di vita di molta parte della popolazione ; va comunque detto che ciò può sembrare misero ed inadeguato per la nostra mentalità da occidentali, per altre culture può rappresentare il necessario e la sufficienza. Lascia sconcertati comunque la diffusa noncuranza ed incuria per l’ambiente, con cumuli di immondizia abbandonati lungo le strade tra i quali razzolano le immancabili vacche smunte, vera icona del Paese. Ovunque, però, abbiamo incontrato sorrisi e gentilezza che spesso sono andati oltre la barriera linguistica, che purtroppo talvolta ha impedito una maggior interazione con le persone.
Fatte queste doverose premesse cercherò ora a raccontarVi luoghi e sensazioni vissute durante il recente viaggio nel Gujarat, uno stato nel nord-ovest dell’ India non ancora molto conosciuto dai turisti in quanto mediaticamente “sovrastato” del ben più noto ed ingombrante vicino, il Rajasthan.
Come tutti i territori di passaggio delle antiche vie commerciali, sia di terra che di mare, il Gujarat ha assimilato nel corso dei secoli tratti e peculiarità di diverse culture che ancora conserva nei monumenti, nella grande varietà di etnie che si possono incontrare nei villaggi tribali e nelle arti e tradizioni , che ne fanno un piccolo scrigno di tesori nascosti.
Abbiamo effettuato il viaggio tramite la super-collaudata agenzia indiana “Popular India vacation ltd” di Jaipur: è il nostro terzo viaggio con loro) ma voglio ricordare anche le preziose informazioni ricevute in fase organizzativa dall’agenzia India Nepal Viaggi.
Il percorso è stato strutturato in modo da toccare sia le zone tribali che i principali siti storici, non trascurando inoltre alcuni santuari naturali, in modo da avere uno spaccato il più completo e variegato possibile di questo straordinario territorio.
Nel corso di una quindicina di giorni abbiamo visitato molte delle località più importanti del Paese, partendo da Ahmedabad e puntando prima a nord verso Poshina ed Ambaji, poi dirigendoci ad ovest nella regione del Kutch – dove si trova uno dei 4 deserti salati al mondo – scendendo quindi verso sud attraverso il Gir National Park, ultimo rifugio del leone asiatico, raggiungendo Diu sulla costa del Mar Arabico e risalendo infine verso est toccando città, templi ed ulteriori villaggi tribali.
La principale e più importante città visitata durante il viaggio è stata Ahmedabad, l’ex capitale che è stata inserita nella lista dei siti Unesco per i pittoreschi pol, i decadenti ed affascinanti quartieri della città vecchia ricchi di case ( le havelis), botteghe artigianali, mausolei, moschee e templi, nei quali ci si può immergere partecipando alla “heritage walk of Ahmedabad” che in un paio d’ore te li fa scoprire ed apprezzare con i lenti ritmi di una passeggiata. Da segnalare i particolari chabutara in legno splendidamente scolpiti: si tratta di mangiatoie per uccelli poste in cima a dei pali nel mezzo delle piazzette; ma il legno la fa da padrone in molte altre stutture con magnifiche decorazioni sulle porte o nei balconi e nelle facciate di alcune havelis.
Anche nella città di Sidhpur si possono ammirare dimore in legno di fine Ottocento costruite da ricchi mercanti in uno stile indo –europeo, un tempo splendide ed ora lasciate in semi-abbandono.
E sempre in legno sono costruiti i grandi dow , le caratteristiche imbarcazioni da pesca che solcano il Mar Arabico: tra gli ultimi cantieri attivi nella loro costruzione , tutta manuale, ci sono quelli della città di Mandvi, sulla costa ovest.
Tra i molti palazzi e residenze visitati durante il tour vanno segnalati in primis il Naulakha Darbargadh a Gondal per l’imponenza e la ricchezza delle collezioni esposte ma non vanno trascurati il Laxmi Vilas a Vadodara e il Vijay Vilas a Mandvi oltre al Prag Mahal ed al museo Aina di Bhuj: ancorchè spesso bisognosi di restauri, molti offrono uno spaccato della vita al tempo dei maharaja.
Un’altra particolarità del Gujarat ( ma anche di altri stati del nord-ovest indiano) sono i molti vav sparsi sul territorio: si tratta di monumentali pozzi di pietra a gradini, alcuni profondi decine di metri, multipiano, costruiti per sopperire alla cronica mancanza d’acqua dei mesi estivi ma usati anche come luoghi di incontro e di riposo in quanto freschi ed ombreggiati. Tra quelli visitati primeggia di sicuro il magnifico Rani ki Vav a Patan, con splendide statue ed incisioni, seguito dall’altrettanto sontuoso Rudabai Vav ad Adalaj, nelle vicinanze di Ahmedabad.
Per quanto riguarda l’aspetto dell’architettura religiosa, nel Gujarat si ritova ovviamente un sunto delle molte fedi dei vari dominatori succedutisi nei secoli , spaziando da edifici islamici, templi hindù e jainisti ed anche chiese cattoliche.
Lungo l’articolato percorso abbiamo ad esempio potuto visitare molte antiche moschee: degne di nota le tante del sito storico di Champaner, l’imponente Jami Masijd di Ahmedabad e – nella stessa città – la Sidi Sayed, impreziosita da finestre ad arco in pietra finemente cesellate.
Moltissimi i templi , sia hindù che jain , spesso frequentati da folle di fedeli. A Palitana, in particolare, la nostra ascesa alla collina costellata di santuari è coincisa con una ricorrenza religiosa jainista, partecipata da decine di migliaia di pellegrini : il già impegnativo cammino ( 3.745 gradini…) , iniziato di primo mattino per evitare la calura, si è pertanto trasformato in un autentico calvario, ancorchè suggestivo per le scene di devozione cui abbiamo assistito. Incredibilmente però nel primo pomeriggio tutto era finito : l’enorme folla era defluita continuando il pellegrinaggio verso altri santuari, consentendoci una visita più tranquilla del monumentale complesso di templi.
Molto scenografici pure il magnifico tempio del Sole a Modhera, dell’ undicesimo secolo, quello veramente imponente di Ambaji e , per la posizione a picco sul mare, quello di Somnath. Ma un po’ tutti i templi , che siano di pietra o di marmo, colpiscono per la profusione di statue e per gli elaborati fregi ed intarsi.
Particolare anche l’esperienza della visita del villaggio di Poshina, nel nord, dove permane l’usanza di offrire alla dea locale delle statuette votive a forma di cavallo stilizzato: non vengono deposte in un tempio ma allineate a migliaia attorno ad alcuni alberi sacri addobbati da nastri e stoffe colorate , contribuendo a rendere il luogo quasi surreale. Da vedere!
Nel villaggio di Jambughoda abbiamo inoltre avuto modo di partecipare alla festa di Holika Dahan che si tiene la sera prima della più nota Holi ( la festa dei colori) e che consiste nell’accensione di falò a ricordare l’uccisione di un demone . Sono tradizioni contadine legate alla primavera ed alla rinascita e rinnovamento dei campi dopo la pausa invernale : feste simili si tengono anche nella mia regione, a dimostrazione che “tutto il mondo è paese” !
La visita dei villaggi tribali nel’area Banni del Kutch consente invece di scoprire diverse etnie, sia stanziali che semi-nomadi e le loro usanze ed attività . Per uno straniero sono difficilmente distinguibili l’una dall’altra , differenziandosi soprattutto nelle fogge e colori
Degli abiti femminili o nei copricapo maschili: per tale motivo è consigliata una visita preventiva o al Museo del Kutch di Bhuj o al Living and Learning Design Centre (LLDC) di Ajrakpur , un polo museale etnografico e di preservazione delle varie forme di artigianato presenti sul territorio; in entrambi sono espositi abiti e foto che possono aiutare a districarsi tra le tante altre etnie presenti nella zona.
Quello che immediatamente colpisce è la profusione di colori dei sari e delle vesti femminili e la ricchezza dei ricami: un autentico caleidoscopio che risalta negli affollati mercati e lungo le vie.
La zona è ricca di laboratori artigianali dove vengono lavorati i più svariati prodotti , utilizzando spesso tecniche veramente sorprendenti: punto di forza sono i tessuti stampati con blocchi di legno inciso o dipinti a mano oppure ricamati ed arricchiti da specchietti. Ma si trovano anche artistiche lavorazioni di ceramiche, in legno ed in metallo.Molti dei disegni e dei motivi presenti sulle stoffe sono ripresi anche nelle decorazioni delle bhungas, le case presenti nella zona di Dhordo e Bhirandirara; sempre nella stessa zona non deve inoltre mancare una visita al deserto di sale.
Un’altra esperienza indimenticabile è stata di certo la visita del villaggio di pescatori di Vanakbara ( sull’isola–enclave di Diu) : vale sicuramente la pena recarsi di primissima mattina sulle banchine del porto ed immergersi nella confusione creata da decine di venditori che espongono per terra il pescato della notte e da centinaia e centinaia di donne munite di catini e bacinelle che, avvolte nei loro sari multicolori, contrattano l’acquisto del pesce formando vocianti capannelli; a contribuire ulteriormente al caos l’ arrivo di nuovi carretti di merce, gli addetti al ghiaccio che spezzano i grandi blocchi per mantenere fresco il pesce e decine di uccelli appostati nei pressi , pronti ad approffittare di ogni minima distrazione per assicurarsi un facile pasto!
Sempre a Diu non può mancare una visita all’enorme fortezza portoghese che si staglia sul mare, protetta da un doppio fossato: ancorchè necessiti di opere di ristrutturazione, il luogo conserva un notevole fascino ed impressiona per le dimensioni e l’imponenza.
Se potete, non mancate di gironzolare tra la gente durante un haat, il mercato settimanale che si svolge in uno dei tanti villaggi tribali siti nell’est, vicino al confine con lo stato del Madhya Pradesh: è l’occasione per le donne di sfoggiare gli abiti migliori e soprattutto i propri elaborati e pesanti gioielli di argento. Una vera festa per gli occhi !
L’aspetto naturalistico del viaggio è stato invece ampiamente soddisfatto dalla visita del Santuario degli asini selvatici nel Little Rann di Kutch e dai safari nel Sasan Gir National Park .
Nel primo è possibile avvistare con facilità mandrie di questo raro quadrupede oltre che volpi, antilopi e centinaia di specie di uccelli, tra cui fenicotteri, pellicani ed anatre. L’ambiente è infatti costituito da paludi d’acqua salata che nella stagione secca si riducono notevolmente lasciando ampi spazi di terreno stepposo ideale per gli avvistamenti.
Nel Gir invece l’attrazione principale sono i leoni asiatici, una sottospecie di felini che sopravvive solo qui con una popolazione di circa 600 esemplari. Oltre ai leoni, tra la spoglia vegetazione del parco abbiamo potuto avvistare anche decine di altri animali quali antilopi, cervi, scimmie,manguste,cinghiali, pavoni e una moltitudine di altri uccelli. Da precisare che, per un minor impatto sull’ambiente , il parco si visita solo con i mezzi messi a disposizione dallo stesso, con autista e guida, seguendo percorsi all’interno di una apposita zona turistica che copre i diversi habitat presenti nel Santuario.
Da non dimenticare infine che il Gujarat è stato anche luogo sia dell’infanzia di Gandhi, che delle sue battaglie non violente per l’indipendenza indiana e che in diverse città (ad esempio Rajkot e Bhavnagar) si trovano dei musei a lui dedicati , oltre al bel complesso del “Harijan Ashram” sul fiume Sabarmati ad Ahmedabad che fu il quartier generale del Mahatma durante la lunghissima lotta.
Ed ecco quindi spiegato il significato del titolo di questo racconto : per quanto piccolo, il Gujarat ammalia il viaggiatore e lo affascina con un turbinio di emozioni e sensazioni, riservandosi un posto particolare nella memoria. “Aavo padharo” ( benvenuto) Gujarat nel miei ricordi più belli.