CouchSurfing in Lituania, la terra dell’acqua

Itinerario circolare per le quattro maggiori città della Lituania usando la comunità di CouchSurfing per andare oltre i luoghi comuni
Scritto da: mikebond
couchsurfing in lituania, la terra dell'acqua
Partenza il: 08/06/2011
Ritorno il: 22/06/2011
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
C’era una volta… un paese pieno di castelli e cavalieri, coperto di boschi e con tanta acqua. Un paese che si trova proprio al centro dell’Europa ma che ha sempre voluto vivere per conto suo, respingendo a più riprese invasioni, ingerenze e tentativi di assimilazione. Questo paese è la Lituania (letteralmente, la “terra dell’acqua”), repubblica baltica che, dopo l’indipendenza dall’Urss, ha saputo risorgere a nuova vita, pur rimanendo una meta turistica poco nota. Così, nella primavera del 2011, ho deciso di andare controcorrente, organizzando un viaggio alla scoperta di questo staterello baltico nel modo meno ortodosso possibile. Viaggi organizzati che fanno le tre repubbliche baltiche in una settimana? No, grazie. Pacchetto volo+hotel? Troppo anonimo. Ostelli? A ventotto anni non ho più l’età… Ma allora, come coniugare la mia sete di conoscenza con un modo di viaggiare non troppo standard ma neanche eccessivamente scomodo (si legga: autostop, camerate da 12 letti…)? Sono ricorso alla nuova frontiera del turismo: CouchSurfing! Già da diversi mesi ero un membro attivo di questa comunità basata, sì, sull’ospitalità gratuita, ma anche, e soprattutto, sulla volontà di unire persone e culture. Avevo già ospitato diversi viaggiatori di passaggio ed ero deciso a provare anch’io l’ebbrezza di viaggiare in questo modo. Dopo diverse settimane passate a contattare membri lituani di CouchSurfing, l’8 giugno inizia finalmente il mio viaggio, il mio primo viaggio con un po’ di incognite. Già mentre aspettavo l’aereo che da Orio al Serio mi avrebbe portato a Vilnius, sono entrato in contatto con i lituani: un popolo di biondi dall’aspetto un po’ teutonico, che parlavano una lingua incomprensibile. Il lituano, infatti, appartiene, con il lettone, al ceppo delle lingue baltiche, e si ritiene sia la più antica lingua indo-europea, molto simile al sanscrito. Atterrato a Vilnius, incontro la mia prima ospite, Monika, una giovane ragazza mora dagli occhi azzurri e dal sorriso simpatico, che mi porta a casa sua in taxi. Lì, conosco sua mamma, Nora, una signora molto gentile che si schernisce per il fatto di non saper parlare inglese (ma è la classica umiltà dei popoli est-europei…). Dopo avermi rifocillato, Monika esce con me per un giro nella Vilnius notturna. L’indomani vado da solo alla scoperta dei monumenti principali che sono, guarda un po’, quasi tutte chiese! Nulla di meno strano, perché, se la Lituania è la nazione europea che è rimasta più a lungo pagana (diventando cattolica solo a seguito del matrimonio fra il granduca Jogaila e la regina Edvige di Polonia, che, nel Cinquecento avrebbe dato vita alla potente Confederazione polacco-lituana), Vilnius è la più multietnica tra le città lituane: dal 1920 al 1940 è appartenuta alla Polonia e, prima del nazismo, vantava una grande comunità ebraica. A parte la cattedrale neoclassica, con l’interessante campanile ricavato dalla torre di un antico castello, visito con ancor più interesse la chiesa gotica di Sant’Anna, la Porta dell’Aurora (in lituano Aušros Vartai: d’accordo, è una porta cittadina, ma conserva una famosa effigie della Vergine Maria Madre della Misericordia, davanti alla quale si inginocchiano ogni giorno moltissimi fedeli, soprattutto polacchi) e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, capolavoro del barocco lituano (dove, casualmente, sono accolto da una messa polacca!). Ma Vilnius non è solo chiese: è anche sapere. Per questo, non posso perdere una visita alla sua bella Università. La sera, ritrovo Monika e Nora, che erano state a teatro (un genere molto popolare da quelle parti), e prendiamo insieme l’autobus. A casa, sperimento ancora una volta la cucina lituana: si mangia quello che capita e quando capita. Comunque, ho così fame che mangerei qualsiasi cosa. Il terzo giorno è dedicato alla classica gita fuori porta che tutti i visitatori di Vilnius devono fare: quella al castello di Trakai. Arrivo a Trakai su un treno enorme e semivuoto, ma comunque comodo, quindi prendo la strada verso il castello, patrimonio dell’umanità Unesco.

In realtà, ci sono molte altre cose da vedere e da provare, perché Trakai è la patria dei Caraiti, un popolo di origine turca che ha conservato la propria identità. Decido di assaggiare la loro cucina al famoso ristorante “Kibininė”, dove provo i kibinai, una specie di calzoni ripieni di carne. Di ritorno a Vilnius sono accolto da un forte acquazzone e visito un paio di altre chiese prima di tornare “a casa”: Monika è fuori città con un’amica e, rimasto solo con Nora, scopro che sa più inglese di quanto aveva dato a intendere.

Il quarto giorno mi congedo (provvisoriamente) da Monika e Nora e, in un’ora di treno, raggiungo Kaunas (pronuncia: kòunas), l’eterna seconda della Lituania, che fu capitale “provvisoria” per vent’anni, dopo l’annessione di Vilnius alla Polonia. Alla stazione incontro Asta e Martynas, una coppia di fidanzatini che avevo ospitato due mesi prima a Rovigo. Appena arrivato, mi portano a vedere il tesoro più importante (e uno dei meglio nascosti) di Kaunas: il monastero camaldolese di Pažaislis, perla barocca dai notevoli influssi italiani. La sua storia travagliata lo portò a diventare una chiesa ortodossa, un ospedale psichiatrico e una galleria d’arte, prima di tornare alla sua funzione originaria solo una ventina di anni fa. Poi, i miei ospiti mi offrono un’immersione nella storia recente, facendomi visitare uno dei numerosi forti sotterranei costruiti nel secolo scorso per difendere la città, ora dai tedeschi, ora dai russi. Verso le tre del pomeriggio, finalmente, si va a “pranzo”! Al locale “Bernelių užeiga”, molto frequentato anche dagli universitari, assaggio la zuppa di barbabietole, che esiste nella versione calda (barščiai) o fredda (saltibarščiai), i famosi cepelinai, patate ripiene di carne e verdure di vario tipo la cui forma ricorda i dirigibili Zeppelin (da cui il nome), e due bevande tradizionali: la gira (nota anche con il nome russo di kvass), bevanda fermentata con una gradazione alcolica talmente bassa da renderla adatta anche agli astemi, e un’ottima bibita analcolica a base di cereali. Più tardi, Asta e Martynas mi portano in una cittadina termale molto carina, dove era in programma un concerto di musica popolare lituana. Non ero preparato a stare fuori fino a tardi, e mi sono preso il raffreddore!

L’indomani è la domenica di Pentecoste e, pur malaticcio, voglio andare a messa. Martynas mi accompagna alla bella cattedrale, dove assisto a una messa cantata, animata da fedeli che indossano abiti tipici. Fantastico! Nel pomeriggio, i miei amici mi portano a Zapyškis, nella cui chiesetta gotica (priva di torre e in origine affrescata all’interno), è in programma un concerto di musica classica. La chiesa è carina ma molto piccola e fatica a contenere tutti. I due suonatori sono bravi, ma il mio stato di salute non mi consente di apprezzarli appieno.

Il giorno dopo, lunedì, parto finalmente alla scoperta di Kaunas. Incontro un CouchSurfer del posto, Lukas, che, per un paio d’ore, mi fa da guida, raccontandomi la storia della città. Dopo aver ammirato la piazza del Municipio, dove sono da ammirare il palazzo comunale e la chiesa di San Francesco Saverio, prendiamo la Laisvės alėja, ovvero il Viale della Libertà, un lungo boulevard alberato che, in epoca sovietica, costituiva il salotto bene della città. Ancora oggi è la via dei negozi, dei ristoranti e delle passeggiate, a piedi o in bici. E’ presente anche una rete wi-fi gratuita. Al termine del viale si trova l’impressionante chiesa di San Michele Arcangelo, una chiesa militare che fu a lungo il simbolo del dominio russo sulla città. Ci avviamo quindi verso il castello, di cui rimangono le mura. E’ uno scenario molto tranquillo e pittoresco. Poco dopo, Lukas mi deve lasciare, così continuo da solo la mia esplorazione. Torno alla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, la più imponente chiesa gotica del Paese, il cui interno fu però ricostruito in chiave barocca a seguito di vari incendi. Dopo averla visitata come si deve, vado a pranzo (le barriere linguistiche mi portano a scegliere, controvoglia, un fast-food) e quindi mi dirigo verso quella che dovrebbe essere una meta da non perdere: la Chiesa della Risurrezione, situata in cima alla Žaliakalnis (la Collina Verde). Per arrivarci, prendo l’omonima funicolare, che è più che altro un monumento storico ad uso turistico, ma che alla fine si rivelerà l’unico aspetto degno di nota. La chiesa, infatti, risale agli anni Trenta, ed è troppo moderna per i miei gusti: l’esterno è ancora accettabile, ma l’interno è troppo spoglio e asettico, e mi ricorda più un ospedale. Un po’ deluso, riprendo la funicolare e torno in centro, con l’intenzione di visitare qualche museo. Nello spazio di poche centinaia di metri si trovano un museo d’arte, un museo della guerra e l’originalissimo Museo del Diavolo. Purtroppo, non ho considerato che è lunedì, e con mio rammarico trovo tutti i musei chiusi. Visito qualche altra chiesa e mi riposo un po’ nei giardini del Palazzo Presidenziale. Più tardi raggiungo Asta e Martynas per tornare a casa insieme.

L’indomani è già ora di partire di nuovo. Saluto Asta e Martynas, e prendo una delle numerose corriere per Klaipėda (pronuncia: klèipeda), terza città della Lituania, con un glorioso passato sotto il dominio prussiano (fino alla Prima Guerra Mondiale si chiamava Memel) e un presente molto più anonimo di città di provincia. La corriera è piena, ma quasi nessuno scende con me a Klaipėda: sono tutti diretti alle rinomate spiagge di Palanga e Šventoji. Percorrendo a piedi la strada che dalla moderna autostazione di Klaipėda porta al centro cittadino, attraverso viali alberati con case ben tenute, che mi fanno sentire più ad Abano Terme o a Salsomaggiore che in una città portuale di media grandezza. Arrivando in centro, capisco perché Klaipėda non ha turisti: è rimasta vittima del passato recente, senza riuscire a valorizzare la sua eredità germanica e anseatica. La sua distruzione durante la Seconda Guerra Mondiale l’ha lasciata senza chiese. Verso mezzogiorno incontro la mia nuova ospite, Margarita, una ragazza simpatica e gioviale, ma anche molto cinica nei confronti della sua città. Parlando con lei, capisco perché la città è in declino: semplicemente perché neanche i suoi abitanti credono nel suo potenziale (un po’ quello che succede nella mia Rovigo). Margarita stessa si meraviglia del fatto che io mi fermi lì tre notti, dato che “non c’è niente da vedere”. In realtà, qualcosa c’è: visito un paio di musei interessanti (il Museo della Lituania Minore e il Museo degli Orologi), dove purtroppo sono quasi l’unico turista. Ci sono anche alcune vie eleganti e ben tenute, oltre a parchi e fontane. I motivi principali per cui vale la pena fermarsi a Klaipėda, però, sono altri. Chi vuole mangiare dei buoni piatti lituani ma senza correre il rischio di finire in una locanda dove tutto è in lituano, troverà pane per i suoi denti al “Jonas Hill”, un ristorante giovane gestito da tre ragazze che parlano inglese e propongono una rivisitazione moderna di alcuni piatti della tradizione. La prima sera sono arrivato troppo tardi per cenare, ma nei giorni seguenti non ho perso occasione per andarci. Le portate erano sempre molto abbondanti e i prezzi decisamente competitivi (mai più di 10-15 euro per un pasto completo). L’altro motivo per un soggiorno a Klaipėda è la sua vicinanza a una delle meraviglie naturalistiche del Paese (checché ne dicesse la mia ospite…): la penisola dei Curi. Per arrivarci, ho preso un traghetto molto economico dal porto vecchio (gli automobilisti devono, invece, andare al porto nuovo). Purtroppo, ho perso molto tempo alla ricerca del molo, perché gli stessi abitanti non sapevano bene da quale riva del fiume partisse il traghetto. Così, sono riuscito a partire solo verso mezzogiorno. Attenzione: il biglietto vale anche per il ritorno, quindi deve essere conservato! La traversata dura pochi minuti e termina a Smiltynė, una cittadina piuttosto anonima. Una carta situata al porto mostra diversi musei etnografici, che però sembrano tutti chiusi. Sì, perché Smiltyne è solo la tappa forzata per raggiungere la vera destinazione (almeno per il 90% dei turisti): la famosissima città-resort di Nida. Purtroppo, ho avuto la sfortuna di visitare la penisola pochi giorni prima del passaggio dall’orario invernale a quello estivo. I turisti erano già molti, e gli autobus troppo pochi. Sono riuscito a prendere solo quello che partiva alle due del pomeriggio, arrivando a Nida verso le tre. Appena arrivato, mi sono lanciato in una maratona per vedere tutti i posti degni di nota. Ho constatato con amarezza che le dune selvagge, i fari, le chiese di confessioni diverse e la casa-museo di Thomas Mann (anch’essa apparentemente chiusa) hanno perso importanza a fronte del massiccio afflusso di bagnanti russi e tedeschi, che fanno di Nida una zona franca che di lituano ha poco o niente. Per questo a molti locali Nida sta sulle scatole. Per assaporare l’anima tipicamente lituana della penisola, avrei dovuto visitare i villaggi intermedi, come Juodkrantė o Pervalka, ma purtroppo il tempo stringeva. Sarà comunque un’idea per una prossima vacanza in Lituania. Alle quattro e mezza, mi fiondo già sul bus delle cinque, onde evitare di restare in piedi. Margarita è quasi contenta di sentirmi dire che Nida non è poi una gran meraviglia. Il giorno seguente, mi porta a vedere un tratto di costa selvaggia molto più pittoresca. Poi, deve tornare a lavorare e mi lascia in centro, dove provo a trovare qualcos’altro da vedere.

L’indomani è, di nuovo, giorno di partenza: la mia destinazione è Šiauliai (pronuncia: sciolèi), quarta città del paese, più vicina alla lettone Riga che a Vilnius. Aspettare il treno nella grande stazione di Klaipėda mi fa sentire protagonista di in una commedia dell’assurdo. In tre ore partono solo due treni: un regionale per una cittadina sconosciuta a nord di Šiauliai e il diretto per Vilnius. L’impiegata dell’ufficio informazioni parla solo lituano e russo (e quasi se ne vanta). I viaggiatori in attesa si contano sulla punta delle dita. Seduti vicino a me ci sono solo una nonnina con due bambini che mi sorridono. Finalmente arriva il treno per Vilnius, con una signora di stampo sovietico che fa uno strappo nei biglietti prima di lasciar salire i passeggeri (le perforatrici qui non sono ancora arrivate). In “appena” due ore, arrivo a Šiauliai, dove mi accolgono la mia ospite Ugnė e un forte acquazzone. Ugnė è una giovane signora minuta e molto vivace. Mi porta di corsa al suo posto di lavoro, dove mi rifocilla con tè e biscotti. Più tardi, quando smette di piovere, mi accompagna a mangiare qualcosa in centro. Mi ritrovo immerso in una città più piccola di molte cittadine di provincia italiane. Ci sono un paio di strade e un grande viale pedonale, molto bello, ma poco altro. Dopo che la mia ospite torna al lavoro, visito la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo (sopravvissuta ai bombardamenti) e un museo d’arte, allestito in una villa d’inizio Novecento, raccomandatomi da Ugnė. Appena arrivo, sono accolto da un’atmosfera spettrale: non c’è nessuno! Entro e mi trovo al cospetto di due signore di mezz’età che non parlano inglese: mi sento già fuori posto! Durante la visita c’è sempre una signora che mi segue come se stessimo giocando a guardie e ladri, un po’ per mostrarmi la strada, un po’ per controllarmi. Il museo è bello e vale senza dubbio il prezzo e la strada percorsa per arrivarci. In una sala sono esposti due mobili in prestito, per il cui acquisto si invita il visitatore a fare un’offerta. Alla fine della visita, mentre rifletto sulla possibilità di aiutarli in questo senso, la mia “guardiana” viene e mi apre la porta di uscita, come per dire “Il museo è finito, si esce di qua”. Una conferma ulteriore che il turista, soprattutto se straniero, non è il benvenuto! Tra parentesi, Šiauliai dovrebbe essere la capitale lituana della bicicletta (con tanto di museo), ma mi chiedo perché, dato che non ne vedo quasi nessuna per le strade! Raggiungo Ugnė, che sta uscendo dal lavoro, e incontro suo marito Egidijus e il loro figlioletto Paulius. Andiamo insieme a fare compere per la cena, che mi offrono gratis (non è obbligatorio sfamare il viaggiatore ospite, ma in genere le famiglie lo fanno con piacere). Dopo un lauto pasto, andiamo tutti insieme al posto per cui Šiauliai è diventata famosa: la Collina delle Croci, ossia un ammasso irregolare di croci piantate dalla gente comune. Ce ne sono alcune molto vecchie e rustiche, mentre le più recenti sono comprate al negozietto attiguo. Dopo la visita del Papa nel 1993, il luogo ha acquisito una fama notevole, che ha avuto ricadute sia positive (l’aumento dei turisti) che negative (la commercializzazione della fede), come notano i miei ospiti. Comunque, è stato forse il luogo più suggestivo di tutta la vacanza.

escursioni

L’indomani è sabato: la mia famiglia aveva da tempo in programma una gita naturalistica, alla quale mi invita ad aggregarmi. Visitiamo un parco pieno di prati e colline, dove – racconta un signore piuttosto eccentrico che fa da guida – un tempo sorgevano molti castelli, protagonisti della strenua resistenza dei lituani all’avanzata dei crociati e del cristianesimo. Non avevo mai conosciuto un popolo che vivesse così tanto della sua gloria passata. La gita si svolge senza problemi (a parte il fatto che sono l’unico a non parlare lituano) fino alla sua conclusione, quando arriviamo al clou del programma: nientemeno che una camminata a piedi scalzi su quella che era una via medievale, che oggi però è un fossato ricoperto di fango! Io ero angosciato e non riuscivo a capire cosa ci trovassero di così divertente questi lituani! Mah… Comunque sono sopravvissuto e, al nostro rientro a casa, Ugnė mi ha preparato un bagno caldo degno di un principe.

La domenica, gita più tranquilla e culturale: visitiamo il bel monastero di Tytuvėnai e la cittadina di Šiluva, importante meta di pellegrinaggi da molti secoli, soprattutto da quando, nel 1608, la Vergine apparve a dei pastorelli. Visitare la moderna Cappella dell’Apparizione è molto emozionante! Dopo questa bella giornata, torniamo a casa per condividere l’ultima cena insieme. Già, perché lunedì è già ora di tornare a Vilnius per gli ultimi giorni prima del volo per l’Italia. Mi congedo a malincuore da questa bella famiglia e prendo di nuovo l’espresso per Vilnius. Le mie ospiti saranno ancora Monika e sua mamma, che adesso sono in vacanza e hanno più tempo da passare con me. Dopo avermi offerto il pranzo, Monika viene in centro con me e mi mostra alcuni luoghi che il turista medio non può conoscere. Il più originale è… la Repubblica di Užupis, un quartiere di Vilnius autoproclamatosi indipendente, con una sua Costituzione (affissa in molte lingue). Questa sancisce principi sani, come “ognuno ha il diritto di essere felice”, e bislacchi, come “ognuno ha il diritto di morire, ma non è un dovere” o “un gatto non è obbligato ad amare il suo padrone, ma deve aiutare nei momenti di bisogno”. Visitiamo anche alcune chiese, ma soprattutto ci divertiamo un sacco insieme! La sera, mi viene addirittura offerta una gustosa cena al ristorante! Arriva il mio ultimo giorno a Vilnius, che dedico alla visita delle chiese che mi rimangono e di un paio di musei: il Museo Nazionale Lituano e la pinacoteca. Quest’ultima mi risulta insolitamente noiosa: quasi tutti i quadri sono ritratti di insigni lituani che non ho mai sentito nominare! Vado anche fino alla galleria d’arte moderna, ma alla vista dell’edificio e di alcune opere contemporanee all’interno, perdo la voglia di pagare il biglietto! Sono le quattro del pomeriggio e, siccome comincia a piovere, torno a casa di Monika un po’ in anticipo. La mattina dopo, in previsione del viaggio che non mi consentirà di pranzare a dovere, Nora mi offre una colazione piuttosto calorica (soprattutto per gli standard italiani!) a base di funghi, patate e pomodori, oltre al tè, che qui non manca mai. Come tutte le cose belle, anche questa vacanza sta per concludersi. Saluto le mie ospiti e prendo l’autobus per la stazione, da dove parte un comodo treno per l’aeroporto. Sceso dal treno, comincio a sentire le prime voci italiane: il mio sogno lituano è davvero finito!

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La Porta dell'Aurora a Vilnius

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Klaipėda di notte

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Una tipica casa caraita a Trakai

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L'insegna del "Kibininė" con i costumi tipici dei caraiti

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La sala dipinta del Dipartimento di Filologia dell'Università di Vilnius

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La Collina delle Croci di Šiauliai al tramonto

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Sulla strada medievale coperta dal fango... Dov'è il divertimento?

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Il Viale della Libertà a Kaunas

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Un tratto di costa incontaminata vicino a Klaipėda

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Benvenuti nella repubblica di Užupis!

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Sirenetta lituana sulle rive del fiume nella repubblica di Užupis



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