Corsica on the road con un Volkswagen California T6 Ocean

Il nostro itinerario: Bastia- Pietracorbara (Cap Corse) – Ostriconi – Lozari – Algajola – Calvi – Piana – Sartène – Sant’Amanza – Bonifacio – Santa Giulia (Porto Vecchio) – Aleria – Bastia
Scritto da: Viviaggia
corsica on the road con un volkswagen california t6 ocean

La Corsica è una terra ricca di bellezze naturali (mare, montagne, laghi, fiumi), costellata qua e là di cittadine fortificate e paesini di montagna. Si presta benissimo a essere girata con auto, moto, camper, mentre i mezzi pubblici sono un po’ limitanti. I prezzi sono mediamente più cari che in Italia. Si raggiunge in traghetto o in aereo.

Perché andare in Corsica

Perché ho aspettato così tanto prima di programmare un viaggio in Corsica? è vicinissima all’Italia, è bellissima, è facilmente esplorabile e ben collegata, eppure non ci avevo mai pensato. Forse i prezzi alti me l’hanno fatta escludere quando ero una studentessa (e facevo le vacanze a Corfù) o forse quel carattere duro dei corsi non me l’ha resa simpatica. In realtà non sapevo che i corsi praticano questa accoglienza ostile e diffidente e l’ho scoperto solo sul posto, quando ho imparato che preferiscono che gli si parli in italiano e che comunque il detto “sorridi, è gratis” per loro non ha senso.

Ma chi sono io per giudicarli? Sono su un’isola francese ma sono più vicini all’Italia che alla madre patria. Sono stati francesi, inglesi, francesi, terra di conquista come se fossero l’ultimo pezzo di torta che ci si passa a tavola tra familiari. Vedono gente andare e venire ma mai restare e vedono i giovani partire per non tornare. Forse anche io diventerei diffidente, al posto loro. Comunque, l’accoglienza dei corsi inseriamola nel carattere selvaggio di quest’isola che ha così tanto da offrire. Prima di tutto le bellezze della natura: mare cristallino, montagne, laghi, fiumi, percorsi di trekking, paesini arroccati su cucuzzoli, animali liberi di pascolare dove più gli piace, vegetazione imponente. Non mancano poi le cittadine da visitare (Calvi, Bonifacio, Ajaccio, Corte, Sartene) … chi di voi non ha pronunciato tante volte la frase “Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio…”?

E allora non ci resta che esplorarla.

Un avvertimento: essendo un’isola, è più sensibile ai cambiamenti climatici e alla forza del vento. Nel 2022 un uragano con venti a 220 km/h ha causato morti e feriti. Nel 2023 l’allerta uragano è stata ridotta perché i venti si sono fermati sui 120 km/h, comunque abbastanza forti da ostacolare una passeggiata e rendere impossibile una nuotata. Quando fate l’itinerario, controllate bene non solo se ci sarà o meno il sole, ma anche la forza dei venti. L’isola è piccola e le distanze sono ridotte, per cui potrete cambiare meta anche sul posto, in base all’intensità del vento.

Prima tappa: Cap Corse

Prima di partire per la Corsica avevo fatto un itinerario ben studiato, dopo aver letto – come da abitudine – vari diari di viaggio. Purtroppo, il vento assassino del sud e la pioggia torrenziale ci hanno costretti a rivedere un po’ le tappe, ma non è stato un problema: quando viaggi in van, l’albergo viaggia con te e puoi cambiare meta quando vuoi. Abbiamo preso il traghetto da Livorno, un traghetto della Corsica Ferries prenotato mesi prima. La moquette di quel traghetto credo conservi tracce di numerosi delitti violenti e non, non essendo mai stata pulita (o almeno così sembrerebbe). Il bar della colazione chiude dopo un’oretta dalla partenza (si prepara al pranzo del ritorno) e resta un bar dall’offerta scarsissima e dalla coda eterna. Portatevi dietro uno snack e dell’acqua, non ve ne pentirete.

Da Livorno il traghetto arriva a Bastia, a Nord. Già qui la prima sorpresa: siamo attaccati al porto, ma l’acqua è trasparente e blu intenso. La spiaggia cittadina dell’Arinella è lunga e ben servita e se proprio non vedete l’ora di fare il primo bagno, approfittatene. Noi ci siamo diretti a nord, per visitare Cap Corse. Dopo una litoranea tutta curve che si affaccia su un mare da sogno, siamo arrivati alla prima meta: la Plage de Pietracorbara. Qui abbiamo parcheggiato il van in un punto comodissimo, una specie di lingua che si insinua nel mare, e ci siamo subito diretti a fare il bagno. La sabbia non è proprio finissima, ci sono alcuni ciottoli appena percepibili, ma il mare è sublime: pulito, trasparente, piuttosto calmo grazie alla protezione della costa. Ci sono anche una delle classiche torrette che troverete in Corsica, dei lidi e dei ristoranti. Meta consigliata, si sta davvero bene.

Noi abbiamo sfruttato subito il van: tenda aperta, tavolino sistemato e frisella (che ci siamo portati da casa, per celebrare l’estate che per noi è iniziata a fine agosto). Accanto a noi altri 4 van con coppie che si godevano la tranquillità del nord. Una pace sublime, finché verso le 15 non è partita la musica da spiaggia (quella dei tormentoni, per intenderci). Dopo la pennica, a malincuore abbiamo lasciato la nostra postazione. Qui l’itinerario programmato ha cessato di essere tale, a causa delle previsioni che davano tempesta sulla costa orientale e a sud. A quel punto abbiamo tagliato la Corsica attraversando le Agriate, per puntare verso Ovest e goderci un tramonto.

La scelta è stata felice, perché la zona delle Agriate è proprio da cartolina: montagne, fiumi impetuosi, cascatelle qua e là, vallate. Mi sarei fermata volentieri, ma dovevamo arrivare alla meta prima del tramonto e così non ho potuto che pensare: un giorno ci tornerò e mi programmerò una notte qui, sicuramente se non sarà prevista tempesta. Se avete un 4×4 o volete prenotare un’escursione, è una zona che merita.

Seconda tappa: Ostriconi e Algajola

Superato l’entroterra montano siamo arrivati alla costa ovest e ci siamo diretti alla Plage de l’Ostriconi. Le foto di questa spiaggia sono bellissime e non dubito che normalmente sia davvero bella, ma quel giorno il vento forte la rendeva ostile e così ci siamo spostati un po’ più giù, a Lozari. Mare più calmo, trasparente per quanto si potesse vedere, dove ci siamo goduti il tramonto con birretta e popcorn sulla spiaggia quasi deserta. Una bella immersione nella natura mentre gli altri sono tornati a casa (il vantaggio di portarsi la casa dietro come le tartarughe: ti godi i posti quando non c’è nessuno).

Dopo il tramonto, abbiamo fatto un passaggio veloce a Ille Rousse (se dormite in hotel, Isola Rossa è certamente un’ottima scelta per servizi e offerta di spiagge) e ci siamo diretti ad Algajola.

Io non so dire come sia Algajola di giorno, ma per la nostra notte in van è stata divina. Abbiamo fatto la doccia (con saponi rigorosamente biodegradabili) vicino al porticciolo e ci siamo poi spostati in una stradina tranquilla, con qualche villetta, che dava su un golfo. Abbiamo parcheggiato a due passi dal mare e per tutta la notte abbiamo sentito solo il rumore delle onde. La mattina dopo, al risveglio alle 09:00, abbiamo visto solo qualche persona che prendeva la barca o portava a spasso il cane. Ancora una volta, la natura era tutta per noi. Posto bellissimo, estremamente rilassante, con il mare ancora calmo.

Dopo la colazione vista mare siamo tornati un po’ indietro, alla spiaggia di Bodri. Questa caletta è collegata alle città principali dal trenino delle spiagge, un trenino estivo che consente ai villeggianti di raggiungere i lidi senza prendere l’auto. Noi ovviamente ci siamo andati in van e abbiamo pagato solo 3 euro per il parcheggio (senza limiti di tempo).

Il mare a Bodri era fresco e calmo, ideale per nuotare (cosa che non ho mancato di fare). Ci sono anche qui lidi e spiaggia libera e in generale è una spiaggia in cui passare anche tutta la giornata in pieno relax.

Dopo il rigenerante bagno nel mare cristallino, dovevamo scegliere: sfidare la pioggia e continuare a scendere o tornare indietro verso est, rifacendo una strada già vista. Ovviamente abbiamo optato per la prima soluzione e siamo scesi verso Calvi.

Terza tappa: la cittadella fortificata di Calvi (e il suo mare)

Calvi è una graziosa cittadina fortificata, il primo assaggio di civiltà che abbiamo avuto in Corsica (abbiamo preferito per lo più la parte selvaggia). Un lungomare fronte porto dove l’acqua ci è costata 5 euro (una bottiglietta), un susseguirsi di localini con i tavolini all’aperto, una stradina piena di negozi di souvenir uno uguale all’altro e una salita non troppo ripida che conduce alla vecchia Calvi, con i suoi bastioni, le stradine, il faro e un’audioguida che indica i punti di interesse.

A Calvi abbiamo parcheggiato nel porto (scelta che si è rivelata ottima, per un bagno pubblico pulito che avevamo a due passi) e da lì abbiamo fatto a piedi il giro della città senza nessuna difficoltà. Per cena abbiamo prenotato al ristorante U Fanale, dove abbiamo mangiato degli ottimi pancake al formaggio, polpette e una tagliata di carne (per Lele; io avevo i formaggi). Il prezzo è stato onesto, sui 30 euro a persona vino incluso.

A questo punto, il meteo ha voluto dimostrarmi che le previsioni erano esatte: nel giro di mezzo minuto siamo passati da un tintinnio di pioggerellina a uno scrosciare fortissimo che si sentiva dal soffitto. I camerieri si sono lanciati all’istante a chiudere le finestre, mentre quelli che erano fuori a fumare sono rientrati a velocità da centometrista. Noi eravamo ovviamente a piedi, a 1,5 km di diluvio dal nostro van. Abbiamo provato a chiamare un Uber ma non è mai arrivato. Alla fine, non appena abbiamo sentito un rallentamento nel ticchettio ci siamo lanciati fuori, armati di kway del Decathlon (che sempre ci salva la vita) e con ai piedi gli infradito (che mi ero portata per evitare di rovinare l’ennesimo paio di scarpe). Con l’acqua che ruscellava per strada, abbiamo raggiunto il van in una Calvi deserta. Ci siamo asciugati nel van, abbiamo sperimentato la resistenza del pioggino da 10 euro e ci siamo goduti il rumore intermittente della pioggia.

Quarta tappa: le calanche di Piana (sito UNESCO)

La mattina dopo il cielo minacciava tempesta. E sei in van e vai in Corsica, non hai moltissime alternative al torneo a gironi di burraco. Non ci siamo lasciati intimidire e, eliminate le tappe di mare, siamo andati a vedere le Calanche di Piana.

Queste Calanche, che non a caso sono un sito UNESCO, sono formazioni rocciose di color arancione che rendono benissimo alla luce del tramonto. Al buio del diluvio hanno reso un po’ meno, ma erano comunque belle e affascinanti da vedere: la strada si affaccia su una costa imponente con mare blu intenso (che noi abbiamo visto furibondo, tanto che spesso si scorgeva solo la spuma delle onde) e di tanto in tanto si creano passaggi stretti tra rocce che sono incantevoli. Anche qui, mi toccherà tornare col sole, meglio col sole che sta per andare a dormire.

All’arrivo a Piana, la pioggia non aveva mostrato segni di cedimento, impegnata in una maratona a ritmo costante e veloce. Abbiamo fatto la spesa e mangiato nel van, che a quel punto, dopo ore di pioggia, iniziava a sembrare un po’ stretto. Fatto il riposino, quando la pioggia ha preso un attimo di respiro, ci siamo infilati il pioggino e ci siamo diretti all’esplorazione di Piana. Piccola, deliziosa, con le casette di pietra e le bouganville sui muri, deserta sotto il diluvio.

Quinta tappa: Cargese e Sagone (snorkeling)

A questo punto i miei progetti di snorkeling erano letteralmente naufragati: la maschera riposta con cura nel bagaglio e tirata fuori il primo giorno mi guardava beffarda, mentre guidavo con sicurezza verso Cargese, la spiaggia da cui partono escursioni in barca verso calette da sogno. E a questo punto … indovinate un po’? mi toccherà tornarci, col sole e senza vento.

Il viaggio verso Cargese è comunque piacevole, per ciò che si riesce a intravedere nella foschia: una costa frastagliata, con la montagna da un lato e il mare dall’altro, con le mucche le capre e le pecore a pascolare liberamente e casette isolate incontrate di tanto in tanto. Il panorama è così bello che sfido la pioggia e per due volte mi lancio su un belvedere a fare foto (alla foschia in realtà, ma a questo punto non importa più).

Arriviamo a Cargese che siamo da ore nel van, con i vestiti che non riescono ad asciugare e io che mi sento fradicia dentro. Il meraviglioso California che ci porta ovunque ha solo la doccia all’esterno, con acqua fredda, e non è da prendere in considerazione.

Dopo un po’ di ricerche trovo un camping a Sagone (il Camping le Sagone), a 10 minuti di distanza. Fiduciosa mi lancio alla guida, con il cielo che butta acqua a secchiate, e in reception concordo una doccia calda per 2 euro. Le docce sono da raggiungere a piedi, sotto il diluvio, e Lele (saggio) rinuncia. Io invece non demordo: finalmente potrò asciugarmi i capelli, ne sono convinta. Peraltro, il campeggio ha una lavanderia automatica che suscita in me un amore cieco: posso lavare e asciugare i teli e le altre cose che hanno preso pioggia e umido. Mi sento felice. Carico la lavatrice con un senso di euforia, dico a Lele di spostare i panni nell’asciugatrice al suono della sveglia e vado sotto la pioggia, con lo zainetto sul davanti e il pioggino a coprirmi.

Dopo un po’ che cammino a vuoto nel Camping trovo una signora affacciata da un bungalow e le chiedo spiegazioni su come raggiungere le docce. Lei mi guarda, parla francese ma forse un po’ di inglese lo può usare, mi guarda ancora, mi spiega usando le due parole che ricorda e poi, indicando il kway rigonfio sulla mia pancia, intenerita mi dice: la accompagno io? Io alzo il kway e le mostro fiera lo zaino che lei aveva preso per una gravidanza gemellare al nono mese, le sorrido di cuore e vado di nuovo sotto la pioggia, fradicia ormai, senza trovare riparo.

Quando raggiungo la doccia, sorpresa: i lavandini sono sotto una verandina e ovviamente il vento ci porta dentro la pioggia. Non demordo. Faccio una doccia bollente, mi asciugo mantenendo tutto in alto come la migliore equilibrista mai vista, prendo il mio phon, cambio ciabatte e trovo un angolino riparato dal vento in cui asciugare finalmente i capelli. Dopo diversi contorsionismi eccomi, asciutta e felice!

Cosa resta da fare? Rimettere il kway e correre verso il parcheggio (la strada ormai la conosco, il ritorno dura 1/5 del tempo). Arrivo nel van, col pioggino che gronda e io sotto tutta asciutta e felice. Vedo l’asciugatrice carica. Il cuore si alleggerisce, intravedo addirittura uno spiraglio di cielo al tramonto. A questo punto non mi resta che ritirare il bucato. Ma come, è bagnato! Riprogrammo per 20 minuti. Di nuovo bagnato. Un francese che è accanto a me chiama l’assistenza: l’asciugatrice è rotta! Posso chiedere rimborso chiamando l’ufficio reclami. Il cielo si riannuvola, il capello è ormai meno asciutto di prima ma almeno lo è più del bucato. Sfrutto le sessioni di tetris per appendere asciugamani e biancheria nel van, accendo il riscaldamento e torno a Cargese, mentre Lele suona la chitarra.

Memento: se piove, il van sembra stretto. A Cargese giriamo ben 4 posti prima di trovare un ristorante aperto. È ovviamente tutto pieno, ma ordiniamo delle pizze da asporto da L’Ancura che mangiamo comodamente al caldo del van. La pizza è buona, veramente buona, con gorgonzola e noci che qui amano tanto. Il cielo ha esaurito le riserve idriche, ma Eolo non demorde. Ci parcheggiamo vista mare, con le onde che hanno mangiato del tutto la spiaggia e sono arrivate fino alla strada. Il rumore ci culla. Il diluvio è passato. La mattina dopo ci svegliamo con la voce di quelli che sono venuti a vedere i danni della mareggiata: la struttura del Pronto Soccorso è crollata sulla spiaggia. Nelle isole bisogna aspettarsi un po’ di tutto e in fondo questo clima impazzito ci sta dimostrando ogni giorno che non si possono fare programmi a lungo termine. Cargese segnatela come tappa in cui fare anche più notti, se il mare permette le escursioni in barca e i bagni.

Sesta tappa: Sartène e il pranzo da A Cantinetta

Non essendoci nessuna prospettiva di bagno a Cargese e dintorni, ci dirigiamo a Sartene: paesino dell’entroterra meno scontato di Calvi, con le stradine ciottolose, le salite, le casette, i localini affacciati sul belvedere, la piazza piena di bar. Qui pranziamo da A Cantinetta, un posto a dir poco singolare. La padrona, Marie Dominique, serve solo salumi e formaggi e probabilmente vi dirà a malincuore che ne ha pochi, anche se in realtà ne ha tanti. Vi offrirà del vino, vino molto buono e di tanti tipi diversi, spingendovi a comprare le bottiglie. Che problema c’è se non puoi portarle in aereo? Le bevi qui, nel tuo van. La signora parla italiano, fa domande, intrattiene gli ospiti e poi scompare nel retrobottega tornando con vassoietti non troppo carichi ma gustosi. Come dessert, un cornetto Algida (dell’Eurospin corso) tagliato con cura per sembrare una cosa deliziosa.

Alla fine, la signora dice che non è brava in matematica e ti chiede se puoi fare il conto da sola. Scusala, non è una che sa, è svampita… ma non appena le dai il totale recupera i ricordi delle scuole e fa la somma meglio di un calcolatore. Ma quindi vuoi scoprire se sono onesta, mia cara Dominique? Scopri che lo sono, mi sorridi con dolcezza, magra magra come era mia madre, e con la stessa dolcezza furba mi accompagni di fronte, a casa tua, per farmi usare il bagno (nel locale non c’è). Mi lavo le mani guardando i tuoi spazzolini, con la spugna della doccia appesa e un paio di accappatoi a confermarmi che quel bagno dei clienti lo usi anche tu, e penso già che è stato bello conoscerti e che la Lonely Planet non sbagliava a consigliarti, nonostante i pochi coperti e la scarsissima scelta. Sartène va bene come tappa per dormire, massimo una notte però.

Settima tappa: Sant’Amanza e Bonifacio

Lasciata Sartène andiamo a sud, dove finalmente il vento si è calmato. Arriviamo a Sant’Amanza, spiaggia lunga di sabbia sottile che sta poco dopo Bonifacio, luogo tranquillo, con le casette e le barchette, l’acqua cristallina che però l’uragano ha reso gelida. Facciamo una doccia tonificante al fresco e ci sistemiamo per la notte: il parcheggio è proprio a due passi dal mare, un luogo perfetto. È fresco, ma ormai siamo temprati. Accendiamo la brace e Lele griglia la carne e il mio meraviglioso veg burger di lenticchie (molto più buono delle cose chimiche che trovo a casa). Dividiamo la carne con i vicini e il loro cane, diamo il tonno a un gattino certosino che è venuto attirato dagli odori e ci godiamo la quiete dopo la tempesta.

La mattina il mare è ancora calmo, trasparente e gelido. Ci sono delle ragazze che a cavallo sulla spiaggia, ma non ci sono bagnanti. Questa spiaggia è abituata a ben altri numeri, ma col freddo resta deserta, per i pochi che la vogliono esplorare. La consiglio, con qualsiasi temperatura ma non con il diluvio. Mentre la maschera e il costume fanno le ragnatele, optiamo per un giro a piedi e ci dirigiamo a Bonifacio: le falesie bianche che guardano la Sardegna, la cittadella, la scala ripidissima del re d’Aragona, il cimitero marittimo che sembra un paesino greco, la Chiesa con dentro il gatto, i negozietti di souvenir.

Per scaldarci un po’ prendiamo un cappuccino al Caffè Nicois e lo ordiniamo in inglese. Il proprietario, una specie di Capitan Findus che fuma nel bar, ci chiede arrabbiato perché parliamo americano se siamo italiani. Ci rimprovera, ci dice di usare l’italiano e poi ci serve il cappuccino (3 euro, prezzo onesto). Il bar ha l’aspetto che doveva avere 30 anni fa e anche le bottiglie di liquore probabilmente non vengono spolverate da allora. Il tipo è autentico: non gli servi come cliente, ha i suoi amici affezionati con cui parla corso senza problemi, ha i turisti che comunque passeranno per non tornare più e non deve fingere che tu gli piaccia. Per me, è amore a prima vista! Bonifacio è molto carina e la potete scegliere come meta per dormire, se optate per alberghi o case vacanze.

Ottava tappa: Santa Giulia (Porto Vecchio)

Finito il giro culturale, fiduciosi nel sole alto andiamo alla spiaggia di Santa Giulia, vicino a Porto Vecchio. Qui troviamo tutti i turisti che non avevamo visto fino a quel momento, in gran parte italiani o francesi. Il parcheggio costa 15 euro. La spiaggia è lunga, di sabbia fine, con stabilimenti e spiaggia libera. Un mare così blu non so se l’ho mai visto, nonostante la gente e il vento. L’acqua è di una bellezza sconvolgente, tanto che in molti sfidano la temperatura bassa e ci si immergono piano piano (ci si abitua un po’ alla volta). Anche noi facciamo una lunga passeggiata in acqua e alla fine, belli tonici e infreddoliti, ci immergiamo. Santa Giulia va assolutamente vista. Non c’è altro da dire.

Nona tappa: Aleria

Il tempo ostile ha molto rallentato il nostro tour, per cui la costa est la vediamo di passaggio. Dopo il pranzo a Santa Giulia ci spostiamo ad Aleria. Inizia a fare più caldo, il vento si è calmato e qualcuno fa anche il bagno e nuota. Facciamo una doccia calda in un agricampeggio e poi ci dirigiamo nella spiaggia Plage de Mar’e stagnu, che sta dietro una specie di laghetto. Tutto intorno ci sono solo vigneti, in un panorama accogliente che ci fa dimenticare del tutto le secchiate d’acqua dei giorni precedenti.

La spiaggia è lunga, il mare è calmo e qualcuno attende l’ora del tramonto. Quando è quasi buio, restiamo solo noi e altri due van. Dal mare si alza una luna rossa enorme, che sorge proprio di fronte a noi. La prima fortuna della vacanza: è la luna piena. Accendiamo la brace, condividiamo la carne con la famiglia accanto a noi, ci godiamo una cena illuminati dalla luna e pensiamo che vorremmo restare in Corsica ancora e ancora. Al risveglio, con il sole che sorge nello stesso punto in cui qualche ora prima la luna si era imposta, il mare è di nuovo agitato ma qualcuno ci nuota lo stesso. Torniamo a Bastia, facciamo l’ultimo bagno alla Plage de l’Arinella e ci imbarchiamo sul nostro traghetto dalla moquette omicida.

Considerazioni finali

La Corsica è bella, selvaggia, piena di natura, di spiagge lunghe e bianche, di mare trasparente e cristallino, di cittadine e paesini da esplorare. Ci vorrebbero più giorni per poterla visitare al meglio ed è raccomandato avere un mezzo proprio, che sia auto, moto, camper/van o quello che preferite (ne ho visti circolare di ogni tipo). Per gli appassionati di trekking, c’è la GR20 da fare, tutta o in parte, e in ogni caso sulla Lonely Planet si trovano molti itinerari.

La natura è la parte più interessante e si presta bene per vacanze di mare, di montagna o di mari e monti. Non è economica, ma ci si organizza. Noi con il van abbiamo risparmiato moltissimo e quindi alla fine i prezzi alti li abbiamo solo intravisti. Il giro delle coste è forse l’itinerario più gettonato, ma anche l’entroterra merita. In particolare, un bel giro nel Deserto delle Agriate è consigliato, anche se alcuni percorsi si possono fare solo con il 4×4 o a piedi.

Per lo snorkeling, la zona di Cargese è quella da cui partono le escursioni in barca che consiglio, anche se poi non le ho potute sperimentare. Santa Giulia, vicino Porto Vecchio, è quella con il mare migliore, mentre Pietracorbara a nord garantisce maggiore tranquillità. Se volete optare per le notti in città, scegliete Bastia, Isola Rossa, Calvi, Sartena, Bonifacio, Porto Vecchio e Algajola.

Controllate bene il meteo, il vento, le esposizioni delle coste e portate un bagaglio che vi renda pronti a ogni evenienza (ciabatte di riserva, pantaloni lunghi, scarpe da trekking, kway, maglia termica, una bella protezione solare, una fotocamera e una go-pro per immortalare la natura). Non aspettatevi falsi convenevoli o sorrisi forzati e godetevi un luogo autentico.

La prima volta con un van

Quella in Corsica è stata in assoluto la mia prima esperienza di van, camper e simili e prima di allora non ero mai stata neanche in un campeggio. Però ho già sperimentato le docce fatte all’aperto (dopo le gare di corsa) e le giornate senza bagno (nel viaggio nelle isole delle Filippine), per cui ho deciso di mettermi alla prova direttamente con il California, anche se può essere un po’ più difficile da vivere rispetto a un vero e proprio camper.

Il vantaggio enorme del California, che me lo fa preferire, è che si guida e si parcheggia come un’auto: va veloce, ha un’ottima ripresa e si può parcheggiare ovunque, anche nel centro delle città. Non servono soste autorizzate o campeggi e infatti noi abbiamo sempre dormito immersi nella natura. Altro vantaggio, avendo un T6 Ocean, è che ci sono la cucina e il lavandino e un doppio letto che consente di dormire molto comodi e anche di stare in piedi (basta aprire la tendina del letto e sollevare il letto).

Lo svantaggio è che manca il bagno. Una cosa relativa se ci si sa adattare, a patto di comportarsi in modo civile e di non usare la natura come fosse una latrina. Per me non è stato un problema. La sola cosa che mi è mancata è il phon, ma non l’ho potuto usare solo perché nei van a noleggio non c’è la predisposizione. Altro svantaggio: se piove o fa freddo, diventa scomodo. La doccia solo fredda è limitante, ovviamente, ma si può risolvere il problema optando per un campeggio. In più è strettino e quindi si gode molto meglio se si sta all’aperto, mentre se si prevede di fare lunghe soste al chiuso alla lunga inizia a sembrare stretto.

Comunque, dopo 8 giorni in van, inclusi due di diluvio, ho sentito la mancanza solo dei capelli asciutti e della lavatrice. E al rientro ho solo pensato che è proprio il tipo di vacanza che voglio fare e che spero di potermene comprare uno, certo più scassato di questo visti i costi. Comunque, con un van di proprietà si risparmiano tantissimi soldi, si può creare l’itinerario sul momento, si può optare per un cibo preparato da sé che è mediamente più salutare di colazione/pranzo/cena da fare per locali, si evitano check-in/out continui nei viaggi on the road, non si hanno vincoli di orario. Sopra ogni cosa, si può vivere la natura a ogni ora, anche quando tutti gli altri sono rintanati in casa, e il risveglio in riva a un mare ogni giorno diverso vale davvero ogni rinuncia. Grazie, prode California, per averci scortati su e giù. Ci manchi già.

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