Civitavecchia Capranica: la vecchia ferrovia
Un oretta di caldo atroce nella carrozza e finalmente arriviamo a Civitavecchia dove incontriamo uno dei pochi viaggiatori che prendono ancora il treno. Oggi i convogli ferroviari sono usati prevalentemente per spostarsi, i regionali, poi, sono prevalentemente utilizzati dai pendolari che con le loro facce stanche e tristi ti dicono che solo lì perché non possono prendere l’automobile. Invece a Civitavecchia sale sul convoglio un ragazzo che con la bici ha appena finito di fare il giro della Sardegna e se ne torna a Milano, è forse l’unico viaggiatore presente su quel treno. Il bagaglio è interessantissimo, nel carrellino legato alla bici ha stipato una decina di litri d’olio, qualche bottiglia di vino e dell’ottimo formaggio sardo. È un emigrante con la bici che al ritorno dalla terra natia porta con se un carico di prodotti locali. Slurp!! Incominciamo a pedalare e dopo aver girovagato per Civitavecchia troviamo un gruppo di ciclisti che ci indicano la giusta direzione e l’unico punto di riferimento: un chiosco che vende formaggi, direzione Grosseto-Autostrada.
Arrivati al chioschetto la fame si era già impadronita di noi e quindi giù un panino. Vi consigliamo però di portare la roba da mangiare da casa, mai visto un panino così striminzito e così caro. Inoltre, gravissimo, il chiosco non offre vino. Voto al chiosco 3–.
Sulla destra del chiosco (che speriamo cambi presto gestore) si inerpica un viale alberato da seguire fino a quando non si vede sulla sinistra una sbarra di ferro arrugginita. Dieci metri in discesa e ci si trova sulla vecchia ferrovia.
C’è subito una stazione ed una breve galleria ma questa volta c’è anche un lago. Il terreno è di composizione argillosa e quindi per i primi 10 km è tutto un pantano.
I consigli: portatevi, oltre ai panini, anche un cambio di vestiario e delle lampade per le gallerie. Quindi non fate come noi che non avevamo queste cose.
Il percorso si presenta particolarmente impegnativo essendo tutto un pantano, cosa da uomini veri dove il fattore mentale è fondamentale.
Dopo 7 km il deragliatore è andato, è talmente pieno di argilla che non si muove più. Nelle diverse gallerie si procede prevalentemente a piedi onde evitare di cadere, al buio, nella cunetta di scolo delle acque posta al centro della carreggiata.
Per quei brevi tratti che si riesce a pedalare al buio si prova una sensazione stranissima, non si percepisce più la pendenza del terreno e si ha quasi l’illusione di lievitare nel vuoto.
Al quindicesimo chilometro incominciamo a realizzare il perché tutti parlano della ferrovia Capranica – Civitavecchia e noi invece ci troviamo sulla ferrovia Civitavecchia – Capranica (che poi è lo stesso percorso). Cosa vuol dire questo: partendo da Capranica si affronta il percorso in discesa, come invece abbiamo fatto noi si parte dal livello del mare per salire a quota 400 metri. Ma l’importante è il fattore mentale, la salita ed il terreno fangoso servono a potenziare, la velocità si farà più in là – si comincia a delirare – e poi anche se a fine percorso non mi sentivo più le gambe è indiscutibile sottolineare che il ciclismo è uno sport sedentario, non si può smentire che si pratica stando seduti!!! La salita continua si incontrano diverse gallerie, tutte in ottime condizioni e ben pulite tranne una utilizzata per ammassare il letame il quale aggiungerà allo strato di fango già è depositato sulla bicicletta. A circa 20 km si incontra la galleria del Casalone la più lunga del percorso, circa 1.800 metri, fortunatamente tutta rettilinea, quindi si vede la LUCE. Attualmente questa galleria è murata parzialmente nel lato più a valle (verso Civitavecchia) ma è facilissimo oltrepassare tale ostacolo.
Durante il percorso attraversiamo diverse stazioni abbandonate che ormai sono dei ruderi fatiscenti. Ci chiediamo a cosa, alcune di queste stazioni, fossero servite visto che vicino non ci sono neanche delle frazioni di paese. Forse volevano costruire prima la stazione e poi il paese?? Si continua a spingere sui pedali, il terreno rimane pesante ma non più allagato. Incontriamo raramente qualche persona e più frequentemente qualche gruppetto di mucche al pascolo che sicuramente non avranno mai problemi di pazzia. Il paesaggio è ormai collinare. Attraversiamo anche il fiume Mignone utilizzando uno storico ponte di ferro (se soffrite di vertigini potreste avrete qualche problema, se avete la macchina fotografica, scatenatevi).
Quando ormai ipotizzavamo che mancassero pochi chilometri veniamo a sapere che per arrivare a Capranica se ne devono ancora percorrere circa una ventina. E chi ce la fa più! Stiamo appena uscendo dalle feste natalizie! Questi ultimi chilometri si distinguono dagli altri per la presenza di una serie di muretti che tagliano il percorso. Si deve quindi scendere e scavalcare. Cosa banale per chi ha affrontato diversi chilometri di galleria andando a tastoni.
Finalmente dopo 4h e 30 minuti arriviamo a Capranica, e pensare che all’inizio si era detto che essendo il percorso solo una quarantina di chilometri si sarebbe fatta la stessa ferrovia per tornare a Civitavecchia. Il contachilometri segna 70 km.
È ormai pomeriggio inoltrato e la fame è tanta. C’è anche voglia di una bella birra ghiacciata indispensabile per concludere in bellezza questa stupenda giornata. Desidero rimasto insoddisfatto a Capranica Scalo dove l’unico bar, presente alla stazione, è giustamente chiuso la domenica. Quando ormai si temeva di morire di fame entriamo nell’unico altro posto aperto oltre alla Chiesa, la Farmacia. Il menù proponeva, cibi per diabetici, barrette ipo-caloriche iper-costose e confezioni di omogeneizzati. Ci avventiamo su un pacco di biscotti Plasmon, sempre ottimo in questi momenti (pensate se avessimo avuto la Nutella, squisiti!).
Sono le 17:21 ed è ora di prendere il treno per Roma. In carrozza ci accorgiamo che pochi apprezzano il fango che ci portiamo addosso. La giornata si concluderà prima di cena con una fenomenale lavata di bici.