1060 km in scooter a Ibiza
Se pensate che questo sia il paradiso degli amanti delle discoteche, non avete tutti i torti. Ma se ci siamo stati noi, che le discoteche le vediamo soltanto da lontano, potete stare tranquilli. Buttatevi e non ne rimarrete delusi, perché Ibiza ha mille facce, tutte una più bella dell’altra… Come arrivare Noi abbiamo scelto l’aereo, ma qualche pazzo preferisce la nave, come dimostrano le numerose auto italiane e straniere che viaggiano sull’isola. In traghetto la tratta principale, a grandi linee, è quella Genova-Barcellona-Eivissa, ma sicuramente ci sono partenze anche da altri porti italiani, nonché da Valencia e Palma de Mallorca. Se non vi affidate ad un tour operator e volete risparmiare qualche euro, fate come noi, che abbiamo prenotato due mesi prima via internet. Non sono molti i vettori che offrono servizio diretto per Ibiza, noi abbiamo scelto VolareWeb. Partenza da Venezia la sera del 9 agosto e rientro la sera (notte) del 23. Per un biglietto andata e ritorno abbiamo pagato 230 euro, che non sono molti, visti il periodo e la destinazione, ma che sono lievitati pochi giorni dopo il nostro acquisto. Più aspettate e più il costo aumenta, arrivando perfino a raddoppiare (chi aveva prenotato pochi giorni prima della partenza aveva pagato oltre 450 euro…).
Tenete la stampa della prenotazione e poi dell’e-mail di conferma che vi verrà inviata da VolareWeb. Con questa vi presenterete al check-in, sia all’andata che al ritorno. Il peso consentito per il bagaglio è di 15 kg. In generale non hanno fatto storie, ma è sempre meglio partire leggeri, visto che al ritorno si è sempre più carichi.
Non ci sono stati forti ritardi. L’arrivo a Ibiza era previsto per le 23.25 (decollo alle 22.05), ma siamo arrivati alle 23.45. Al ritorno l’aereo ha ritardato di un’oretta, e siamo atterrati a Venezia alle 2 circa. Proprio a causa degli orari, per arrivare a Venezia abbiamo scelto di prendere l’auto, anziché il treno. Con quest’ultimo saremmo tornati a Prato alle 7 del mattino dopo, mentre con la macchina avremmo fatto prima, in teoria. All’aeroporto c’è un parcheggio, ma quello più economico era completo, così siamo andati a cercare a Mestre. Non è facile trovare un posto che sia aperto anche di notte (avevamo visto molti siti internet ma quasi tutti chiudevano non più tardi delle 22). Alla fine abbiamo optato per il parking di fronte alla stazione ferroviaria, a 4 euro al giorno. Dalla stazione all’aeroporto c’è la navetta, che in venti minuti copre il percorso fino al Marco Polo (circa 8 km). Il capolinea è nella piazzetta a sinistra guardando l’ingresso della stazione, e il biglietto costa 2,50 euro. Il servizio però termina alle 22, così per il ritorno ci siamo dovuti arrangiare con un taxi. Una tragedia, visto che per i soliti 8 km il tassista ci ha fatto pagare ben 34 euro. Un furto, più che una tragedia. Quando abbiamo ripreso l’auto ad attenderci c’era un signore di mezza età. Gli abbiamo consegnato il tagliandino (vanno conservati entrambi, uno sulla macchina e l’altro in tasca) e ci ha fatto pagare 24 euro, forse meno del previsto. Vista la stangata del taxi, abbiamo deciso, stanchi, di lasciar perdere. Erano le 3 e volevamo tornare a casa, se il parcheggiatore si era sbagliato, a quel punto, non erano più affari nostri. Alle 6 eravamo a letto, con il sole che sorgeva… Comunque i voli sono andati benissimo, soprattutto il ritorno. Un decollo perfetto (a parte la poltrona di Anna che non restava bloccata e quindi calava mentre l’aereo si alzava…) e un atterraggio buono. Niente da appuntare, quindi, alla VolareWeb! Trasferimenti aeroporto-hotel e viceversa L’aeroporto è ben collegato dagli autobus, che passano abbastanza frequentemente. Si trova a sud dell’isola, proprio in mezzo alle saline, e se arrivate di giorno dev’essere impressionante passare prima sopra la Dalt Vila, su platja d’en bossa e poi sugli specchi d’acqua… Noi siamo arrivati di notte, e ci siamo goduti solo la Dalt Vila illuminata. La notte gli autobus dall’aeroporto non partono. Così abbiamo dovuto prendere il taxi. Considerate però tre aerei, appena atterrati, che scaricano centinaia di persone, tutte in attesa di taxi. C’eravamo noi da Venezia, altri da Barcellona e poi gli ultimi arrivati da Napoli. Una fila lunga tutto l’aeroporto, per un’attesa di più di un’ora. Attesa disturbata dalla maleducazione di alcuni nostri connazionali, che si sono messi prima ad urlare, poi ad infilarsi in mezzo alla fila anziché in coda e poi, per completare la nostra esasperazione, hanno deciso di prendere le valigie e piazzarsi proprio in cima. Grazie agli insulti di tutti il tassista non li ha fatti salire, e mentre loro continuavano ad urlare “abbiamo telefonato, abbiamo prenotato” in napoletano, prendendo in giro centinaia di persone stanche, le stesse persone li offendevano in ogni modo possibile, esplodendo poi in un fragoroso applauso. Insomma, a volte i napoletani esagerano nell’essere esuberanti… Dall’aeroporto al nostro hotel, situato poco fuori da Sant Antoni, ci sono circa 16 km, che ci sono costati 27 euro. Tanto, abbiamo pensato, anche perché in molti ci avevano detto che i taxi erano convenienti. Al ritorno abbiamo scelto l’autobus, per risparmiare. Così abbiamo dovuto prendere prima quello per Sant Antoni (biglietto 1,10 euro), poi da qui quello per Eivissa (biglietto 1,50) poi quello per l’aeroporto (biglietto 1,10). Ci abbiamo messo quasi un paio d’ore, ma almeno abbiamo risparmiato… L’hotel Il Tagomago era forse l’incognita più grande del nostro viaggio. L’avevamo prenotato via internet fidandoci delle foto che lo mostravano accogliente e in riva al mare ma chiedendoci anche il motivo di un prezzo relativamente basso (90 euro al giorno per la camera con mezza pensione). Le uniche due recensioni (peraltro positive) le avevamo trovate dopo lunghe ricerche su un sito inglese; il resto erano tutti pareri dei tour operator e quindi in parte poco attendibili! Quando il taxi ci ha lasciato davanti all’albergo abbiamo preso i nostri bagagli e siamo entrati nella hall, dove abbiamo trovato in carne ed ossa quel Luìs Cardona con in quale ci eravamo scambiati una mezza dozzina di e-mail per la prenotazione.
La struttura, su due piani e senza ascensore, ci è parsa subito di quelle classiche senza grandi pregi ma neppure con difetti evidenti; un lungo corridoio al primo piano ci ha portato alla stanza 136: qualche minuto prima delle 3 di notte abbiamo aperto la porta di quella che ci è sembrata una fornace terribilmente rumorosa. La stanza era rimasta chiusa per tutta la giornata ed il caldo stava ristagnando da ore. Fuori un manipolo di ragazzi inglesi ubriachi stava facendo caciara in una strada che sembrava più una pista da Formula Uno che un lungomare e le serrande degli ultimi pub che stavano chiudendo ci “regalavano” sferragliamenti in sottofondo. Per più di mezzora abbiamo pensato di essere finiti in un incubo: invece è bastato chiudere la porta-finestra e azionare le pale del ventilatore al soffitto per farci addormentare profondamente.
Con sei ore di riposo alle spalle e con la luce del giorno la stanza 136 si è rivelata ben migliore di quella che avevamo scoperto appena arrivati. Una volta sistemati i vestiti negli armadi e liberati gli spazi abbiamo avuto a disposizione tutto il posto sufficiente per trascorrere in pace i quattordici giorni di vacanza: in più il bagno era spazioso, con vasca, wc, lavandino, bidè e finestra. Unica pecca, questa sì noiosa e costante per tutta la vacanza, l’acqua del rubinetto, salata quasi come quella di mare.
A Sant Antoni e dintorni infatti il problema idrico è più pressante che altrove e l’amministrazione si serve di un impianto di desalinizzazione per rifornire l’acquedotto pubblico. L’impianto però non funziona a pieno regime e così il sapore del sale rimane: impossibile lavarsi i denti (noi abbiamo ovviato comprando al supermercato, a meno di due euro, stagne da otto litri di acqua naturale) e anche l’opera dello shampoo è stata un po’ vanificata da questo risciacquo salato.
Per il resto il Tagomago offre una piscina non enorme ma confortevole, una bella vista sulla baia di Sant Antoni, l’accesso alla spiaggia di S’Estanyol, una serie di locali nella strada attigua (quella del caos notturno…) e un servizio di reception efficiente e simpatico (soprattutto Luìs, sempre pronto a fare battute…). La cucina è internazionale ma non certo ricercata: considerata la clientela giovane e con poche pretese le concessioni all’alta gastronomia sono state poche, ma accanto ai tanti fritti (crocchette, sogliole, pollo, patate, cordon bleu e verdure) non sono mai mancati cinque-sei antipasti freddi, un paio di primi caldi e altrettanti secondi, due tipi di dolce, il gelato, gli yogurt e la frutta. Noi abbiamo sempre bevuto acqua (mezzo litro 1, 20 euro) ma i nostri compagni di tavolo (per questione di spazio avevamo cercato di riempire tutti i tavoli, anche mettendo insieme persone che non si conoscevano) hanno preso spesso il vino.
Ultime curiosità: ci sono due grandi saloni con televisioni e postazione internet (molto più cara che negli internet point di Sant Antoni), una piccola biblioteca internazionale (che noi ipotizziamo sia stata fatta con libri lasciati nelle camere dai clienti) e uno spazio per le informazioni turistiche e i depliant di discoteche e locali vari. E poi la cosa più curiosa: solo negli ultimi giorni di vacanza abbiamo scoperto che il Tagomago non è in realtà nel comune di Sant Antoni come indicato in tutti i depliant dei tour operator ma, sia pure per un centinaio di metri, è già attaccato a Port des Torrent, quindi nel comune (Ajuntamento) di Sant Josep.
Nel complesso il voto che possiamo dare al Tagomago è un 7 pieno: con l’acqua non salata si sarebbe avvicinato all’8.
Lo scooter Il principale obiettivo una volta usciti dall’albergo la prima mattina è stato il noleggio del motorino. Sapendo dei prezzi molto più alti rispetto all’estate del 2003 (Rodi, Grecia) speravamo di trovare uno scooter con un massimo di spesa di 25 euro al giorno. Così ci siamo incamminati verso il centro di Sant Antoni, distante poco meno di tre chilometri, e abbiamo incontrato i primi uffici dei noleggiatori, presi d’assalto dai ragazzi di ogni nazionalità. Nel primo, vicino all’hotel, non siamo neppure entrati perché non c’erano i prezzi affissi sulla vetrina. Il secondo, “Turbo”, in Avinguda Dr Fleming vicino all’Eden e al Paradis, era pieno di gente già in lista di attesa ed anche qui i prezzi non erano affissi anche se abbiamo capito che volevano 32 euro al giorno per un 50cc. Il terzo, un piccolo ufficio vicino ad un minimarket alla fine della piazza di Sant Antoni, non ci ha dato fiducia (prezzi alti anche per le semplici biciclette). Così, già un po’ scoraggiati, ci siamo incamminati di nuovo verso l’hotel, decidendo di passare per l’avinguda de Portmany dove, proprio accanto alla rotonda con l’uovo di Colombo, c’era un altro noleggiatore, anche questo senza scooter (anche se in molti cercavano le auto). Trenta metri più avanti il colpo di fortuna: da Moto Luìs, uno dei noleggiatori più famosi dell’isola, l’impiegata ci ha fatto capire che, se avessimo aspettato dieci minuti, ci avrebbe consegnato uno scooter nuovo di zecca per il quale stavano ultimando le pratiche per l’assicurazione.
Così dieci minuti dopo, ovvero verso l’una, ci siamo ritrovati con un Kimko Vitality con il contachilometri a quota zero e la plastica di protezione sul cruscotto: il tutto a 24 euro al giorno comprensivi di caschi, assicurazione e chilometraggio illimitato. Con tre euro in più al giorno avremmo avuto anche la copertura per danni allo scooter ma abbiamo preferito dare come garanzia la carta di credito che per fortuna non è stata utilizzata, visto che abbiamo restituito il Kimko in perfette condizioni ma con 1060 km percorsi in tredici giorni e mezzo.
Ultima annotazione per i prezzi: un pieno costava tra i tre e i quattro euro (mai di più) e ci permetteva di viaggiare per 160-170 km.
Strade – Prima di partire per Ibiza abbiamo passato ore e ore al computer per trovare suggerimenti, pareri e idee sull’isola e sulle cose da fare e vedere. Tutti elementi che ci sono stati molto utili ma che spesso erano più negativi di quanto l’isola meritasse, soprattutto per quanto riguarda le strade, definite “sporche”, “pericolose” e “caotiche”.
Invece le strade principali sono asfaltate in modo impeccabile, pulite, scorrevoli e di facile accesso; quelle più interne sono altrettanto curate e con indicazioni precise (un giorno siamo passati dalla strada collinare segnata in giallo sulle cartine che porta a San Mateu passando dietro al colle Sa Serra e abbiamo notato un paio di brutte buche; ci siamo ripassati qualche giorno dopo e le buche erano state coperte e asfaltate).
Comodissima anche la Superstrada da Eivissa a Sant Antoni: in venticinque minuti di scooter passavamo da una parte all’altra dell’isola grazie a quest’arteria lungo la quale campeggiano tanti striscioni contro la realizzazione dell’autopista (autostrada a pagamento).
Unico appunto negativo per le strade il fatto che, per raggiungere alcune spiagge o paesini i cartelli ti accompagnano fino a poche centinaia di metri dalla meta e poi ti piantano in asso davanti all’ultimo fatidico bivio.
Formentera – Con la coppia di amici pratesi con i quali abbiamo trascorso alcuni momenti della vacanza siamo riusciti a organizzare una piacevole escursione a Formentera. Premettiamo comunque che non abbiamo l’ardire di scrivere un resoconto esaustivo, tutt’altro. Su quest’isoletta abbiamo trascorso solo sette-otto ore e quindi abbiamo avuto un’impressione molto generale.
Abbiamo preso il traghetto alle 10 del mattino: costo andata e ritorno 22 euro con la motonave normale. I tempi sui cartelli dicono “45 minuti” ma in realtà se ne impiegano 60. Con la motonave veloce si risparmia un quarto d’ora e si spendono una decina d’euro in più.
Siamo arrivati insieme ad altre centinaia di persone e al porto de La Savina è iniziato l’assalto ai tanti uffici di noleggio auto e moto, ma essendo già passate le orde di turisti partiti da Ibiza ben prima di noi, i pochi mezzi lasciati liberi dai vacanzieri fissi erano stati “razziati”. Dopo una mezza dozzina di tentativi vani siamo riusciti a trovare solo un enorme fuoristrada nipponico a 200 euro al giorno: a parte il prezzo… Non crediamo che in tutta l’isola esista un posto abbastanza grande per parcheggiare quel carrozzone.
Così, escluse le bici per il troppo caldo (ma per chi passa sull’isola più di una giornata i pedali non sono da scartare), ci siamo affidati all’autobus, cercando di interpretare gli orari senza passare dall’ufficio informazioni. Così siamo saliti su un bus che, partendo dal porto, fa il giro dell’isola sull’unica strada che c’è. Prima fermata Sant Francesc, il capoluogo: poco più di borgo. Non ci siamo neppure accorti che si trattasse di un paese staccato dal porto, che in realtà dista un paio di chilometri. Seconda fermata (dopo tre minuti scarsi) Sant Ferran: anche in questo caso poche case, ma intanto abbiamo iniziato a notare il numero incredibile di motorini parcheggiati ovunque. Terza fermata Es Pujols: impostazione molto più turistica con locali e alberghi vari in uno spazio comunque limitato. Dopo una doppia sosta l’autobus ha invertito la marcia tornando sulla strada principale e in cinque minuti siamo arrivati a Platja Migjorn, che le guide ci indicavano come la più bella dell’isola. Siamo scesi al Formetera Playa, mega albergo di lusso proprio sul mare, abbiamo fatto pochi metri e ci siamo trovati di fronte un mare mosso e sporco e una spiaggia molto stretta piena di alghe. C’è da dire che la spiaggia di Migjorn è lunga sei chilometri e che noi eravamo nel punto più a nord. Quello che abbiamo visto non ci è piaciuto affatto. Così abbiamo deciso di tornare alla fermata del bus che però, come saputo dopo spiegazioni chieste alla hall dell’albergo, non sarebbe passato fino alle 9 di sera! Così abbiamo chiamato un taxi che per 15 euro ci ha portato alla Platja de Ses Illetes. Lo stesso taxista ci ha detto che eravamo stati sfortunati perché la giornata era ventosa e il mare agitato e quindi non limpido.
In realtà Ses Illetes ci ha regalato sabbia fine e chiara, un mare caraibico con acqua bassa dove fare belle foto ricordo: solo che se uno chiudeva gli occhi e ascoltava i rumori si poteva convincere di essere a Viareggio, Milano Marittima o Fregene. Italiani a perdita d’occhio e asciugamani a tre centimetri l’uno dall’altro. Dopo un bel bagno e un po’ di tintarella abbiamo preso armi e bagagli e ci siamo incamminati a piedi lungo i percorsi ecologici (guai a uscirne per andare a calpestare dune di sabbia e flora) fino alla Platja de Llevant, più ampia e quindi meno affollata, ma con il mare limpido solo a qualche decina di metri dalla riva. Arrivate le 14 abbiamo deciso di pranzare, dirigendoci verso il Tanga, l’unico locale nelle vicinanze, noto per essere il punto di ritrovo diurno dei vip che vanno a Formentera. Forse per questo è sempre preso d’assalto dai turisti e per sedersi ai tavoli c’era una fila di una ventina di metri. Così ci siamo diretti ad un piccolo baracchino (ma sempre gestito dal Tanga) dove una ragazza vendeva gelati, panini e bibite. Tanto per dare un’idea: panino surgelato e riscaldato nel fornetto da toast 5 euro, acqua naturale da 33 cl 1, 60 euro, cono gelato 2, 50 euro. Il tutto con l’aggiunta di una decina di minuti di fila per ordinare e un quarto d’ora per aspettare lo scongelamento e la cottura. Però o quello o chiodi, quindi… Nella lunga attesa abbiamo usufruito dei bagni del Tanga, grandi, puliti e con sulle porte le pubblicità del Baci e Abbracci, il ristorante milanese di Vieri e Brocchi. Dopo il dispendioso pranzo ancora sole, un po’ di mare e poi, verso le 17, 30, il ritorno a piedi verso il porto: una bella e lunga camminata tra le saline e su una spiaggia piena di nudisti, terminata poi con una meritata bevuta di acqua fresca (bottiglia da 1,5 litri comprata nel supermaket del porto a 1 euro, prezzo irrisorio confrontato con quelli trovati nelle ore precedenti).
Alle 19 siamo saliti sulla motonave che ci ha riportato ad Ibiza stanchi, accaldati ma sostanzialmente soddisfatti. Il consiglio però è quello di godervi Formentera con maggiore calma e, magari, a maggio o giugno, senza la ressa di turisti. Altro consiglio: se siete a Ibiza e avete lo scooter pagate il biglietto per portarlo sulla motonave. Noi credevamo che non si potesse fare e siamo rimasti fregati… 10 agosto Dell’arrivo all’hotel e della ricerca del motorino vi abbiamo già detto quindi non resta che iniziare il giro per l’isola.
La prima tappa è stata a Santa Agnes de Corona, piccola località con chiesa (chiusa) che abbiamo trovato puntando a nord sulla strada (PM 812) che da Sant Antoni porta a Sant Mateu, dove invece abbiamo trovato la piccola e graziosa chiesetta aperta. Prima di arrivare a Sant Mateu però abbiamo fatto una puntatina da Santa Agnes verso Cap Negret (strada a sinistra lasciandosi la chiesa a destra ed un ristorante sull’angolo a sinistra), un’alta scogliera con vista bellissima.
A Sant Mateu abbiamo preso la strada (PM 811) verso Sant Miquel de Balansat, fermandoci a mangiare dopo un paio di km al Sula Yetas, piccolo locale con panini e insalate e con curiosi clienti (un trio di italiani molto facoltosi intenti a parlare di auto di lusso e un artista hippy con spinello e portatile collegato ad un super modem): con 7, 50 euro in due abbiamo mangiato un panino (grande) a testa più una bottiglia da 1,5 litri di acqua.
Per la prima spiaggia della vacanza abbiamo scelto Cala S’Aubarca per una odissea che raccontiamo in modo che chi legge abbia la piena facoltà di scegliere se visitarla o no… Per andare alla cala bisogna prendere la strada tra la chiesa di Sant Mateu e il vicino ristorante. Dopo 700 metri c’è una biforcazione e bisogna svoltare a sinistra, poi continuare per poco più di un km e girare a destra non appena si passa una casa bianca con le finestre gialle (non ci sono indicazioni, probabilmente il cartello è caduto o è stato portato via).
La strada peggiora molto e in scooter bisogna fare attenzione: dopo 300 metri si gira a sinistra per fare un altro km abbondante per arrivare allo spiazzo dove lasciare auto e moto (una ventina di posti in tutto). A quel punto, per forza a piedi, si prende la strada (?!) a sinistra che scende verso il mare. La raccomandazione è: scarpe da ginnastica, acqua (almeno un litro e mezzo), fiato e tanta pazienza. Da quel punto infatti inizia un lungo cammino in discesa prima dolce, poi sempre più ripida e ostacolata da sabbia, massi, caldo e insetti. Per farla breve… Dopo più di mezzora siamo arrivati ad un bivio da dove si intravede finalmente il mare vicino. A destra si va su un lastrone di roccia (con vista stupenda) dal quale però solo Messner potrebbe raggiungere l’acqua. A sinistra si va verso la mini spiaggia che però si raggiunge solo facendo gli ultimi venti metri rotolando e saltando sulla sabbia o strisciando lungo il costone di rocce. Alla fine si arriva in uno spiazzo di ghiaia dal quale si accede al mare: in alternativa una dozzina di scogli e rocce sui quali sdraiarsi per abbronzarsi. Noi ci abbiamo trovato meno di venti persone: ci sono pace, tranquillità, mare bello (ma niente di speciale) e la soddisfazione di arrivare dove in pochi sono stati.
Il vero problema – la discesa in confronto si è rivelata una passeggiata – è stato tornare allo scooter. Alle 17, 45 abbiamo preso zaino e asciugamani e ci siamo avviati sul sentiero percorso tre ore prima… Un calvario terribile. Eravamo senza acqua, Anna aveva le infradito, le gambe erano già appesantite dalla camminata precedente. Un passo dopo l’altro, con tre-quattro soste all’ombra dove abbiamo incontrato alla spicciolata tutte le altre persone che erano alla cala, anche loro stremate, siamo arrivati allo scooter, dopo più di un’ora di cammino ed in tempo per fermare una coppia di spagnoli che stava per iniziare il percorso in discesa.
E’ stata un’esperienza curiosa, volendo anche divertente ma, alla fine, il gioco non vale la candela: avremmo scoperto nei giorni seguenti che ci sono spiagge più belle raggiungibili molto più facilmente di Cala S’Aubarca, che merita un 9 solo per il panorama che si gode da metà scogliera.
La sera, un po’ stanchi, ci siamo limitati ad un drink in un locale vicino all’albergo: si chiama Sa Flama ed è molto carino e romantico, con le onde del mare a meno di venti metri (una coca e un drink analcolico 6,20 euro).
11 agosto La giornata è iniziata con la scelta delle spiagge da visitare. Prima tappa Cala Graciò, molto vicina a Sant Antoni (ci sono mille indicazioni, impossibile sbagliare): una spiaggia che, alle 10 di mattina, era semi deserta e che, dopo un’ora, ha iniziato a riempirsi di coppiette e famiglie. Spaziosa, facilmente raggiungibile, acqua pulita (ma con qualche piccola medusa). Da vedere.
Da Cala Graciò siamo andati a Cala Graccioneta: cento metri a piedi girando dietro il grande scoglio a destra (guardando il mare). Altra ottima spiaggia, ancora meno frequentata della prima e con l’acqua più verde. Tra il ristorante alle spalle di Cala Graciò e una puntatina alla vicina Cala Salada abbiamo scelto la seconda, spinti anche dai consigli gastronomici letti su una guida.
A Cala Salada siamo arrivati tornando sulla strada principale, proseguendo verso nord e svoltando a sinistra (anche in questo caso ci sono i cartelli): dopo un km scarso è iniziata la discesa verso la cala (al bivio finale a sinistra). In macchina conviene arrivare lì entro le 10, sennò il problema è trovare un parcheggio che noi, grazie al fido Kimko, abbiamo trovato a pochi metri dalla spiaggia.
Cala Salada è una spiaggia attrezzata con ombrelloni, docce e due ristoranti. Caos, pieno di gente ma poca attesa per trovare un tavolo da due al ristorante (quello più vicino al mare). Abbiamo preso un mezzo pollo arrosto, un hamburgher con uova (tutte porzioni abbondanti e con contorno) e la solita acqua da un litro e mezzo: 16 euro il totale. La spiaggia era però troppo affollata e così abbiamo deciso di visitare Cap Nonò, un promontorio a strapiombo sul mare, e la grotta di Ses Fontanelles.
Abbiamo ripreso il motorino e siamo tornati al bivio che porta alla spiaggia, prendendo la strada sterrata a destra e iniziando un lungo peregrinare in sella allo scooter. Avevamo infatti delle indicazioni di una guida (la Dumont, peraltro ottima) che abbiamo potuto seguire a fatica perché si tratta di stradine sterrate difficilmente identificabili e molto simili tra di loro. Con il primo, lungo tentativo, senza uscire dalla strada principale, siamo finiti a Cap Nonò, visto dalla parte sud, ma in uno spiazzo che dà su tre ville stupende con accesso privato al mare, proprio sopra a Cala Salada (in pratica in mezzora abbiamo fatto un largo cerchio tornando quasi al punto di partenza). Però niente grotta e allora siamo tornati indietro infilandoci in tutte le stradine a sinistra: alla fine abbiamo trovato quella che ci ha portato ad una piccola radura con vista di Cap Nonò da nord e con la stradina in discesa che porta alla grotta. Rispetto a S’Aubarca la passeggiata è stata una bazzecola: in dieci minuti scarsi siamo arrivati alla grotta che, in realtà, è solo una fenditura nella roccia (ora protetta da una cancellata) nella quale si riparavano le sentinelle cartaginesi o i cacciatori: o gli uni o gli altri hanno lasciato delle figure disegnate sulla roccia ma appena visibili dall’esterno della grata.
Niente di clamoroso ma il panorama è stupendo e l’escursione merita il tempo che richiede.
Soddisfatti per il piacevole pomeriggio, per la serata abbiamo scelto Eivissa: dopo 25 minuti di scooter sulla superstrada (C 731) siamo arrivati in pieno centro da uno dei grandi viali d’accesso (Avinguda Ignasi Wallis) e abbiamo parcheggiato in una strada laterale delle cosiddette “ramblas”, ovvero il Passeig Vara de Rey. Abbiamo iniziato il giro nelle strette viuzze del centro tra i negozi da visitare, gli yacht nel porto da ammirare e la gente stranissima da vedere: il tutto in modo casuale e affidandoci all’istinto. Abbiamo passato un paio d’ore molto divertenti toccando per la prima volta con mano l’eccesso di Ibiza e assistendo anche alla sfilata dell’Amnesia per la serata della Troya Asesina. Stravagante (anche se non così trasgressiva come si dice) la passeggiata in Calle de la Virgen, punto di ritrovo dei gay con locali e pub a tema e con botique-sexy shop pieni di oggetti e indumenti… Particolari! Alti ma non esosi i prezzi nei vari ristoranti e pub ed anche nei negozi di abbigliamento.
12 agosto Giorno ottimo per quanto riguarda le spiagge. Prima delle 10 abbiamo lasciato l’albergo per raggiungere Cala Bassa, una spiaggia vicina, scegliendo il sud rispetto al nord del giorno precedente. Presa la strada per Port des Torrent abbiamo seguito le tante indicazioni per la Cala, che si trovano anche sulla strada principale da Sant Antoni a Sant Josep de Talaia (PM 803). Lungo la strada anche le fermate per l’autobus che collega questa spiaggia ai maggiori centri dell’isola. In effetti una visita a questa lingua sabbiosa merita anche per chi non ha un mezzo proprio e deve affidarsi al trasporto pubblico.
Cala Bassa, già poco dopo le 10, ha l’aspetto di una spiaggia attrezzata vivace e piena di persone sotto gli ombrelloni, ma lo spazio è tanto e non c’è l’effetto caos visto per esempio a Formentera: abbiamo scelto uno spazio senza ombrelloni distendendo gli asciugamani e mettendoci subito al sole, già molto caldo. Di fronte a noi una piscina naturale: il mare ha infatti un colore cristallino esaltato anche dalla sabbia chiara e dalla mancanza assoluta di onde. I minuti sono passati veloci tra la tintarella e il bagno e mezzogiorno è arrivato alla svelta, con tutto l’enorme carico di turisti arrivati via strada (parcheggio pieno) e via mare, con battelli che fanno la spola da Eivissa e Sant Antoni.
Così poco prima dell’una abbiamo pensato di pranzare, rinunciando al ristorante alle spalle della cala (bello ma molto costoso) e ai piccoli bar dove i panini non erano dei più allettanti e le file troppo lunghe. Abbiamo ripreso lo scooter e siamo tornati verso Sant Antoni, lungo la strada costiera, fermandoci al primo ristorante-bar trovato, ovvero lo Stop, che è all’altezza della svolta per Cala Comte (o Conta, in spagnolo).
Un bar con annesso ristorante (chiuso a pranzo) ma con panini grandi e gustosi, ma anche con troppe mosche a dare fastidio. Con 11, 50 euro in due abbiamo pranzato per poi riprendere la strada verso Cala Comte, seconda tappa scelta per la giornata.
Anche questa è una spiaggia molto nota e il numero di auto nel parcheggio ce ne ha dato la conferma: Cala Comte è in realtà un insieme di tre insenature, una più bella dell’altra. Due sono quelle prese d’assalto dai turisti: quella vicina al bar-ristorante ha acqua alta, limpida e fondale sabbioso, quella a sinistra (guardando il mare) ha scogli e mare più mosso ma colori più intensi a partire dal turchino. Per sistemare gli asciugamani ci sono due soluzioni: la spiaggia attrezzata in riva al mare o lo spazio libero sul vicino terrapieno, una terrazza di sabbia e roccia che offre anche un po’ di riparo dal vento.
La terza insenatura l’abbiamo scoperta al momento di ripartire dal parcheggio per andare a visitare la vicina torre di Punta sa Torre: è accessibile con difficoltà ma è sembrata la più bella di tutte. La torre in realtà non siamo riusciti a trovarla: pur avendola sempre a vista, prima lontano, poi vicino, non abbiamo trovato la strada per raggiungerla. Abbiamo provato decine di stradine sterrate finendo sempre sulle rocce a strapiombo sul mare ma mai alla torre e alla fine abbiamo rinunciato, maledicendo la mancanza di indicazioni.
Ci siamo così diretti a Sant Josep, trovando un piccolo paese molto carino e curato, disposto intorno alla vecchia piazza con altrettanto vecchio ulivo, con la chiesa fortificata ed i sentieri da trekking che partono dal centro del paese stesso. Abbiamo tentato anche di bere ma senza successo: in entrambi i bar a cui ci siamo seduti i camerieri ci hanno ignorato, con tempi da “siesta” messicana piuttosto che da centro turistico. Così, dopo due vane attese, siamo saliti di nuovo sul Kimko e siamo andati a Sant’Agustì des Vedrà (deviazione a destra lungo la PM 803 verso Sant Antoni) dove ci sono, nell’ordine, una bella chiesa in cima ad un piccolo colle panoramico, la finca (fattoria) più vecchia dell’isola (Can Berri Velt), trasformata in un ristorante con grande atmosfera e prezzi in linea con il bell’ambiente e la posizione panoramica. A fianco del ristorante c’è una scala che porta verso un collegio internazionale realizzato in una struttura bianca con tetto blu: dai ritagli di giornale affissi in bacheca abbiamo capito che la scuola è piuttosto famosa, ma non chiedeteci perché… 13 agosto Giorno nuovo direzione nuova. Si torna a nord con obiettivo Cala Benirras e Portinatx. PM 812 fino a Sant Miquel de Balansat, paese che abbiamo solo attraversato proseguendo verso Sant Joan de Labritja: a metà tra i due paesi c’è la svolta a sinistra per Cala Benirras, che si trova in fondo ad una lunga discesa immersa nel verde dei boschi. La spiaggia è una delle preferite dagli hippies ma vi abbiamo trovato famiglie, coppiette e anche la prima nudista, una ragazza che ha provato l’abbronzatura integrale non in mezzo alla spiaggia ma sugli scogli, ben al riparo dalla massa dei turisti. Acqua ottima, bella vista sull’orizzonte e bella soprattutto la conformazione della baia, con alte scogliere a sinistra e scogli alternati alle rimesse per le barche a destra. Anche in questo caso ci siamo fermati solo per la mattinata, pranzando però al piccolo bar a sinistra (anzichè al meno caratteristico ristorante a destra). Ci siamo sistemati nel patio di frasche e tavolini in legno e con 8, 50 euro in due abbiamo preso un hamburgher a testa e l’acqua da 1,5 litri. Voto a spiaggia e pranzo: 8,5.
Raccomandazione: la cala si raggiunge meglio dall’incrocio che abbiamo usato noi mentre da Port de Sant Miquel è pressochè impossibile.
Poi di nuovo sullo scooter e via per Sant Joan, crocevia del nord dell’isola, rifugio degli hippies ma con poche cose da vedere. Abbiamo proseguito verso Portinatx seguendo le indicazioni e percorrendo una bella strada panoramica lasciandoci a sinistra tante calette segnalate dai cartelli. Portinatx (la strada finisce lì per forza) è una località quasi solo turistica con spiagge attrezzate e piccole e con un bel mare. La parte bella è quella appena fuori dal centro abitato: a nord c’è infatti il faro, raggiungibile solo con una strada sterrata. Dopo la visita a Portinatx siamo ritornati sui nostri passi fino a Cala Xarraca, il luogo scelto per il “bagnetto” pomeridiano. La spiaggia è ben segnalata e si trova in una piccola insenatura rocciosa. Due le possibilità: restare sulla sabbia vicino al ristorante e alla magnifica villa appartenuta fino a qualche anno fa all’attrice Ursula Andress o proseguire a piedi verso sinistra dove, una volta superato uno sperone di roccia, si raggiunge un gruppo di scogli e un mare ancora più pulito. Noi abbiamo scelto la soluzione più difficile e dopo una piccola “arrampicata” siamo arrivati agli scogli dove abbiamo trovato tanti giovani che avevano preso i posti migliori, dimenticandosi però di una piccola grotta con spiaggia in sabbia di tre metri per due che è diventata il nostro rifugio personale. E mentre intorno sette o otto nudisti si godevano la lontananza dalla massa dei turisti noi ci siamo goduti il sole e il mare prima di tornare per una bevuta (cara: 7,20 euro per due gelati e una bottiglietta di Coca Cola) al ristorante. Alle 18 abbiamo ripreso la strada per Sant Miquel svoltando per Port Sant Miquel e raggiungendo una torre saracena (Torre del Mular) vicina ad un grande complesso alberghiero e ad un cantiere edile dismesso che fa a pugni con la bellezza del luogo.
La torre è chiusa ma il luogo offre una bella vista sulle calette vicine e ci sono ottimi spunti per fare fotografie. Da lì abbiamo proseguito per il paese e la Cova de can Marca, la grotta forse più famosa dell’isola, antico rifugio dei pirati. L’ingresso è a pagamento e noi, vista l’ora ormai tarda, ci siamo accontentati della bella vista sulla Platja de Sant Miquel e sull’isoletta che ospita un albergo esclusivo e, a prima vista, magnifico.
Poi il ritorno a Sant Antoni con tappa obbligata di nuovo a Sant Joan per fare il pieno di benzina.
14 agosto Sabato è il giorno del mercato hippy a San Carles, dalla parte opposta dell’isola (noi l’abbiamo raggiunto dopo altre visite turistiche). Scooter, C731 fino a Sant Rafel, svolta a sinistra sulla PM 8122, sosta per fotografare il campo sportivo in erba sintetica (a sinistra appena usciti dal paese) e poi alla rotonda a sinistra deviazione per Santa Gertrudis de Fruitera, un grazioso paesino raccolto intorno alla vivace piazza con negozi tipici, una galleria d’arte, una bella chiesa e un piccolo giardino con fontana. La deviazione merita per una cena in uno dei ristoranti o per una visita del paese, davvero carino.
Da lì abbiamo seguito le indicazioni per la strada secondaria (ma in ottime condizioni) verso Sant Llorenç de Balafia, piccolo borgo con una grande chiesa dove, nei giorni precedenti, c’era stata una festa della quale noi abbiamo visto solo il palco e lo stand delle bibite (la festa del patrono, San Lorenzo appunto). Sosta breve per un paio di foto (bei fiori intorno alla chiesa) e per il bel panorama sulla campagna coltivata e via verso la vicinissima Balafia, segnalata sulla guida come villaggio fortificato meglio conservato dell’isola e unico di origine araba – si capisce anche dal nome, che non è di origine religiosa – ma in realtà un insieme di quattro-cinque case bianche che si può tranquillamente evitare di visitare. Da Balafia abbiamo preso un’altra strada secondaria per San Carles, incontrando la fila di auto ed autobus già più di un chilometro prima del mercatino. Noi abbiamo risparmiato tempo grazie allo scooter ma certo l’attesa in auto sotto il sole non deve essere il massimo, tanto più che poi il parcheggio costa 3 euro.
Il mercato si svolge nel piazzale di un ristorante (Las Dalias) e ci ha lasciati un po’ perplessi. La cosa è particolare e interessante, il mercato è più grande di quanto sembri dall’esterno ma di hippy c’è meno del previsto. Insieme ai figli dei fiori autentici ci sono infatti semplici vu cumprà da spiaggia, venditori di t-shirt turistiche, ambulanti che vendono bambole, cd, giochi e così via. Il tutto tra banchi disposti in sentieri molto stretti e invasi da centinaia di persone. Così ti trovi a camminare spalla a spalla con gente sudata, persone maleducate, mamme che non si rendono conto di quanto sia idiota portare il figlio di tre mesi in passeggino in un carnaio simile e bambini che urlano perché vogliono andare via.
Quindi… Il mercatino è consigliato a chi non ha fretta, ha pazienza e voglia di vedere comunque qualcosa di (sia pure in parte) tipico. Meglio arrivare presto di mattina e andare via prima di pranzo. Ultimo particolare: i prezzi per abiti in stile adlib sono più da negozio di moda che da mercatino hippy. In tutto ci siamo fermati per nemmeno un’ora, lasciando i turisti ancora in fila o a fare a spintoni nel mercatino, e abbiamo proseguito per la spiaggia di S’Agua Blanca, sulla costa a nord di Sant Carles e facilmente raggiungibile grazie alle indicazioni.
Anche questa spiaggia si trova in fondo ad una ripida discesa e chi è in macchina e vuol arrivare il più possibile vicino al mare rischia di avere grossi problemi a trovare posto e, soprattutto, a ripartire in salita con le ruote che slittano sulla sabbia.
La spiaggia è ampia, è una di quelle ufficiali per nudisti (ma non lo sapevamo e comunque sono la minoranza) ma l’acqua non è un granché. Relativamente alti anche i prezzi del ristorante, che ha però una bella terrazza (13,30 euro per due portate e una bottiglia d’acqua). La sosta è stata breve ed il voto appena sufficiente, così abbiamo deciso di incamminarci verso Santa Eularia des Riu, raggiunta con la PM 810. La città è ordinata, turistica ma con rispetto per le tradizioni e l’ambiente, con il lungomare pieno di negozi e locali e con una mini “rambla” sullo stile di Barcellona. La parte più interessante è quella in alto, con il vecchio borgo che circonda la grande chiesa e il piccolo cimitero: si raggiunge a piedi con una camminata segnalata dalla piazza dove partono i bus ma anche in auto e in scooter. Dall’alto si vede il panorama a 360 gradi, compreso il vecchio ponte romano sul “riu” che dà il nome al luogo. Anche in questo caso la cittadina merita una visita.
Per il pomeriggio abbiamo scelto Cala Martina, appena più a nord di Santa Eularia: spiaggia tranquilla dotata di docce (un vero e proprio valore aggiunto visto che non tutte le spiagge offrono la possibilità di togliersi il sale di dosso dopo il bagno) e con un bel mare calmo. In prevalenza famiglie e coppie, vista anche la presenza di strutture adatte proprio a questo genere di turisti. In più possibilità di noleggiare pedalò, acquascooter e altri mezzi “da mare”. Voto 7, 5.
Particolare su tutta la zona nord-est: la campagna è formata da campi di terra rossa, la stessa che viene utilizzata sui più famosi campi da tennis di tutto il mondo.
Non contenti di tutte le cose viste ci siamo anche regalati lo spettacolo del famoso tramonto di Sant Antoni dall’ancora più famoso Cafè del Mar. Così dopo la doccia in hotel anziché andare subito a cena siamo andati al Cafè del Mar, già preso d’assalto da centinaia di persone sedute sugli scogli molto piatti. La scena vale davvero: il sole muore in mare lasciando all’orizzonte un cielo rosso fuoco prima e rosa tenue dopo. Peccato che la gente schiamazzi di continuo (arrivando a fare l’applauso al sole) e approfitti degli scogli per lasciare bottiglie vuote e sporcizia. Comunque per assistere al tramonto non è necessario sedersi ad un tavolo. Se proprio lo volete fare, magari sorseggiando un aperitivo, allora camminate un po’ più verso nord e non vi fermate al Cafè del Mar o al Mambo. Sono famosi e perciò affollatissimi! Altrimenti, birra o Bacardi alla mano seduti sulla sabbia, molto romantico.
15 agosto Per la mattina di Ferragosto abbiamo scelto Cala Codolar, nella parte est, quella più ricca di spiagge belle. Ci si arriva da più parti e basta seguire le indicazioni (anche quelle per Cala Tarida). Gran bella mattinata: spiaggia tranquillissima (con una ventina di persone in tutto compresi gli immancabili due nudisti) e attrezzata (lettini 3,50 euro, ombrellone idem), con bar (chiringuito) minuscolo ma economico e con ottimi hamburgher (3 più acqua 8,40 euro). La cala è circondata da scogliere e l’acqua è limpidissima. Nella più bella nuotata con maschera dell’estate Matteo ha potuto raggiungere a nuoto la scogliera di destra: tanti pesci, acqua profonda ma con molte possibilità di fermarsi su scogli affioranti e una piccola caverna alla quale si accede solo via mare. Cala Codolar è da consigliare assolutissimamente.
Dopo pranzo abbiamo ripreso lo scooter e abbiamo iniziato il viaggio lungo la strada costiera che arriva fino a Es Cubells: un continuo alternarsi di discese e salite e, soprattutto, di splendidi panorami sul mare. Abbiamo visto dall’alto Cala Molì (piccola), Cala Vadella (molto bella) e siamo scesi fino a Cala d’Hort, in fondo ad una discesa ripida (tratti del 15 per cento). Dopo tre minuti che eravamo laggiù (il tempo di fare una foto con Es Vedrà sullo sfondo) ci siamo trovati imbottigliati in un ingorgo creato da chi voleva uscire dal parcheggio più vicino alla spiaggia, chi voleva entrare in quello sotto la collinetta, chi voleva parcheggiare in discesa in spazi ridottissimi, chi stava bruciando la frizione nel tentativo di ripartire in salita e chi imprecava a destra e a sinistra peggiorando la situazione. Ci siamo fatti due risate (anche su una buffa auto dipinta a mano con i vari simboli di Ibiza…) e alla fine siamo ripartiti, lasciandoci la spiaggia affollata alle spalle.
La meta per il primo pomeriggio era infatti la vicina Torre del Pirata al Mirador del Savinar, spettacolare vista sull’isola di Es Vedrà: da Cala d’Hort la strada è breve e ad un certo punto, in salita, c’è una strada sterrata a destra (ci ha salvato l’intuito perché il cartello per la torre non c’è, forse è caduto) riconoscibile perché è chiaramente battuta. Si arriva ad un parcheggio dal quale si accede al sentiero che porta alla torre, che svetta in alto sulla costiera. Troppo in alto per la nostra poca voglia di camminare: ci siamo fermati al primo punto panoramico dopo trecento metri di cammino.
Vista grandiosa su Es Vedrà e sul mare azzurro infinito: c’è uno strapiombo tale che per fare le foto panoramiche dal bordo dello spiazzo ci siamo dovuti accovacciare per paura dell’altezza impressionante… Dopo una sosta abbastanza breve abbiamo ripercorso la strada fatta in precedenza, gustandoci ancora di più i panorami e le viste sul mare, oltre a scoprire due-tre centri residenziali nuovi e ben integrati nel paesaggio facendoci cullare per qualche minuto dal sogno di comprare una villetta a Cala Molì o a Cala Tarida, dove ci siamo fermati per la sosta pomeridiana in spiaggia.
La cala è grande e attrezzata, circondata da complessi alberghieri enormi ma sostanzialmente ben nascosti nella collina: ci sono un paio di ristoranti (una bottiglia di Coca Cola da 0, 50 l costa 1, 80 euro), gli ombrelloni e i noleggiatori di giochi da spiaggia (bananoni, acquascooter, ecc). Anche l’acqua è ok, calda e limpida, con il fondale sabbioso che consente di stare sdraiati sul bagnasciuga a rilassarsi.
Dopo la giornata davvero ottima abbiamo dedicato la serata alla nostra passione comune, il calcio, andando a vedere Portmany-Eivissa allo stadio di Sant Antoni: per la cronaca la gara, valida per il XXIV trofeo Francesc Linares, è stata vinta dai padroni di casa per 1-0.
16 agosto Dopo tanti chilometri in scooter abbiamo deciso di visitare la città che ci ospitava, Sant Antoni. Abbiamo iniziato, grazie anche agli sconti trovati alla reception dell’albergo, con l’acquario, il “Cova de ses llegostes”, che si trova lungo la strada che porta a Cala Graciò. L’acquario è piccolo, ricavato in una grotta naturale sul mare ed i pesci non sono molti: le murene costrette in una vasca minuscola fanno una tenerezza che è meglio evitare. Probabilmente è più carino la sera con la terrazza sul mare e il bar che di sicuro è più remunerativo dell’acquario (ingresso 3 euro).
Seconda tappa il centro con la chiesa (chiusa), il mercato coperto (chiude a mezzogiorno) e le viuzze con i negozi. Per pranzo abbiamo scelto Rincon de Pepe, un ristorante che avevamo già visto a Barcellona: tapas e carne con pane e salse varie (oltre alle bevute) 20 euro.
Dopo mangiato rieccoci sullo scooter per raggiungere Cova Santa, segnalata sulle guide come grotta da visitare. Per arrivarci bisogna prendere la PM 803 e percorrere una quindicina di km da Sant Antoni (nove da Eivissa) svoltando sulla strada che porta a Sa Caleta. Fin qui nessun problema, solo che l’ingresso alla grotta è stato inglobato da un mega night club (Sa Cova Santa, i manifesti sono ovunque sull’isola) e noi abbiamo girato a vuoto per un’ora prima di scoprire l’inghippo grazie ad un muratore che stava lavorando proprio al night club e che ci ha detto anche che non ci sono più i permessi per visitare la grotta… Il mare l’abbiamo visto a Sa Caleta, dove siamo arrivati in scooter senza nemmeno scendere e perciò non possiamo dire molto. Visto che eravamo lì abbiamo proseguito per Eivissa, passando per Sant Jordi (non c’è niente da vedere) e svoltando per Ses Salines. Dalla rotonda con la prima indicazione parte la strada che porta alle spiagge più a sud dell’isola mentre a destra si va all’aeroporto.
Abbiamo costeggiato le saline con gli aeroplani che ci passavano proprio sopra la testa, abbiamo visto la fila dei ragazzi fuori dalla discoteca DC 5 (o 10??) alle cinque e mezza del pomeriggio (!) e siamo arrivati al bivio: a destra Platja de ses Salines, a sinistra Es Cavallet. Siamo andati a destra trovando subito la fila di auto parcheggiate e arrivando poi alla spiaggia, affollatissima e poco attraente. Così abbiamo svoltato e siamo tornati al bivio girando per Es Cavallet, raggiunta in tre minuti costeggiando i maleodoranti canali delle saline.
Es Cavallet è la spiaggia ufficiale dei gay e dei nudisti ed in effetti c’è di tutto, comprese famiglie e persone sole. L’acqua vicino al parcheggio era sporcata dalle alghe ma cento metri più a sud era discreta. Ci siamo concessi un drink al bel ristorante della spiaggia (4, 10 euro per una coca e un succo d’arancia) prima di ripartire per Eivissa, raggiunta passando da Platja d’en Bossa (con sosta per foto davanti allo Space e con passeggiata a suon di musica sulla spiaggia del Bora Bora) che in effetti sembra Rimini (anche per il mare, intorbidito dai tantissimi ragazzi a mollo).
A Figueretes ci siamo appena soffermati prima di riprendere la C 731 per Sant Antoni.
17 agosto Giornata dedicata alla cultura con la visita alla Dalt Vila di Eivissa e alla città nel suo complesso. La visita alla Dalt Vila ci ha occupato tutta la mattina: il consiglio è quello di dotarsi di una guida o di una cartina e seguire il percorso lungo le mura e le costruzioni fortificate. C’è un po’ da camminare ma ne vale la pena visto che le cose da vedere sono più di quante se ne possa aspettare un turista a Ibiza. A pranzo ci siamo fermati a Txintxo, locale basco ai piedi delle mura: purtroppo aveva aperto da poco e la scelta di tapas basche non era eccezionale. Txintxo non ha retto il confronto con un locale simile a Barcellona ed i 14, 40 euro spesi forse andavano impiegati più per cena che a pranzo.
Nel primo pomeriggio abbiamo gironzolato per negozi (alcuni carini ma con prezzi elevati) e poi abbiamo percorso il lungomare arrivando fino al porto (tanti yacht da vedere) e a El Divino, e proseguendo fino a Talamanca, ultima spiaggia cittadina a nord di Eivissa: niente di eccezionale. Poi sosta a Jesus per vedere il campo sportivo (ma era in rifacimento), deviazione per Puig d’en Valls per vedere la Mari Mayans, la distilleria di hierbas che risale al 1890, ma non siamo riusciti a trovare la vendita diretta al pubblico per vedere se riuscivamo a risparmiare qualcosa rispetto ai negozi. Abbiamo ripreso la strada verso est e, dopo aver visto lo stadio di Eivissa, abbiamo deciso di concederci un po’ di mare.
Così siamo finiti a Cala Jondal, spiaggia in ciottoli con tre villaggi turistici per ricconi: noi ci siamo sistemati nello spazio libero ma intorno a noi c’erano camerieri vestiti di tutto punto che portavano paella, coppe gelato o bottiglie di champagne direttamente agli ombrelloni attrezzati con tavolini e mega lettini. Tutto troppo snob e acqua troppo mossa per restare più di un’ora.
18 agosto Mercoledì è il giorno del mercato hippy al Club Punta Arabi a Es Canar, a nord di Santa Eularia. E’ tutto come a Sant Carles solo che bisogna triplicare le proporzioni: fila tre volte più lunga, mercato tre volte più grande, il triplo di gente… Rispetto a quello del sabato però questo mercatino hippy si lascia vedere più volentieri, dato che lo spazio decisamente più ampio permette di camminare in relativa tranquillità tra le bancarelle (ci è piaciuta molto quella con le ceramiche in miniatura con le scacchiere e le statuine a forma di contadini ibizenchi).
La spiaggia scelta per il dopo mercatino è stata quella di Cala Llonga, a sud di Santa Eularia (ci sono le indicazioni). Scelta ottima per tranquillità (anche se è attrezzata e con alle spalle un paesino moderno e turistico), per le docce e, soprattutto, per una acqua splendida, la migliore dell’isola. Abbiamo pranzato al Restaurant del Mar (11, 20 euro per due portate abbondanti, il contorno e l’acqua) e per la prima volta siamo rimasti anche di pomeriggio nella stessa spiaggia della mattina.
19 agosto Vedi Formentera 20 agosto Ormai avevamo già girato tutto il perimetro dell’isola e tra le spiagge ancora da visitare abbiamo scelto Cala Llentrisca, che sulla cartina dell’ufficio del turismo sembrava bella. Il problema è che le indicazioni si perdono appena si lascia la strada in direzione di Es Cubells e così siamo finiti in un paradiso dei ricchi con ville arrampicate sulla scogliera che, da sole, valgono una visita e una sosta per sognare ad occhi aperti. Tutta la costa di Es Cubells è un inno all’architettura moderna, con ville a uno o due piani incassate negli scogli, piscine a terrazza, finestroni sul mare e via di seguito. Nella ricerca di Cala Llentrisca siamo finiti anche in un complesso residenziale (con tanto di sbarra d’accesso e gabbiotto per il controllo notturno) con ville nascoste nel verde della vegetazione chiamate con nomi italiani (villa Fulvia, villa Toscana, villa Roma ecc.). Alla fine abbiamo smesso di farci consumare dall’invidia e siamo scesi a Cala Es Cubells dove però il mare e il vento ci hanno impedito di goderci la tranquillità. Siamo risaliti sullo scooter e ci siamo diretti a pranzo a Cala Carbò, altra spiaggia non eccezionale e con un ristorante caro (21 euro in due per piatti discreti ma niente più). Così abbiamo deciso di tornare alla allegra trasgressione di Es Cavallet, passando il pomeriggio tra nudisti, gay con cani minuscoli e personaggi un po’ strambi.
Ognuno comunque pensa a se stesso con molta discrezione e non c’è nessun tipo di imbarazzo o volgarità.
La sera, per festeggiare il compleanno di un’amica, siamo andati in quattro a bere al Cafè del Mar, fermandoci ad un tavolino sulla terrazza: sulla spiaggia due ragazze si sono messe a fare le giocoliere con palline e torce infuocate passando poi a chiedere qualche spicciolo. Per quattro drink (tra cui un solo cocktail alcolico) abbiamo speso 20 euro che non sono molti se si pensa a quanto il Cafè del Mar vada di moda.
21 agosto Per il terzultimo giorno di vacanza ci siamo concessi un altro bel giro in scooter per attraversare l’isola e andare a pranzo a Es Canar, a due passi dal mercatino hippy, dove avevamo visto la Taverna di Boe, ovvero un pub dedicato ai Simpson con murales, pupazzi e poster: io (Matteo) mi sono tolto la soddisfazione di ordinare un Krusty Burger e di pranzare con Homer disegnato accanto a me. E per chi non è un patito di questo cartone animato c’è comunque la possibilità di seguire le partite del campionato inglese su tre-quattro schermi. 11, 40 euro per il pranzo comprese le bibite (ma non la birra Duff, che non esiste nella realtà ma della quale si può acquistare una lattina-copia).
Nel pomeriggio ci siamo spostati a Cala Pada (a due passi da lì) rinunciando al mare e alla tintarella e sdraiandoci a riposare sul prato di una fresca pineta adiacente alla spiaggia.
22 agosto La mattina del penultimo giorno è stata dedicata ai souvenir ed ai regali per genitori e parenti ma prima delle 11 eravamo già sulla strada per Cala Salada con l’intenzione di andare però nella spiaggia meno frequentata e cioè quella dietro alla roccia sulla destra. Per arrivarci bisogna girare a destra all’incrocio in fondo alla discesa (vedi 11 agosto) e prendere la prima strada sterrata a sinistra. In prossimità dell’ultima casa si parcheggia lo scooter (non c’è posto per le auto, nemmeno per una sola…) e si scende a piedi lungo la collinetta. Dopo cento metri si arriva alla spiaggia: sabbia, niente ombrelloni, acqua cristallina e molta più pace rispetto alla parte più grande di Cala Salada. Chi è in auto deve parcheggiare nel parcheggio di Cala Salada e arrampicarsi lungo gli scogli camminando verso destra e facendo attenzione in un paio di passaggi molto ripidi. Per pranzo siamo ritornati al ristorante di Cala Salada (19 euro) e dopo siamo andati a Sant Antoni a fare il pieno allo scooter toccando quota 1000 nei km percorsi. Poi siamo tornati alla spiaggetta dove avevamo lasciato gli asciugamani e ci siamo goduti il mare.
23 agosto Vacanza al capolinea. La giornata è iniziata con la riconsegna del glorioso Kimko e l’acquisto degli ultimi regali. Poi lo stillicidio delle ore per arrivare al volo di ritorno, in programma poco prima delle 23. Per arrivare all’aeroporto abbiamo preso un autobus dall’albergo a Sant Antoni, uno da Sant Antoni a Eivissa e uno da Eivissa all’aeroporto. Le linee urbane funzionano bene e le corse sono frequenti.
Conclusioni – In definitiva possiamo dire che la nostra scommessa è stata ampiamente vinta. Quello che è nato come un viaggio di “ripiego” dopo aver evitato Malta e dopo non aver trovato una sistemazione soddisfacente (economicamente) in Corsica è diventato un soggiorno piacevole in un’isola che vive, ingiustamente, nel mito del divertimento e dell’eccesso ma che in realtà ha da offrire molto più che le discoteche e le spiagge piene di caos.
E’ indubbio che l’eccesso sia parte integrante di Ibiza ma abbiamo anche avuto l’impressione che parte di questo eccesso sia “professionale”, ovvero dettato da esigenze di pubblicità. Per fare un esempio: la sfilata della Troya Asesina dell’Amnesia è colorata, allegra, anche invitante per un certo tipo di clientela e di giovani. Ma alcuni dei figuranti, tipo alcuni trans, altri uomini vestiti in pelle a natiche scoperte, ragazze prosperose e sorridenti hanno dato l’impressione di essere lì perché pagate e non per reale volontà di stupire o trasgredire.
Comunque chi vuole l’eccesso lo può trovare ovunque, soprattutto dopo le 23, ma chi vuol trovare tranquillità, panorami, spiagge bianche, mare limpido e relax ha a disposizione l’80 per cento dell’isola e il 60 per cento delle ore giornaliere.