Il Cavallo di Leonardo, di Marco Caciolli: ecco la sesta parte del romanzo

Cara / Caro Turista per Caso, per la rubrica Scrittori per Caso torna l'atteso seguito del romanzo del nostro amico Marco Caciolli pubblicato a puntate su Turistipercaso.it: "Il cavallo di Leonardo". Se ti sei perso qualcuna delle puntate precedenti, niente paura: le puoi rintracciare tutte qui. Buona lettura! Lacona non rispose; lo...
Turisti Per Caso.it, 21 Mag 2008
Cara / Caro Turista per Caso, per la rubrica Scrittori per Caso torna l’atteso seguito del romanzo del nostro amico Marco Caciolli pubblicato a puntate su Turistipercaso.It: “Il cavallo di Leonardo”. Se ti sei perso qualcuna delle puntate precedenti, niente paura: le puoi rintracciare tutte qui.

Buona lettura! Lacona non rispose; lo fissava immobile, ma non parlava. Rick, furioso come una tigre, gli si avvicinò per accertarsi se respirava ancora e in quel momento si sentì afferrare alla gola in una stretta mortale; sembrava incredibile che Lacona, dopo aver perso tutto quel sangue, avesse ancora la forza di reagire, eppure le sue dita non allentavano la presa.

“Non avresti dovuto impugnare la pistola con la destra: Duboy era mancino, razza di imbroglione. Spero che tu finisca all’inferno maledetto…” Un altro sparo: questa volta Lacona si accasciò sul pavimento lasciando lentamente la gola di Rick mentre una grossa pozza di sangue si andava formando dietro la nuca.

Rick si alzò barcollando, scosse la testa e cercò di riprendere fiato; quando finalmente il battito del cuore rallentò e la testa smise di girare vorticosamente, cercò di fare il punto della situazione.

Lacona era morto e non gli aveva rivelato niente; la nave aveva già oltrepassato il centro di Aberdeen dove suo fratello, infiltrato tra gli addetti, aspettava notizie; la radio era fuori uso e lo sapeva, visto che era stato lui ad invertire i contatti approfittando della pausa di colazione poco dopo l’ultima trasmissione dati proveniente da Newcastle.

Tutto era andato per il verso sbagliato, eppure il piano era stato studiato nei minimi particolari: lui avrebbe dovuto rubare i documenti e, all’altezza di Aberdeen, si sarebbe dovuto calare in acqua utilizzando una delle scialuppe; poi non avrebbe dovuto fare altro che aspettare l’arrivo di suo fratello per essere prelevato e portato in salvo.

Ma tutto era andato per il verso sbagliato e per di più il tempo cominciava a cambiare; tipico di quel tratto di mare dove da un momento all’altro si poteva scatenare l’inferno senza dare tempo ai marinai di capire cosa stava succedendo.

Adesso grossi nuvoloni procedevano minacciosamente incontro alla nave, il vento aumentava e il mare si stava lentamente ingrossando.

Jhosh Lequerque era preoccupato: non aveva ricevuto nessuna notizia dal fratello; le trasmissioni dal Regina si erano interrotte ormai da troppo tempo per pensare che tutto fosse andato secondo i piani stabiliti.

Il contatto doveva esserci già stato, lui avrebbe dovuto già lasciare il centro e la barca sarebbe dovuta già partire; “maledizione” pensò dentro di sé cercando di capire cosa poteva essere andato storto e in che situazione poteva trovarsi in quel momento suo fratello.

Cosa doveva fare? Doveva continuare a cercare di mettersi in contatto con lui? E se lo avessero scoperto? Dannazione era tutto così complicato! Rick era il migliore nel suo campo, non poteva aver fallito proprio in quella circostanza; ne aveva passate di peggiori ed era sempre riuscito a cavarsela.

Ma non c’è sempre una prima volta? Se fosse morto? No, non poteva essere così: scacciò questi pensieri dalla mente e, cercando di sembrare disinvolto, sorridendo, si diresse piano piano verso l’uscita; le sue mani tremavano e la testa brulicava di cattivi presagi.

La tempesta era in arrivo: Rick Lequerque si sentiva impotente di fronte a quel tremendo ed inarrestabile fenomeno naturale; non poteva fare altro che aspettare, cercare di governare meglio che poteva quella nave e pregare che tutto finisse il più presto possibile. Il cielo si tinse di un nero intenso e con un rombo assordante cominciò a piovere pesantemente su quel mare gelido; il vento soffiava ad una velocità di novanta chilometri l’ora e le onde si ingrossavano sempre di più.

Il Regina era una nave abituata a fronteggiare situazioni simili e sembrava resistere abbastanza bene, ma la violenza del vento e delle onde che sbattevano sui ponti laterali, mettevano a dura prova la sua resistenza.

Mai si era vista una tempesta tanto violenta: sembrava che tutte le forze della natura si fossero scagliate contro quella nave, ostinate e caparbie, per farla affondare; Rick tentava con il timone e con i motori di seguire l’andamento delle enormi onde, cercando il modo di farle infrangere sulla prua: il “Siluro di mare” sembrava una grossa balena in balia di un mare che voleva a tutti i costi inghiottirla.

La lotta era impari e lo scafo della nave cominciava a risentire delle continue sferzate che la sballottavano come se fosse ubriaca.

Rick era sudato; la sua mente lavorava incessantemente scartando di volta in volta tutte le soluzioni inadatte alla situazione, in cerca di un’ancora di salvataggio che sembrava non esistere.

Ormai l’acqua aveva invaso i ponti appesantendo lo scafo che rimaneva ostinatamente ancora a galla nonostante fosse quasi del tutto sommerso dalle onde; la tempesta non accennava a diminuire.

Rick ormai ne era convinto: il Regina non poteva resistere ancora, era solo questione di tempo prima che sprofondasse e lui non sapeva cosa fare; quel senso di impotenza lo frustrava più di ogni altra cosa. Assistere inerte alla propria morte era una circostanza che non tollerava; si malediceva per aver ucciso Lacona che forse adesso sarebbe stato di grande aiuto; si malediceva per aver gestito l’operazione in maniera così superficiale e con tale sorprendente incompetenza da ritrovarsi adesso vicino ad una morte ridicola: cosa aveva sbagliato? Forse aveva confidato troppo nella sua abilità? Il fatto era che non aveva avuto abbastanza prudenza e questo comportamento non gli si confaceva: ma ormai il tempo stringeva e non era il momento di lasciarsi andare alle recriminazioni.

Un’ondata lo scaraventò pesantemente contro la vetrata laterale sinistra; Rick sbatté la testa e per alcuni minuti la vista gli si offuscò; ancora intontito riuscì a rimettersi in piedi barcollando: la testa gli doleva tremendamente e non riusciva a muovere una spalla. Si toccò per capire cosa era successo e si rese conto di avere un braccio fratturato; preso dalla disperazione appoggiò la testa al vetro e pianse: era tutto finito! All’improvviso, tra le lacrime, apparve qualcosa; Rick si asciugò gli occhi e guardò meglio: sì, non poteva sbagliarsi, quella che aveva davanti era proprio la terra, quella tanto agognata terra! Come un fulmine si scaraventò sul timone girandolo a sinistra e tenendolo fermo con quanta forza aveva: era tanta la sua disperazione che in quel gesto non si accorse nemmeno del dolore lancinante al braccio fratturato; la speranza era vicina.

Il Regina avanzava lentamente tra le onde ormai allo stremo delle sue possibilità, come un naufrago che, arrancando, si avvicina a quel piccolo angolo di mondo che rappresenta la sua salvezza. La terra era lì, ferma, invitante, a pochi chilometri eppure a Rick sembrava non raggiungersi mai: si chiedeva cosa sarebbe successo, se la nave sarebbe riuscita a mettersi al sicuro oppure sarebbe crollata prima, cosa avrebbe fatto lui se fosse stato scaraventato in mare in mezzo a quella bufera; mille interrogativi gli passarono nella mente in quei pochi minuti in cui la vita sua e dei passeggeri era appesa ad un filo che rischiava di spezzarsi in qualsiasi momento.

Un rombo sordo staccò Rick alle sue riflessioni e lo fece girare verso poppa; fece due passi verso l’uscita della cabina quando un secondo rombo, accompagnato da un violento scroscio d’acqua lo scaraventò indietro.

Tutta la prua si era inclinata di venti gradi sotto le onde, mentre la poppa, rimasta per alcuni minuti in posizione quasi verticale, si era staccata di netto e cominciava lentamente ad affondare.

Quella terra così vicina era servita soltanto ad alimentare la speranza in quegli ultimi istanti: lo scafo dopo aver lottato con tutte le sue forze aveva ceduto a pochi chilometri dalla salvezza; quel mare implacabile non gli aveva dato tregua e alla fine aveva ottenuto la sua macabra vittoria.

Tutto l’equipaggio, la nave, e ciò che di prezioso essa trasportava vennero inghiottiti, ricoperti da diversi metri cubi d’acqua gelida che li avrebbero tenuti nascosti ancora per molti anni… Appuntamento ai prossimi aggiornamenti per continuare a seguire le vicende dei protagonisti del “Cavallo di Leonardo”, se vuoi commentare il romanzo o chiedere qualcosa all’autore, mandaci una mail nel Posta e Risposta, la gireremo direttamente a Marco. La Redazione



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche