Vicino alla stazione ferroviaria più grande d’Italia c’è l’incredibile capolavoro del Bernini che in pochi conoscono

Stefano Maria Meconi, 14 Dic 2023
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Siamo, senza ombra di dubbio, abituati ad accostare la parola “capolavoro” al nome del grande Gian Lorenzo Bernini per tutte quelle celeberrime opere che un po’ tutto il mondo ci invidia, a partire dall’Estasi di Santa Teresa, fino alla Fontana dei Quattro Fiumi, passando, neanche dirlo per il baldacchino bronzeo di San Pietro in Vaticano che, non a caso, viene ricordato con il suo nome. Non molti sanno, però, che la produzione del Bernini è decisamente ben più nutrita e comprende anche opere meno note ma, allo stesso tempo, veri e propri scrigni di bellezze e unicità. Una di esse è, senza timore di smentita, la piccola chiesa di Santa Bibiana. Situata a Roma, nel centralissimo quartiere Esquilino, il piccolo edificio sacro rappresenta uno dei numerosi esempi di ristrutturazione radicale portato avanti dal noto architetto, capace di trasformare in barocco tutto ciò che gli passava per le mani.

Una chiesa ben più antica di Bernini

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Francesco d’Assisi predica davanti a Onorio III (Giotto, 1295 – 1299) – Assisi, Basilica Superiore 

La storia della Chiesa di Santa Bibiana, tuttavia, non inizia con Gian Lorenzo Bernini bensì molto, molto prima. Siamo, difatti, nel 467 e papa Simplicio, o chi per lui, fa edificare il piccolo edificio sul colle Esquilino. Secondo un’antica tradizione non documentata, di contro, l’edificio venne realizzato nel 363 da una devota matrona romana, sulle rovine di quella che fu la casa dove trovò martirio la Santa titolare. In ogni caso, si tratta quindi di una chiesa antichissima, annoverabile fra le più datate della Capitale. Nel 1224, papa Onorio III, ricordato per aver concesso la regola all’ordine domenicano e a quello francescano, restaurò la chiesa, aggiornandola al gusto del tempo e ampliando la proprietà con un convento femminile. Siamo quindi di fronte, come spesso accade, a un vero e proprio palinsesto delle epoche trascorse, ove diversi stili e soluzioni architettoniche hanno trovato, nel tempo, una pregevole collocazione.

Da chiesa medievale a capolavoro del barocco (o quasi): ecco cosa fece Gian Lorenzo Bernini

Ma giungiamo a grandi falcate agli inizi del XVII secolo quando il papa è Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, e il suo architetto prediletto è proprio il giovane Bernini, al tempo neanche trentenne ma già noto nel mondo artistico romano per il grande talento. Urbano VIII fu il primo vero grande mecenate del giovane architetto, tanto che le cronache narrano che nel 1623, non appena eletto al soglio di Pietro, il papa Barberini mandò a chiamare Gian Lorenzo al quale proferì la famosa frase «È gran fortuna la vostra, o Cavaliere, di vedere papa il cardinal Maffeo Barberini; ma assai maggiore è la nostra, che il Cavalier Bernino viva nel nostro pontificato». E uno dei primi incarichi fu proprio la ristrutturazione della Chiesa di Santa Bibiana.

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Un dettaglio degli affreschi di Agostino Ciampelli nella navata centrale

Gli interventi messi in opera dal grande architetto (oggi lo definiremmo un archistar) furono decisamente radicali e consistettero nell’aggiornamento totale della facciata, nella costruzione di due nuove cappelle al termine delle navate laterali e nella costruzione di un nuovo e più ampio presbiterio; immancabile anche l’aggiunta di un elemento di scultura importante e pregevole come la Santa Bibiana che oggi domina l’altar maggiore.

Barocco sì, ma non troppo

Se è vero che Berini è sinonimo di barocco, è altrettanto vero che in Santa Bibiana questo stile ancora non viene fuori in tutta la sua essenza più pura e tumultuosa. E lo si nota subito dalla facciata: scandita in due ordini sovrapposti che culminano in un timpano triangolare, racchiude in sé elementi stilistici propri più del manierismo, come i piani sfalsati, e del tardo rinascimento piuttosto che del barocco vero e proprio. Come mai? La domanda è interessante: dai documenti in nostro possesso non emerge alcuna particolare richiesta della committenza in tal senso, permettendoci di poter timidamente escludere questa ipotesi. Forse, trattandosi ancora di un Bernini giovane seppur già noto nell’ambiente artistico romano, l’architetto non volle ancora scatenare il nuovo stile, attenendosi a linee e forme già note, in considerazione anche del fatto che si trattava di una ristrutturazione di un edificio molto antico e di grande valore spirituale.

Il prospetto frontale permette di guadagnare l’accesso nel nartece, elemento architettonico tipico degli edifici cristiani delle prima epoca. L’interno mantiene una scansione in tre navate di sapore decisamente ancestrale; la suddivisione longitudinale dello spazio è affidata a colonne sormontate da una trabeazione continua, indizio che si è mantenuto l’impianto originario. Il nuovo stile inizia a emergere nella decorazione pittorica della navata centrale, a cura di Pietro da Cortona e Agostino Ciampelli, nelle cappelle di fondo, opera di Bernini, ma soprattutto nella meravigliosa scultura che ritrae la Santa titolare, anch’essa opera del grande architetto. Per quanto anche qui lo stile sia in una forma più diluita, l’inclinazione della testa, il movimento delle braccia e la posizione delle gambe non lasciano spazio a dubbi: un nuovo linguaggio si stava facendo strada, un linguaggio che avrebbe dominato la scena per il successivo secolo e mezzo.

Credit foto:
Affresco di Agostino Ciampelli – Wikipedia



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