Nicaragua da scoprire

Que todo te vaya bien
Scritto da: regi
nicaragua da scoprire
Partenza il: 10/01/2011
Ritorno il: 02/02/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Poiché noto con piacere che sempre più tour operator inseriscono nei loro cataloghi viaggi in Nicaragua, terra dei Maya e leggo che il paese dopo aver tanto sofferto si sta concedendo al turismo lasciando fare ad imprenditori, il più importante dei quali di origine italiana, vorrei anch’io raccontare l’ultimo viaggio che ho fatto nella mia terra d’origine, anche se avvenuta mesi fa, visto che raramente si parla o scrive del Nicaragua e soprattutto in termini adeguati. In Nicaragua si trova ancora natura selvaggia e meravigliosa soprattutto nella costa caraibica che risulta ancora incontaminata e tanta storia coloniale, resti della dominazione spagnola. Diverso è visitare il Nicaragua di passaggio andando andando per esempio dal Costarica al Guatemala o andarci appositamente per visitarla come merita. Non ha importanza il vettore aereo, dico solo che la scelta era tra KLM che fa scalo a Panama ed Iberia con scalo in Costarica, questo anche per evitare lo scalo di Miami per le lungaggini burocratiche e di controlli vari. Scalo al “Tocumen” e ripartiamo per Managua. Di notte ci accoglie mio fratello che vive sulle colline di Managua, città, l’unica forse, un po’ pericolosa che non concede molte gratificazioni al turista, distrutta dal terremoto (il Nicaragua è terra ampiamente vulcanica), quindi ricostruita e non certo in sintonia col resto del paese; è stata ricostruita una cattedrale estremamente moderna ma non bella, mentre la vecchia è praticamente sventrata anche se rimane in piedi per ricordare un passato pre-rivoluzionario; resta il teatro Ruben Dario. La gente i giorni di festa passeggia per il lungomare (Malecon). Con me il cellulare della Claro, costato davvero poco.

Passiamo le giornate nella capitale facendo piccoli acquisti al mercato Huembes (che preferisco all’inaffidabile “Oriental”) dove centinaia di banchi vendono sia cibi che prodotti artigianali, attenzione ai cambisti di valuta occasionali, controllare bene il cambio e la cifra; molti i turisti allietati dalla vista di belle ceramiche, sculture oggetti in legno, roba in pelle ed abiti in cotone ricamati, si contratta su ogni articolo, senza esagerare; a volte l’aria è irrespirabile, ma si appaga la voglia di souvenir. A tavola tortillas, tacos, gallo pinto (riso e fagioli rossi), vero simbolo culinario della cucina popolare di questo paese. A Managua un amico ci consiglia un conoscente che guida un taxi che ci porta in luoghi già visti: dapprima al Volcan Masaya: l’odore dello zolfo ci accompagna fino al cratere, attivo, non c’è molta gente nonostante la spesa d’entrata sia contenuta. Gironzoliamo per la zona sotto lo sguardo vigile di una guardia: ci attrae guardare il fondo del cratere che fatichiamo a distinguere causa il fumo che sale. Dopo un’ora raggiungiamo una delle città più caratteristiche, sede di varie manifestazioni folcloristiche: siamo a Masaya dove c’è una bella laguna che si costeggia passeggiando. I bambini intorno giocano divertiti, non pensano certo alla loro povertà, la gente è comunque sempre allegra e pur non conoscendoci, per strada saluta con un “Hola” di benvenuto. Ci fermiamo solo un’ora per poter vedere prima dell’una la bellissima laguna de Apoyo, nata in un cratere: molto scenografica. Tutt’intorno piante di bouganville e tante panchine per godersi lo spettacolo sotto un bel sole mentre molti venditori chiedono di acquistare qualche oggetto. Acquistiamo un “diablito” di terracotta per cucinare. Pochi chilometri più avanti attraversiamo la cittadina di San Juan d’Oriente, la capitale della ceramica nicaraguense. Proseguiamo e finalmente entriamo a Granada bellissima città coloniale dalle belle chiese e colori sgargianti, giallo, azzurro, turchese… C’è movimento, molti turisti e tanta allegria. Una città dove tutti lavorano e conducono una discreta vita. Per chi non vuole spendere molto (ma non poco per i locali) si può rivolgere a Casa Silas, pochissime camere condotte da un gentilissimo americano: camera doppia pulitissima con aria condizionata, wi.fi,ed ottima colazione per 50 dollari. Non si può non visitare il vicino mercato, allegorico e con grande quantità di frutta tropicale, per chi vuole godersi il parco centrale guardando la bellissima cattedrale colorata di pastello giallo comodamente seduto consiglio il caffè “Don Simon”: la specialità “pastellitos de pollo” che sono comunque meno costosi e più buoni in una laterale dietro al parco. Gironzoliamo visitando le belle chiese e soprattutto salendo per pochissimi dollari sul campanile della chiesa De la Merced da cui si gode una bella vista sull’intera città: bellissimo al tramonto, ma se mentre siete sul campanile suonano le campane, meglio avere i tappi per le orecchie: in lontananza i vulcani, veri guardiani della città. Visitina anche al parco Xalteva con alcuni resti, e dove adiacente si trova la chiesa omonima. Per cenare è consigliato il parco centrale o Via della Calzada, trovate musica e vari ristorantini a prezzi buoni, discretamente igienici. In strada anche le “fritangas”, carne alla griglia per 3 dollari che le donne vi serviranno con gentilezza. Spesso le carni sono accompagnati da repoio (insalata di cavolo) e tostones (banane fritte). Capita di incontrare in strada i “mariachi”, musicisti più o meno improvvisati che arrotondano suonando chitarra ed altri tipici strumenti intonando musiche Nica che mi riportano all’infanzia: lasciai infatti il Nicaragua all’età di 7 anni per l’Europa, ma risento gli stessi profumi e voci di allora. In hotel, discreta colazione, spesso anche formaggio fritto, e la domenica la specialità “nacatamales” una specie di polenta con pezzi di carne di maiale in foglia di platano.

A Granada, nel parco Centrale stazionano molte carrozzelle, con 15-18 dollari vi porteranno in giro un paio d’ore, allungandosi fino al lago e portandovi a visitare la chiesa Della Madonna di Guadalupe, molto scenografica, e l’antica casa del pirata Walker, famoso in tutti i caraibi. Visitiamo il convento di San Francisco, con 3 dollari si può visitare il piccolo museo in cui si trovano statue rappresentanti idoli Maya. La sera mangiamo maiale con yucca (un tipo di patata), spendendo una cifra irrisoria. Un’altra visita obbligata è quella alle isolette del lago di Granada che sono oltre 300. Alla cabana gialla si può affittare una barca in gruppo o da soli (25 dollari) ed in un paio d’ore si circumnavigano le isolette con ancora modeste abitazioni di proprietà degli indigeni, mentre altre isole sono occupate da belle case di gente ricca. Le isolette turisticamente più famose sono quelle del piccolo castello spagnolo e l’isola delle scimmiette dove vivono appunto questi animaletti che si avvicinano al passaggio delle barche. In lontananza il vulcano “Mombacho”, che si può scalare con impegnativa passeggiata. La vegetazione è stupenda il luogo ancora misterioso in quanto non eccessivamente turistico, si può pranzare con ottimo pesce su un’isoletta e farsi tornare a prendere. Ci siamo proprio meritati un “fresco di cacao”! In Nicaragua la rete ferroviaria fu smantellata, quindi ritorniamo a Managua con un piccolo bus spendendo 2 dollari. Anche questo ritorno è stato caratteristico, con gente che entrava nel bus con dolci, formaggi e…galline, forse diretta al mercato della capitale. Dopo esserci riposati un paio di giorni andiamo in giro per le spiagge di Montelimar (turistica e bella) e la più semplice Pochomil, visitiamo parenti che ci offrono un pranzo con tenerissima carne hasada (alla griglia) di maiale e bue (il Nicaragua è famoso per questa ottima carne). Le spiagge sono scure, vulcaniche, diversamente da quelle caraibiche, ma molto grandi e poco frequentate, il mare non è amichevole, ma che belle passeggiate fin dalla prima mattinata! Il tramonto ci sorprende nel silenzio degli sguardi rivolti ancora al mare. Nei pressi, strade dissestate, qualche piccolo negozio e le lavandaie al fiume con quintali di vestiti da lavare con la pietra. Questa zona non raggiunge la povertà della parte caraibica, ma neppure sono agiati. La sera ci viene offerto un ottimo rum nicaraguense, il “Flor de Cana”, di cui porteremo una bottiglia in Italia. Straordinari anche i sigari, che non possiamo giudicare in quanto non fumatori, ma ci assicurano che non hanno nulla da invidiare a quelli cubani. Risistemiamo lo zaino e programmiamo il ritorno a Leon, la città dove ho vissuto e dove ero già tornata, ma l’emozione mi prende ancora, ogni volta mi aspetto cambiamenti che non vedo, insomma è rimasta quella di un tempo, i venditori di raspados (granatine) e tostones sono sempre lì, nel parco centrale che gridano le loro cibarie, chiedo a mio marito di farsi lustrare le scarpe (anche se da tennis) dai piccoli ma abili lustrascarpe, giusto per dare loro una moneta senza offenderli. Scambiamo qualche parola: sono sempre sorridenti. Quando gli dico che veniamo dall’Italia, subito mi dicono nomi di calciatori che non conosco, ma annuisco. Andiamo subito a vedere la casa dove abitavo, tempo fà era in vendita, ma ora vi è un specie di associazione, è ridotta malissimo, dove c’era il patio ora c’è un ripostiglio, resto delusa. Per tirarmi su il morale ritorniamo al parco centrale e ceniamo dove cenavo con i miei genitori, presso “El Sesteo”, locale pulito, costoso per gli abitanti locali: con 6-7 dollari si può mangiare un buon nacatamales o tre tacos farciti diversamente con carne tritata o formaggio e bere una coca o l’ottima birra Victoria; ottimi anche i loro frullati di frutta mista (2 dollari): ma la vista è quella di tanti anni fa: il parco e la cattedrale. La cattedrale appunto, che visiteremo il giorno dopo, è considerata la maggiore dell’America centrale, sarò di parte ma è davvero bella, ha solo bisogno di una ripulita esterna, ma forse così ha più fascino. Si sale sul campanile con 2 dollari, e ne vale davvero la pena, sia per notare la struttura a cupole del tetto, sia per godere il panorama: anche qui la vista si infrange contro i minacciosi vulcani. Leon è rimasta una città tipica che occorre visitare. Molte le chiese e tutte interessanti: La Merced e La Recollecion, El Calvario, questa sì restaurata e ridipinta di forte impatto fotografico, ed infine rivisitiamo nel quartiere indio la chiesa di Subtiava. Alle 9, appena il mercato apre, faccio incetta di spezie e soprattutto del solito Achote, che mi serve per cucinare “arros con pollo”, per dargli insomma il sapore originale: lo consiglio, anche in Italia ne vanno tutti pazzi. In una borsa metto anche molte varietà di frutta che mangeremo in questi giorni, che in Europa mi manca, anche se alcuni tipi ci sono, ma non hanno questa maturità, quindi acquisto mango, jocotes, papaya. La sera non ci azzardiamo a cenare presso le numerose fritangas dietro il mercato, temiamo per la pulizia, ma quanti giovani turisti si affollano aspettando il loro pane con carne grigliata! Per completare i miei ricordi non resta che prendere il bus e percorrere tra un bellissimo paesaggio naturale i 20 km che ci dividono dalla spiaggia di Poneloya, dove a Las Peynitas, ritorniamo nel ristorante già visitato anni prima, andiamo sicuri, e dopo aver fatto il bagno, sia di acqua che di sole ed una bellissima passeggiata, ci sediamo ordinando pesce alla piastra e patate lesse, Il tutto 12 dollari col bere.

Rientriamo verso sera all’hostal Dona blanca, carino, 50 dollari a notte, contro i 70 dell’hotel Austria frequentato la volta scorsa. Il Taxi (costano un’inezia, ma controllate che appesa ci sia la licenza e la foto dell’autista) ci porta in periferia dove prendiamo il piccolo bus che ci riporta a Managua. Contenta, ma con ancora un po’ di nostalgia. Dopo aver trascorso alcuni giorni tranquilli a Managua decido di ritornare all’isola di Corn Island (l’isola del mais), attraversando il Nicaragua per spostarci sulla costa atlantica; qui si parla anche inglese per via di recente dominazione. Incontriamo una delle più belle espressioni del mare caraibico, colori dalle stupende tonalità che contrastano con la spiaggia finalmente bianca. Ricca barriera corallina, consigliate le immersioni. Il turismo è agli inizi, forse tra 10 anni sarà tutto diverso, o forse nò, speriamo mantengano il paesaggio il più naturale possibile, ora è piuttosto selvaggio. Da queste parti non conviene avventurarsi in zone sconosciute, qui vive la gente di pelle nera discendente degli schiavi e quasi nessuno lavora, meglio muoversi con gente affidabile del luogo o in gruppo con altri turisti; gli hotel sono pochi e piccoli, molto semplici, ma dove si può gustare ottimo pesce, aragosta compresa a buon prezzo. Rientriamo nella capitale con un piccolo aereo, ancora non capisco come siamo arrivati sani e salvi; annotazione: al chech-in ci hanno pesati insieme alla valigia. Spot pubblicitario: visitate il Nicaragua, povero ma dignitoso e tante belle zone da vedere e da vivere: folclore, laghi, vulcani, spiagge e monumenti storici e religiosi e poi è pur sempre terra dei Maya, straordinaria civiltà di cui ancora non si capisce l’estinzione. Il turismo stà scoprendo il Nicaragua, cambierà paesaggisticamente? Meglio andare ora. Rientriamo in Italia, convinti di tornare prestissimo in inverno a goderci questo clima secco e i suoi 30° e certi di incontrare ogni volta che camminiamo per strada qualcuno che ci grida: ”Como estas my amor?”



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