Myanmar, il paese dai mille volti

Diario di Viaggio in MYANMAR Dal 17 Dicembre 2007 al 5 Gennaio 2008 DI LAURA GIAMPAOLO MATTEO (16) E CARLOTTA (15) GRIGNANI NEL CUORE E FRA LA GENTE DEL MYANMAR, IL NOSTRO VIAGGIO É STATO UN TURBINE DI IMMAGINI CHE CI HA TRAVOLTO! CI ASPETTAVAMO UN PAESE POVERO, FERMO A DECENNI FA, LONTANO DAL CONSUMISMO E DALLA MODERNITÁ, UN PAESE...
Scritto da: grignanilaura
myanmar, il paese dai mille volti
Partenza il: 17/12/2007
Ritorno il: 05/01/2008
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Diario di Viaggio in MYANMAR Dal 17 Dicembre 2007 al 5 Gennaio 2008 DI LAURA GIAMPAOLO MATTEO (16) E CARLOTTA (15) GRIGNANI NEL CUORE E FRA LA GENTE DEL MYANMAR, IL NOSTRO VIAGGIO É STATO UN TURBINE DI IMMAGINI CHE CI HA TRAVOLTO! CI ASPETTAVAMO UN PAESE POVERO, FERMO A DECENNI FA, LONTANO DAL CONSUMISMO E DALLA MODERNITÁ, UN PAESE GENTILE, AD ANNI LUCE DALLA CULTURA OCCIDENTALE.

AVEVAMO LETTO DEL SUO ISOLAMENTO DAL RESTO DEL MONDO, DELLA SUA SEPOLTURA VOLUTA DA UN FORTE REGIME DITTATORIALE MA…

ANCHE SE LA LIBERTÀ É SICURAMENTE ANCORA UN’UTOPIA NON SI PUÒ AFFERMARE CHE IN MYANMAR IL TEMPO SI SIA FERMATO! LO SI NOTA NELLE GRANDI E NELLE PICCOLE CITTÀ, LO SI VEDE NEI DVD PROIETTATI SUI BUS LOCALI E LO SI ASCOLTA NEI CD DELLE MODERNE DISCOTECHE DI YANGOON.

CON UN CALEIDOSCOPIO DI IMMAGINI CHE TI CONFONDE E TURBA LE TUE ASPETTATIVE, IL MYANMAR TI SCONVOLGE! LE PARABOLE SATELLITARI NEI VILLAGGI PALONG, FRA LE CAPANNE DI BAMBÚ E NEL MEZZO DEI MAIALOTTI CHE PASSEGGIANO IN LIBERTÁ, LE STRADE IN PESSIME CONDIZIONI E GLI OPERAI CHE RATTOPPANO L’ASFALTO PORTANDO I SECCHI A MANO, IL THÉ CINESE GRATIS AL BAR ED IL RISO AD ESSICCARE SULLE STRADE, I MODERNISSIMI INTERNET CAFFÉ ED I CUMULI DI SPORCIZIA PER LE STRADE DI YANGOON, IL PESCE ESSICCATO E PUZZOLENTE VENDUTO NELLE BANCARELLE DEI MERCATI ED I ROCHER FERRERO ESPOSTI NEI LUCCICANTI SUPERMERCATI DELLE GRANDI CITTÁ, LE DECINE DI MENDICANTI ALL’INTERNO DEI TEMPLI ED I RISTORANTI LUSSUOSI DELLA CAPITALE, I MONACI CHE MASTICANO BETEL ED I GIOVANI MODERNAMENTE VESTITI COI LORO CELLULARI DI GRIDO.

I PESCATORI DEL LAGO INLE CHE REMANO CON UN PIEDE SOLO ED I MODERNI FUORISTRADA DI LUSSO.

I RICCHI DI YANGOON IN VACANZA A CHAUNGTHA BEACH E COLORO CHE YANGOON… NON SANNO NEMMENO DOV’É!

Lunedì 17 Dicembre 2007 (Huay Xai – Chang Kong – Mae Sai – Tachilek – Kengtung) Il nostro viaggio comincia da Huay Xai, una cittadina del Laos posta lungo le rive del Mekong, dove siamo approdati ieri sera, dopo un interminabile viaggio sul fiume tra i più grandi del mondo. Alle 8:00 lasciamo il Laos con una barchetta, che ci traghetta sulla sponda tailandese. Al check point di Chang Kong espletiamo le velocissime pratiche d’immigrazione in Tailandia e troviamo un tassista al volo che, per 1200 bath, ci porta a Mae Sai, al confine del Myanmar. Dopo dieci giorni di Laos, dove i costi dei trasporti, in proporzione al resto, sono altissimi, ci sembra incredibile spendere solo 40 usd per percorrere one-way oltre 100 chilometri! Ci fermiamo qualche minuto al punto panoramico del triangolo d’oro, per fare vedere a Matteo e Carlotta il confine tra Laos, Myanmar e Tailandia, segnato dal corso del Mekong e da un suo affluente. Siamo già stati qui, nel 1999, ma i nostri figli erano ancora piccoli e quindi non possono ricordarsene. Approfittiamo della sosta per prelevare dei bath al Bancomat, giacché il nostro autista non vuole dollari, e ripartiamo! Lungo tutta la strada mi crogiolo nel sogno dell’attraversamento del ponte pedonale che collega la romantica cittadina di Mae Sai a Tachilek, posto di confine del Myanmar. Quel ponte che, quasi dieci anni fa, da un tavolino di un bar adiacente, abbiamo osservato a lungo. In quell’occasione abbiamo fotografato i birmani, con i cappelli di paglia a cono e le loro biciclette cariche di merci e speranze, ed abbiamo fissato nella nostra mente anche le immagini di quelle donne che, con enormi cesti in bilico sulla testa, attraversavano lentamente il ponte. E quella mattina abbiamo pensato che… chissà… un giorno saremmo potuti andare in Birmania e magari attraversare quel pittoresco ponte a piedi, con gli zaini in spalla e con l’entusiasmo di intraprendere una nuova avventura! Ma verso le dieci, quando il nostro autista si ferma in una caotica città e ci comunica che siamo giunti a destinazione, le immagini formatesi nella mia mente qualche istante prima, si frantumano. Penso addirittura che ci abbia portato da qualche altra parte… ma mi sbaglio. Mae Sai è irriconoscibile. È diventata una città, con palazzi, centri commerciali, un traffico incredibile. Anche il ponte si è trasformato. Un ignobile arco di cemento con porte di cristallo segna il punto di confine con il Myanmar e sull’enorme ponte in cemento armato ora transita ogni tipo d’autoveicolo, compresi i mezzi pesanti. Fine del sogno. Il viaggio però continua! Passiamo il posto di controllo tailandese {NDR: Questa è stata la permanenza in assoluto più breve in un paese straniero… nemmeno due ore} ed attraversiamo in ogni caso il nostro sognato ponte, a piedi e coi nostri zaini in spalla… anche se fra i gas di scarico delle auto. In Myanmar sono le 9:30 (mezzo fuso orario in meno rispetto alla Tailandia) quindi non siamo nemmeno tanto in ritardo all’appuntamento con la nostra guida, che dovrebbe attenderci al posto di controllo, con i nostri permessi speciali. {NDR: Da Tachilek attualmente puoi entrare solo appoggiandoti a qualche tour operator che ti procura dei permessi speciali per 50 usd a persona}. Infatti la troviamo li, la nostra guida, davanti al check point con un cartello in mano riportante il nostro nome! {NDR: Ci avrebbe identificato comunque… dato che nell’arco di oltre un’ora d’attesa per la vidimazione dei visti non abbiamo visto nessun altro turista occidentale}. Sam Sai Wong, così si chiama la nostra guida (anche se ci suggerirà di chiamarlo Antonio, che è più semplice), ci ritira passaporti e visti e ci comunica che dovremo aspettare una mezz’ora. Non fa niente. Siamo in Myanmar! No problem.

Durante l’attesa scattiamo qualche foto all’affollatissimo mercato di Tachilek, sottostante il ponte. Scambio due parole con una signora tailandese che abita qui da qualche anno. Scopro così che la marea di turisti tailandesi che attraversano il confine, è per la maggior parte diretta al Casinó, a tentare la fortuna in Myanmar! Gli altri passanti invece sono quasi tutti birmani, le donne con i cappelli conici e l’argilla spalmata sulle gote e gli uomini che, dopo dieci anni, spingono ancora i loro carretti colmi di merci e di speranze. Dopo circa un’ora ci riportano i nostri passaporti e ci danno il benvenuto in Myanmar! Scendiamo dal ponte e ci troviamo nella ressa di Tachilek. Venditori ambulanti di tutti i generi ci accerchiano. Compriamo delle Malboro a 40 centesimi di euro a pacchetto. Intanto arriva l’autista con il minivan, carichiamo i bagagli e partiamo. Ci fermiamo subito però, in un the shop, per bere qualcosa ed usufruire della toilette. Assaggiamo subito il the cinese, quello che trovi in tutte le caffetterie birmane. È un infuso di foglie di the naturali, posto in caraffe termiche appoggiate sui tavolini, e che puoi bere gratuitamente, ovunque! A questo the, di solito la mattina per colazione, vengono abbinati degli spuntini: i “samusá”, simili ad involtini primavera, e gli “igiaqué”, simili a frittelle, dalla forma allungata. Ottimi! Al bar stanno guardando una partita di calcio, Inter-Cagliari! Due bambini monaci stanno raccogliendo soldi nelle loro ciotole. Diamo loro i venti bath rimastici (nemmeno mezzo euro) e… Per poco non si azzuffano per contenderseli. A colazione finita risaliamo sul Toyota e, dopo una breve sosta per fare benzina (85 centesimi di dollaro al litro), siamo pronti per cominciare il nostro viaggio! Lasciamo Tachilek ed il suo caos. Fa molto caldo. Antonio parla bene inglese e comincia ad accennarci il programma di trekking previsto per domani.

Il primo villaggio che incontriamo sulla strada appare già più tranquillo ed ordinato ma… rispetto alla caotica Tachilek ci vuole poco. La maggior parte delle case sono belle, al di sopra del livello atteso. C’è molto verde ed il paesaggio è bucolico. Nei pressi dei centri abitati, sull’asfalto é sparso il riso ad essiccare! La strada lentamente comincia a salire. È quasi mezzogiorno e cominciamo ad avvistare file di bambini che stanno uscendo da scuola, con le loro borse a tracolla ed i loro sorrisi. Cespugli di un rosso accecante punteggiano la campagna interrompendo la monotona fila di verdissimi alberi ai lati della strada. Sono enormi stelle di Natale! Questo é il nostro viale di ingresso al Myanmar! Man mano che si procede verso l’interno, le case cominciano a lasciare il posto a capanne più semplici, per lo più di bambù e col tetto di paglia. Osserviamo un bambino che raccoglie dell’immondizia per strada… Difficile capire se si tratta di sfruttamento di lavoro minorile o semplicemente di una giornata di raccolta, organizzata dalle scuole! Le troppe cose negative lette ed ascoltate rischiano di fasciarti la testa e di renderti diffidente al di là del necessario! {NDR: In effetti anche i nostri figli quando frequentavano le scuole medie, in Ungheria, una volta l’anno andavano a pulire il parco nazionale!}. Altro villaggio ed altri bimbi che tornano da scuola. La divisa è bianca e verde… un bellissimo verde che ricorda il colore delle giovani piantine di riso. Un grande cartello pubblicizza l’educazione al non consumo di droghe. {NDR:Strano, lo hanno messo proprio qui, al centro del Triangolo D’Oro …}.

Al secondo posto di blocco Antonio consegna il secondo foglio, sul quale ci hanno schedati ben bene… Ne ha un malloppo intero, chissà quanti posti di blocco ci saranno ancora? C’è anche una bella Chiesetta Cattolica lungo la strada, con tanto di Madonnina. Antonio ci spiega che a Kengtung il 50% della popolazione è cattolica. A me pare un pó esagerato… non vorrei aver confuso il fifty con il fifteen… Ma Antonio conferma e ci racconta che 200 anni fa, proprio a Kengtung, è stata fondata la prima missione cattolica da un prete italiano. Il restante della popolazione è in parte Buddista, in minimissima parte musulmano e conta anche qualche presenza animista (quelli che venerano ancora gli spiriti dei Nat!). Circa a metà strada, a Mong Hpayek, ci fermiamo a pranzo. I proprietari del ristorante sono cinesi ma fanno anche cucina birmana così io mi lancio subito all’assaggio delle specialità locali. Prendo una zuppa shan a base di tagliolini. Buonissima… solo che mi dicono che di solito la si mangia per colazione… opps.. Chiedo venia!! Mentre assaggiamo a fine pasto un whisky birmano niente male (Golden Royal), Antonio ci indica un quadro alla parete dicendoci che è il capo del Governo. Noi ovviamente, non facciamo nessun tipo di commento, né positivo, né negativo… semplicemente ne prendiamo atto. {NDR: Metti che ci riportino indietro a Tachilek e ci rispediscano in Tailandia}. Mostriamo invece più interesse per gli enormi calendari con foto di ragazze, che praticamente tappezzano tutte le pareti del ristorante (tranne ovviamente l’angoletto riservato al capo della Giunta). C’è anche un poster stupendo, con due faccine, una arrabbiata, una sorridente. Chiedo il significato delle frasi sotto riportate. Semplice: Don’t worry… be happy! Alle tre del pomeriggio ripartiamo. Direzione Kengtung. La strada si inerpica sulle montagne, le risaie sono scomparse e così pure le stelle di Natale. Bufali e capre hanno preso il loro posto. Carlotta legge sulla guida Routard il capitolo dedicato agli spiriti NAT e mi fa notare che il nostro autista deve essere un animista, poiché sullo specchietto retrovisore dell’auto ha dei nastri bianchi e rossi annodati, i colori simbolici dei Nat, che in questo caso ci auguriamo siano di buon auspicio. Facciamo una “tappa sigaretta” vicino a Loimwe, in una delle zone più montuose della regione. Fa anche freddo. C’è un mercatino dove sono poste in vendita merci poco identificabili ma ci spiega tutto Antonio. Un pacchetto che apparentemente ci sembrava di noodles, contiene invece strisciette di pelle di bufalo che vengono aggiunte per insaporire le zuppe (la nostra cotenna??). Poi ci sono biscotti e crackers di pesce (tipo le sfogliatine di gamberi che danno nei ristoranti cinesi) e sfogliatine di riso con verze, essiccate al sole. C’è anche yogurt e miele… Il miele deve essere eccezionale ma purtroppo non abbiamo ancora cambiato kyats quindi non compriamo niente e ripartiamo. Carlotta continua l’approfondimento della cultura Nat… e adesso salta fuori anche il Nat fumatore… e quello ubriacone. Verso le 17:00 arriviamo a Kengtung (o ciangtong … Come lo pronunciano loro). Ennesimo posto di controllo ed ennesimo pagamento pedaggio. Arriviamo in albergo: il Private Hotel. Uno staff di almeno quattro persone è lì a riceverci, due camerieri, un facchino e la signora della reception. Poi arriva anche il proprietario. Ci sarà tanta gente? {NDR: No… nessuno, a parte noi}. Ci cambiano dei soldi {NDR: Il peggior cambio di tutto il Myanmar. 1130 kyats per un dollaro}. Le camere, per il costo di 25 usd sono molto belle. Arredate bene, con frigobar, televisione satellitare, bagno spazioso e molto ben tenuto. Ci sediamo sulla veranda adiacente alla camera a bere una birra. La nostra guida è sempre lì a chiederci se abbiamo bisogno di qualcosa. Ci accudisce come bambini. Il proprietario si avvicina e chiede a Carlotta quanti anni ha. Poi le dice che deve godersi la vita, è importante dare dei valori alle cose perché il potere non conta ed i soldi neppure. Poi, aggiunge che lui era un militare e che quando è andato in pensione ha aperto questo albergo ed ora vive bene, senza stress, a contatto con la gente. Non facciamo commenti anche se sappiamo bene che se ha potuto aprire un albergo è proprio il suo potere ed i suoi soldi che glielo hanno permesso, valori che adesso, a parole, rinnega. Verso le 18:00 decidiamo di fare un giro in centro. Stiamo per varcare l’uscita dell’albergo quando si avvicina Antonio chiedendoci dove andiamo. “In centro”. Ce lo sconsiglia. “Perché?” chiedo io. “Perché è molto lontano” ci risponde… Strano, la Lonely Planet lo segnala al massimo a un chilometro. Forse pensa che ci perdiamo? O ci ha preso per sprovveduti? Ci chiama lui un tuc tuc, così ci facciamo portare a zonzo per il centro. Visitiamo la Pagoda di Wat Zhom Khan, la bella pagoda con la cupola tempestata di pietre preziose ed oro e con centinaia di campanellini dorati che suonano, mossi dal vento. La Pagoda é chiusa ma il nostro autista la fa aprire. All’interno le colonne sono un mosaico di piccoli specchi e le pareti sono dorate. Le volte sono dipinte di rosso scuro con decorazioni d’oro. Scorgiamo anche dei monaci bambini che studiano nelle sale dedicate. Parlano ad alta voce ripetendo probabilmente la lezione. A Kengtung, ci spiega il nostro conducente di tuc-tuc, ci sono tre università. Una per l’insegnamento, una di informatica e l’altra per l’alta tecnologia. Poi passiamo in un bar ad ordinare i panini per domani, poiché in albergo potevano prepararci solo del fried rice che mi sembrava un pó scomodo da mangiare durante il treking. Le strade del centro non sono per niente illuminate, fioche luci provengono dagli atri aperti delle case e dai negozi, ancora aperti. Verso le 19:30 però tutti i lampioni si accendono e, come d’incanto, la città si illumina… Non alla maniera occidentale, ovviamente, ma sufficientemente per vederci. Ci facciamo lasciare al ristorante ‘The Best Choise’, riportato dalla Lonely Planet come il miglior posto di Kengtung ed inoltre vicinissimo al nostro albergo, così possiamo tornare a piedi, da soli, e senza tutti quegli angeli custodi che ti fanno sentire cosí imbranato… Il ristorante è situato all’interno di un enorme garage che ricorda addirittura un hangar dei tempi di guerra. Sul lato destro sono disposti, lungo una fila, tavoli di cemento piastrellati e c’è anche una sala interna con due acquari. Solo due i tavoli occupati, da locali. Anche qui lavorano almeno una decina di persone. Si fanno tutti in quattro per servirci. Mangiamo ottimamente. I costi sono leggermente superiori al Laos. La birra ad esempio costa quasi il doppio. Rientrando in albergo passiamo davanti ad un locale che sembra quasi una discoteca. Entriamo. In effetti è una piccola discoteca, ritrovo di studenti. Ci sono una ventina di ragazzi che ballano e ascoltano musica. Beviamo qualcosa ed osserviamo l’ambiente. La musica è modernissima, me lo confermano i nostri figli che mi dicono che, rispetto al Laos, sono avanti di parecchi anni. Alle 21:30 però il locale si svuota completamente. Si vede che sono tutti studenti e che devono andare a nanna. Un’oretta più tardi siamo a nanna anche noi. Martedí 18 Dicembre 2007 (Kengtung – Pin Tauk – Pan Pin – Pan Lav – Kengtung) Mi sveglio alle 6:30. Il tempo è splendido. Il cielo è blu e non fa freddo per nulla. Mi faccio portare un the cinese sulla veranda… ottimo! Anche Carlotta si sveglia, così chiacchieriamo un pó. Programmiamo la serata. Andremo a cena presto così poi loro potranno andare nella discoteca di ieri, prima che si svuoti. Entra in albergo un giovane monaco ed una signora, che lavora qui, gli offre del cibo. Cambio degli altri soldi perché quelli di ieri sono già finiti, ma questa volta cambio cento dollari ricevendo cosí circa 120 banconote da 1000 kyat (taglio massimo). Dopo colazione partiamo con Antonio per il trecking.. Passiamo a prendere i panini ordinati ieri sera e… Sorpresa!!! …Tre dollari a panino! Sono impazziti? {NDR: Si riveleranno pure una schifezza… così saranno i primi ed ultimi panini che mangeremo in Myanmar} Verso le nove e trenta siamo su una strada verso Nord-Ovest e stiamo attraversando villaggi shan. Distese di risaie si alternano a pascoli abbastanza aridi. Infatti le mucche sono talmente magre che da lontano le scambiamo per cavalli. Lasciamo la strada principale e prendiamo un sentiero che, sicuramente in automobile, durante la stagione delle piogge, non è praticabile. Attraversiamo un villaggio Lao Hu, il villaggio di Pin Tauk. Antonio ci spiega che normalmente questa tribù non veste gli abiti tradizionali, essi vengono indossati solo nei giorni di festa. Si occupano prevalentemente di allevamenti di bufali, che rispetto alle mucche avvistate in precedenza, sono belli grassi e pasciuti. Verso le dieci abbandoniamo l’auto e proseguiamo a piedi. Il primo villaggio delle tribù di montagna è il villaggio di Pun Pin, villaggio Akka. Le donne di questa tribù portano un copricapo decorato con sfere e monete d’argento, la quantità degli ornamenti dimostra la loro ricchezza. In questo villaggio c’è anche una scuola e molti membri della comunità sono cristiani, anche se le loro case sono piene di oggetti che rivelano la loro nascosta credenza negli spiriti Nat. Andiamo a visitare una casa tipica dove vive una famiglia che Antonio conosce. Le case sono palafitte in bambù, con il tetto di paglia. C’è una piccola scala a pioli per accedere. L’interno è molto buio, rischiarato solo dal fuoco sul quale stanno cucinando il pranzo. Uno stanzone unico che funge da cucina e camera da letto insieme. Il soggiorno invece sta sulla veranda. La casa ha due porte: quella principale, che dà sulla veranda ed un’altra che dà sul retro, ma viene usata solo in occasione di matrimoni o funerali. Ci vivono in otto. Amache per dormire e minuscoli sgabellini per sedersi. Ci fanno accomodare sulla veranda dove ci offrono il the. Il capo famiglia è un arzillo signore di 81 anni che, se non fosse per i denti neri e le gengive rosse dal betel, sembrerebbe il ritratto della salute. È talmente in forma che, a dispetto nostro che facciamo persino fatica a sederci e rialzarci dagli sgabellini alti 20 cm, lui si siede a terra a gambe incrociate e si rialza senza nemmeno puntellarsi sulle braccia. Regaliamo ai due nipotini un piccolo aereo gonfiabile e ne facciamo la loro felicità. Fuori dal villaggio Antonio ci mostra come ricavano la luce elettrica. Hanno messo una turbina in un pozzetto, dove hanno convogliato le acque di un torrente. Da questo congegno rudimentale riescono a ricavare corrente elettrica sufficiente a far funzionare almeno alcune lampadine a basso consumo! Dal villaggio di Pun Pin, percorriamo un sentiero sterrato che, dopo un’ora e mezza di salita ci porta ad un villaggio delle tribù Enn, Pan Mai (Pan Lav). Anche se l’architettura delle capanne è simile ai villaggi visitati prima, queste tribù vivono allo stato primitivo. Antonio ci spiega che i ragazzi non vanno nemmeno a scuola. Il capo villaggio, o meglio “lo sciamano” (come lo chiama lui) non permette la costruzione di scuole sostenendo che, se i ragazzi iniziassero a frequentare il mondo esterno, ben presto non si adatterebbero più a vivere in quella maniera e di conseguenza le loro tradizioni andrebbero perdute. Il villaggio è popolatissimo. Qui non hanno la luce elettrica, in compenso però hanno costruito una specie di acquedotto che, tramite grosse canne di bambù, porta l’acqua dalla sorgente attraverso il centro del paese, creando vari “punti bagno” comuni. Ci sono dei ragazzini che fanno la doccia e ragazzine che si lavano i denti… {NDR: Fatica sprecata, dato che fra qualche anno se li faranno venire tutti neri, mangiando apposite radici e foglie che anneriscono i denti cosí da differenziarli da quelli bianchi degli animali!}.

Anche in questo villaggio siamo accolti da una famiglia… Anche qui hanno due porte ed anche qui quella sul retro serve solo nei funerali ma,,, per loro tradizione da quella porta vengono trasportati solo i morti per disgrazie od incidenti. Simbolicamente viene cosí cacciato dalla casa lo spirito maligno! Sediamo nella veranda mentre alcuni membri della famiglia continuano imperterriti nelle loro occupazioni. Una signora lavora al telaio, l’altra intreccia i cesti. Ci sorridono. La cosa che ci colpisce di più è la serenità di questa gente. Sorridono, chiacchierano fra loro… Se sono stanchi dormono, se hanno fame mangiano… Niente orari, niente obblighi inderogabili, niente stress! Qui, pian piano arriva tutto il paese. I bambini sono decine e decine, uno più bello dell’altro e le giovani mamme, che allattano, hanno i seni scoperti.Compriamo qualche souvenir e regaliamo un paio di aerei gonfiabili ai bambini più piccoli! Felicità! Questa popolazione non utilizza nemmeno il calendario e non conta gli anni. Nel villaggio sono autonomi al cento per cento. Una volta al mese alcuni membri della comunità (i commercianti) si recano al mercato di Kengtung per vendere i prodotti realizzati nel villaggio (per lo più ceste e longy), con il ricavato comprano ciò che serve. Al di fuori di queste occasioni non usano denaro.

La visita della tribù si conclude a casa dello “sciamano” il capo villaggio che è impegnato nel rifacimento del tetto! I figli dello capo villaggio indossano sgargianti vestiti azzurri, accompagnati da sciarpe viola e monili in argento che spiccano prepotenti in mezzo a tutti gli abiti di colore nero, che contraddistinguono questa etnia. Sarà perché sono i figli del capo? No…! Antonio ci spiega che, quando i giovani si sentono in età da moglie (o da marito) si mettono degli abiti speciali e si adornano anche con collanine e perline, per attirare l’attenzione dell’altro sesso! (divertente). Lasciamo il villaggio e ridiscendiamo a valle. Per strada incontriamo un gruppetto di persone che sembrano degli Hippy! Hanno anche una radio portatile a tutto volume e ceste di merci varie. Antonio ci spiega che sono commercianti {NDR: Forse venditori porta a porta?!}. Per strada, Antonio ci fa vedere come estraggono i vermi dal bambù… pare una prelibatezza culinaria! Nel villaggio che abbiamo appena lasciato mangiano anche i cani, ma solo quelli neri!! Giunti a valle ci fermiamo a mangiare in uno spiazzo dove, come dal nulla, sbucano diverse venditrici di souvenir ed espongono tutta la loro merce in vendita. Non ci sono altri turisti al di fuori di noi e ci piange il cuore quando, dopo aver comprato due piccole cose, ce ne andiamo, lasciando alle spalle queste giovani donne che con calma rimettono tutte le loro merci invendute nei sacchi, che piano piano si riporteranno a casa. L’ultimo villaggio della zona non ci entusiasma più di tanto. É il villaggio dei tagliatori di teste (Wa) dove, fino ad una cinquantina di anni fa, vigeva ancora questa ‘usanza’ verso i popoli nemici… Adesso peró appare come un tranquillo villaggio, con scuola, chiesetta cattolica, bambini che giocano per le strade, venditrici di souvenir ed animali vari. Il paesaggio di questa parte della vallata però è fantastico! Risaie, coltivazioni a terrazza, torrenti… una poesia! Raggiungiamo la macchina e ripartiamo. Sulla strada per Kengtung attraversiamo un semplice villaggio Shan dove scorgo almeno una dozzina di grosse parabole satellitari {NDR: Ma non erano isolati dal mondo?}. Chiediamo ad Antonio, che ci spiega che via satellite non si prende qualsiasi canale mondiale, ma solo HBO, Minimax, China TV, Thai TV e quattro canali Tailandesi. In tutti i casi è già molto più di ciò che mi aspettavo.. Prima di rientrare in città facciamo una tappa al villaggio di Wan Pauk, villaggio dell’etnia Palong, precisamente i ‘Silver’ Palong, a sottolineare l’usanza delle donne di portare pesanti cinture d’argento (o pseudo tale).. Sarà la vicinanza alla città o la presenza della strada asfaltata, ma questo villaggio non ha il fascino dei precedenti. Parabole sui tetti, venditori di souvenir invadenti e pochi sorrisi. Nemmeno i bambini sorridono. Alcune donne, negli abiti tradizionali e con i pesanti cinturoni in vita, ti danno la sensazione che, via il turista, corrano a casa a cambiarsi (anche se ci raccontano che ci dormono anche la notte..). Chiediamo ad Antonio di abbreviare la visita e di rientrare in città. Abbiamo ancora nel cuore quella pace assaporata nel villaggio Enn di stamattina, i volti dei bambini sorridenti e curiosi che giocavano sereni e… Che non vendevano souvenir. Giunti a Kengtunk mi faccio lasciare in centro perché in questa città non sono ancora riuscita a fare due passi a piedi! Il resto della famiglia invece rientra in albergo! {NDR: non hanno il fisico…} Sono le cinque del pomeriggio. Faccio un giro nelle vie centrali. A parte alcune pagode e un Mausoleo che è chiuso, in centro non c’è assolutamente nulla. Mi fermo in un bar a prendere un the cinese. Non pago… il the cinese è gratis! (mi ero già dimenticata) É un pó imbarazzante però sedersi al bar, bere qualcosa e non poter pagare. Le case vanno dal fatiscente al lussuoso. Ci sono piccole baracche e ville stupende. Non si nota uno standard medio (tipo Laos) si passa dalla ricchezza alla povertà. Incontro alcuni giovanissimi monaci, quasi bambini.

Verso le 17:30 decido di rientrare prima che faccia buio. Cartina della Lonely Planet alla mano, imbocco una strada che teoricamente dopo 7-800 metri dovrebbe condurmi all’albergo. Cammino per dieci minuti. La strada è sterrata e man mano le case diventano sempre più rade. Sta per fare buio e mi ritrovo in una zona isolata e deserta, per paura di aver sbagliato strada {NDR: era giusta!}, torno indietro e rifaccio tutto il giro del centro. Mi ritrovo sullo stradone centrale. I negozi stanno chiudendo ed è praticamente buio… provo a chiedere informazioni ma nessuno mi capisce. Alla fine peró trovo un moto taxi che mi da un passaggio, ma non vuole essere pagato perché che stava andando giusto da quelle parti. In albergo trovo la mia famiglia bella riposata che nel frattempo ha ordinato due motorini per domattina! Chiacchieriamo un pó con il proprietario dell’albergo. Si lamenta che quest’anno non c’è turismo. Gli chiedo se non pensa che il fatto sia legato alla protesta dei monaci e relativa repressione.. Ma lui, da buon ex-militare, mi risponde che all’estero ne hanno parlato troppo {NDR: Vuoi vedere che adesso la colpa è nostra?}. Mi riprende anche quando utilizzo la parola Burma e non Myanmar. Alla fine peró ci regala un pacchetto di sigarette… gentile.

Alle sette andiamo a cena. Stasera andiamo al ristorante Mingalabar, un ristorante posto in un cortile con piccoli bungalow separati da tendine, all’interno dei quali si mangia. Nessuno parla inglese ma riusciamo a farci capire lo stesso. Ci sono anche altri bungalow occupati da avventori locali. Dall’altra parte della strada abbiamo notato una specie di festa in un cortile, così Carlotta ed io, in attesa che ci portino le ordinazioni, attraversiamo la strada per andare a curiosare. Ma non facciamo nemmeno in tempo a giungere sul marciapiede opposto che una signora, alla nostra vista, inizia ad urlare di gioia, ci prende per mano e ci trascina letteralmente all’interno del cortile. Tutti si avvicinano, soprattutto le donne, e ci fanno ballare! Anche qui non parla inglese nessuno, tranne il figlio della proprietaria, che ci spiega che è l’inaugurazione del loro ristorante. Ci fanno un sacco di foto poi ce ne andiamo, promettendo di ritornare dopo cena. Mangiamo gamberi e un pesce al cartoccio niente male. Dopo cena Matteo e Carlotta vanno alla discoteca di ieri sera e noi due andiamo alla festa di inaugurazione. C’è musica, tutti ballano, mangiano e bevono! Ci viene riservata nuovamente un’accoglienza smisurata. {NDR: Forse avere degli ospiti stranieri ad un’inaugurazione porta fortuna?} Rischiamo anche di sbronzarci perché ci offrono da bere di tutto, birra, grappa cinese, distillati vari… Il cortile è di sabbia ed intorno sono disposti tanti gazebo in bambù, dove le persone, accovacciate a terra mangiano a quattro palmenti! L’orchestra suona, noi balliamo. Un sacco di persone ci abbracciano e si fanno fotografare con noi.. {NDR: sicuramente appenderanno le nostre foto alle pareti del nuovo ristorante!}, poi ci chiedono se sappiamo cantare. Ma si! … io so cantare. Così rispolvero il mio vecchio repertorio da piano bar e suono due o tre canzoni! Un successo. Poi ringraziamo, auguriamo un prospero futuro per il ristorante e ce ne andiamo! Passiamo a vedere la discoteca dove sono andati i nostri figli. Non c’è molta gente ma stanno chiacchierando con dei ragazzi. Li salutiamo e andiamo a nanna. Mercoledì 19 Dicembre 2007 (Kengtung – Heho – Lago Inle) Dopo colazione usciamo con i nostri due motorini presi a noleggio. Io con Matteo, e Carlotta con papà. Ci hanno dato anche i caschi. Facciamo un giretto in città, poi percorriamo tutta la strada che gira intorno al laghetto di Naung Tung. Molto romantico. Torniamo a vedere la Pagoda di Zom Kham (quella visitata due sere fa) per fare alcune foto. Anche qui ci sono solo monaci bambini. Monaci adulti non se ne vedono. Andiamo a visitare un’altra pagoda e poi torniamo in centro. Beviamo qualcosa di fronte al Mausoleo della Principessa Kuhn che avevo intravisto ieri sera e che è ancora chiuso. Si avvicina però un distinto signore anziano, alto e magro, con la barba ed i capelli lunghissimi e ci apre il cancelletto. Conosce solo qualche parola di inglese ma riesce a spiegarci che lui è un discendente della famiglia regnante dei Palong. Suo padre, Sui Palong, è lí sepolto. Ci mostra anche la sua sciabola e ci spiega che regnó fino al 1962, poi morí a Yangoon e dal 1998 giace in quel mausoleo. Noi non possiamo sapere se sia vero o no… comunque compriamo una fotografia della loro dimora reale e di suo padre in abiti tradizionali.

Prendiamo poi la strada per Tannugyi (strada bellissima!) e ci dirigiamo una decina di chilometri all’esterno per andare a cercare la missione Cattolica Romana. È una missione del Pime, molto ben tenuta e molto bene attrezzata.Il parroco è birmano, parla solo qualche parola di italiano ma in compenso parla molto bene inglese. Una suora che invece parla italiano, ci fa visitare la scuola. Non lasciamo offerte perché, dopo aver visitato la Missione, stabiliamo che questo è il posto che ha meno bisogno di offerte. Rientriamo in albergo e prepariamo gli zaini. Alle 13:00 ci vengono a prendere per accompagnarci in aeroporto, dato che alle 15:00 parte il nostro volo per Heho {NDR: L’unico modo per raggiungere o abbandonare lo stato Shan é l’aereo, dato che la strada per Tannugyi è vietata ai turisti)! In macchina Antonio ci consegna un pacco di carte che ci dice di conservare perché ce le chiederanno ad ogni posto di blocco. Ci dà anche un originale ed una copia del nostro permesso speciale! {NDR: I fogli si riveleranno completamente inutili poiché mai nessuno in nessun luogo ci chiederá nulla, nemmeno il permesso speciale!} Alle 13:20 siamo all’aeroporto di Kengtung, almeno così denominato. Ci accomodiamo in un piccolo ristorantino posto appena fuori della porta d’ingresso e mangiamo qualcosa. Ci portano anche le sfogliatine di gamberi come aperitivo! Intanto gli addetti dell’aeroporto (probabilmente su richiesta di Antonio) vengono al ns. Tavolo, si fanno dare biglietti e passaporti e si portano via anche i bagagli. Dopo qualche minuto tornano con le carte d’imbarco, i cartellini da attaccare al bagaglio a mano (già compilati) e degli adesivi da mettere sul petto! Servizio di check in di prima classe! Mangiamo fried noodles. Ci sono diversi ristorantini qui fuori, anche se non c’è nessun cliente. In compenso peró ci sono parecchi gatti affamati. Finito di mangiare salutiamo Antonio, a cui lasciamo una mancia extra ed entriamo in aeroporto…

Da adesso in poi non avremo piú l’angelo custode… Cosa che comunque non ci dispiace piú di tanto! I bagni dell’aeroporto sono allucinanti.. Il bar invece è uno spasso! Decolliamo con quasi mezz’ora d’anticipo, si vede che c’erano già tutti i passeggeri. Dopo 30 secondi cronometrati dal decollo il personale di bordo è già in piedi! Ci servono anche uno spuntino, con il the. Era già carico di passeggeri, il nostro aereo dell’Air Bagan; probabilmente ha il ruolo di un autobus: scarica e carica alle varie fermate (ecco il perché degli adesivi colorati!). Alle 15:40 atterriamo ad Heho. All’uscita stazionano decine di taxi. Peccato che dall’aereo, oltre a noi, non sia sceso nessuno. Per portarci sul lago Inle, un taxista ci chiede 24 usd. Dato che la Lonely Planet riportava una cifra orientativa tra i 9 e i 10 usd, gli comunichiamo che siamo disposti a pagarne massimo 10. Non accettano e quindi ci avviamo a piedi verso la fermata dell’autobus… ci richiamano… “20 usd”. “No, grazie…”. A furia di andare avanti e indietro alla fine ci accordiamo per 12 usd. La strada è in pessime condizioni, rispetto allo stato shan c’è un abisso. Arrivati al Lago Inle ci facciamo portare al centro di Nyaungshwe. Passando davanti ad una guest house, una turista ci fa segno di fermarsi li… grida anche ”It’s very good here!” {NDR: Escludendo che dei turisti facciano i procacciatori d’affari, deduciamo che forse si sentono soli… Non c’è altra spiegazione!} Ma noi proseguiamo e ci facciamo lasciare in un bar. Depositati gli zaini Carlotta ed io ci lanciamo alla ricerca di una sistemazione. I maschi ci aspetteranno lí. Lungo il molo incontriamo un simpatico signore che ci propone la gita sul lago Inle, per domani, con la sua barca. Partenza alle 7:30, rientro al tramonto. Ci chiede 15 usd per tutta la giornata. Non ci passa nemmeno per la testa di trattare (ne abbiamo appena spesi 12 per nemmeno un’ora di macchina…). Ci accordiamo invece sui luoghi che a me interessa visitare, ai quali lui ne aggiunge altri tre o quattro e gli lasciamo un anticipo. Parla anche bene inglese ed è simpatico. Ci dice che siamo fortunati perché domattina il mercato galleggiante è nella località piú importante, a Ywama. Per l’alloggio, andiamo direttamente a vedere il View Point Resort, di cui la Routard parla molto bene. Ci piace moltissimo. Ci assegnano due camere doppie in un bungalow a palafitta situato su un canale secondario, con una splendida veranda, a 15 usd a camera inclusa la colazione! I proprietari sono gentilissimi e parlano un perfetto inglese. Mentre noi sistemiamo i bagagli i ragazzi vanno a fare un giretto in paese. Cercano una discoteca… Ma qui non ce n’è. Matteo mi racconta che al ritorno, sul ponte che collega il ns. Albergo al centro, ha incontrato un signore molto anziano che gli ha chiesto da dove veniva ed alla sua risposta “Italia” gli ha detto “Voi siete fortunati, perché avete la democrazia, qui noi abbiamo ‘uno’ che decide tutto e per tutti, very bad!” {NDR: Strano che si sia espresso cosí apertamente… probabilmente in giro non c’era nessuno} Cambiamo dei soldi in albergo (1 dollaro: 1230 kyats), lasciamo un pó di cose per la lavanderia e decidiamo di cenare qui, anche perché fuori si sono spente tutte le luci, è buio, non conosciamo ancora il paese e poi il ristorante del View Point promette bene. I proprietari, una giovane e simpatica coppia di laureati in fisica, gestiscono questa guest house da parecchi anni. Il ristorante è il loro fiore all’occhiello, fanno nouvelle-cousine birmana. La figlia suona uno strumento che, da quello che capisco è una specie di arpa distesa… (un incrocio fra un piano ed un arpa?!) la signora mi promette che una sera mi fará vedere una cassetta. Ha solo 12 anni la bimba, ma giá appartiene ad un gruppo artistico asiatico, con il quale spesso fa delle tournée all’estero. La ragazzina è anche danzatrice delle tipiche danze birmane. Il cameriere del ristorante é professionale e simpatico e la cena è squisita. Spendiamo oltre 32 dollari, ma per noi europei sono una cretinata! Giovedí 20 Dicembre 2007 (Lago Inle) Mi sveglio alle sei. Fuori é ancora buio e le stelle brillano ancora timidamente nel cielo. Aspetto l’alba che arriva presto, ad illuminare le montagne laggiù in fondo, dietro le risaie. Quattro monache dagli abiti rosa, che transitano sulla stradina di fronte, s’interpongono tra i monti e le risaie, offrendomi lo spunto per una fotografia eccezionale.

Sveglio la famiglia. Giampaolo è nervosissimo perché non c’è la luce e non c’è l’acqua calda… Ma gli passerá. Ci dicono che la corrente elettrica c’é dalle 9 del mattino alle 18 della sera, al che segue la mia logica domanda: “Proprio quando non serve.. ?” Ci spiegano quindi che ci sarebbe sempre, ma di sera tutti utilizzano la luce (fatto che non ci stupisce) e dato che la corrente erogata non é sufficiente ci sono dei black out! I resort e le guest house solitamente hanno un generatore ma, a causa dei costi lo tengono acceso solo qualche ora. Facciamo colazione velocemente e ci avviamo dal nostro barcaiolo, che ci stará giá aspettando, dato che siamo in ritardo di un quarto d’ora!!!. Il tempo è splendido e non fa nemmeno freddo. {NDR: Chi sostiene che al lago Inle a Dicembre fa freddo… deve provare Luang Prabang, in Laos!} Alle 8:20 siamo giá in piena navigazione. Turisti ce n’é pochissimi, ieri in tutto il paese ne avremmo contati sei o sette. Al nostro albergo ci siamo solo noi. Il cameriere stamattina mi ha detto che da Ottobre non viene piú quasi nessuno, che tante Guest House hanno addirittura chiuso e che lui ha conservato il lavoro ma adesso gli danno solo mezzo stipendio (25 dollari contro i 47 di prima). Abbiamo chiacchierato un pó, poi mi ha chiesto se avevo delle monetine perché fa la collezione. Lui domani me ne porterá una antica. {NDR: Non so se in effetti voleva degli euro perché moneta tangibile… Ma io euro non ne hó, cosí gli ho regalato dei fiorini ungheresi} Proseguiamo la navigazione tra le piatte acque del Lago Inle. I pescatori in bilico su una gamba sola, a prua delle barche, maneggiano abilmente il remo con l’altra gamba. Le mani servono per pescare. Facciamo fotografie bellissime. Il cielo é terso. Abbiamo scartato l’ipotesi di andare a Kakku, domani… Sará anche interessante ma qui é cosí bello che l’idea di passare un’altra giornata in macchina (tre ore andata e tre ore ritorno) ci sembra stupida. Quindi noleggeremo delle biciclette e visiteremo i dintorni del lago. I ragazzi hanno giá contrattato quattro biciclette per quattro dollari. Verso le nove arriviamo al floating market di Ywama. Barconi carichi di frutta e verdura, ma soprattutto dei pomodori del Lago Inle che soddisfano il 70% del fabbisogno di tutto il Myanmar, si incrociano lenti nei canali. Ci sono anche decine e decine di barche cariche di souvenir e di giovani signore con le gote velate di tanaka (prodotto cosmetico protettivo ricavato dalle radici di una pianta) che, alla visione di noi turisti, sorridono con gli occhi carichi di speranza,. Ma di turisti siamo in quattro gatti! Compriamo qualcosa… Una piccola pipa, dei bracciali, e dei fiori di loto da una bambina! La bimba é felice, ma meno felici sono coloro da cui non compriamo nulla e che, a malincuore, devono aprire il varco per lasciare andare via la nostra barca. Sorridono lo stesso. Matteo é molto dispiaciuto che non ci siano piú turisti a causa di fatti politici. Forse, i media internazionali potevano essere meno allarmisti. Dare importanza alla notizia certamente é stata una cosa giustissima ma creare panico tra i viaggiatori era una cosa che poteva essere evitata. Il villaggio di Ywama é bellissimo e non solo per il mercato galleggiante. Case su palafitte spuntano ovunque dall’acqua, alcune hanno anche il giardinetto (galleggiante) con cani e gatti. Ci sono anche un paio di templi ed una scuola. Proseguiamo in mezzo alla zona dei giardini galleggianti. Il nostro barcaiolo scende e ci passeggia sopra per farci vedere come si muovono! Galleggiano proprio. La coltivazione principale é il pomodoro, ma ci sono anche interi campi di fagiolini, fragole, etc. Attraversiamo il villaggio di Naam Pang dove tutti ci salutano e ci sorridono. Che pace! A Pang Hu ci sono palafitte in legno e bambú che raggiungono anche i tre piani! (tipo condomini). A Num Pei ci fermiamo a visitare una scuola elementare. Ci sono cinque classi ed in una di esse stanno facendo lezione di inglese. Regaliamo qualche penna alle maestre ma non ne abbiamo portate moltissime. Successivamente facciamo una sosta al villaggio di In Paw, dove lavorano la seta. C’é una grande fabbrica, disposta su due livelli. I telai sono tutti manuali, ma la cosa piú interessante alla quale assistiamo é il processo di realizzazione di speciali fili che si ricavano dai gambi di fiori di loto. Mani abili estraggono sottilissimi filamenti dai gambi spezzati dei fiori, li aggregano abilmente, rotolandoli su di una superficie piana e un pó umida, fino a farli diventare un unico lungo filo, molto robusto, che ricorda la seta grezza. Una sciarpa confezionata con questo materiale é in vendita a 70-90 usd. Poi facciamo una sosta in un altro villaggio, dove tradizionalmente fabbricano oggetti in lacca. Vendono anche sigari. Compriamo solo quelli perché le lacche ci sembrano carissime {NDR: Infatti a Yangon al mercato centrale troveremo gli stessi oggetti ad un prezzo quattro volte inferiore!} Verso le undici giungiamo al tempio di Phaung Daw Oo, il sito piú sacro dello stato Shan. É grande e vi sono anche custodite le barche utilizzate per la processione di Ottobre, quando i quattro budda dorati che troneggiano sull’altare (che a furia di essere ricoperti di foglioline d’oro dai fedeli, assomigliano piú a dei funghi dorati) vengono portati in navigazione sul lago. Facciamo portare da Giampaolo (le donne non possono) i fiori comprati dalla bambina poco fa, come offerta al Budda. Monaci pochissimi, praticamente nessuno. Sul lato sinistro del tempio c’é una grande costruzione da dove proviene musica rock ad altissimo volume. Stona un pó con la sacralità del luogo pertanto andiamo a vedere, incuriositi. Stanno preparando una festa, probabilmente per l’entrata in monastero di qualche novizio. Terminata la visita del tempio risaliamo sulla nostra barca e lí incontriamo due italiani, elegantissimi e con tanto di guida parlante un italiano perfetto. Se non fossero anche loro a piedi nudi, sembrerebbero usciti dal Louvre di Parigi. Quando risalgono sulla barca in effetti si puliscono bene i piedi con le salviette rinfrescanti {NDR: Se hanno in programma di visitare tutti i luoghi sacri del Myanmar devono essersene portati delle grandi scorte!} Ci fermiamo nel villaggio di Sok Saw Klung, specializzato nella lavorazione dell’argento. Ci invitano a vedere un laboratorio, ma anche qui non compriamo nulla perché i prezzi sono alle stelle. Un bracciale simile a quello che indosso e che ho comprato in Cambogia qualche anno fa a 10 usd, qui ne costa 80!!! Praticamente come in Europa! Ci fermiamo a pranzo in un ristorantino a palafitta: delizioso. Peccato che anche qui siamo gli unici clienti. Ci si strige il cuore a pensare a come faranno a sopravvivere tutte queste piccole attivitá, se le cose non cambieranno in tempi brevi. Mangiamo dell’ottimo pesce alla griglia poi ripartiamo. Direzione Indain! Indain é affascinante, con le sue centinaia di stupa sparsi disordinatamente sul pendio della collina, di varie epoche e di vari stati di conservazione. Alcuni riportano una targa con indicato il nome di chi ha contribuito al restauro. Ci sono anche decine di nomi stranieri. Noi peró preferiamo contribuire al mantenimento della popolazione. Anche Indain é una tristezza. Nell’arco della nostra visita non incontriamo nemmeno un turista occidentale. La scalinata é costellata di bancarelle di souvenir, ce ne saranno piú di 100, forse anche 200. Ci fa una gran pena. Quando ce ne andiamo non ci voltiamo, ma immaginiamo che alle nostre spalle i loro sorrisi si stiano spegnendo.

Se avessi tanti soldi comprerei un oggetto da tutti e poi li ridistribuirei per rivenderli! All’imbarcadero c’é un gruppetto di donne Pa-O, con vestiti rigorosamente neri e foulard coloratissimi! Lungo la navigazione incontriamo un corteo di barche accompagnato da musica. Persone in costume tradizionale, donne elegantissime, baldacchini con appese monete, banconote… Altri con appese pentole, tazze… É la cerimonia per accompagnare i novizi che entrano in monastero. I soldi sono una donazione, le vettovaglie sono il loro corredo.

Ci fermiamo presso una pagoda, non citata dalla Lonely Planet ma, a dir poco, fantastica. Centinaia di piccoli stupa bassi e con la cupola dorata, la circondano. Il tutto é immerso nel verde e sembra galleggiare sul lago. Di fronte c’é un bar, dove sostano le donne giraffa, probabilmente pagate dal vicino negozio di souvenir per attirare piú turisti. La piú anziana ha 25 anelli al collo che é il massimo possibile. Carlotta chiacchiera con una di queste ragazze e le fa un sacco di domande. Facciamo una foto tutti insieme e poi ce ne andiamo, senza nemmeno entrare nel negozio di souvenir.

Ci rechiamo invece, veloci veloci, al Monastero dei gatti saltanti! Ci teniamo a vedere i gatti che saltano… Non so perché, ma quasi tutti, nei loro resoconti di viaggio, non hanno trovato lo spettacolo interessante. Io invece ne sono rimasta affascinata al solo pensiero. Al di lá della particolare atmosfera data dalle centinaia di gatti sparsi per tutta l’area del tempio, il monastero é anche molto bello. In legno intarsiato, spazioso e ricco di belle statue del Buddha. Anche qui pochissimi monaci. Ce n’é uno ma… Sta meditando (sembrava dormisse) e quando mi avvicino per riporre un’offerta per i gatti, esce dalla trance e, a bassa voce, mi chiede da dove veniamo.

Rispondo ‘From Italy’. Lui dice ‘Ahhhh’. E ricade in meditazione.

In questo tempio ci sono piú di turisti (almeno una decina oltre a noi)… Ma in effetti é l’ora dello spettacolo dei gatti pertanto sicuramente quasi tutti vengono qui a quest’ora.

Facciamo un sacco di fotografie artistiche ai gatti, belli pasciuti… Ed in completo relax, in attesa dello show! Lo show consiste nel far saltare i gatti dentro un cerchio rotondo… Se saltano (mica tutti saltano… Ci sono anche quelli che non ne vogliono sapere nulla), gli danno un piccolo croccantino, uno di numero! Verso le cinque ripartiamo e navighiamo verso casa. I colori a quest’ora sono indimenticabili. Poco prima di imboccare il canale che va a Nyaungshwe, il nostro barcaiolo si ferma per farci ammirare il tramonto sul lago. I pescatori, remando con un solo piede, trascinano la loro lunga e sottile piroga verso casa, le reti issate a bordo. Il tramonto é splendido.

Rientriamo che sono quasi le sei. Al nostro barcaiolo lasciamo cinque dollari di mancia perché é stato veramente eccezionale! É riuscito a farci vedere tutto… Piú qualcosa! Andiamo a piedi al mercato, ma é giá chiuso. Riconfermiamo il noleggio biciclette per domattina e cominciamo a cercare un’auto a basso costo che dopodomani ci possa portare a Mandalay, via Pindaya. Troviamo un’agenzia vicino al nostro hotel che ci offre un’auto per 72 usd. Buon prezzo… dato che gli altri ci hanno chiesto dai 100 ai 150 usd.. Rientriamo in hotel dove beviamo un the e decidiamo di andare subito a cena poiché, essendoci poco turismo temiamo che i ristoranti chiudano presto…Quindi, verso le sette, ci avventuriamo per il paese, armati di pila tascabile. Dapprima cerchiamo, lungo un canale, il ristorante Big Drum… Ma é chiuso. Proseguiamo per il centro e, appena passato il ponte, sulla destra, scorgiamo un piccolo e grazioso ristorantino a lume di candela. Ci fermiamo lí. Il proprietario parla un ottimo inglese (il padre era professore) e chiacchieriamo parecchio. Inutile dire che siamo gli unici avventori, ma ormai purtroppo é diventata un’abitudine. Si fanno in quattro per metterci a nostro agio, accendono candeline dappertutto, con paralumi in carta di riso… Veramente romantico. Tanto che, quando per qualche minuto ritorna la luce, é come se si spegnesse una magia. La moglie poi cucina divinamente (era la cuoca dell’Inle Princess Resortl!!!!)… Perció ci diamo appuntamento di nuovo per domani sera. Ci beviamo anche un whisketto birmano e verso le dieci andiamo a nanna, prima che stacchino il generatore anche da noi (ma non accadrá… Stanotte sará sempre acceso).

Venerdí 21 Dicembre 2007 (Lago Inle) Mi sveglio presto come al solito e salgo sulla terrazza del ristorante ad ammirare il panorama! Le barche attraversano i canali, i monaci attraversano il ponte. Il nostro cameriere mi ha portato la monetina antica promessami ieri. Gli impartisco qualche lezione di italiano veloce veloce, scrivo sul suo taccuino le traduzioni dei vocaboli che gli servono e poi… Lo interrogo!!!! Alle nove dobbiamo ancora fare colazione. Stamattina io provo la colazione shan, a base di tagliolini! Ottimi ! Il nostro cameriere ci dice che é un peccato che andiamo via domani, perché altrimenti una sera ci invitava a cena a casa sua. Sua moglie fa i tagliolini migliori del Lago Inle. Dopo colazione andiamo in centro, visitiamo il mercato, compriamo un berretto Giorgio Armani per 4 dollari, chiediamo notizie sul tasso di cambio… Ma l’offerta é di 1200 kyats per 1 dollaro. Quindi é meglio in albergo (1260 kyats per 1 dollaro). Un uomo anziano ci chiede se possiamo fargli vedere degli euro… Non ne abbiamo, mi dispiace. Si accontenta anche lui dei fiorini ungheresi. Prendiamo finalmente le nostre biciclette e partiamo per il nostro giro! Direzione: bagni termali!… Verso le 11:00 ci fermiamo in un barettino, ad un incrocio, stremati… Perché a parte il caldo soffocante, l’ultimo pezzo di strada era in salita e praticamente ce lo siamo fatto tutto a piedi! Il gestore é ultra simpatico! Beviamo qualcosa, mentre lui ci mostra il quaderno degli ospiti! Lasciamo una piccolissima mancia ed ecco che lui ci rincorre, ci offre degli snack, croccanti, etc.. Arriviamo dopo un’altra mezz’ora ai bagni termali! Lí ci troviamo di fronte ad un grande e bell’albergo (deserto). Chiediamo informazioni sulle terme e ci conducono in un giardino interno dove ci sono due lussuosissime vasche, una anche con idromassaggio… Ci chiedono 5 dollari a testa… Ce ne andiamo. Sicuramente queste non possono essere le Sorgenti Termali descritte dalla Guida Routard… come semplici vasche in cemento dove ci si bagnano anche i locali!!! Infatti, le sorgenti “originali” sono un pó piú a sinistra… Pozze di cemento. Una per i maschi e una per le femmine.

Quella delle femmine poi é circondata da mucchi di bustine di detersivo vuote… Si vede che ci lavano anche i vestiti! Carlotta ed io ci togliamo maglia e pantaloni ma appena messo un piede in acqua lo ritraiamo immediatamente! Bollente!!! Il piede é diventato tutto rosso… Proviamo con l’altro, ridiamo come delle pazze, alla fine rinunciamo. Intanto una schiera di ragazzini ci ha circondato, ci guardano curiosi e ridono anche loro. Ci rivestiamo ed aspettiamo la parte maschile della famiglia. Loro si sono immersi! Ci accomodiamo tutti insieme in un barettino lí a fianco e sorseggiamo una birra con patatine fritte al chili, di produzione locale. Dopo le terme proseguiamo verso il villaggio di Kaung Daing, il villaggio dei tagliolini, convinti di trovare un ristorantino sulle rive del lago. Ma non c’é niente, in effetti non c’é nemmeno un lungo lago. Alla fine scendiamo da un viottolo in mezzo ai canneti e lí troviamo una famigliola con un barcone. Il signore ci chiede se vogliamo essere traghettati dall’altra parte. Accettiamo al volo! Per qualche dollaro, ci carica le biciclette sulla piroga e ci sistema anche i seggiolini. Gentile. Oggi c’é vento ed il lago é increspato… Cosí con gli spruzzi ci rinfreschiamo un pó! Arriviamo a Maing Than, che é un semplice villaggio situato vicino a grandi resort ma privo di posti di ristoro. Sul molo vediamo i primi turisti della giornata, una coppia tedesca, anche loro in bicicletta. Passato il Princess Inle Resort (160 usd la doppia) scorgiamo un piccolo barettino sul lato sinistro della strada. Abbiamo sete e fame, nonché un caldo pazzesco… E sono quasi le 14:00! “It’s possible to eat?” Ci sorridono tutti. Fra i clienti c’é una ragazza che parla un inglese perfetto e ci fa da interprete. Da mangiare ci sono i tagliolini! “Very good!”. Quindi ci sediamo sui minuscoli sgabellini intorno ad un tavolino basso e beviamo il mitico the cinese. La ragazza che ci ha aiutato a tradurre lavora al Princess Inle Resort. Ci dice che in questi giorni ci sono tre o quattro camere occupate… Che tristezza! Qui spendiamo 3 usd in quattro e mangiamo i migliori tagliolini del sud est asiatico! CESZUBÉE! Belli satolli, inforchiamo nuovamente le nostre biciclette (per la sofferenza del mio povero e dolente osso sacro). Da qui al paese ci sono ancora 30 minuti (qui le distanze vengono indicate a minuti di pedalata). L’ultimo pezzo lo devo fare a piedi perché il mio coccige non sente piú ragioni… Quando arriviamo in paese, i ragazzi rientrano in albergo… Anche perché Matteo vuole andare a giocare a football. Vicino al mercato c’é un campo da calcio dove si ritrovano i ragazzi verso sera. Noi invece andiamo a fare un giretto sulla strada che costeggia il canale centrale. Ci fermiamo in un barettino a bere qualcosa e ad ammirare lo scorrere delle calme acque del canale.

Rivediamo un paio di coppie di turisti che ieri avevamo incontrato al monastero dei gatti saltanti. Nulla piú. Quando rientriamo in albergo, dove siamo sempre i soli clienti, ordiniamo un massaggio in camera, per le 18:00 (oggi ci vuole proprio). Poi andiamo a riconsegnare le bici, riconfermiamo il taxi per Mandalay di domani (che da 72 usd é salito a 75… Ma prima di entrare in Mandalay ci porterá a visitare la Mahamuni Paya,). Anche le sigarette sono aumentate.. Nello stesso negozio dove ieri le ho pagate 1200, oggi costano 1300!… Secondo me cercano di recuperare denaro laddove é possibile. {NDR: Infatti scopriremo che il prezzo originale di quelle sigarette é di 700 kyats…} Alle sei aspettiamo le massaggiatrici! Sono due sorelle che si chiamano Piú Piú (bianca) e Piú Piú Lei (ancora piú bianca..) ci fanno ridere, sono gentili e simpatiche… Il massaggio, che doveva essere di mezz’ora, diventa di un’ora… Poi viene il turno di Matteo e Giampaolo. Carlotta ed io intanto andiamo alla reception, dove la proprietaria del resort ci fa vedere il filmato di sua figlia, registrato durante una tournée. Il ballo tradizionale birmano é molto particolare. Si differisce dalle danze asiatiche dei paesi limitrofi (Cambogia, Laos, Tailandia). Qui c’é piú fervore, il ritmo é piú scandito, i movimenti sono a scatti, quasi a celare una sofferenza. Le movenze ricordano vagamente le marionette. Poi arriva anche la figlia, con il suo strumento particolare (una specie di arpa orizzontale) e ci suona un paio di brani classici. Brava! Cambio 160 usd e ci riempio il marsupio:… Ci si sente milionari!! Da dietro il nostro albergo proviene una musica ad altissimo volume. Ci spiega la proprietaria che c’é una festa, sempre per l’ingresso al monastero dei giovani monaci. Ci dice che se vogliamo andare a vedere possiamo farlo in quanto anche l’ospite straniero é gradito … Vedremo! Sono giá passate le venti quando arriviamo al nostro ristorantino di ieri sera, … Ma ci stanno aspettando! Ci hanno apparecchiato una bella tavola, tutta decorata e con tante candeline. Come antipasto, assaggiamo uno di quegli involtini venduti per strada, da alcune signore che, con cesti in perfetto equilibrio sulla testa, passano e gridano qualcosa come ‘manapuléeee’… C’é riso, cipolle e spezie, il tutto avvolto in una foglia. Poi mangiamo, a rigoroso lume di candela, dell’ottimo pesce alla griglia del lago Inle! Chiacchieriamo a lungo con il proprietario, sempre cosí gentile… Rientriamo in albergo che ancora si sente la musica della festa ma… Noi andiamo a dormire. Domattina alle 7:00 arriva il taxi! Sabato 22 Dicembre 2007 (Lago Inle – Mandalay) Partiamo con oltre mezz’ora di ritardo perché stamattina tutti dormono… Il nostro autista deve far parte della categoria dei birmani che non sorridono, e pure di quella che non parla inglese. La macchina é vecchiotta ma tirata a lucido {NDR: chissá perché si ostinano a tirarle a lucido quando dopo un’ora sono giá tutte polverose?} Stamattina il nostro cameriere ci ha regalato dei sigari, che fabbricano al suo villaggio. Noi invece gli abbiamo lasciato una bella mancia! Lasciamo Nyaungshwee, il Lago Inle, i suoi canali, il popolo Intha con i suoi pescatori che remano con una gamba. Lasciamo le centinaia di venditori e venditrici di souvenirs, in questo periodo con poche speranze di vendere. Lasciamo alle spalle gli alberghi vuoti, le guest house chiuse, i ristoranti deserti. Lasciamo i ragazzi a giocare a pallone nel campo polveroso vicino al mercato ed i bambini che fanno volare altissimi nel cielo i loro semplici aquiloni fatti in casa… Lasciamo questa popolazione gentile, che non si sente nemmeno birmana, perché in piú di un’occasione, ci é stato detto che i “birmani”… Li troveremo a Bagan! Lasciamo questo luogo di pace, con un pó di malinconia, e ci auguriamo che, partiti noi quattro occidentali, ne arrivino dieci volte tanti, perché la decimazione del turismo qui avvenuta, é veramente triste. Abbiamo scelto di andare a Mandalay passando dalla vecchia (o nuova?) strada di Pindaya. Ma non ci fermeremo a Pindaya, perché non ci interessa piú di tanto. Volevamo piuttosto visitare le grotte di Padah-Lin, ma sono chiuse. Il governo ha momentaneamente sospeso le visite. Pazienza.

La strada si inerpica sulle montagne e serpeggia fra foreste di tek, campi di terra rossa, agavi, e immense concentrazioni di arnie. Vendono anche miele a quintali (deve essere una squisitezza!) La strada in compenso é pessima, nonostante si paghino pedaggi ovunque. {NDR: Eppure ci hanno detto che era quella nuova} Matteo ride, dicendomi che in Europa nessuno darebbe nemmeno un centesimo di pedaggio su una strada cosí, poi mi prende in giro ed azzarda l’ipotesi che forse la strada nuova era quella via Kalaw…Ma non lo sapremo mai! La terra é cosí rossa che i campi, perfettamente arati dai buoi, sembrano, da lontano, campi da tennis! Dobbiamo trovarci in una zona di etnia Pa-O, perché ne riconosco i costumi delle donne. Circa a metá strada, sulla sinistra, scorgiamo un monumento spettacolare. Le guide non ne parlano…(?!?) É un enorme stupa posizionato in cima ad una grandissima roccia. Lo stupa é bianco e dorato. Tutto intorno, sugli adiacenti spuntoni rocciosi, si innalzano tanti pinnacoli e guglie. Ci fermiamo per una sosta toilette e sigaretta oltre che per sgranchirsi un pó le gambe. La toilette personalmente la lascio a quelli che verranno dopo di me, perché all’interno dimora un grossissimo ragno con il quale non ho alcun feeling! Alle 12:00 ci fermiamo a pranzo a Yengan, in uno dei classici punti di sosta turistici. Anche questo villaggio, come quelli del primo giorno tra Tachilek e Kengtung, é stracolmo di stelle di Natale. La Strada poi riprende a salire. Il nostro autista continua nella sua guida costante, evitando buchi e voragini. Non sorride mai. Alle 16:00 arriviamo alle porte di Mandalay.Dove c’é anche una specie di casello autostradale. Sulla destra ci appare, modernissima, una struttura universitaria molto ben tenuta, tipo college americano. La strada che entra in cittá é un enorme vialone a quattro corsie. Con tanto di spartitraffico erboso nel mezzo. Siamo a Mandalay: un milione di abitanti ed un caldo soffocante.

Ci facciamo portare alla Mahamuni Paya, teatro delle proteste dello scorso Ottobre. L’impatto con Mandalay é terrificante. Se il Lago Inle ti trasmetteva un fondo di tristezza, Mandalay ti trasferisce angoscia. La Pagoda piú sacra di Mandalay ci accoglie con suoni, odori e sporcizia. Nessun turista ma decine di bambini che chiedono l’elemosina. Questa Pagoda é l’incarnazione della confusione e del disordine, tanto da non sembrare nemmeno un luogo sacro. Cerchiamo le statue Khmer ma facciamo fatica a trovarle. Qui nessuno parla inglese, nemmeno i monaci.. Molto strano.

Non sorrido neanche questi monaci, né ti guardano in faccia o ti chiedono da dove vieni. Alcuni fumano, altri hanno le labbra e gengive rosse di betel… Altri addirittura mangiano… Mangiano?! Come…? … Mangiano alle cinque del pomeriggio?! Altri passeggiano con ragazze… Le statue Khmer le troviamo per conto nostro, ma sono chiuse dietro ad una vetrata. Il tempio in sé non é niente di speciale. Regaliamo delle penne a dei bambini, ci soffermiamo ad osservare la gente che prega all’altare centrale, poi ci avviamo all’esterno. C’é tanta sporcizia. Non abbiamo mai visto cosí tanta sporcizia, in Asia. Facciamo un giro al laghetto dei pesci del Budda. Una tristezza. Anche qui ci sono bambini e anziani che chiedono l’elemosina, oltre a brutti monaci che fumano, masticano betel, mangiano noccioline, scherzano e ridono con le ragazze. Ma dove siamo finiti? {NDR: Ma saranno veri monaci? Oppure il governo birmano dopo le rivolte li ha sostituiti con soldati camuffati da monaci?} Compriamo un paio di sacchettini di cibo per i pesci del Budda… e compriamo anche qualcosa da mangiare per una signora anziana. Ci tratteniamo solo un pó. Poi fuggiamo, delusi ed amareggiati, dal primo impatto con Mandalay. Il nostro autista é lí che ci aspetta. Non sorride ancora. Ma questo é l’ultimo posto dove ti puó venire in mente di sorridere. Arriviamo intorno alle 19:00 al Pacock Lodge, l’unica guest house del nostro tour prenotata anticipatamente ma … Sorpresa: per stasera non c’é posto! La signora Alice non ha ricevuto il mio secondo e-mail con cui avvisavo che avremmo anticipato l’arrivo di un giorno. Ma non c’é problema, Alice e suo figlio Tom ci porteranno in un albergo vicino, dove potremmo dormire stanotte e, domattina dopo colazione, ci verranno a prendere. Alice, sorridendo, aggiunge anche che, allo stesso prezzo, probabilmente troveremo piú confortevole l’albergo di stasera. Infatti ci portano in un albergo modernissimo (almeno un 3 stelle europeo), camere pulitissime, bagno ultra spazioso, frigobar, televisione satellitare, aria condizionata (che mi affretto a spegnere…). Il costo é di 20 usd con la colazione… Quindi pure un dollaro meno che al Pacock Lodge. Qui peró non c’é il giardino e non ci sono i proprietari con cui scambiare due chiacchiere… insomma manca l’atmosfera! Stiamo per uscire dalle camere quando Matteo scopre che ha lasciato il marsupio in macchina, con qualche soldo e i documenti… Mi arrabbio! Soprattutto per i documenti ma, nel frattempo, chiamano dalla reception… É arrivata la Signora Alice, con il taxista di oggi, che ha riportato il marsupio… Cosí scendo di corsa dalla camera portandomi un paio di dollari di mancia. Lui ringrazia ma non sorride, come sempre. Ed io, essendo stata disgustata dal modo con il quale la signora Alice, davanti all’autista, mi ha detto di controllare se c’era tutto (cosa che in tutti i casi mi sono rifiutata di fare) mi sono pentita di non avergli dato qualcosa in piú. {NDR: Ho avuto la fastidiosa sensazione della mancanza di rispetto delle classi meno abbienti da parte di quelle piú ricche. Questa non é l’Asia che io conosco} Per cena chiamiamo un tuc-tuc (o taxi-blu) e ci facciamo portare in un locale alla moda: il City Caffé, ritrovo dei giovani ricchi di Mandalay. Di ricchi ce n’é parecchi ma di giovani nessuno! Turisti nemmeno… (quelli si vede che sono solo nella nostra guest house). Stasera ceniamo all’occidentale: spiedini, pizza e birra alla spina! I nostri figli continuano ad informarsi se c’é qualche discoteca in cittá, ma non c’é nemmeno qui… Si vede che era una prerogativa di Kengtung. Fuori dal ristorante ritroviamo il nostro tuc tuc che ci ha aspettato per riportarci in albergo. Gli chiediamo un’offerta per portargi in giro dopodomani, tutto il giorno… Con tappe a Pailek, Aiwa, Amurapura, etc. Ci chiede 17 usd e noi lo assumiamo al volo! É pure simpatico! Domani invece andremo a Minguin in barca! Domenica 23 Dicembre 2007 (Mandalay – Minguin – Mandalay) Stamattina la mia sveglia biologica suona alle cinque e mezza… Provo a dormire un pó ma non ci riesco, cosí mi siedo sul terrazzo e scrivo il diario di viaggio. Da fuori proviene la solita musica dolce ed armoniosa che, normalmente in tutto il Myanmar, all’alba, si ode ovunque. Ha un che di sacro e viene diffusa perché pare porti fortuna sentirla ad inizio giornata. Anche oggi il sole sorge da dietro le montagne, laggiú, all’orizzonte della periferia di Mandalay.

Verso le sette scendiamo a fare colazione. La colazione é discreta, ma la sala ristorante é una desolazione. Ci sono solo un paio di famiglie di turisti locali. Nella hall dell’albergo invece ci sono due ragazze birmane vestite molto volgarmente e super truccate… {NDR: Ci sará per caso prostituzione anche qui?}.

Dopo una telefonata e oltre mezz’ora di attesa, finalmente Alice e suo figlio arrivano e ci conducono alla loro pensione. Lasciamo documenti e bagagli alla reception e prenotiamo anche la cena per stasera. Siamo giá in ritardo ma, per fortuna, il loro fac-totum ci accompagna al molo, giusto in tempo per prendere il traghetto delle nove per Minguin! Alla biglietteria ci scartano due o tre banconote asserendo che hanno delle macchioline che io, sinceramente, senza occhiali non avevo notato. Ci chiedono pure i passaporti… Sul traghetto siamo in otto! Noi quattro ed altre due coppie di turisti! I ragazzi del barcone, durante la navigazione, estraggono tutte le loro merci in vendita e le espongono davanti a noi. Probabilmente solo noi abbiamo la faccia dei compratori perché dagli altri nemmeno ci vanno.

Infatti compriamo, piccoli dipinti, cartoline, qualche bracciale… Costa tutto cosí poco…

Dopo un’ora sbarchiamo a Minguin e siamo letteralmente assaliti da centinaia di ragazzini, venditori di suvenir, guide turistiche improvvisate… Qui sono quasi poliglotti: parlano italiano, francese, inglese…!!! Il villaggio di Minguin appare stupendo… É adagiato sulla sponda del fiume Ayeyarwady e vi regna una pace ed un paesaggio idilliaco. Buoi che trainano carri fungono da taxi… (c’é anche il cartello!!!). Noi ci avviamo a piedi, inizialmente seguiti da una ventina di persone che peró, pian piano, si dileguano.

Cominciamo la visita dalla Settawya Paya contenente la presunta impronta del Budda. Con noi sono rimasti due ragazzini e due giovanotti, di cui uno parla molto bene inglese, oltre che francese e qualche parola di italiano. Visitiamo l’ospizio di Minguin, casa per anziani che vive sui contributi di ricche famiglie birmane e su donazioni straniere. Come casa di riposo birmana, é molto ben tenuta. Regaliamo delle medicine che abbiamo portato dall’Europa alla capo-infermiera, che é felice. Ci dice che tanti italiani sono soliti portare medicinali ma quest’anno, purtroppo, non se ne sono ancora visti. Con uno dei ragazzi che ci accompagnano parliamo della questione dei monaci che ieri, alla Mahamuni Paya, abbiamo visto fumare e mangiare. Ci dice che prima, intorno dentro e fuori dalla pagoda c’erano tante guardie militari… e che adesso non ce n’é piú ma in compenso ci sono “monaci guardiani”! Ci dice che i “monaci buoni” attualmente stanno all’interno dei monasteri a meditare. Ci sono 1500 monaci a Minguin, sparsi all’interno di un centinaio di monasteri, ma anche qui, come in tutti gli altri luoghi visitati, incontriamo solo monaci bambini. Facciamo tappa alla campana di Minguin che, dopo quella di Mosca, sembra sia la piú grande al mondo, e battiamo anche i tre rintocchi! Matteo e Carlotta per udirli meglio si infilano anche all’interno. C’é un bel gruppetto di turisti francesi. Meno male che almeno i francesi non hanno disertato! Dopo ci dirigiamo alla Pagoda di Hsimbyume, quella raffigurata sulla copertina della Lonely Planet. Costruita nel 1816 dal re che successe a Bodawpaya, é molto bella! Un centinaio di gradini, che percorriamo circondati da petulanti ragazzini, conducono all sommitá, fra pinnacoli, guglie e bianchissimi archi. Sono le sette terrazze ondulate che circondano la pagoda.

Di ritorno attraversiamo la zona abitata e giungiamo alla Minguin Paya, che, se fosse stata ultimata, sarebbe stata la piú grande pagoda del mondo, nel suo progetto di 150 mt. Di altezza. Ma, alla morte del re Bodawpaya, rimase incompiuta ed ora appare come una piccola collina intersecata da scale e muri diroccati. Non saliamo.

Alle 12:00 ci fermiamo in una graziosa bancarella di noodles per il pranzo. La signora é gentilissima… Mangiamo in mezzo a stuoli di ragazzini e, fra un boccone e l’altro, compriamo souvenirs. Ad un certo punto peró io dico BASTA, poiché non possiamo comprare tutto ció che é in vendita e riempirci di inutili cose. Ma Carlotta ci rimane male perché ha promesso ad altre tre ragazzine che avrebbe acquistato qualcosa anche da loro e… una di queste é giá fuggita piangendo… Pertanto il mio ‘basta’ scivola nel dimenticatoio! Alle una riprendiamo il traghetto per Mandalay… I ragazzi della barca arrivano di nuovo con tutte le loro merci in vendita ma… Mi dispiace… Adesso basta davvero! Arrivati a Mandalay c’á quello dell’hotel a prenderci… (gentile). Ci facciamo portare alla base della “Collina” ed andiamo a visitare i templi nelle vicinanze. Visitiamo il tempio di Sandamany e di Kathodaw. Splendidi, soprattutto quello di Sandamany, con circa 800 piccoli stupa bianchi, disposti tutto intorno, e contenenti altrettante lastre in alabastro con incise le regole del buddismo. Hanno calcolato che una persona normale, per leggerle tutte ci metterebbe 450 giorni, impegnandosi 8 ore al giorno. {NDR: Chissá quanto ci avranno messo per scriverle}.

Cerchiamo di fare i pass di accesso ai vari siti di Mandalay ma quasi nessuna delle nostre banconote viene accettata… Una ha una macchietta, l’altra ha la serie C, l’altra ha un microscopico angolino rovinato… Carlotta si arrabbia… Ma loro, piuttosto di prendere quei dollari, ci fanno entrare gratis. Alla biglietteria del monumento successivo invece trovano quattro banconote che, secondo loro vanno bene, cosí riusciamo ad ottenere (finalmente) i nostri pass! Quando ci consegnano i pass peró, io e Carlotta ci mettiamo ad esaminarli minuziosamente per vedere se c’é qualche difetto… Altrimenti siamo pronti a farceli cambiare! La cassiera ride… {NDR: Sapevamo che i dollari dovevano essere in buone condizioni ma tutto ha un limite. Questo problema comunque esiste solo nelle biglietterie o luoghi statali. In tutti gli altri posti li prendono anche con qualche segnetto!} Proseguiamo la visita provando il risció e ci dirigiamo al Monastero del Palazzo d’oro, ovvero il Shwenandaw Kyaung, oggi adibito a monastero. Si tratta di un edificio in Tek, risalente al 1850, che in origine faceva parte del Palazzo Reale. Spostato in questo luogo dal figlio del Re Mindon, dopo la morte del padre, é l’unico esempio di architettura del palazzo reale sopravvissuto all’incendio del 1945. Le decorazioni e gli intarsi sono spettacolari. Anche il tetto, tutto in tek, é minuziosamente decorato: centinaia, o forse anche migliaia, di piccolissime sculture ricavate da blocchi di legno lo abbelliscono. {NDR: Uno dei piú begli esempi di architettura visti in Myanmar}. Ci tratteniamo abbastanza a lungo in questo Monastero perché ogni angolo é una sorpresa, i portali, le travi di sostegno… Tutto! Ci avviamo poi alla volta della collina… Oggi siamo pigri e non abbiamo voglia di salire a piedi (e forse é anche un pó tardi) per cui cerchiamo un pick up (i tuc-tuc non reggono la salita). Riusciamo a contrattarne uno per 7000 kyats. L’ultima scalinata peró la facciamo a piedi perché ci vergogniamo di prendere anche l’ascensore… Non ci tratteniamo molto sulla sommitá della Collina di Mandalay, c’é molta foschia e cosí rinunciamo al tramonto. Facciamo delle fotografie panoramiche alla cittá e alle carceri (chissá quanti monaci ci saranno lí dentro?). Ridiscesi, chiediamo al nostro pick up se ci porta al nostro albergo che si trova solo ad un paio di isolati da lí ma lui ci chiede altri 3000 kyats. …Esagerato!! Pertanto, piuttosto che dare a lui ulteriori 3000 kyats, prendiamo un altro tuc-tuc almeno cosí facciamo felice una persona in piú! Arrivando in albergo prendiamo finalmente possesso delle camere. Quella dei ragazzi é bella… La nostra non é nulla di speciale… Anzi direi che é proprio maltenuta e bruttina! In albergo cambiamo i dollari. Gli dó quelli piú brutti (ce n’é anche uno di 12 anni fa) ma qui non pongono nessun problema. Ceniamo in albergo dove abbiamo modo di conoscere gli altri ospiti. Una famiglia di belgi, due australiani, una coppia di olandesi… E noi! Perché alla fine le camere sono 5 o sei! La cena é buona… Anche se il giardino é pieno di zanzare. É il primo posto in Myanmar dove troviamo le zanzare… ed é ridicolo perché non ce n’erano nemmeno sul lago Inle!! Alla fine della cena sentiamo una musica da festa… Tom, il figlio della proprietaria ci spiega che é una festa in una pagoda, in effetti poco fa é passato anche un corteo. Probabilmente é una festa di noviziato, tipo quelle che abbiamo notato sul lago Inle. Aggiunge poi che, se vogliamo andare con lui al supermercato, al ritorno ci accompagna a curiosare. Cosí, cogliendo l’occasione al volo, saltiamo sulla sua jeep (tipo dune baggy) accomodandoci alla meglio. Mandalay by night! Fa anche freddo, ma almeno in macchina non ci sono le zanzare! Ci fermiamo in un supermercato da far invidia a quelli europei. Compriamo della cioccolata (c’é anche la Ritter ed i Rocher Ferrero) perché Matteo ha delle crisi da astinenza. Non costa nemmeno molto {NDR: Chissá perché alcuni mi hanno detto di portare cioccolato e Nutella quando si trova anche qui?}. Al rientro, passiamo davanti alla Pagoda dalla quale proveniva la musica. Spettacoli, danze… Ma devono essere girati alcolici in abbondanza pertanto non ci tratteniamo.

Rientriamo in albergo e andiamo a nanna.

Lunedí 24 Dicembre 2007 (Mandalay – Pailek – Aiwa – Amurapura – Mandalay) Essendo la vigilia di Natale, concedo il permesso alla famiglia di dormire fino alle 7:30. Dopo colazione, puntuale, arriva a prenderci il nostro “blue-taxi”. Il mercato di Mandalay al Lunedí é chiuso… Peccato! Ci fermiamo al Palazzo Reale per fare delle foto alla cinta muraria ed alle torri ma non entriamo, poiché pare non ci sia nulla di particolarmente interessante all’interno. Prima di lasciare Mandalay, ci rechiamo ad acquistare i biglietti dell’autobus che domani ci condurrá a Monywa (i trasporti privati erano troppo cari). In bus spendiamo solo un dollaro a testa! La stazione degli autobus é molto folcloristica, c’é tanta gente, venditori, tassisti… Quello che mi vende i biglietti é pure simpatico, e ci danno anche i posti prenotati! Partiamo quindi per il nostro giro turistico. Abbiamo escluso Sagaing, non avendo tempo di vedere tutto. Prima tappa Pailek, antico tempio che non sarebbe particolarmente interessante, se non che, dal 1974, ospita tre grossi pitoni, arrivati dalla giungla spontaneamente e… Adottati dai monaci. Alle 11:00 c’é la cerimonia del lavaggio e del pasto! Quando arriviamo i tre pitoni sono ancora sul’altare principale: il primo arrotolato ai piedi del Budda, il secondo sulla sua testa e l’ultimo su un morbido cuscino posto all’angolo dell’altare. Ci sono centinaia di turisti birmani che, a spintonate, si fanno strada senza remore, per raggiungere l’altare e vedere i serpenti Lanciano loro anche dei soldi! Stranieri peró quasi nessuno… Tranne la coppia di russi che era sul barcone per Minguin proprio ieri. Alle undici portano i serpenti nella vasca sacra, dove vengono amorevolmente lavati. Poi c’é il momento delle fotografie! Tutti si fanno fotografare con il pitone in braccio… Cosí anche Carlotta ed io, ci facciamo fare la foto, anche se con un pó di riluttanza,! Ma siamo contente perché sicuramente finiremo in una delle tante cornici, poste tutto intorno al porticato esterno del tempio! Poi c’é la fase della nutrizione, durante la quale gli ficcano letteralmente in bocca del liquido giallognolo (tipo ingozzamento delle oche!). Alla fine della cerimonia li riportano sull’altare del Budda, tranne uno, che si incammina da solo e si arrampica viscidamente fino in cima all’altare. Dopo ci dirigiamo ad Inwa.

Ad Inwa si devono prendere dei carri trainati da cavalli su un percorso molto accidentato e scomodo. Dal calesse non si riesce né a filmare né a fare fotografie, bisogna far fermare il conducente di continuo, scendere e risalire…! Riesco comunque a scattare alcune belle immagini del paesaggio circostante, ivi incluso un contadino impegnato a spingere il suo aratro a mano. La luce é splendida. La prima tappa é il tempio di Bagaya Kyaung, un tempio in tek che, in confronto a quello visitato ieri a Mandaly, é molto deludente! C’é una scuola all’interno e qui riusciamo a parlare un poco con un monaco. Gli regaliamo dei libri di lingua inglese ed un dizionario inglese-birmano che abbiamo comprato ieri al supermercato di Mandalay. Sorride, ringrazia… Poi inforca gli occhiali e si abbandona ad una lettura profonda! Seconda tappa la torre mezza diroccata e pendente, da cui si godrá pure un panorama splendido ma… Anch’essa deludente…

La Pagoda di Bozum é la nostra terza ed ultima tappa, secondo noi unico monumento interessante del sito di Inwa (o Aiwa.). Costruita nel 1820 e ristrutturata nel 1880 la pagoda di Bozan é in mattoni. Ricorda vagamente la struttura dei monumenti di Angkor, in Cambogia. É su piú piani, fra cui un seminterrato a volte. Nelle vicinanze c’é anche un piccolo stupa, molto antico, risalente all’epoca Khmer Anche qui centinaia di ragazzini ci seguono ovunque. Regaliamo qualche penna, un paio di shampoon. La veritá é che dovresti averne delle borse piene. Loro sorridono sempre peró, anche quando non ricevono nulla!. Pranziamo appena lí fuori, in un ristorantino sporco e pieno di cani e gatti e… Ma il cibo é buono, soprattutto la salsina con pomodoro e cipolla che ci portano per accompagnare il riso con le uova! Riprendiamo i calesse che ci ricondurranno al punto di partenza ed ecco che i conducenti ci chiedono altri 1000 kyats a calesse, per il rientro… Protesto perché c’é pure il cartello all’ingresso del sito: giro in carrozza, tre tappe e rientro: 4000 Kyats! {NDR: Secondo me comunque il birmano caratterialmente non cerca di approfittare del turista… Ma probabilmente in questo momento sono alla fame. Niente turisti… Niente lavoro ed i pochi che ci sono ne fanno le spese}. Io in tutti i casi li ignoro. Risaliamo sulla barca che ci traghetta al di lá del fiume dove ci attende il nostro blue taxi. Il percorso verso il molo lo facciamo attorniati da decine di ragazzini che cantilenano “happy money… Happy money” e… “tu signora sei molto bella”, e ancora… “piano piano…”.

Facciamo una foto al ponte di Aiwa a 16 campate, costruito dagli inglesi, che é nettamente in contrasto con la semplicitá dei villaggi circostanti. Sull’altra sponda altri ragazzini ci circondano ma non possiamo accontentare tutti e… A malincuore ce ne andiamo.

Direzione Amurapura. Il nostro taxista si ferma presso una fabbrica di seta… Ma é tutto carissimo… In Vietnam le stesse identiche cose le compri ad un terzo. Approfittiamo peró della toilette!. Sono le 16:00. Ad Amurapura ci facciamo lasciare direttamente al famoso ponte in tek, sul lago. Per oggi basta pagode, monasteri e templi!. Affittiamo invece una piccola barca con la quale ce la spassiamo per un paio d’ore sul lago. Il laghetto é idilliaco… Le barche sono a remi pertanto regna un silenzio sacro che, unito ai monaci che attraversano il ponte in ambedue le direzioni, ti fanno sentire protagonista di una fiaba. Le acque sono fermissime. Alcuni ragazzi pescano immersi nell’acqua fino alla cinta. Scorgiamo poi un’isolotto dove c’é un invitante barettino, al quale si puó accedere anche tramite una scala che scende dal ponte. Ci accomodiamo su comode sdraio in bambú e lasciamo libero per un’oretta il nostro barcaiolo, che nel frattempo porta una coppia birmana a fare un giro {NDR: Di turisti birmani ce ne sono proprio parecchi}. Ci godiamo la pace! Beviamo qualcosa e mangiamo delle frittelle di gamberi che sono una cosa stupenda… Veramente sfiziose! C’é anche una salsina che richiama un pó il gusto della cheviche, anche se é molto molto piccante. Ad un certo punto un gruppetto di asiatici fanno capolino dal ponte e chiedono se c’é anche la Coca Cola… Carlotta mostra la lattina e grida “Yes, of course… It’s a very good place!!” Cosí il gruppetto, che scopriremo provenire da Hong Kong, scende ad aumentare il guadagno dei proprietari del chiosco. Quello che é divertente peró é che, dopo dieci secondi, alcune ragazze stanno giá appendendo intorno al tetto del chiosco lattine vuote di coca cola per reclamizzare il prodotto! Intelligenti! Verso l’ora del tramonto riprendiamo la barca e ci spostiamo al centro del lago. Si sono aggiunte anche altre barche di turisti. Il tramonto dietro al ponte é ovviamente bellissimo e scattiamo almeno una cinquantina di fotografie. Lasciamo Amurapura, con i suoi riflessi rosso scuro, e torniamo in albergo. Oggi é la vigilia di Natale e decidiamo di concederci una cena nel migliore ristorante di Mandalay. Il Green Elephant! Chiediamo se bisogna prenotare ma in albergo ci dicono che non serve. Carlotta ordina un massaggio (ci ha preso gusto al lago Inle) ma, quando salgo nella sua camera alle otto, la trovo stravolta! Il massaggiatore é ancora lí che lavora di forza sulle sue gambe. Mi dice “Mamma… Che male…” Le dico “Scusa non potevi dirglielo?”. Lei mi dice che non capisce… Cosí scopriamo che il massaggiatore é sordomuto! Lo pago e se ne va.

Carlotta zoppica {NDR: Le verranno anche i lividi!!}. Prendiamo un tuc-tuc per il ristorante. Il locale é bellissimo e con uno splendido giardino. Unico problema…: é deserto! E cosa ci facciamo noi in un ristorante deserto (oltretutto anche caro) alla vigilia di Natale? Niente… Perché in effetti ce ne andiamo! Ci spostiamo in un altro ristorante lí vicino dove almeno c’é un gruppo. Ma, ci dicono che, dato che sono cattolici, fra pochi minuti chiudono il ristorante perché vanno a Messa. {NDR: Meglio cosí perché avevo dato un occhiatina al menú ed era carissimo: 10.000 kyats un curry!} Decidiamo quindi di tornare al ristorante dell’altra sera. Lí per lo meno é pieno di gente, luci e musica di sottofondo. C’é anche il menú natalizio: bruschetta, involtini primavera, seppie al pomodoro, scampi, oca arrosto o tacchino e dessert, il tutto per dieci dollari! Ordiniamo tre menú completi in quattro! Il vino lo tralasciamo perché costa minimo 40 usd a bottiglia e ripieghiamo su dell’ottima birra alla spina. Merry Christmas… E poi ce ne andiamo a nanna! Martedí 25 Dicembre 2007 (Mandalay – Monywa) Lasciamo la nostra simpatica guest house e ci dirigiamo alla stazione dei bus. Oggi faremo anche questa esperienza. Ci porta sempre il taxista di ieri poiché gli zaini ci stanno anche nel tuc-tuc! Ripassiamo per l’ennesima volta davanti alle mura del palazzo reale… Che non finiscono mai! Alla stazione non abbiamo nessun problema ad individuare il nostro pullman per Monywa poiché sono tutti disponibili ad aiutarti. Di autobus per Monywa ce n’é diversi, di varie compagnie. {NDR: Che siano private?… Sembrerebbe di sí, per il fatto che tutti cercano di accaparrarsi i nuovi clienti e raccolgono anche la gente al volo, intascando direttamente i soldi del biglietto. Ci ricorda la tecnica adottata dai gua-gua della Repubblica Dominicana}. La stazione é molto folcloristica, venditrici di ogni tipo di cibo si aggirano per il piazzale con le loro ceste, eccezionalmente in bilico sulla testa. Ci sono anche tanti anziani e mendicanti. Alle nove, precisi come gli svizzeri, si parte. Caricano ancora gente per la strada e quando finiscono i posti a sedere aggiungono degli sgabellini di plastica nel corridoio. Siamo 34 passeggeri a bordo, pertanto hanno incassato 34 usd. É strano quindi, che nessun taxista abbia accettato di portarci a Monywa per 80 usd quando un bus ci va per meno della metá, {NDR: Forse era meglio provare a noleggiare un bus!} Siamo gli unici stranieri, ma in questo caso non c’é da stupirsi… La maggior parte dei diari di viaggio esaminati prima della partenza riguardavano tour con autista e guida. Lasciamo Mandalaíy, con le sue infinite mura di cinta del Palazzo Reale, il suo fiume silenzioso, i suoi ponti e canali, le sue pagode e la sua collina.

Lasciamo i poveri ed i ricchi di Mandalay, i suoi ristoranti vuoti o strapieni, le sue disordinate bancarelle ed i suoi sfavillanti centri commerciali. Con il bus attraversiamo il ponte di Sagain, meta che, per mancanza di tempo, abbiamo escluso dal tour di ieri. Vedendola da lontano peró, immersa nel verde e ricca di pagode dagli stupa e guglie luccicanti d’oro, ci appare cosí affascinante che forse sarebbe stata preferibile ad Inwa. Dopo appena una mezz’ora di viaggio a Carlotta scappa pipí… Mi arrabbio perché poteva pensarci prima! Segnalo il problema a colui che sull’autobus funge da periscopio (dato che sia la guida che il volante sono a destra se non ci fosse qualcuno che si sporge dal finestrino di sinistra e dá il via libera, l’autista non sarebbe in grado di sorpassare).

Si fermano in piena campagna… E adesso?? Una ragazza che parla inglese mi spiega che non c’é toilette ma ci sono i campi! Bene… {NDR: Meno male che non siamo in Cambogia e non c’é pericolo mine}. Scendo e con Carlotta, sempre zoppicante per i massaggi di ieri, ci addentriamo in un campo, fra i cespugli… Mentre ritorniamo al bus peró scorgiamo al lato opposto della strada un gruppo di donne che, sollevate leggermente le loro gonne, stanno facendo tranquillamente pipi a bordo strada. Ci fermiamo poi in un posto di ristoro, dove servono appetitosi spiedini di pesciolini e gamberi fritti, ma é ancora presto e nessuno di noi ha fame. La strada per Monywa non é niente male ed il bus prosegue regolare. Guidano prudentemente qui in Myanmar. Arriviamo a Monywa in orario perfetto, verso le 13:00! Vedendo scendere quattro stranieri dal bus proveniente da Mandalay, ovviamente ci assaltano… Ci vengono offerti taxi, risció, motociclette… Prendiamo accordi con un signore, che ci sembra quello piú serio e disponibile e che parla anche bene inglese. Ci accordiamo per il pacchetto completo, ricerca albergo, pranzo da qualche parte, escursione alle grotte di Hpo Win (situate a 25 km da Monywa) e trasferimento domani alla stazione degli autobus {NDR: In Myanmar spendi molto meno a trattare un’auto per l’intera giornata che non per le tratte singole}. Ci chiede 20 dollari. Intanto compriamo giá i biglietti dell’autobus di domani per Pakkokku. Stavolta spendiamo 8 dollari perché ci fanno pagare anche gli zaini. Saliamo sul taxi (una via di mezzo fra tuc-tuc e pick up e andiamo in centro. L’hotel Golden Arrow é pieno, si suppone di birmani dato che di turisti non c’é traccia. Ci rechiamo quindi allo Shwe Traung Tarn Hotel (non c’é molta scelta qui a Monywa) dove hanno posto. Sul retro ci sono delle palazzine, abbastanza moderne con camere su due-tre piani (10 dollari a camera). Andiamo a vederle… Una schifezza!! Cioé, le camere sarebbero anche belle se, dopo la loro costruzione fossero state pulite, almeno una volta all’anno. In bagno c’é anche la vasca, che dalle incrostazioni direi peró che é inutilizzabile. Comunque, dato che il tempo é poco e non abbiamo altra scelta, confermiamo le camere ed andiamo a pranzo.Mangiamo sulla terrazza del ristorante dell’albergo. La cucina é cinese. Poi veloci veloci partiamo, senza scordarci di passare dalla reception a dirgli di pulire almeno lo specchio del bagno perché, da quanto é sporco, non ci si vede neppure…! Alla guida del tuc tuc c’é il figlio del signore di stamani e suo fratello, piú giovane, siede con noi, dietro! Domanda: ma quanto tempo ci metterá un tuc-tuc a percorrere 25 chilometri per arrivare a Monywa. Risposta: due ore e mezza… Infatti arriviamo alle cave di Hpo Win quasi alle cinque, giusto in tempo per fare il giro turistico di un’ora!! La strada é pure molto accidentata e piena di salite e discese (in un punto abbiamo anche dovuto scendere perché il tuc-tuc non ce la faceva con il nostro peso!) Il sito di Hpo Win é meraviglioso. Dal XII al XIX secolo, sulle pareti di questa collina di pietra sono state scavate, dai fedeli, innumerevoli grotte, adattate a templi. In alcune sono presenti anche una sessantina di statue del Budda ricavate scalpellando interi blocchi di pietra. Blocchi unici, a volte giganteschi a volte piccoli. Il silenzio di questo sito trasferisce automaticamente un’atmosfera di sacralitá Alcune grotte hanno all’interno anche affreschi e decorazioni dei soffitti, per la maggior parte risalenti al xv secolo e molto ben conservati! I disegni sono geometrici e a colori vivaci. Siamo contenti di essere venuti a Monywa, anche se é stata un’impresa, poiché é un sito davvero unico. In alcune grotte ci vuole l’utilizzo della lampada tascabile, soprattutto in quelle piú grandi, poiché la luce non entra in quantitá sufficiente e non esiste illuminazione artificiale. Inutile sottolineare che anche qui siamo gli unici turisti… E che stiamo diventando un’attrazione, al punto che alcuni birmani ci chiedono il permesso per fare delle foto con noi… {NDR: Anche oggi quando eravamo al ristorante avevo notato un signore che dalla finestra di una camera di fronte, tendina scostata, ci stava riprendendo con la telecamera}.

La giovane guida che ci sta accompagnando parla un discreto inglese. Il percorso é breve anche se in questo sito potresti passarci una giornata intera. Piccole venditrici di coca cola ci seguono instancabilmente. Verso metá percorso veniamo circondati da decine di scimmie… Speriamo non siano pericolose soprattutto… Perché hanno l’aria di esserlo. Abituate probabilmente a centinaia di turisti che le rifocillavano adesso avranno fame?!! La nostra guida, ogni tanto, quando si avvicinano troppo gli lancia qualche pezzo di mango… L’ultima grotta che visitiamo contiene una statua di Budda scolpita in un unico blocco di Tek, veramente splendida. Terminiamo il giro sempre circondati dalle decine di scimmie litigiose e minacciose che, devo dire, mi incutono un pó di timore… Ripartiamo verso le sei. Il sole é appena tramontato pertanto arriveremo sicuramente con il buio. Ma il buio non é niente in confronto al freddo… E noi non ci siamo portati nemmeno i maglioncini! Viaggiamo nell’oscuritá piú completa quando, ad un certo punto, il nostro conducente accende i fari! (chissá perché non l’ha fatto prima? Risparmio energetico?). Poi ci fermiamo. Il motore non parte piú… Riparazione on the road e… meno male che noi avevamo la torcia elettrica. Finalmente attraversiamo il lunghissimo ponte sul fiume Chindwin e ci troviamo a solo qualche chilometro dalla cittá. Il nostro mezzo peró si ferma di nuovo… Stavolta é finita la benzina!! Uno dei due ragazzi va a comprarla e torna velocissimo… Versano la benzina nel serbatoio illuminando con un accendino (?!?). Arriviamo in albergo mezzi assiderati. Lí c’é ad aspettarci il papá dei due ragazzi. Che mi accompagna in giro per trovare un cambio privato, inutilmente peró, poiché nessuno vuole cambiare di sera. Maybe tomorrow … Sono le otto passate ed abbiamo anche fame. Ci porta lui al ristorante… Ma quello prescelto é giá chiuso cosí ci porta al Fantasy Food, una sorta di ristorante con terrazza, bar, pub, sala giochi, biliardo… Tutto in uno. Invitiamo anche loro. Mangiamo delle cose piccanti e un pó strane, e prendiamo anche degli spiedini alla griglia (quaglie e maiale) ma sono dolciastri. Il tutto lo mangiamo con le mani visto che qui non ci hanno portato né posate né bastoncini. Il papà parla un ottimo inglese e cosí chiacchieriamo parecchio. Lui ha fatto l’università mentre per i suoi figli non puó permetterselo. Ne ha sette! Questi due, che sono i piú grandi, stanno cominciando ad imparare il mestiere di taxista! Si sfoga un pó con noi, dice che da Settembre non c’é piú turismo straniero pertanto c’é pochissimo lavoro. La birra alla spina é buonissima. Verso le undici andiamo a nanna, lui si fa incartare le cose che abbiamo avanzato, si vergogna un pó… Ma ci dice che tanto é giá tutto pagato ed a casa sicuramente qualcuno apprezzerá. Si scusa. Noi lo tranquillizziamo, questa é una bella lezione di vita per i nostri figli! Oggi abbiamo passato una giornata densa di avvenimenti, di emozioni e di paesaggi nuovi. Un Natale diverso dal solito ma comunque importante. Rientrando in albergo troviamo lo specchio del bagno (solo lo specchio) abbastanza pulito… Almeno domattina ci potremo pettinare! Mercoledí 26 Dicembre 2007 (Monywa – Pakokku – Bagan) Colazione sulla terrazza dell’albergo dove ci hanno imbandito una tavola degna di un re, con decorazioni floreali, frutta, verdura… Tovaglioli in stoffa! Il the peró qui é cattivissimo, cosí dopo colazione, andiamo in una bancarella appena all’angolo dell’hotel a berne uno come si deve e compriamo degli “igiaqué” (quelle specie di frittelle allungate) per il viaggio. Poi arriva uno dei figli del nostro autista di ieri a prenderci. Prima di dirigersi alla stazione dei bus si ferma in un negozio dove cambio dei dollari. (Il cambio é identico a quello applicatomi al Lago Inle in albergo).

Quando giungiamo alla stazione gli regaliamo 5 dollari di mancia perché una famiglia come la sua sicuramente ne fará buon uso. Suo padre ieri sera ci diceva che la cosa primaria per lui é di riuscire a portare a casa i soldi per dare da mangiare alla famiglia. In Myanmar questa é cosa necessaria, ma anche sufficiente, e la maggior parte delle famiglie non si pone nemmeno il problema di avere o non avere generi di lusso inutili… Alla stazione dei bus c’é la solita confusione di venditori e di procacciatori d’affari, nonché di monaci e mendicanti. Dó un pó di kyats ad una signora anziana cosí nel giro di tre secondi sono attorniata. Siamo giá sul bus per Pakkokku, quando arriva il papá dei ragazzi e sale sull’autobus a salutarci e ringraziarci ancora. Ci salutiamo, con emozione. I bagagli li avevamo sistemati tutti su due sedili ma quando arriva il controllore ci dice che noi per i bagagli abbiamo pagato quattro biglietti. Cerco di spiegargli che non ci servono tutti e che puó darli a qualcun altro, ma lui é irremovibile. Cosí sposta due dei quattro zaini su altri due sedili. Meno male che l’autobus non é pieno, perché altrimenti ci sentiremo in imbarazzo… Anche questa strada é in buone condizioni e, dopo una breve sosta in un bar, puntualissimi, alle 12:00 siamo giá a Pakokku! Dalla stazione di Pakokku al molo, da dove dovremmo prendere il traghetto per Bagan, ci andiamo in risció… Quattro risció! Poverini che fatica… Questi sono i kyats che sborsiamo piú volentieri. All’imbarcadero c’é giá il traghetto lento che parte alle 13:00 ma… Perché correre? Perché non sedersi in una di queste bancarelle di noodles, pranzare con calma e poi prendere il traghetto delle 14:00?… Infatti cosí facciamo. Unici turisti (mi ripeto…), siamo ovviamente accerchiati da ragazzine, ma in questo caso non sono qui per vendere, sono solo curiose… Vogliono sapere chi siamo, da dove veniamo, se abbiamo rossetti o shampoon… (purtroppo no…). Il curry di pesce che assaggiamo in questo locale é buonissimo, ha unico difetto: é troppo piccante! Durante il pranzo, innaffiato da una buona birra locale, una ragazza ci propone un barcone privato fino a Bagan per 16 usd. E perché no?! Tanto in quattro ne pagheremo sicuramente almeno 12 ed inoltre cosí possiamo partire quando vogliamo ed arrivare prima. Aggiunge che impiegherá un’ora al posto di due o tre. Cosí alle 13.30, belli satolli, saliamo sul nostro quarto mezzo di trasporto della giornata. Il tempo é splendido e ci sistemiamo a prua per prendere un pó di sole. Di sole alla fine ne prenderemo anche troppo perché al posto di un’ora ce ne metteremo quasi due poiché il barcone, a qualche chilometro da Bagan, si ferma! S’É ROTT? No… É semplicemente finita la benzina… (un classico). A quel punto, uno dei due si butta in acqua e, a nuoto, raggiunge la riva. Dopo un pó torna con un bottiglione di benzina. Ma la barca non riparte (probabilmente si é ingolfata), cosí il ragazzo si ributta in acqua e raggiunge di nuovo la riva, questa volta peró trascinandosi dietro il barcone legato ad una corda poiché era giá alla deriva (non hanno i remi ?!?). Ci accostiamo a riva, dove su piattaforme galleggianti alcune donne fanno il bucato e i bambini giocano. Il ragazzo scompare al di lá della sponda del fiume e torna dopo una mezz’ora con una chiave inglese, tutto trafelato e sudato… Riparano il tutto.

Questa sosta comunque non é stata cosí negativa. Il tempo meraviglioso, le tranquille acque dell’Ayaerwady, il paesaggio ed il folclore locale ci hanno allietati. Alle 15:15 arriviamo al molo di Bagan, esattamente a Nyaung U. Unico mezzo di trasporto per il centro sono le carrozze con i cavalli (cosí oggi proviamo un quinto mezzo di trasporto!). Compro i pass di accesso ai siti {NDR: Che ci verranno chiesti solo alla pagoda di Ananda}. Qui mi accettano anche la banconota da 20 usd con la macchietta verde… Si vede che l’impiegata é un pó miope. Ci facciamo portare direttamente al Golden Village Inn, scelto sulla Lonely Planet e che si dimostrerá una scelta giusta (camere con veranda, belle e pulite, colazione abbondante, servizio eccellente). In albergo noleggiano anche le biciclette.

Incontriamo la famiglia belga che era a Mandalay l’altro giorno, sapevamo che venivano a Bagan ma trovarsi nello stesso albergo é stato proprio un caso! Sistemati i bagagli, i nostri figli vanno a fare un giretto in bicicletta per il paese, mentre noi andiamo a piedi! Per cena scegliamo un ristorante con cucina birmana, indiana, italiana, di tutto un pó. Qui si vedono piú turisti, anche se, suppongo in altri anni ce ne fossero almeno dieci volte. Dal ristorante riusciamo persino a telefonare in Italia (ieri non ci eravamo riusciti). Le strade sono illuminate, a Bagan la corrente elettrica non manca. Cominciamo anche ad informarci su come possiamo raggiungere Ngpali Beach fra tre quattro giorni. Dopo una breve seduta famigliare, scartiamo l’ipotesi di raggiungere Ngapali Beach in auto (anche se mi sarebbe piaciuto fare la strada panoramica da Pyai a Tandwe) perché ci vogliono due giornate intere di viaggio ed i costi sono simili a quelli aerei. Al rientro dal ristorante quindi, passiamo in un’agenzia per prenotare gli aerei. Ci daranno una risposta domani.

Giovedí 27 Dicembre 2007 (Nyaung U – Old Bagan – Nyaung U) Sveglia relativamente presto, colazione e partenza in bicicletta per Old Bagan! Passiamo innanzitutto dal tempio di Shwezigon, a Nyaung U. I venditori qui sono molto arroganti. Prima vogliono farci pagare il parcheggio delle biciclette, poi ci prelevano le scarpe e ce le fanno trovare davanti alle loro bancarelle di souvenir… Obbligandoci cosí a passare da loro… Il tempio comunque é interessante. C’é anche la cappella dei Nat, dove é stata simbolicamente riconosciuta la fusione della cultura dei Nat con la religione Buddista. Il tempio ha uno stupa a campana costruito sotto il regno di Kyansittha e preso ad esempio come modello di architettura per i templi birmani delle epoche successive. La seconda tappa é al tempio di Kyan Zittha Umin, composto da una serie di corridoi bui e stretti. Con le torce peró si riescono ad ammirare i resti di splendidi e coloratissimi affreschi. Questo tempio é molto tranquillo, ci sono pochissimi turisti e solo tre bancarelle di souvenir. Risaliamo sulle biciclette e ci fermiamo presso un tempio, non citato sulla Lonely Planet, ma splendido! Il tempio di Degyake. Si puó anche salire sulla terrazza, da cui si gode un panorama mozzafiato. Qui oltre a non esserci turisti, non ci sono nemmeno venditori di souvenir. Solo un guardiano. Anche lui ha qualcosa da vendere, comunque. É un pittore e realizza dipinti su stoffa sabbiata. Ci fará da cicerone e ci aiuterá negli stretti passaggi e gli compreremo un dipinto perché rifiuterá la mancia. Dalla terrazza facciamo una foto al tempio di Htilominio, che non andremo a visitare. La tappa successiva é il tempio di Upali Thein con i suoi splendidi affreschi sul soffitto a colori vivaci, risalenti comunque solo al XVII secolo quindi non cosí antichi. Da lí facciamo rotta su Ananda Patho, tempio situato all’ingresso di Old Bagan e costruito all’inizio dello scorso millennio. Colossale, al centro contiene 4 statue di Budda in tek massiccio, alte nove metri e mezzo. Due sono originali, le altre due sono una ricostruzione di quelle distrutte nell’incendio del 1600. Le guglie e la cupola, che ricorda una pannocchia, sono state dorate solo una quindicina di anni fa.

All’uscita andiamo a visitare il tempio di Ananda Okkyaung, un piccolo santuario poco lontano, contenente dipinti murali del XVIII secolo. Il tempio peró risale al 1137. Gli affreschi ovviamente sono ben conservati e le immagini molto dettagliate. Qui incontriamo una coppia italiana con cui scambiamo due chiacchiere. Sono i primi italiani che incontriamo in Myanmar e li rincontreremo qualche decina di minuti dopo al Golden Myanmar Restaurant, lí vicino. Ristorante eccellente, dove mangiamo i curry piú buoni del nostro viaggio in Myanmar. Assaggiamo anche le foglie di thé macerate in sale e pepe, che sono un ottimo digestivo e vengono consumate unitamente ad arachidi e semi vari. Ricorda vagamente il paté di olive, anche se molto vagamente. Dopo pranzo entriamo in Old Bagan. Andiamo al tempio di Shwegugy, il tempio dove fu soffocato il re Alaungsithu dal figlio. Lí diciamo una preghiera per i nostri papá, come da tradizione. Saliamo sulla terrazza dalla quale ammiriamo il tempio di Gawdawpalin Patho e quello di Thatbyinnyu Pahto, il tempio piú alto di tutto il complesso di Bagan. All’uscita del tempio, Matteo fa amicizia con un ragazzo che vende dipinti su tessuto. Gli da appuntamento stasera in albergo perché vuole regalargli dei vestiti e scarpe che non gli servono piú {NDR: Conoscendo Matteo gli servirebbero ancora… Ma ha deciso di regalarglieli! Bravo Matteo!}. Intanto arriva in motorino il proprietario del ristorante… Abbiamo lasciato lí lo zainetto con la telecamera… Complimenti! Ma lo zainetto non l’ha portato perché prima voleva essere sicuro di trovarci. Allora Carlotta salta sul suo motorino e va con lui. Torneranno dopo qualche minuto. Vorremmo dargli una mancia ma non c’é nulla da fare. Incredibile la dignitá e l’onestá del popolo birmano! Prendiamo poi la via verso il fiume, dirigendoci al tempio di Bupaya, che in sé e per sé non é nulla di eccezionale poiché restaurato modernamente ma, é affacciato a terrazze sul fiume; cosa che gli attribuisce un certo fascino. Lí vicino visitiamo la Pitaka Taik (la biblioteca, ma non c’é molto da vedere) e passiamo dal tempio Mahabodhi, ispirato architettonicamente alla Mahabodhi Paya Indiana. Infatti la sommitá ha forma piramidale ricca di nicchie contenenti piccole sculture del budda (tutti in posizione seduta).

Usciamo infine da Old Bagan e prendiamo una strada di campagna, che ci conduce al tempio di Sulimano, bellissimo tempio in muratura risalente al 1200 circa. Per ultimo (ciliegina sulla torta) ci riserviamo il tempio di Pyathada. Sublime! Lí non c’é quasi nessuno ma riusciamo ad incontrare una coppia di turisti ungheresi, anche loro in bicicletta… E che scopriamo essere nel nostro stesso albergo! Non ci fermiamo a guardare il tramonto, anche se da questa pagoda deve essere eccezionale, perché non sappiamo esattamente quale distanza ci separa da Nyaung U e dal nostro albergo. Scendiamo dalla terrazza e ci avviamo verso Nyaung U Il sentiero é molto sabbioso per cui, alcuni tratti, siamo costretti a farli a piedi. Finalmente arriviamo al Villaggio di Minnanthu. Matteo perde un pedale della bici, cosí ci mettiamo a cercarlo. Troviamo il pedale ma il bullone no! Ci fermiamo in un bar gestito da una signora, a dir poco eccezionale, che non parla inglese ma a gesti e a mezzo di fotografie ci racconta un pó la sua storia. Suo figlio intanto ci ripara pure la bicicletta. Beviamo qualcosa e ci riposiamo un pó. La figlia invece ha un laboratorio dove tesse il cotone. Cosí compriamo due borse a tracolla, tipiche birmane. Poi, da un’altra figlia, Carlotta ed io ci facciamo mettere il tanaka (la loro crema protettiva che si ricava da una corteccia d’albero che viene raschiata su una pietra e mischiata a qualche goccia d’acqua). Verso le cinque ripartiamo perché la strada é ancora lunga… Anzi lunghissima, ci dicono ci impiegheremo almeno un’ora. Matteo parte in volata perché dice che ha dato appuntamento in albergo a quel ragazzo conosciuto oggi. Carlotta non si ferma mai… Anche Giampaolo ad un certo punto mi lascia indietro…

Cosí arrivo in albergo, affannata ed al buio completo, verso le sei, ma… Sono la prima! Da buona mamma chioccia mi preoccupo, avranno sbagliato strada? Saranno finiti all’aeroporto? Si saranno persi? Poi arriva Matteo, e dopo arriva Giampaolo. Carlotta non c’é … Cosí vado in panico… {NDR: Ve la immaginate un’occidentale, con il Tanaka spalmato sulla faccia che prorompe in crisi isterica in mezzo ad una tranquilla strada di Nyaung U?} Quando finalmente arriva la aggredisco… Ma lei mi tranquillizza, dicendo che é capace a chiedere informazioni e non é imbranata! Poi mi dice che, al massimo, poteva fermare un pick up, chiedergli di caricarle la bicicletta e di accompagnarla in macchina”. Matteo incontra il suo amico in albergo e si mettono d’accordo per uscire la sera dopo cena.

Stasera andiamo al ristorante da Nanda. Ristorante lussuoso con un magnifico giardino dove assistiamo anche ad uno spettacolo di marionette e danze. Mangiamo divinamente e spendiamo intorno ai 40 usd, in quattro, incluso la mancia. Alle nove, Matteo e Carlotta escono con Zaw Zaw e suo fratello, che sono venuti a prenderli.Noi lasciamo il ristorante, in bicicletta, dopo una mezz’ora ed in pieno black out. Ci fermiamo a bere qualcosa in un barettino nella strada centrale a lume di candela e poi rientriamo in albergo. I ragazzi rientreranno alle undici.

Venerdí 28 Dicembre 2007 (Nyaung U – New Bagan – Old Bagan – Nyaung U) Sveglia alle sette, colazione e partenza in bicicletta per la zona dei templi! Passo prima dall’agenzia, per vedere se ha trovato i posati sull’aereo per Ngpali Beach domani… Ma siamo in lista di attesa. Mi dice di chiamarla al pomeriggio per avere conferma. Oggi, la famiglia dei ragazzi che sono usciti ieri con i nostri figli, ci ha invitato a pranzo (stamattina Zaw Zaw é venuto fino a qui per dircelo). Che bello! Oltretutto abitano a New Bagan quindi non dobbiamo nemmeno cambiare il programma. Ci diamo appuntamento alla Pagoda sul Fiume per le tredici. Oggi fa caldissimo ed io, non so perché, faccio una fatica incredibile a pedalare {NDR: ma sto zitta perché l’idea delle biciclette é mia!}. Dopo quasi un’ora giungiamo in zona di Minnanthu. Abbiamo sbagliato viale, per cui dobbiamo percorrere una sterrata per giungere il viale centrale ma niente di grave. Arriviamo giusto giusto al bar della signora di ieri sera. Cosí prendiamo un the. Saliamo sulla terrazza della Tayon Pye Paya da cui si gode uno splendido panorama. Scattiamo delle foto al Tempio di Thambula e poi ci rechiamo a visitare la Pagoda Thonzu. Un tempio costituito da tre santuari, uno connesso all’altro. Gli interni conservano dei begli affreschi. La struttura esterna invece ricorda i siti Khmer. Riprendiamo le biciclette e ci dirigiamo verso New Bagan. Sosta obbligata alla Dhammayazika Paya, struttura particolarissima costituita da una base pentagonale con cinque porte d’accesso.

Solo Matteo e Carlotta salgono, poiché noi veniamo “bloccati” da un gruppetto di birmani in vacanza, che vengono da Pynmana. Mi chiedono se possono farsi fare una fotografia con me… Certooo non c’é problema… Il problema é che tutti, uno ad uno, vogliono farsi fare una fotografia con me, poi anche a coppie… Poi anche l’autista… A quel punto facciamo anche noi un paio di fotografie! Poi ci salutiamo. Riprendiamo la strada verso New Bagan. Questo villaggio á stato costruito dal governo per trasferire la gente che viveva ad Old Bagan, New Bagan é tutto un susseguirsi di discese e salite (salite a piedi… E discese in bicicletta)… Qui ci volevano le mountain bike! Ci fermiamo in un negozio e compriamo un’enorme scatola di biscotti da portare alla famiglia di Zaw Zaw. Non sappiamo se anche qui si usa… Ma alla fine noi siamo italiani e quando andiamo a casa di qualcuno portiamo sempre qualcosa, lo capiranno! Finalmente, chiedendo a destra e sinistra, riusciamo ad arrivare al tempio di Law Kanada. Fa un caldo terribile ed io sto quasi male, cosí mi adatto a bere l’acqua posta nei contenitori che si trovano solitamente lungo le strade e di cui si servono i birmani. Qui veniamo assaliti da un’orda di ragazzini, vogliono vendere cartoline, vogliono le sigarette, lo shampoon, le penne… Il tempio non é niente di eccezionale tranne che sovrasta le sponde dell’Ayarwady ed offre un bel quadro della vita sul fiume: signore che fanno il bucato, pescatori che sistemano le reti e ragazzini che si bagnano. Ci sono anche coltivazioni provvisorie, che nella stagione delle piogge scompaiono sotto il livello dell’acqua. Incontriamo Zaw Zaw cosí ripartiamo, lungo le salite e le discese. Lui é in moto… Quindi ogni tanto si deve fermare ad aspettarci. A casa di Zaw Zaw troviamo la mamma (una bella signora di 65 anni), il fratello maggiore ed una sorella (la seconda di 7 figli). Le due sorelle piú piccole studiano all’universitá di Mandalay. La casa é semplicissima… Una casetta dal tetto in paglia e senza finestre. Loro sono deliziosi. Ci offrono acqua, the e noccioline come aperitivo. Loro non mangiano con noi. La mamma siede a gambe incrociate in un pancone situato in un angolo della stanza e ci sorride. Fuma un grosso sigaro. Il fratello maggiore é quello che parla inglese meglio di tutti. Il pranzo consiste in una zuppa di vermicelli squisita, un curry di ceci, accompagnato da riso bollito, che é la fine del mondo, Insalate e verdure varie. Mangiamo divinamente. Il pranzo si conclude con le foglie di the macerate. Il fratello piú grande ci racconta che non si é ancora sposato perché spetta a lui accudire la mamma. I loro introiti derivano dalla vendita dei dipinti su tessuto, che lui stesso realizza. Hanno anche una bancarella ad Old Bagan, all’ingresso della Pagoda del Padre (dove Matteo ha conosciuto Zaw Zaw ieri). Quest’anno c’é pochissimo turismo ed é molto dura tirare avanti. Quale ottima occasione per sdebitarci, senza metterli in imbarazzo, che comprargli un dipinto? Li guardiamo, ne scegliamo uno, gli diamo 10 dollari… Non li vuole, ma noi insistiamo e li diamo alla mamma… Cosí, morale della favola, di dipinti ce ne troviamo tre, perché due ce li regala.

Ci scambiamo gli indirizzi e facciamo delle foto ricordo tutti insieme. Poi io prendo una maglietta che ho nella borsa e la regalo alla sorella piú grande. La Carlotta ha portato invece un paio di cose alle sorelline piú giovani. Di rimando… Io ricevo una splendida camicetta in seta, tutta ricamata, dalla mamma… E Matteo un bel longy, anch’esso in seta, che fra le risate di tutti prova ad indossare. Verso le tre del pomeriggio ci lasciamo con baci abbracci e sorrisi e ce ne andiamo via con questo bel ricordo. Zaw Zaw ci accompagna fino alla strada principale dove ci salutiamo e con Matteo e Carlotta si danno appuntamento per stasera. Andranno a cena insieme. Abbiamo chiesto alla sorella di Zaw Zaw perché non aprono un piccolo ristorantino, dato che fanno anche da mangiare molto bene, ma ci ha detto che é molto difficile, praticamente impossibile. {NDR: Probabilmente i permessi non sono ottenibili facilmente. É la sensazione che ho avuto in Myanmar fino ad ora e che mi ha fatto pensare che la maggior parte dei locali, anche piccoli, possano essere nelle mani di militari o parenti di militari}.

Ci fermiamo in un posto telefonico pubblico (trattasi di un tavolino posto in mezzo alla strada con appoggiato sopra un telefono) per chiamare l’agenzia. Niente posti sul volo per Ngapali Beach.

Ci guardiamo in faccia e nel giro di qualche minuto decidiamo! Si cambia destinazione. Andremo nelle spiagge piú a Sud, vicino a Yangoon, Chaunghta Beach o a Ngwe Saung. Quindi diciamo alla signora dell’agenzia di prenotarci 4 posti sul primo volo per Yangoon di domattina, passeró a pagare prima di sera. Riprendiamo il nostro tour in bicicletta. Passiamo dal villaggio di Mynkaba, davanti alle pagode Gubyaukgy e Manuha… Ma le ammiriamo solo dall’esterno. Sulla strada principale facciamo una sosta in un modernissimo bar, e poi ci avviamo verso Old Bagan. Il nostro programma di oggi prevede ancora soltanto il tramonto dalla Shwesandaw Paya pertanto arriviamo che é ancora presto e non ci sono turisti. Siamo gioiosamente accolti dalle decine di venditori di bibite e souvenir che stanno lí, soli soletti, in attesa dell’arrivo della massa. Per adesso sono giunti solo quattro pellegrini in bicicletta (noi!!). Non possiamo comprare piú nulla ma… Stamattina Carlotta ha acquistato delle file di bustine di shampoon ed io ho portato penne, libri di inglese… Carlotta comincia la distribuzione dello shampoon ma sopraggiungono, in pochi secondi, almeno cinquanta ragazzini e cosí , in un batter d’occhio, finiamo tutte le scorte di shampoon, penne, cremine, libri… Resta un piccolo aereo gonfiabile, che regaliamo ad un bimbetto che avrá si e no due anni. É il figlio di una gentilissima signora che vende bibite. Saliamo le ripide scalinate della pagoda, scalinate dalle quali, anni fa, é precipitato un ragazzino, morendo, per esibirsi agli occhi dei turisti. Si chiamava Koko. Io soffro un pó di vertigini per cui, appena trovo un buon angolo, mi siedo lí per terra. Ho la sensazione che il tramonto sarebbe stato molto piú sensazionale dalla Pagoda di ieri sera… Ma, in tutti i casi, é un luogo troppo distante da Nyaung U. E questa sensazione si fa ancora piú forte quando cominciano ad arrivare le comitive di turisti… Sembra che tutti i turisti della zona di Bagan si siano dati appuntamento qui. Scendono da grossi pullman, minibus, macchine con aria condizionata. Sono tutti eleganti, camicie inamidate, pantaloni color cachi … Ci guardiamo e ci viene da ridere… Ci sono giapponesi, tedeschi, spagnoli, francesi. Ci sono anche italiani… chissá dov’erano in questi giorni?.

Dopo il tramonto ci fermiamo a bere qualcosa dalla signora a cui abbiamo lasciato in custodia gli zainetti, scambiamo degli euro con delle vecchie banconote birmane che a loro non servono piú ma a me si perché devo regalarle ad un amico che fa la collezione. Poi ce ne andiamo. Fra i riflessi rossi del tramonto sulla piana di Bagan, pedaliamo tranquillamente verso casa ed arriviamo in venti minuti. Io vado in agenzia a ritirare i biglietti aerei e ordino anche il taxi per l’aeroporto. Faccio due chiacchiere con Nanda, la proprietaria dell’agenzia. Le dico che oggi abbiamo visto parecchi turisti in giro ma lei mi risponde, con uno sguardo un pó triste che lo scorso anno in agenzia lavoravano in tre, e non riuscivano a soddisfare nemmeno le richieste di tutti. Cambio anche dei dollari perché il cambio qui é meglio di quello applicatomi in albergo.

Per cena Matteo e Carlotta vanno in un ristorantino con biliardo insieme a Zaw Zaw e suo fratello, noi invece andiamo in un romantico ristorantino tailandese. La proprietaria e suo figlio sono gentilissimi e mangiamo molto bene, per pochissimi kyats.

Sabato 29 Dicembre 2007 (Nyaung U – Yangoon – Pathein – Chaungtha Beach) Alle sei e quaranta a colazione c’é tutto l’albergo… Si vede che partono tutti! Conosciamo anche un signore italiano che non avevamo ancora visto e che viaggia in solitaria! Lui va a Ngapali Beach… I belgi vanno a Mandalay, gli australiani vanno al Lago Inle, alcuni a Kalaw ed altri in bicicletta per i templi. A Yangoon ci andiamo solo noi! Il nostro taxi, che si rivela un pick up (di quelli che ci si siede nel cassonetto!), arriva puntuale e ci porta all’aeroporto. Check in rapido e veloce. Nessun controllo {NDR: Ma tutti quei fogli che ci hanno dato alla frontiera di Tachilek e che in teoria dovevamo consegnare quando ce li chiedevano… Non ce li chiede mai nessuno?} L’aeroporto di Bagan é moderno ma non ha nemmeno un bar, cosí torniamo fuori nel piazzale a berci un buon the cinese in una bancarella. Dato che non sappiamo ancora se dirigersi a Chaunghta Beach o Ngwe Saung, ci consultiamo! In base alle descrizioni della Guida Routard peró, non abbiamo dubbi: si va a Chaunghta Beach!!! Si parte puntuali. L’aereo (Air Mandalay,) é il solito bimotore ad elica tipo ATR. L’aereo decolla e dopo 28 secondi esatti (sono solita contarli) si sente un forte rumore tipo un abbassamento dei giri del motore. Ci spaventiamo a morte ma l’aereo vira e continua a salire. Ci offrono anche la colazione! Arriviamo all’aeroporto di Yangoon alle dieci circa. L’aeroporto fa pena.. (almeno il settore arrivi nazionali). I bagagli impiegano quasi mezz’ora ad arrivare… E, alla fine, ce li prendiamo direttamente dai carrelli. Chiediamo al banco taxi quant’é la tariffa per la stazione degli autobus per Chaungtha Beach ma poi usciamo, ed i 7000 kyats li diamo direttamente al tassista che cosí, li guadagna puliti! Il taxista (che é con suo figlio) ci chiede 150 usd per portarci a Chaunghta… Gli diciamo che sono troppi. Scende a 130… Ma per noi sono troppi lo stesso, quindi proseguiamo per la stazione degli autobus, che é fuori cittá.

La stazione é il solito caos… Bus diretti per Chaungtha non ce n’é piú fino a domattina alle sei! (strano perché mi avevano detto che l’ultimo partiva alle 14:00 e sono appena le 11:00 ma puó essere che oggi é sabato…). Faccio un giro per il piazzale e trovo un bus che va a Pathein (una quarantina di chilometri prima di Chaungtha), in partenza alle 11:30. Con quello dovremmo arrivare per le 15:00 a Pathein e poi da lí sicuramente si troverá qualcosa per Chaungtha Beach (l’ottimista!!). Il bus per Pathein é bello e c’é anche la televisione. Trasmettono l’ultimo film di 007 in inglese… Con sottotitoli in inglese! Circa a metá strada ci fermiamo in un posto di ristoro dove mangiamo qualcosa, poi riprendiamo il viaggio. Cambiano peró DVD, cosí non sapremo mai come finirá il film di 007. In compenso ci godiamo dei filmati di gruppi rock birmani, che cantano cover di vecchi successi occidentali. Ascoltiamo anche il padrino, in lingua birmana! Sul bus c’é anche un’elegante famiglia con ragazzino vestito da militare (ecco come sono fatti quelli della giunta!). Provo a scambiare due chiacchiere, ma non sono molto loquaci. Arriviamo a Pathein verso le 15:00 e ci vogliono far scendere in periferia (non capiremo mai perché). Ma sul bus c’é ancora un sacco di gente… Perció cerchiamo di fargli capire che scendiamo dove scendono tutti! Ci confermano inoltre che bus per Chaungtha Beach non ce n’é fino a domattina… Pertanto perché scendere in periferia? Scendiamo in centro, dove scendono anche gli altri. Il centro di Pathein é sul lungo fiume, tra parentesi magnifico. Arriva un risció… Non ci serve. Gli spieghiamo che dobbiamo andare a Chaungta Beach e ci dice che pensa lui a trovarci un mezzo di trasporto.

Noi intanto ci accomodiamo in un bar, con terrazza sul fiume. Decine di piccole imbarcazioni traghettano persone e biciclette da una sponda all’altra. In questa cittá ci guardano tutti con aria curiosa… Si vede che non sono abituati a vedere turisti. Scambiamo due chiacchiere con dei giovani che vogliono sapere di dove siamo, dove andiamo, da dove veniamo. Loro vengono da Chaunghta Beach dove hanno partecipato ad una partita di pallavolo (o qualcosa del genere). Ci dicono che in questa stagione Chaungtha Beach é noiosa perché le onde non ci sono {NDR: meno male giacché noi preferiamo il mare calmo}. Dopo un pó torna il conducente di risció e ci dice che fino a domattina non c’é nessuno disposto a portarci. Forse vogliono trattenere la simpatica famiglia italiana a Pathein per la serata? La cosa mi sembra strana… Per cui, Matteo ed io, ci avventuriamo per strada. Sul lato destro della perpendicolare alla piazza, avevo notato tanti pick up fermi… Chiediamo al primo, che alla parola Chaunghta Beach ci risponde “No no!”. Il secondo ci dice che riposa.. “I’m sleeping”… Il terzo fa solo segno di no con la mano e non ci guarda neanche. Un altro ci dice “Tomorrow morning!” (sará quello che aveva contattato il risció?). Ma perché nessuno vuole portarci a Chaunghta Beach? Proviamo con un grosso camion pick-up. Il conducente… Ci pensa (e vaaaai!I …Che almeno questo ci pensa)! Finito di pensare ci chiede 80 usd! 80 usd per 40 km:?? Mi sembrano eccessivi… Alla fine di un’animata trattativa scendiamo a 45. Dollari, che ci sembrano comunque tanti ma non abbiamo alternativa.

Torniamo trionfanti al bar, dove ci aspettano Carlotta e Giampaolo, seguiti dal nostro enorme pick up!! Partiamo verso le quattro… Dopo qualche chilometro, esattamente passato il lunghissimo ponte nuovo (fino a qualche anno fa c’era solo il traghetto), la strada diventa sterrata, con buchi e voragini ovunque… E peggiora di curva in curva. Il paesaggio peró é bucolico, fra risaie, carri trainati da buoi, fiori, torrenti. Poi comincia a salire. Si inerpica fra stretti tornanti e sale, sale sale, sembra non finire mai… Ma saranno davvero solo 40 km.? {NDR: Infatti sono quasi 60 ma lo scopriremo solo dopo}. Verso le cinque e mezza stiamo ancora salendo. La vegetazione si é fatta fitta fitta… Ci sembra di essere in mezzo alla giungla. La strada é sempre piú sconnessa e polverosa. Avremo addosso almeno un centimetro di polvere. I nostri figli giustamente ci chiedono se andiamo al mare o in montagna. Dal pick up ci godiamo anche il tramonto {NDR questo é il Paese dei tramonti}.

La strada finalmente comincia a scendere e alle sei passate, al buio come al solito, arriviamo alla sospirata Chaunghta Beach, dove ci facciamo depositare all’Hotel Shwe Hin Tha. Ci accoglie il simpatico direttore (Walter) e ci dice che purtroppo oggi le camere sono tutte occupate ma da domani si liberano due bungalows, con veranda, a 15 usd l’uno inclusa la colazione. Per questa notte ci puó dare una camera ‘nuova’ e ci accompagna a vederla. La camera senza dubbio é nuova, perché luccica e… Al suo interno non ci sono ancora né letti, né mobili… ma Walter dice che, se ci va bene, fa sistemare dei materassi per terra! Il posto ci piace pertanto accettiamo. Mentre ci dirigiamo alla reception, Walter ci mostra i bungalows a noi destinati domani…. E chi incontriamo? Due turisti che avevamo notato al lago Inle. Sono olandesi… E lei é quella che avevamo scambiato per un procacciatore d’affari al nostro arrivo! Da domani saranno i nostri vicini di camera! Dopo aver espletato le pratiche di check in, scatta l’operazione “accoglienza turista”! Ci portano i bagagli in camera e, come d’incanto sbucano una decina di cameriere che cominciano a pulire, portare materassi, lenzuola, asciugamani… Arriva anche il cameriere del ristorante, che ci porta il menú per scegliere con calma qualcosa da mangiare per cena. Poi ci portano delle birre, l’acqua minerale e thermos interi di the. Alcune cameriere si occupano anche di noi e, con soffici scopine, ci tolgono la polvere di dosso e ci puliscono anche gli zaini! Ci sentiamo dei pasciá! La vista mare, dalla terrazza, deve essere splendida anche se, adesso col buio, non si riesce ad apprezzare. Facciamo la doccia con l’acqua fredda (la camera é nuova… Pertanto l’acqua calda non c’é… Ovvio). Ceniamo poi al ristorante dell’albergo, anche se é un pó squallido (unica nota dolente del resort). Il direttore di sala peró, Tó, é bravissimo, efficiente, professionale e simpaticissimo! Colui che parla il miglior inglese di tutto il Myanmar. Scopriamo che, oltre alla coppia di olandesi e ad un gruppo di francesi (che lavorano e vivono a Yangoon), siamo gli unici ospiti stranieri in albergo. L’albergo é pieno ma esclusivamente di birmani! Bene… Abbiamo trovato il posto giusto! Carlotta ed io familiarizziamo subito con la famiglia che occupa la stanza sottostante che ci invita a prendere un pó di the con loro (peró dobbiamo portarci i bicchieri…). É una famiglia di Tannuggy… É venuta qui in macchina per il week-end e domani tornerá a casa {NDR: Non li invidiamo poiché saranno almeno 14 ore di viaggio.}.

La maggior parte degli ospiti birmani mangia in camera ma, scopriremo da domani, che anche noi, se volessimo, potremmo mangiare in camera, senza costi extra… Dopo cena c’é un piccolo concerto “casalingo” sulla spiaggia e poi andiamo a nanna perché siamo un pó stanchi! Domenica 30 Dicembre 2007 (Chaungtha Beach) Carlotta ed io ci svegliamo alle sei e beviamo il nostro the sulla terrazza; il thermos l’ha conservato caldo per tutta la notte. Aspettiamo l’alba. Davanti a noi si apre una splendida spiaggia, vasta, di sabbia fine e con un mare azzurro e calmissimo. Tutti dormono. Verso le sette ci incamminiamo lungo il bagnasciuga fino all’estremitá sud. Ci fermiamo in un barettino a prendere un the e compriamo un pó di quei dolci fritti da portare all’altra metá della famiglia {NDR: Che dormirá fino alle nove passate!}. Rientriamo percorrendo la strada interna. Ci sono anche hotel lussuosi qui, ma sembrano abbastanza vuoti. Il tratto di spiaggia di fronte al nostro albergo inoltre é sicuramente il piú bello. Il tempo, come al solito, é splendido e oggi dedicheremo la giornata al riposo assoluto Verso le dieci la spiaggia si riempie. I turisti stranieri sono in rapporto di uno a cinquanta con quelli birmani. Carlotta mi fa anche notare che i bambini, figli di famiglie benestanti, sono simili a quelli europei: strilli e capricci! {NDR: E pensare che sul lago Inle e a Bagan, i bambini della loro stessa etá giá imparano a vendere cartoline e souvenir… mentre qui vengono imboccati dalla mamma}. Sulla spiaggia affittano delle camere d’aria, con le quali i birmani si divertono tanto, pertanto le affittiamo anche noi per l’intera giornata, e giochiamo a galleggiare sull’acqua.

Prima di pranzo ci consegnano i nostri due bungalow, gradevoli e puliti, confinanti e con una bella veranda sul giardino. A pranzo mangiamo un ottimo barracuda alla griglia, presso il bar sulla spiaggia. Dopo ci mettiamo a prendere il sole, bruciacchiandoci (ovviamente) tutte le parti rimaste coperte fino ad oggi! Dopo pranzo ci ributtiamo in acqua… Notiamo in effetti delle piccole meduse, ma é pieno di locali che fanno il bagno ed inoltre toccandole non succede nulla… Dopo cinque minuti peró siamo costretti ad uscire dall’acqua perché sentiamo bruciacchiare dappertutto. I birmani continuano tranquillamente a fare il bagno… Forse perché sono vestiti???? Al pomeriggio la spiaggia si anima e diventa uno spettacolo! Ragazzi che giocano, bambini che fanno il bagno, famiglie che passeggiano, musica da tutte le parti… Allegria! Abbiamo fatto proprio la scelta giusta venendo qui! Assaggiamo degli spiedini di gamberi che vendono degli ambulanti (… Succulentissimi!!!), mentre venditori di fuochi d’artificio si susseguono instancabilmente sul bagnasciuga. Alla sera ci godiamo uno splendido tramonto sul mare e poi, per cena, usciamo. Ci fermiamo al primo ristorantino che incontriamo per la strada, é carino e ha i granchi, che Carlotta adora! Matteo ed io invece ci mangiamo tre piatti di vongole… appena sbollentate! Divine.

Il proprietario poi é simpatico ed il locale é frequentato soprattutto da gente locale.

Alla sera in albergo c’é lo spettacolo a cura dello staff! In pratica cantano i camerieri, le addette alle pulizie, i baristi, etc etc… É il primordio del villaggio vacanze: …La nascita dell’animazione! Alcuni cantano anche bene, sopratutto un ragazzo che interpreta il rep di Eminem (ovviamente tradotto in Birmano). Altri invece sono strazianti, al punto che dopo un’oretta ce ne andiamo a nanna! Lunedí 31 Dicembre (Chaungtha Beach) Mi sveglio verso le sette! Esco in veranda e… Giá c’é il personale che scopa via la sabbia dalla veranda e sostituisce i thermos di the, ormai raffreddati, con quelli belli bollenti! (che servizio…) Il giardino ospita una fauna che ieri, non avevo notato. Galli, galline, pavoni, oche, anatre selvatiche… Passeggiano pacifiche tra i bungalows. Andiamo a fare colazione verso le otto e mezza, tutti doloranti dalla bruciatura di ieri… Abbiamo deciso di rimanere qui su questa spiaggia fino al 4 Gennaio. Inutile spostarsi a Ngwe Saung.. Col rischio che poi non ci piaccia. Abbiamo comunque deciso di organizzare una gita in barca ed andare a vederla, poiché siamo proprio curiosi di vedere come sia la tanto decantata spiaggia di Ngwe Saung, piena di resort di lusso, sabbia finissima, etc etc. Ci hanno chiesto 50.000 kyats per il noleggio di un barcone per una giornata, ma ci hanno anche detto che possiamo dividerla con altri! Cosí ne parliamo con gli olandesi, Rick e Jakye, ed organizziamo per il 2 Gennaio. Stiamo anche cercando di vedere se il 4 mattina qualche auto a buon mercato ci puó portare a Yangoon… o magari un minibus da dividere con gli olandesi. Stamattina prendiamo due risció ed andiamo a vedere il mercato. Compriamo sigarette ed una bottiglia di whisky. Cerchiamo dello spumante ma con scarso successo. Il mercato é molto grande … Vendono le solite cose ma anche tanto tanto pesce essiccato di svariate specie. Poi facciamo un salto a vedere l’ospedale. L’ospedale é una cosa fatiscente e fa impressione. Sembra un lager. Domani o dopo, porteremo delle medicine da donare.

Passiamo anche a curiosare in un paio di ristoranti poiché, prima di partire, vogliamo farci una scorpacciata di aragosta. Posiamo gli acquisti in camera e ci avviamo a piedi per il sentiero che costeggia la spiaggia e che va verso nord, al di lá del ponticello. Dopo una mezz’ora di cammino sotto il sole cocente, giungiamo in una spiaggia deserta, che sará anche bella ma, sinceramente, preferiamo l’animata spiaggia di Chaungtha Beach. Rientriamo per pranzo. Oggi mangiamo vongole, appena sbollentate, anche se non sono ottime come quelle di ieri sera. Carlotta invece ordina gamberi lessati e poi si prepara la salsa cocktail con ketchup maionese e succo di lime. Al pomeriggio affittiamo nuovamente due camere d’aria che oggi utilizziamo come materassini! Ci dondoliamo sulle piccole onde che si infrangono a riva e cosí, facciamo venire sera. Oggi niente meduse.

Matteo e Carlotta fanno amicizia con un gruppetto di ragazzi di Pathein. Simpatici! Parlano poco inglese ma si capiscono lo stesso… Per stasera, l’albergo ci propone un cenone sulla spiaggia con menu speciale (5 usd a testa) ci saranno anche fuochi d’artificio e musica… Accettiamo.

Verso il tramonto, Matteo decide di andare a fare footing sulla spiaggia ed io lo accompagno in bicicletta. Ringrazio Matteo, perché dall’estremo sud della spiaggia di Chaungtha si gode un tramonto imperdibile! Rientriamo in albergo verso le sei e mezza. Giusto in tempo per decorarci per stasera! L’albergo oggi é superaffollato… Hanno affittato anche le stanze “nuove”. Prima di cena prendiamo l’aperitivo in veranda, allietati dalle canzoni che intona (o stona) il gruppetto di evangelisti birmani che é qui da ieri.

Per cena ci troviamo ad una tavolata con Rick e Jackie (gli olandesi), una coppia tedesca ed un altro tedesco single. Poi, verso mezzanotte si aggrega un’altra coppia tedesca intorno ai 50 anni, che é alloggiata in un altro resort e sta facendo un viaggio in Asia della durata di un anno. La cena consiste in curry misti (pesce, pollo, verdure) accompagnati da riso cotto nel latte di cocco e verdure varie. Ordiniamo anche una bottiglia di vino californiano. Dopo cena musica (ovunque) e sparuti fuochi di artificio… Che assomigliano piú a grossi petardi. I francesi che sono qui in albergo (quelli di Yangoon) hanno allestito una “tenda europea” con musica occidentale ma noi, dopo la mezzanotte, ci spostiamo verso la zona dei bungalow dove stanno i ragazzi conosciuti dai nostri figli oggi in spiaggia. Lí ce una festa in corso e ci uniamo anche noi. Si balla anche! Verso le due andiamo a nanna! Solo Carlotta rimane ancora un pó con loro. Prima di andare a letto mi bagno (almeno i piedi) in mare! (qui il bagno di mezzanotte é meglio lasciarlo fare ai finlandesi…).

Martedí 1. Gennaio 2008 (Chaungtha Beach) Riesco a dormire fino alle otto e mezza!! (eccezionale…). Oggi sará una giornata dedicata all’ozio anche perché Matteo non sta benissimo!. Mi leggo il libro di Orwell “Giorni in Birmania”, comprato ieri in albergo, ed aspetto che il resto della famiglia dia segni di vita… Il gruppetto degli evangelisti se ne é andato. Stanno partendo anche le famiglie con cui abbiamo festeggiato l’ultimo dell’anno ieri sera e gli amici dei ragazzi, quelli di Pathein. Carlotta é la prima a svegliarsi e facciamo colazione insieme. Oggi fa caldissimo ed il mare é cristallino e liscio come l’olio! Cosí passiamo un’intera giornata di mare! Nel pomeriggio arrivano un sacco di altri birmani vacanzieri, chi in automobile, chi in bus. Arriva anche un gruppo di studenti in gita scolastica con i quali i nostri figli fanno subito amicizia. Sono di una scuola cattolica di Yangoon. Pranziamo sempre al bar della spiaggia del nostro albergo, a base di gamberi. Tó (il capo sala) é proprio simpatico! Dopo pranzo Matteo va a riposare e noi… Facciamo lo stesso ma in spiaggia. Io mi faccio anche un “coco loco” nel senso che mi faccio preparare un cocco da bere e ci aggiungo una dosetta di Rum birmano… Cosí mi sento ai caraibi! Verso sera scorgiamo due bimbetti del luogo in spiaggia, probabilmente due fratellini figli di qualche venditore ambulante, e regaliamo loro due penne e due bustine di shampoon… Poi, al piú piccolino gonfio l’ultimo aereino di gomma della Malev rimastomi e… Felicitá!!! Si mette a correre per tutta la spiaggia facendo roteare il suo aereo! Per cena andiamo al ristorante di ieri sera (Il Rythmin) e ci seguono anche gli olandesi. Domani andremo in gita a Ngwe Saung col barcone. Oltre agli olandesi, abbiamo anche recuperato la coppia tedesca che ha cenato con noi all’ultimo dell’anno, e quindi divideremo la spesa in otto! Io e Matteo ci rifacciamo una scorpacciata di vongole lessate, poi lui si mangia anche un astice. Sulla griglia all’aperto del ristorante stanno cucinando dei baby maialini… Lunghi circa dieci centimetri… Ci spiegano che sono maiali ancora all’epoca fetale (due mesi di gestazione), praticamente degli aborti… Mai vista una cosa cosí in tutta la mia vita Ci fanno impressione da morire… Pertanto nessuno li assaggia! {NDR: Scopriró qualche mese dopo che invece la tradizione esiste anche nel Cagliaritano}. Dopo cena torniamo in albergo e protestiamo alla reception, per farci spostare un bus che hanno piazzato esattamente di fronte ai nostri bungalows!! … Con tutto il parcheggio che c’é.

Dopo un pó (forse l’autista non c’era?) arrivano in 7 o 8 e lo spostano a mano (!?!) Ceszubée.

Matteo e Carlotta vanno in una sala da thé con dei ragazzi che lavorano in albergo e noi ci sorseggiamo un whisky sulla veranda.

Mercoledí 2 Gennaio 2008 (Chaungtha Beach – Ngwe Saung – Chaunghta Beach) Sveglia alle sette e mezza. Colazione sulla spiaggia e poi, il gruppetto di turisti organizzato dalla sottoscritta, si prepara alla partenza. La prima fase consiste nel trasferimento al molo che si puó effettuare a piedi (gratis) oppure in moto bike o in risció (un dollaro a testa). A piedi non ci va nessuno! Carlotta ed io scegliamo il risció e gli altri la moto ma… Ecco che anche i tedeschi vogliono provare il risció… Mamma mia, lui peserá almeno 120 chili! Il suo fondoschiena non entra nel seggiolino pertanto devono mettergli tre-quattro cuscini per alzare il livello della seduta.

Carlotta ed io per strada ci sbellichiamo dalle risate perché, al nostro passaggio tutta la gente per strada ride, scambia battute con il nostro conducente additando quello dietro con i tedeschi a bordo e ridono a crepapelle. Mi piacerebbe sapere che cosa si dicono… Anche se é intuibile: Ridono dietro allo sfortunato conducente che al posto di beccarsi noi due si é beccato il tedesco da oltre un quintale con relativa moglie!! Quando arriviamo al molo c’é un gruppetto di ragazzine che vende cappelli fatti con le foglie di palma. Ne compriamo un paio. Il lussuoso barcone da pesca adibito, per la giornata di oggi, al trasporto di persone, prevede un ponte in legno ricoperto di stuoie di cocco. {NDR: Le stuoie si riveleranno merce di trasporto, perché saranno scaricate a Ngwe Saung insieme a noi, ed al ritorno siederemo sul duro legno!}.

Dopo due ore di tranquilla navigazione arriviamo a Ngwe Saung che, da lontano, appare una sottile e lunghissima striscia di sabbia bianca. Ngwe Saung non ha il molo, pertanto ci portano a riva con una piroga, a due a due… La spiaggia appare deserta. Facciamo un paio di chilometri avanti e indietro. Non c’é niente. Solo meravigliosi resort di lusso, uno attaccato all’altro, e uno piú vuoto dell’altro. Dietro ai resort passa una strada con qualche casa e qualche bancarella ma niente di paragonabile alla nostra Chaungtha Beach!!! Facciamo il bagno. La spiaggia é un pó piú bella ma nulla di cosí eclatante. Carlotta ha appoggiato le borse su delle sdraio di un resort di lusso e dal mare notiamo ad un certo punto, che si avvicina un’inserviente. “Adesso ci cacciano” – pensiamo. Invece, quando torniamo a riva troviamo quattro lettini {NDR: Ci avranno contato in acqua?… Facile c’eravamo solo noi!} preparati con materassini, copri materassini, cuscini ed asciugamani… L’inserviente é sparito… Quindi ne approfittiamo! Gli olandesi si accomodano anche loro su un paio di lettini un pó piú avanti… E, dopo un’oretta l’inserviente si avvicina con materassini e cuscini che loro rifiutano {NDR: Ci diranno poi in barca che pensavano si dovessero pagare?!}. Dato che abbiamo sete e fame e… Che ci sentiamo in colpa per usufruire, gratuitamente e senza diritto, dei lettini, decidiamo di pranzare in questo resort, inoltre non ci sono alternative nel raggio di un chilometro. Quando ci portano la lista ci viene da ridere… Birra 4,5 usd, acqua 1,8, zuppa di lenticchie 4 usd… Meno male che non abbiamo scelto di venire qui…

In piscina c’é una coppia occidentale ed al ristorante ricchissimi birmani. Gli uomini con i loro longy di seta purissima e le donne grasse ed ingioiellate. Dopo circa 3 settimane di Myanmar, il tutto ha dell’inverosimile! Mangiamo molto bene comunque, ed il servizio é impeccabile. Dopo pranzo torniamo in spiaggia dove, ci hanno pure cambiato tutti gli asciugamani! Facciamo ancora un paio di bagni poi, raggiungiamo un bar, a piedi, che ci sembrava, da lontano, un chiosco. Ma era l’effetto lontananza poiché invece é un altro lussuosissimo bar di un annesso resort. Anche qui tanti elegantissimi birmani, oltre ad una famiglia occidentale. Beviamo qualcosa (oggi non badiamo a spese). Ci chiedono in che hotel siamo… Al che rispondiamo che siamo venuti in barca!!! (eh giá… Con lo yocht privato… Risate!).

Torniamo alle sdraio ed aspettiamo di ripartire… Certo che questa spiaggia é una noia assoluta. Non ci sono venditori di spuntini, né di souvenir, non c’é musica, non ci sono camere d’aria a noleggio… Chioschi dove vendono cocchi… Insomma, a parte il lusso, non c’é assolutamente niente da fare. Ci sono in effetti delle moto d’acqua a noleggio ma non le usa nessuno… Anche perché non c’é nessuno. Alle tre ripartiamo. Il tedesco ci dice che se fosse venuto qui in vacanza al posto che a Chaungtha Beach, sarebbe sicuramente dimagrito, …Dati i costi. Scoppiamo tutti a ridere! Verso le 16:30 avvistiamo il primo promontorio di Chaungtha Beach e verso le cinque approdiamo! Sbarcando, prorompiamo tutti in grida di gioia… “Chaungtha Beach… Chaungtha Beach… Hip hip Hurrá!!!” Andiamo tutti insieme in un bar vicino al mercato a bere birra alla spina e a fumare sigari! Il locale l’ha scoperto il tedesco… Una birra alla spina costa 40 centesimi di dollaro. Brindiamo al nostro rientro a Chaungtha! Prima di tornare in albergo, facciamo un salto all’ospedale dove lasciamo alla capo-infermiera alcuni antibiotici ed aspirine. Poi Giampaolo e Carlotta prendono un risció mentre Matteo ed io torniamo a piedi! Passiamo al Paradise Beach restaurant ad ordinare le aragoste per domani sera e poi andiamo a vedere un locale di Karaoke… Che non é un bar, come immaginavamo noi, ma é un posto dove affittano salette a gruppi di amici e famiglie all’interno delle quali c’é tutta l’attrezzatura per il karaoke. Arrivando nei pressi dell’Hotel, Matteo mi porta alla sala da the, lí vicina, dove ci sono i suoi amici. Ci mangiamo le foglie macerate di the (hpeydhong) accompagnate da una birra… Invitiamo a cena con noi Win, un amico di Matteo. Torniamo nel solito ristorante dove, stasera, Matteo ed io esageriamo mangiandoci ben 7 porzioni di vongoloni in due!!! Dopo cena passiamo dal Karaoke Loudge… Ma le sale sono tutte occupate, per cui andiamo a nanna alle 11:00.

Giovedí 3 Gennaio 2008 (Chaungtha Beach) Ultimo giorno a Chaungtha Beach… Per domani abbiamo trovato un minibus che per 120 usd ci porta a Yangoon dividendo la spesa fra noi e gli olandesi. Cosí posso portare Rick e Jakyie a fare colazione sul lungo fiume di Pathein, che loro non hanno visto! Il mare oggi é uno specchio d’acqua ed il sole, appena sorto, crea dei riflessi splendidi. Le palme, leggermente mosse dal vento fanno da sfondo. Alle sette del mattino, la spiaggia é giá in movimento. Anche il nostro albergo é in movimento, il personale sta giá pulendo e le caraffe di the cinese scorrono a decine. Ieri ci hanno raccontato che i proprietari di questo albergo non hanno mai fatto parte della casta militare ma sono due fratelli che, piano piano, hanno costruito camere, un paio all’anno, e questo spiega perché ce ne sono di stili diversi. Qui la crisi del turismo inoltre la sentono meno perché il 90% della clientela é birmano. A Chaungtha Beach inoltre da Giugno a Settembre é tutto chiuso. {NDR: Anche perché la strada che abbiamo fatto per venire qui, durante la stagione delle piogge dev’essere impraticabile pure con un fuoristrada}.

Oggi giornata di mare. Per pranzo ordiniamo a Tó una grigliata mista di pesce! Al pomeriggio relax, coco-loco… Carlotta gioca in spiaggia con un ragazzo sordomuto a cui poi regaliamo la palla. Matteo aspetta invano il suo amico Win che, probabilmente é andato a Pathein. Il direttore dell’albergo mi porta il ‘contratto’ del minibus di domani… Contratto?! Persino Rick é incredulo quando glielo porto a firmare.

Verso il tramonto, Carlotta va a fare un giro in bicicletta con Sisi, una ragazza del gruppo della gita scolastica e noi chiacchieriamo un pó al bar, con i tedeschi, e con una nuova coppia che é arrivata oggi, da Washington. Carlotta ed io, al suo rientro facciamo l’ultimo bagno in mare. Chissá per quanto tempo non lo faremo piú…

Poi ci viene in mente che dobbiamo scrivere ancora un sacco di cartoline, anzi… Praticamente tutte… Cosí cominciamo un lungo lavoro a catena! Alle sette e mezza prendiamo due risció ed andiamo al ristorante Paradise Beach, dove abbiamo ordinato le aragoste. Squisite. Ci concediamo anche una bottiglia di vino (trebbiano!!)… Anzi, alla fine saranno due. Bando alle spese! Venerdí 4 Gennaio 2008 (Chaungtha Beach – Pathein – Yangoon) Oggi in Myanmar é la festa nazionale dell’indipendenza! Alle sette del mattino, fuori dai nostri bungalow, c’é giá il minibus che ci porterá a Yangoon! Grandi saluti a tutti, allo staff dell’albergo, agli amici dei nostri figli, ai ragazzi della gita scolastica… Lasciamo la nostra splendida spiaggia con il suo mare calmo, lasciamo i nostri venditori di pesce e conchiglie, di gamberi fritti e di latte di cocco. Diciamo addio alle galline ed alle anatre del giardino… Oltre che al gattino, a cui dava da mangiare Carlotta.

Partiamo. Sulla strada incrociamo giá pullman, minibus ed automobili cariche di vacanzieri! Incontriamo anche un trattore pieno di gente!!! Dopo nemmeno dieci minuti dalla partenza, i nostri figli cadono in un sonno profondo. Io e Jackye li guardiamo incredule… Come faranno mai a riuscire a dormire con questi sbalzi? {NDR: Ci racconteranno poi che stanotte, con i ragazzi di Yangoon, hanno fatto le cinque e mezza del mattino… Ecco spiegato perché quelli della gita scolastica erano tutti lí a salutarci… Non erano giá svegli, bensí dovevano ancora andare a dormire} Alle 9:00 entriamo in Pathein. File di persone stanno a bordo strada con delle ciotole in mano. Chiedono soldi. Ma perché proprio oggi e cosí in tanti non riusciamo a spiegarcelo. Ci fermiamo a fare colazione sul lungo fiume, nello stesso bar dove ci siamo fermati all’andata. Ci beviamo anche un’ottima birra alla spina, trascinati dagli olandesi. Alle 13:30, dopo qualche sosta, arriviamo a Yangoon. Il nostro autista é simpatico ed oggi é anche contento poiché, ci spiega, questo trasporto, non previsto, gli permetterá di portare la famiglia a Chaungtha Beach.

In effetti eiri ha accompagnato un gruppetto di turisti a Chaungtha, che deve andare a riprendere dopodomani. Era rassegnato ad attenderli per due giorni… Ma cosí, oggi stesso potrá rientrare portandosi dietro moglie e figli. Dopodomani lui riporterá a Yangoon i clienti e la sua famiglia tornerá in bus! Ci mostra anche le foto dei suoi figli. Entrando a Yangoon non ci rendiamo conto di giungere in una cittá di 5 milioni e mezzo di abitanti. I suoi larghi e tranquilli viali (forse perché oggi é festa?) sono quasi deserti. Ci sono condomini a piú piani, alcuni modernissimi ed altissimi. Questa parte di periferia é molto dignitosa.

Ci facciamo depositare al Kandawgyi Palace Hotel, che abbiamo prenotato tramite l’agenzia che ci ha organizzato l’ingresso da Tachilek, poiché ci ha offerto l’eccezionale prezzo di 65 usd a camera, contro i 160 di listino. L’Hotel é splendido. Struttura non piú alta di due piani é distesa lungo le sponde del laghetto omonimo. Ha un magnifico giardino, piscina e vari bar e ristoranti. Salutiamo Rick e Jakyie, nostri compagni di vacanza degli ultimi cinque giorni. Il nostro tassista ci fa anche delle foto, tutti insieme. Pranziamo al ristorante adiacente all’Hotel, il Sandy’s, la scelta dell’autore della Lonely Planet, ma non ci sembra nulla di eccezionale. Dopo pranzo ci dirigiamo, a piedi, alla Shwedagon Paya. Ci sono decine di poliziotti e pochissimi monaci. Non troviamo l’atmosfera sperata. Un tizio insiste per farci l’oroscopo orientale… Dal quale io risulto essere intelligente… “Questo – aggiunge – si vede anche dalla linea sulla mano.” {NDR: peccato che prima ne indica una e, successivamente un’altra diversa…} Versiamo l’acqua sugli elefanti sacri. Facciamo delle splendide fotografie e poi rientriamo in Hotel con un taxi. Al tassista chiediamo un’offerta per la giornata di domani. L’offerta é buona quindi lo assumiamo! Dalle otto del mattino alle 14:00 e poi, alle 18:00 il trasferimento in aeroporto.

Prenotiamo per questa sera un ristorante dove c’é uno spettacolo di danze birmane. Di solito lo fanno anche presso uno dei ristoranti del nostro albergo, ma stasera hanno un matrimonio. Nel frattempo arriva il proprietario dell’agenzia a portarci i biglietti aerei di domani per Bangkok (anche quelli li abbiamo prenotati tramite la sua agenzia poiché il volo Thai lo vendevano al 30% in meno di qualsiasi sito internet). Oggi gli uffici sono chiusi perché é festa nazionale, quindi si é offerto di portarceli lui, in albergo. Mi fa un’ottima impressione, come del resto ottimi sono stati quei pochi servizi che ci hanno prestato. Mi porta in regalo due calendari. Beviamo qualcosa insieme, poi ci salutiamo. CESZUBÉE! Ci prepariamo veloci veloci e poi ci facciamo chiamare un taxi.

Il locale (un enorme pseudo barcone a forma di drago situato dall’altra parte del lago) appare elegante, ma l’ambiente é molto freddo e troppo asettico per i nostri gusti. Lo spettacolo non é male ma il ristorante é un pó deprimente. Alle otto e trenta, cominciando a smantellare il buffet ed i tavoli giá liberatisi, ci fanno gentilmente capire che sarebbe gradito che ce ne andassimo…

Cosí ce ne andiamo! Facciamo un giro nel parco adiacente. Ci sono tante bancarelle di cibo e parecchie famiglie birmane che passeggiano. Prendiamo un taxi per recarci in una discoteca. Abbiamo il nominativo, ma il taxista non parla inglese e non é nemmeno molto sveglio. Quindi perdiamo un’ora per cercare questo famoso Yuzama Club, che alla fine si scopre chiamarsi Pioneer Discoteque ed essere situata presso il Yuzama Center. La discoteca (ingresso quasi 5 dollari) é modernissima. É pienissima di giovani (e meno giovani) birmani, probabilmente ricchi, che si dimenano spensieratamente sulla pista da ballo. Scorrono boccali di birra alla spina, whisky e liquori d’importazione. La musica é modernissima, al pari dell’Europa. I giovani sono vestiti all’occidentale, in alcuni casi direi che addirittura anticipano la moda della prossima stagione estiva! {NDR: Probabilmente copiata dai design delle grandi firme europee, che qui, come in tutta l’Asia, realizzano la maggior parte dei loro capi}.

Anche i nostri figli si scatenano sulla pista. Verso l’una peró, rientriamo in albergo.

Sabato 5 Gennaio 2008 (Yangoon – Bangkok) La sveglia é puntata alle sette ma io mi sveglio alle sei e trenta. Cosí riprendo l’alba sul lago, con tanto di folcloristico sfondo offertomi da un gruppetto di birmani, che fanno aerobic dance, sulle sponde del lago! Scendiamo per la splendida colazione in Hotel e, alla reception, ci dicono che, se vogliamo, una delle due camere ce la lasciano fino alle 18:00. CESZUBÉÉ!! Cosí possiamo preparaci e fare i bagagli con calma. Alle 8:30 partiamo per il nostro giro esplorativo della cittá. Passiamo dalla Sule Paya, dal porto, dallo Strand Hotel (che visto cosí da fuori non fa una grande impressione). Per dare un’occhiata al fiume, dobbiamo scendere sul piazzale dei traghetti perché dai viali non si vede. Il nostro taxista ci porta a cambiare dei soldi nella Down Town. É la prima volta che cambiamo i soldi in nero poiché ho sempre cambiato negli alberghi, ma al Kandawgyi il cambio era pessimo! Il nostro taxista si infila in vecchie vie strette fra palazzi in stile coloniale un pó decadenti. Si ferma di fronte ad un palazzo. Tira una cordicella che scende da un balcone al terzo piano (é il campanello). Poi saliamo. Le scale sono una discarica di immondizia. Fanno proprio schifo! Entrando invece nell’appartamento di coloro che fungono da agenti di cambio, mi sorprendo. La casa é molto elegante, arredata con gusto e con mobili molto belli. Hanno anche pezzi d’antiquariato ed un televisore al plasma ultimo tipo, oltre a due parabole sul balcone! I pavimenti sono in tek rilucente. Il cambio alla fine non é diverso da quelli applicatimi fin’ora (1235 kyats per un dollaro) ma l’esperienza é divertentissima. Quando riscendiamo il nostro autista mi dice che se li prende la polizia li sbatte in galera perché, cambiando in nero, non pagano le tasse (questa non é una cosa che mi stupisce… Anche in Europa piú o meno é cosí…) Ci dirigiamo quindi al Quartiere Cinese, dove facciamo due passi a piedi. Anche qui troviamo un supermercato modernissimo, con esposti prodotti orientali ma anche di tutto il mondo. Qui c’é vino, champagne, cioccolata belga, Nutella, Rocher Ferrero… Ed i prezzi sono come da noi.

Il Quartiere cinese é piú pulito della Down Town. Compriamo in un negozietto, sei stecche di sigarette ad un prezzo stracciato (40 centesimi di dollaro) dove il proprietario comunque, é piú contento di noi e ci omaggia anche di un pacchetto extra! Poi ci facciamo portare al Mercato Centrale, dobbiamo fare acquisti! Compriamo souvenirs, regali, tovaglie, arazzi, e soprattutto tanti copri cuscini, quelli realizzati in seta con ricami a piccole perline e fili dorati. Compriamo anche un paio di lacche. Questo é il posto in assoluto meno caro di tutto il Myanmar. Incontriamo anche Rick e Jakye, la nostra coppia di amici olandesi. Ci sediamo un attimo in un bar, appena fuori dal mercato, a bere qualcosa. C’é un bambino di otto-nove anni che ci serve, troppo carino! É orgoglioso di dare un aiuto alla mamma e si atteggia anche da professionista. Gli lasciamo la mancia!! Risaliamo in macchina e chiediamo al nostro tassista di portarci in un ristorante dove si mangia bene ma senza essere particolarmente turistico. Ci porta in un parco cittadino, dove c’é un idilliaco laghetto con barchette e pedaló. Ci deposita davanti ad un bel ristorante cinese con una immensa vetrata che da sul lago. Mangiamo bene e spendiamo pochissimo. Le porzioni poi sono cosí abbondanti che riusciamo a mangiare la metá. Nel parco decine di coppie e famiglie di Yangoon, passeggiano, siedono nei bar. Alcune sono anche qui, al ristorante. Da questo punto di vista non classificheresti mai il Manmar tra i paesi piú poveri del mondo. Rientriamo in albergo verso le 15:00, con un taxi, perché la mia famiglia oggi si é impigrita! Infatti, giunti in Hotel, vanno tutti a riposare, io invece mi dirigo al bar della piscina {NDR: Le ultime ore in Myanmar non potrei mai dedicarle al riposo… Voglio dedicarle all’ultimo sole caldo, e alle riflessioni di fine viaggio}.

Mentre attraverso i vialetti che portano alla piscina, esce una bellissima ragazza da un royal bungalow, come una fatina esce da una fiaba, in accappatoio, bionda e con i boccoli cosí perfetti da sembrare appena uscita dal parrucchiere. Parla animatamente ad un telefono satellitare… Inveisce, dice parolacce… Poi mi ferma e mi chiede dove puó trovare qualcuno del personale… Le dico che sicuramente, piú avanti, al bar della piscina c’é qualcuno. Le sará successo qualcosa? Mi sistemo su una panca (i lettini e le sedie a sdraio sono tutte occupate). Non c’é nulla di piú incredibile che, grondare di sudore sulla terrazza di una piscina di Yangoon, e pensare che domani mi troveró giá a casa, al freddo, lontano da questo idilliaco laghetto, con le sue ranocchie, nonché lontano da questo bel giardino, con i suoi scoiattoli che si rincorrono sulle palme. Intorno a me ricchi turisti. Mi chiedo che fine avrá fatto quella ragazza di prima, ma… Eccola che arrriva ed é sempre agitata. Si rivolge alle ragazze del bar: “I’m going married and I have no flowers…” e cosí le convince ad arrampicarsi sugli alberi per raccoglierne un mazzetto! Qui in Myanmar non sono questi i problemi. Due monaci attraversano tranquillamente un ponte pedonale sul Lago Kandawgyi. Sará questa l’ultima immagine che mi resterá del Myanmar? Decine di Giapponesi arrivano intanto al bar della piscina e cominciano a scattare fotografie ovunque, al dinosauro in pietra, ai lettini, alle piante… Ma i monaci sul ponte non li hanno visti? Mi chiedo quale possa essere la percentuale dei turisti che riesce ad entrare dentro il viaggio e dentro l’anima della gente, come siamo riusciti a fare noi. Quanti riescono a cogliere i lati negativi ma anche positivi di questo popolo? Popolo festaiolo, sorridente e disperato. Poveri e ricchi che si recano nei medesimi templi e pregano lo stesso Dio. Ripenso ai tanti discorsi avvenuti con le persone che abbiamo via via incontrato nel nostro viaggio. Il governo che prende troppe tasse, la mancanza di libertá d’opinione. Le ingiustizie a cui vengono sottoposte alcune categorie. Le leggi differentemente applicate a seconda che il cittadino faccia parte della categoria dei militari o faccia parte del popolo normale. La luce elettrica che per le famiglie dei militari c’é sempre. Gli orari di apertura dei locali pubblici, in alcune cittá fissato fino alle 20:00, ma miracolosamente prolungato alle 23:00 per i bar di proprietá di militari o famiglie a loro legate.

La gente che lavora nel turismo che, quasi quasi, in riferimento alla repressione armata delle dimostrazioni di Settembre, si lamenta non tanto per la gravitá del fatto sociale, ma quanto perché da allora si é decimato il turismo, la loro unica fonte di sostentamento. Poi ci sono i benestanti, i piccoli proprietari di attivitá, i tassisti, i ristoratori, coloro con i quali abbiamo festeggiato l’ultimo dell’anno a Chaungtha Beach. Non mancano i ricconi, quelli con i moderni fuori strada, quelli con le mogli grasse ed ingioiellate che abbiamo intravisto negli hotel a 5 stelle di Ngwe Saung! E poi ci sono i giovani, come coloro che ieri sera erano in discoteca, simpatici, alla moda, occidentalissimi. Mi torna in mente anche la zona di Kengtung, con le sue strade ben tenute: le migliori del Myanmar! E poi, le tribú di montagna… Dove le strade non servono. E rifletto anche sui guardiani dei monaci o sui monaci guardiani.

Rifletto, penso. Lancio l’ultimo sguardo al ponte sul lago… Poi salgo in camera a fare i bagagli.

Alle 18:00 ci rechiamo in aeroporto. Controlli e check in rapidissimi. Anche stavolta non abbiamo problemi a destinare i bagagli direttamente a Budapest, anche se la tratta é effettuata da un vettore diverso. Il foglio del nostro premesso speciale, relativo all’ingresso dallo stato Shan, non mi viene richiesto nemmeno qui {NDR: Mi viene il dubbio che forse il permesso speciale non serviva?!} Al check della sicurezza invece mi fermano. Ho con me una bottiglietta di whisky da un decilitro, rigorosamente a norma, almeno per gli standard europei ma… A loro non va bene, quindi me la fanno bere {NDR: tanto era destinata comunque a quella funzione… É il mio calmante per i voli aerei}. Poi ridiamo come pazzi poiché ci accorgiamo di esserci dimenticati che nel bagaglio a mano c’era anche un bottiglione di acqua… ma quello, si vede, era troppo grosso e non l’hanno notato. Partiamo puntuali. lasciamo questo paese povero e ricco, questo paese dai mille contrasti, vicino e lontano dall’occidente.

lasciamo questo paese dal sorriso sempre presente, il suo popolo festaiolo e curioso.

lasciamo questo paese dalle differenze razziali profonde tenuto insieme… chissá… forse dal regime dittatoriale o forse dallo stesso destino disegnato da abili mani. e fra le lamentele soffuse, e le urla soffocate di protesta che emergono da un silenzio rigido, imposto da anni, ce ne torniamo al nostro occidente, fra i nostri mille volti ed i nostri mille contrasti, che… L’abitudine peró, non ci fa piú notare!



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