Armenia isola cristiana nell’islam

Terra di terremoti e di santi, di montagne vertiginose e di fiumi impetuosi, di selve e di canyon, di monasteri arroccati come nidi d'aquile e di fortezze medievali. Ma anche di valli ricche di vigneti e di alberi da frutto, dove contadini cordiali e ospitali suscitano commozione e nostalgia per una cultura da noi oramai scomparsa. Questa la...
Scritto da: Claudio Mo.
armenia isola cristiana nell'islam
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
Terra di terremoti e di santi, di montagne vertiginose e di fiumi impetuosi, di selve e di canyon, di monasteri arroccati come nidi d’aquile e di fortezze medievali. Ma anche di valli ricche di vigneti e di alberi da frutto, dove contadini cordiali e ospitali suscitano commozione e nostalgia per una cultura da noi oramai scomparsa.

Questa la sintesi del viaggio in Armenia sulle orme di antiche carovane, tra monasteri millenari.

Viaggio da tempo programmato, per la serie vediamo con Antonella, mia moglie, le nuove repubbliche dopo il crollo della santa madre Russia. Fra i vari operatori italiani che propongono questo paese la scelta cade su francorosso per vari motivi, tra cui la sistemazione a yerevan in hotel 5 stelle, si è rivelata ottima come scelta; ma incredibilmente ci siamo ritrovati con alcuni compagni di viaggio non motivati, non consapevoli di dove si trovavano, quasi che fossero lì per caso con un last second, una coppia addirittura al terzo giorno inizia a lamentarsi per le ripetute visite ai monasteri, mi chiedo ma dove credevano di andare, in soggiorno a sharm el sheik ? Ci accompagnano Araxia che parla bene l’italiano ed è ben documentata sul suo paese, al limite legge appunti, Samvel che parla solo l’armeno ma capisce tutto al volo ed è un infaticabile autista.

Il paese è poco più grande del Piemonte, quindi può essere visitato partendo ogni giorno da Yerevan dove si trovano gli hotel di livello occidentale, eravamo all’ex Hotel Yerevan ora Golden Tulip dopo la rimessa a nuovo da parte di una ditta pesarese, un palazzone degli anni venti nella centrale via Abovian, con la facciata ispirata dal Palladio, un buon cinque stelle che ospita il ristorante Rossini.

Andiamo per monasteri in un paese cristiano, la chiesa armena non è né cattolica né ortodossa, ha un proprio patriarca il catholikos e nel 2001 ha festeggiato 1700 anni di cristianesimo.

Esistono oltre 1500 edifici religiosi solo una trentina sono visitabili, tozzi e solidi, hanno resistito a tutti I sismi, fessure nel punto giusto e quando la terra vibra, invece di cedere, si saldano.

Ogni monastero ha di solito una terna di chiese: una di regola dedicata a san Gregorio l ‘Illuminatore, una alla gran madre di Dio e la terza a un santo o a una martire a piacere. Tutte sono precedute da un gavid, un portico chiuso, più grande della chiesa per poter accogliere l’intera comunità nel momento delle decisioni gravi. Antri caliginosi come cappe di camino, scriptoria e biblioteche adibiti a pollai ben prima di Lenin, per molti anni i refettori erano riciclati in cantine per il bel fresco.

Nelle varie località c’è qualcosa dell’Italia degli anni cinquanta: le galline che razzolano tra le tombe, le mucche sul sagrato, I bambini che sbirciano quello che fai, I vecchi che ti salutano con la mano aperta, insomma lo straniero accolto come una curiosità amica, sono lussi che la provincia armena riesce ancora a permettersi.

Siamo stati ospiti a pranzo di una famiglia che ha aperto un fax simile di agriturismo, con tanto di cottura del lavatsh, quel pane elastico e tondo come una piadina formato 33 giri. Vagando da un monastero all’altro registro con crescente incredulità i differenti ambienti che convivono in una terra tanto ristretta. A Norovank il posto è di una bellezza e di una sobrietà assolute, nessun orpello moderno rovina le cappelle che sgorgano dalle rocce e hanno il loro stesso colore.

Passano camion con il muso lungo, nei tornanti in salita, corriere color senape verniciate con il pennello, che le donne aspettano sul ciglio dei fossi. L ‘Armenia calda dei vigneti nella valle dell’Ararat che scende verso la Turchia e l’Armenia gelida che sale verso la Georgia, terra nera intrisa dalle acque dei ghiacciai dell’ Aragan, la montagna più alta dopo che I Turchi si sono presi l’Ararat.

Da sempre l’Armenia è stata presa di mira dai popoli confinanti: persiani, greci, parti, romani, bizantini, mongoli, tartari, arabi, turcomanni, ottomani e russi. Evangelizzata da Gregorio l’Illuminatore nel 301 l’Armenia diventa la prima nazione cristiana al mondo, nasce così quell’indissolubile legame tra identità nazionale e fede cristiana che resiste ancora. Tra il 1915 e il 1917 il genocidio, mai ammesso dai Turchi che armarono la mano curda, culmina nello sterminio di circa un milione e mezzo di morti e quasi tre milioni di esuli. Nel 1918 i superstiti danno vita alla prima repubblica che l’Urss si annetterà due anni dopo. Nel 1988 inizia la guerra con l’Azerbaigian per la contesa del Karabak; nel dicembre dello stesso hanno, un terremoto del decimo grado della scala mercalli rade al suolo la cittadina di Spitak e altre limitrofe provocando circa 25 mila morti. Nel 1991 con atto unilaterale si proclama la repubblica indipendente d’ Armenia, con la libertà arrivò la fame per la maggioranza della popolazione, solo ora dopo 15 anni si ritorna al livello di vita del tempo sovietico che in molti, le categorie più deboli, ancora rimpiangono e spezza il cuore vedere I mendicanti, soprattutto vecchi che stendono la mano anche in piena notte nelle vie della capitale.

La Piazza della repubblica di Yerevan è un teatro dell’arte di arrangiarsi: uno ti pesa con la bilancia portata da casa, uno ti fa la fotografia, uno vende palloncini, uno gelati dai frigoriferi incassati sotto I portici del museo. I giovani passeggiano nella via Abovian, una sorta di fifth avenue locale, chi può ostenta il suv di papà, le ragazze prendono d’assalto I saldi del mega palazzo a tre piani di Terranova, moda italiana a prezzi stracciati. Il volto della città cambia velocemente , si abbattono i vecchi edfici con I tetti in eternit/amianto e si costruiscono enormi grattaceli I capitali degli armeni della diaspora rientrano, in questo mese di agosto si è aggiunto un nuovo ristorante italiano “Gusto” non male per I nostalgici degli spaghetti nazionali. Nessun angolo di Yerevan è pericoloso, al limite puoi inciampare causa il buio dei marciapiedi rischiarati dalle insegne dei locali.

IL consiglio, andate in Armenia, potete ranquillamente organizzarvi da soli, si vola via Praga o via Vienna, in loco le agenzie di viaggio organizzano le escursioni giornaliere: autobus, guida, visite con ingressi, pranzo con acqua in media costa 20 euro, in tre giorni si può anche visitare il Karabak, al Golden Tulip si và da 130 € della camera doppia, ai 390 della suit, si cena con 20/30 euro in ristoranti , nuovi e di buona qualità. Claudio M.



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