Saracenici, Turanici e non solo: viaggio alla scoperta dei grani più originali al mondo
I grani antichi stanno letteralmente conquistando il mercato: farine per la lavorazione casalinga di prodotti da forno, pasta di grano duro e prodotti già confezionati non mancano mai nel carrello della spesa, ma vediamo di capire a cosa si deve questo fenomeno.
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Oggi il mercato è pieno di offerte, ma quello che si è imposto da diversi anni è una particolare attenzione a quelli che vengono definiti grani antichi. Con questo termine si intendono le vecchie varietà di frumento che erano diffuse prima del miglioramento genetico moderno. Sicuramente il nome di riferimento che tutti conoscono è Senatore Cappelli: la storia di questa varietà di grano duro è legata a Nazareno Strampelli, agronomo, genetista originario di Castelraimondo, vicino Camerino.
La granicoltura italiana
Strampelli è stato il precursore della rivoluzione verde, il suo lavoro straordinario si è svolto a cavallo tra il 1800 e il 1900: se si considera che le leggi di Mendel furono divulgate in Italia nel 1903, si comprende bene quanto Strampelli sia stato veloce nel recepirle per ottimizzare il lavoro fatto. Le questioni dell’epoca erano legate alle esigenze di miglioramento del frumento, in termini di patologie e avversità che ne compromettevano la resa.
Strampelli si occupò di grano duro per un breve periodo (dal 1907) in un programma di miglioramento del grano che potesse tollerare la siccità, quindi un grano adatto alla coltivazione nel sud Italia: per questo nacque la sperimentazione a Manfredonia, nei terreni di proprietà del Senatore Cappelli. Da qui la storia di questo grano si lega alla Puglia, terra di riferimento non solo per le coltivazioni, ma anche per la lavorazione del prodotto finito: la pasta. Grazie a Strampelli la granicoltura italiana progredì notevolmente! Dagli anni ‘90 il Senatore Cappelli è stato il primo grano antico a essere reintrodotto nelle coltivazioni: le sue grandi qualità consentono di utilizzarlo sia per la pasta che per il pane, grazie al suo profilo proteico.
I tesori della nostra terra
Bisogna sottolineare che i grani antichi in generale hanno permesso di recuperare aree marginali che altrimenti non verrebbero destinate all’agricoltura, zone che risultano più adatte al biologico che al convenzionale. Tutto ciò ha messo in moto un circolo virtuoso non solo per il recupero di questo tipo di sementi, ma anche dei terreni che oggi producono grano italiano di altissima qualità.
Saragolla è un grano dalla storia millenaria, stiamo parlando di un grano duro originario del bacino mediterraneo, attualmente coltivato prevalentemente in Abruzzo, Molise e Campania.
Il nome sta ad indicare “chicco giallo’’, un termine antico che ha visto questa varietà di grano duro accompagnare la storia dell’uomo per moltissimo tempo, fino a quando nel XVIII secolo, le esigenze legate all’incremento demografico, orientarono le scelte per coltivazioni più produttive. Il Saragolla appartiene alla famiglia Triticum Turgidum e, grazie alla dedizione di chi ha deciso di scommettere su questa coltura, abbiamo a disposizione un prodotto di grande pregio. Questo grano duro coltivato in biologico, risulta particolarmente digeribile, ha un alto contenuto proteico, vitamine, sali minerali e un minor contenuto di glutine, che rendono la farina gialla di questo grano particolarmente gradita a tutti quei consumatori che ne apprezzano le qualità. Un valore aggiunto è sicuramente la macinatura a pietra che conserva tutte le proprietà della cariosside, mettendo a disposizione il vero prodotto integrale.
Il Grano Turanico è una sottospecie antica di grano duro, fu selezionata più di 4.000 anni fa: teniamo presente che la raccolta sistematica dei cereali è antichissima e intorno ai 9.000 – 8.000 anni fa cominciarono a svilupparsi le prime colture. Si parla di domesticazione dei cereali per indicare questa rivoluzione che vede protagonista la Mezzaluna Fertile: è la nascita della coltivazione del frumento.
Il Grano Turanico è originario di una regione dell’Iran, il Khorasan: viene coltivato con grandissimo successo in Italia e dà vita ad una pasta straordinaria che presenta caratteristiche organolettiche uniche, unite alla giusta quantità di glutine che lo rendono facilmente digeribile.
Facciamo ancora riferimento all’Abruzzo quando parliamo di Solina, una coltivazione dalla produttività costante che garantiva il raccolto alle famiglie contadine di una volta: anche qui siamo in presenza di una varietà davvero antica, testimoniata in atti notarili del XVI secolo. Questo grano lo troviamo nelle zone montane, perché l’alta quota e le temperature rigide sono il luogo dove questo grano autoctono si è adattato perfettamente: resistente alla neve, il Solina beneficia delle condizioni rigide a cui deve tutta la sua alta qualità; Nazareno Strampelli utilizzò questa varietà per i suoi incroci
Scelte consapevoli
La crescente attenzione del consumatore per queste coltivazioni, denota una maggior consapevolezza nell’individuare prodotti di qualità: la salute e il gusto sono ormai diventati qualcosa che possono andare insieme e in termini di frumenti antichi la scelta si rivela particolarmente azzeccata. Questi grani presentano caratteristiche che sono rimaste immutate nel corso del tempo, a garanzia delle proprietà e dei valori nutrizionali che apportano. Come abbiamo accennato, la macinatura a pietra è il valore aggiunto che permette di avere un prodotto come quello di una volta, inoltre l’ottimo bilanciamento di glutine e amido, rende questi prodotti particolarmente digeribili.
Senza glutine
Il Grano Saraceno era diffuso in Valtellina già nel 1500 e anche questo, come il Solina, è resistente ai climi freddi: ingrediente principale di preparazioni come i pizzoccheri e la polenta taragna, viene anche utilizzato per le torte e la panificazione, spaziando quindi dal dolce al salato. Il grano saraceno è privo di glutine, non è un cereale, ma appartiene alla famiglia delle polygonaceae: le sue proprietà lo rendono un alimento prezioso, grazie al suo apporto di fibre, potassio e fosforo.